Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Nuova Carta Ittica 2011-2015 della Provincia di Ferrara

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 13:44
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 243
Città: CODIGORO
Età: 37
Web Master FF
Presidente dell'FF
19/04/2011 13:11

OGGETTO:
L.R. 22/02/1993, n. 11 – Attuazione del Piano di Bacino Ittico Provinciale 2011/2015– Approvazione della Carta Ittica Provinciale.


LA GIUNTA

Richiamata la L.R. n. 11/’93 “Tutela e sviluppo della fauna ittica e regolazione della pesca in Emilia - Romagna”;

Premesso:

- che con atto C.P. nn. 21/16392 del 30/03/2011, immediatamente esecutivo ai sensi di legge, è stato approvato il Piano di Bacino Ittico Provinciale 2011/2015 per le acque interne della provincia di Ferrara;

- che, con tale deliberazione si da atto che la Giunta Provinciale provvederà alla successiva approvazione della "Carta Ittica Provinciale 2011/2015” concernente l’elenco relativo alla classificazione delle acque interne della provincia di Ferrara ai fini della pesca sportiva, ricreativa e professionale, nonché l’individuazione dei vincoli di tutela e di gestione della fauna ittica in relazione alle caratteristiche ambientali e tecnico-idrauliche dei diversi corsi d’acqua, quale allegato “A” parte integrante del presente atto;

Richiamato il “Regolamento della pesca sportiva e ricreativa nel Parco Regionale del Delta del Po ed aree limitrofe della Provincia di Ferrara” approvato con delibera C.P. nn. 48/28274 del 24/05/’01, esecutiva ai sensi di legge, - modificato con delibera C.P. nn. 69/51486 del 10/7/’02, esecutiva ai sensi di legge;

Preso atto delle proposte avanzate dagli Enti e Associazioni territorialmente interessati (Comuni, Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, Università degli Studi di Ferrara, Associazioni Piscatorie Nazionali Provinciali e Locali, Componenti della Commissione Ittica di Bacino Provinciale, ecc.), dai pescatori sportivi, di mestiere e dai cittadini interessati nel corso degli incontri appositamente convocati;

Considerate le osservazioni e le proposte espresse dalla Commissione Ittica di Bacino Provinciale di Ferrara, all'uopo riunitasi e scaturite nella nuova “Carta Ittica Provinciale 2011/2015”, quale allegato “A” parte integrante del presente atto;

Assunto il parere favorevole della Commissione Ittica di Bacino Provinciale di Ferrara in data 23/11/2010;
Dato atto che, successivamente alla sua esecutività, la presente deliberazione sarà trasmessa alla Regione Emilia-Romagna per l’approvazione e per l’adeguamento dei propri atti, adottati a norma della L. R. n. 11/93 e R.R. n. 29/93, ai contenuti tecnici del presente atto;

Visto l’unito parere favorevole del Responsabile del Servizio interessato;

Con votazione unanime, resa in forma palese:

D E L I B E R A

1) di approvare, per le ragioni descritte in premessa, l’elenco relativo alla classificazione delle acque interne della provincia di Ferrara ai fini della pesca sportiva, ricreativa, agonistica e professionale ed alla individuazione dei vincoli di tutela e gestione della fauna ittica nelle acque interne, allegato al presente atto a farne parte integrante come Allegato “A”;

2) di stabilire che la presente Carta Ittica Provinciale resterà in vigore fino all’approvazione da parte della G.P. di una nuova Carta;
3) di disporre che, per motivate ed urgenti necessità di salvaguardia della fauna ittica, nonché sulla base di proposte approvate dalla Commissione Ittica di Bacino Provinciale, gli elenchi dei corsi d’acqua, di cui alla presente Carta Ittica Provinciale potranno essere modificati od integrati con apposito atto del Dirigente del Servizio Protezione Flora e Fauna e Produzioni Agricole;
4) di stabilire inoltre che per la divulgazione dei contenuti relativi alla presente Carta Ittica Provinciale 2011/2015, verrà applicato il camma 4 dell’art. 22 della L.R. n. 11/’93: “La Provincia, ritenendo tecnicamente inattuabile il tabellamento dei corsi d’acqua del territorio provinciale, si avvale delle previsioni di cui all’art. 22, comma 4 della L.R. n. 11/’93, rendendo pubblico l’elenco dei divieti mediante manifesti che verranno pubblicizzati anche mediante la rete informatica e il sito istituzionale” (Carta Ittica Prov. le 2011-2015)
5) di dare atto, altresì, che il presente atto non comporta oneri a carico del Bilancio Provinciale e che si provvederà con successivi appositi atti di impegno per l’assunzione delle spese necessarie all’attuazione della Carta Ittica in oggetto, facendo riferimento ai Capitoli e Azioni di spesa derivanti dai finanziamenti regionali in materia.
6) di trasmettere la presente deliberazione, dopo la sua esecutività, alla Regione Emilia - Romagna per l’approvazione e per gli opportuni adeguamenti degli atti di propria competenza adottati a norma della L.R. n. 11/’93 e del R.R. n. 29/’93;

In considerazione dell’urgenza di approvare e rendere operativi i vincoli contenuti nella nuova Carta Ittica Provinciale sin dall’inizio della prossima stagione primaverile di ripresa delle attività da parte dei Pescatori.


D E L I B E R A

di conferire al presente atto immediata eseguibilità, ai sensi dell'art. 134 – IV° comma del D. Lgs 267/2000.



OFFLINE
Post: 243
Città: CODIGORO
Età: 37
Web Master FF
Presidente dell'FF
19/04/2011 13:15

ALLEGATO “A” alla Del. G.P.: Attuazione del Piano di Bacino Ittico Provinciale 2011/2015 – Approvazione della carta Ittica Provinciale.

ACQUE CLASSIFICATE "A"

(Pesca consentita secondo le modalità di cui al TITOLO I° del Regolamento Regionale 16 agosto 1993, n° 29 e successive modifiche)

1) Fiume Po e Po di Goro:
tutto il corso ricadente nel territorio della provincia di Ferrara, km 108
Comuni di Bondeno, Ferrara, Ro, Berra, Mesola e Goro.

2) Fiume Panaro:
dal confine con la provincia di Modena allo sbocco nel fiume Po, km 13 Comune di Bondeno

3) Po di Volano:
-TRATTO SULLA RISVOLTA DI CONA (vecchio corso del Po di Volano) dall’immissione nel corso principale del Po di Volano, in loc. Contrapo', a monte fino al primo ponte (su via Tambellina) Comune di Ferrara

-TRATTO SULLA RISVOLTA DI MAROZZO (vecchio corso del Po di Volano) dall’immissione nel corso principale del Po di Volano a monte fino agli allevamenti ittici, (Km 1,00). Comune di Lagosanto

-TRATTO FINALE - FOCE
- dalla confluenza con lo sbocco del vecchio corso della Risvolta di Marozzo alla Foce (linea congiungente i punti più foranei del corso - termine della competenza acque interne della Provincia di Ferrara) compresi i bacini di acqua salmastra che costituiscono la foce del Po di Volano km 10,1. Comuni di Lagosanto, Codigoro e Comacchio

4) Canale Collettore di Burana: Comune di Bondeno
- Tratto dal confine con la provincia di Modena a valle per Km 2
- Tratto in prossimità della confluenza con la Fossa Reggiana - postazione n. 31 in sx idraulica m 200 a monte e a valle;
- Loc. Ca’ Nuova – postazione n. 29 – sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc.Tavecchia - postazione n. 24 – sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Intersezione con Canale delle Pilastresi - postazione n. 23 – sx idraulica –m 200 a monte e a valle;
- Loc. Pendaglia - postazione n. 22 - sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. Corte Littoria – postazione n. 30 - sx idraulica – m 200 a monte e a valle;( pesca professionale)

5) Canale Diversivo di Burana Comune di Bondeno:
- Loc. La Chiesa - postazione n. 32 - sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. La Morandina - postazione n. 28 - sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. La Guatarella - postazione n. 27 - dx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. Ca’ Vecchia - postazione n. 26 - sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. La Colombarina -postazione n. 25 - dx idraulica – m 200 a monte e a valle;

6) Canale Emissario di Burana Comune di Bondeno:
- Loc. sottobotte Cavo Napoleonico - postazione n. 21- sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. La Coccapana di Ponte Rodoni - postazione n. 20 - dx idraulica – m 200 a monte e a valle;

7) Tutte le zone umide salmastre costiere **

8) Canale Navigabile Migliarino – Portogaribaldi: **
dalla chiusa Valle Lepri al ponte sulla S.S. 409 Romea ( termine di competenza delle acque interne della Provincia di Ferrara) Comuni di Ostellato e Comacchio
9) Canale Logonovo: **
tutto il corso fino alla linea congiungente i punti più foranei dello sbocco a mare. (termine della competenza acque interne della Provincia di Ferrara) Comune di Comacchio

10) - Canale Emissario Guagnino: ** tutto il corso Comune di Comacchio
11) - Canale delle Vene: ** tutto il corso Comune di Comacchio
12) - Canale Bayon: ** tutto il corso Comune di Comacchio
13) - Canale Bellocchio: ** tutto il corso Comune di Comacchio
14) - Canale Foce: ** tutto il corso Comune di Comacchio
15) - Canale Pallotta: ** tutto il corso Comune di Comacchio
16) - Canale Valletta: ** tutto il corso Comune di Comacchio
17) - Canali sublagunari Fattibello: ** tutto il corso Comune di Comacchio
18) - Canale Confina: ** tutto il corso Comune di Comacchio
19) -Canale Taglio della Falce**: -dalla chiusa di difesa a mare (ponte della str. denominata “Nuova Corriera”) a valle fino alla linea congiungente la casa denominata “Casa Taglio della Falce “ (situata in riva sx idraulica), con la riva in dx idraulica (termine competenza acque interne della Provincia di Ferrara-) Comune di Codigoro

** Acque nelle quali vige il Regolamento per la Pesca Sportiva e Ricreativa nel Parco Regionale del Delta del Po ed aree limitrofe.


ACQUE (“A”) VINCOLATE ALLA PESCA CON IL BILANCIONE

Po di Volano:
-Tratto sulla RISVOLTA DI CONA, (vecchio corso del Po di Volano), dallo sbocco nel Po di Volano (località Contrapò), a monte fino al 1° ponte. Comune di Ferrara
-Tratto sulla RISVOLTA DI MAROZZO, (vecchio corso del Po di Volano), dall’immissione nel Po di Volano a monte fino agli allevamenti ittici. Comuni di Codigoro e Lagosanto

Canale Collettore di Burana Comune di Bondeno
- Tratto in prossimità della confluenza con la Fossa Reggiana - postazione n. 31 in sx idraulica m 200 a monte e a valle;
- Tratto dal ponte sulla strada Provinciale al primo ponte in ferro in prossimità postazione n. 30, a valle per Km 2;
- Loc. Ca’ Nuova – postazione n. 29 – sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc.Tavecchia - postazione n. 24 – sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Intersezione con Canale delle Pilastresi - postazione n. 23 – sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. Pendaglia - postazione n. 22 - sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. Corte Littoria – postazione n. 30 - sx idraulica – m 200 a monte e a valle (per pesca professionale).

Canale Diversivo di Burana Comune di Bondeno
- Loc. La Chiesa - postazione n. 32 - sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. La Morandina - postazione n. 28 - sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. La Guatarella - postazione n. 27 - dx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. Ca’ Vecchia - postazione n. 26 - sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. La Colombarina -postazione n. 25 - dx idraulica – m 200 a monte e a valle.

Canale Emissario di Burana Comune di Bondeno
- Loc. sottobotte Cavo Napoleonico - postazione n. 21 sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. La Coccapana di Ponte Rodoni - postazione n. 20 dx idraulica – m 200 a monte e a valle.

Fiume Panaro Comune di Bondeno:
- Loc. La Bottoncella - postazione n. 17 dx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Confluenza Cavamento Palata-Fiume Panaro – postazioni nn. 15 e 16 dx idraulica –m 200 a monte e a valle;
- Loc. Stazione di Ospitale - postazione n. 14 sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. Ca’ Lunga di Ospitale - postazione n. 13 sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. Gamberone di Ospitale – postazione n. 12 sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. Le Muraglie - postazione n. 11 sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. Benea – postazione n. 9 dx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. La Cavallera - postazioni nn. 8, 7, 6, sx idraulica – m 200 a monte e a valle;
- Loc. Foce Panaro - postazioni nn. 4, 3, 2, 1 dx idraulica – m 200 a monte e a valle.

Cavamento Palata: Comune di Bondeno
- postazione n. 19 - dx idraulica, posto al termine della zona riservata alla pesca di professione– m 400 a valle (per la pesca professionale)

Inoltre tutti i tratti già individuati nel Regolamento per la Pesca Sportiva e Ricreativa nel Parco Regionale del Delta del Po ed aree limitrofe.


ACQUE CLASSIFICATE "B"
(Pesca consentita secondo le modalità di cui al TITOLO II° e IV° del Regolamento Regionale 16 agosto 1993, n° 29 e successive modifiche)

SONO CLASSIFICATI “B" TUTTI I RESTANTI CORSI D’ACQUA DEL TERRITORIO PROVINCIALE NON COMPRESI NELL’ELENCO DELLE ACQUE CLASSIFICATE “A”



ACQUE VINCOLATE COME “ZONE A REGIME SPECIALE DI PESCA”:

1 – ACQUE NELLE QUALI LA PESCA E’CONSENTITA SOLTANTO CON L’USO DELLA CANNA:
(Sono consentite al massimo 3 canne)

Canale Nuovo Collettore di Baura: dall’Impianto Idrovoro sul Po di Volano all’intersezione con il tratto finale vincolato a zona di ripopolamento e frega (km. 2,2) con l’esclusione del tratto – appositamente attrezzato-riservato ai pescatori diversamente abili; Comune di Ferrara
Canale Naviglio:
- da ponte Ferriani (Loc. Focomorto) al ponte della Villa Prevedel (Loc. Correggio di Baura) (Km 5,5); Comune di Ferrara
- da Coccanile al Pontino Tagliapietre. Comune di Copparo
Condotto di Baura:
tratto compreso fra l’impianto idrovoro e la confluenza con il Canale Naviglio (loc. Baura) ( m 500);
Comune di Ferrara
Fossa Lavezzola:
tratto compreso fra ponte Tabarro e ponte Recchia (str. Copparo - Guarda Ferrarese) (Km 5,5);
Comuni di Ro - Copparo
Canale Collettore Generale S. Antonino: tutto il corso (Km 4); Comune di Ferrara
Canale Goro: tratto compreso fra il ponte della strada Gran Linea (loc. Codigoro) ed il Canal Bianco ( loc. Ariano) (Km 7,6); Comuni di Mesola – Codigoro
Canale Andio: intero corso (Km 18); Comune di Copparo
Canale Vidara: intero corso (Km 2,5); Comune di Mesola
Canale Montata Vallona : intero corso (Km 3,8); Comune di Mesola
Scolo Forcello: dall’Impianto Idrovoro “Galavronara” all’intersezione con il Canale Pero (m 700);
Comune di Portomaggiore
Scolo Pero: intero corso (Km. 4); Comune di Portomaggiore
Scolo Campo del Vero: intero corso (Km 7); Comune di Argenta


2 – ACQUE NELLE QUALI E’ SEMPRE CONSENTITA LA PESCA CON LA BILANCELLA .

• Fiume Po e Po di Goro Intero Corso
• Fiume Panaro Intero Corso
• Fiume Reno, tutti i tratti ricadenti in provincia di Ferrara
• Po di Volano e Risvolte Comuni di Ferrara,Codigoro,Lagosanto,Comacchio
• Canale Collettore di Burana Comune di Bondeno
• Canale Diversivo di Burana Comune di Bondeno
• Canale Cembalina dall’abitato di Spinazzino fino a Marrara (3 Km) Comune Ferrara
• Canale della Botte tutto il corso escluso ultimo tratto (ZRF)
• Canale Emissario di Burana Comuni di Bondeno e Vigarano Mainarda
• Canale Circondariale Nord /Ovest e Sud/Est Comuni di Argenta,Portomaggiore, Ostellato,Comacchio
• Canale Nuovo Collettore di Baura: esclusivamente nel tratto di m. 300 appositamente attrezzato e riservato ai pescatori diversamente abili Comune di Ferrara
• Po di Primaro Comuni di Ferrara e Argenta
• Canale Diversivo di Portomaggiore da Ponte Volpi a valle fino al ponte Carella sull’omonima strada. (Comune di Portomaggiore)
• Canale collettore Acque Alte, Comuni di Copparo,Iolanda di Savoia,Codigoro
• Canale Collettore Acque Basse, Comune di Codigoro
• Canale Leone Comuni di Iolanda,Copparo e Codigoro
• Canal Bianco, Comuni di Ferrara,Bondeno,Copparo,Ro,Berra,Mesola,Goro
• Canale Boicelli, Comune di Ferrara
• Cavo Napoleonico Comune di Bondeno
• Canale Goro, Comune di Codigoro
• Collettore Giralda, Comune di Codigoro
• Canale Bella, Comune di Codigoro
• Canale Malea, Comune di Codigoro
• Torrente Idice, Comune di Argenta
• Torrente Sillaro, Comune di Argenta
• Canale Garda Alto, Comune di Argenta
• Canale S. Nicolò -Medelana, Comuni di Ferrara,MasiTorello,Voghiera,
Argenta,Portomaggiore,Ostellato
• Canaletta di Bando, Comune di Argenta
• Collettore Trebba –Ponti, Comune di Lagosanto
• Canale Cavamento Palata, Comune di Bondeno
• Canale Guagnino - Comune di Comacchio
• Canale Lombardo – costeggiante Via Canale Lombardo, nei pressi dell’Ospedale S. Camillo
Comune di Comacchio
In tutti i rimanenti corsi d’acqua, non citati nell’elenco sopra riportato, vige il “DIVIETO DI PESCA CON LA BILANCELLA” DAL 1° Ottobre al 15 Aprile di ogni anno.




3.- ACQUE NELLE QUALI E’ CONSENTITA ANCHE LA PESCA SPORTIVA E RICREATIVA NOTTURNA ESCLUSIVAMENTE CON LA TECNICA DEL CARP FISHING MEDIANTE IL RILASCIO DEL PESCATO – NEL RISPETTO DEL DIVIETO DI PESCA ALLA CARPA (Cyprinus carpio) DAL 15 maggio AL 30 giugno DI OGNI ANNO:

Po di Volano:
- Tratto compreso tra il ponte di Via Pomposa (Ferrara) ed il ponte dell’abitato di Final di Rero ( Km 20,1);
- Tratto compreso dal Sostegno di Tieni (posto sulla S P .n. 68. Massafiscaglia - Codigoro) a valle fino all’impianto idrovoro del Canale Collettore Acque Basse (Loc. Codigoro) (Km 6,5);

- Canale Circondariale Valle Lepri: - intero corso, ad esclusione dei tratti vincolati a Ripopolamento e Frega, del tratto riservato alla pesca di professione e del tratto in corrispondenza dell’Azienda Venatoria Trava(tra il Canale Brello e il Ponte Trava ) durante il periodo di apertura della caccia(dal 1° febbraio al 3° sabato di settembre compresi) (Comuni di Argenta, Comacchio,Ostellato e Portomaggiore) ;

Canale Emissario di Burana:
- tratto compreso fra il Cavo Napoleonico (loc. Bondeno) ed il Canale Boicelli (loc. Ferrara);


Canale Collettore Acque Alte:
- dal nuovo ponte in Loc. Gherardi , fino al ponte sulla Strada Bagaglione (inizio del tratto riservato alla Pesca Professionale) (Loc. Codigoro)
- dal ponte ex cartiera di Codigoro a valle fino al ponte sulla strada Lamberta solo nel periodo di chiusura della caccia nelle Aziende Venatorie (dal 1° febbraio al 3° sabato di settembre compresi).

Canale Collettore Acque Basse : dall’intersezione con il Canale Bella fino all’impianto idrovoro di Codigoro solo nel periodo di chiusura della caccia nelle Aziende Venatorie (dal 1° febbraio al 3° sabato di settembre).

Canale Leone: - dalla S.P. n. 60 denominata “Gran Linea” a valle fino al Ponte Vicini. (Comune di Codigoro) (Km 3,5).
Canal Bianco: (loc. S Giustina) - dalla SS 309 Romea fino all’impianto idrovoro Pescarina. (Comune di Mesola) (Km. 4,7).
Canale Lorgana – dal ponte sulla S.P. n. 38 denominata “Cardinala” a monte per km 3,00 fino al confine con la Provincia di Bologna (Comune di Argenta).
Collettore Giralda - dal ponte che dalla Strada Giralda Centrale immette in via dei Colombacci fino all’idrovora Giralda.
Canale Derivatore di Berra – dai sifoni di Berra (Via Albersano) a valle fino all’imbocco della Fossa Lavezzola.


4 - ACQUE NELLE QUALI E’ CONSENTITA LA PESCA SPORTIVA E RICREATIVA AL LUCCIO CON LA TECNICA “NO-KILL”:

Canale Montata Vallona – Lungo tutto il corso (Loc. Bosco Mesola) (Km. 3,90)
Emissario (Irrigatore)Vallona - Lungo tutto il corso (Loc. Bosco Mesola) (Km. 2,40)
Canale Boicelli – Lungo tutto il corso (Km. 5,50)
Po di Primaro – Dalla diramazione dal Po di Volano (Loc. S. Giorgio di Ferrara) fino all’abitato di S. Nicolò di Argenta. (Km 18)
Fossa Lavezzola – dal Ponte Farmacia al derivatore di Berra. (Km. 1,40)
Diversivo di Fossalta (C. le Terre Vecchie)– dalla ZRF fino alla confluenza con il Canale di Fossalta. (Km. 1,70)



5 - ACQUE NELLE QUALI E’ CONSENTITA ANCHE LA PESCA SPORTIVA E RICREATIVA A TUTTE LE SPECIE ITTICHE ALLOCTONE CON LA TECNICA DELLO SPINNING DA NATANTE NON ANCORATO (Km. 83,7):

Canale Boicelli: dalla Conca di navigazione (Pontelagoscuro) all’immissione nel Po di Volano. (Km. 5.50)

Po di Volano:
- dall’abitato di Ferrara alla chiusa di Tieni
- Tratto compreso tra l’intersezione con il Canale Collettore Acque Basse fino al nuovo ponte Baccarini (Comune di Codigoro)
Risvolta di Marozzo: tutto il corso escluso il tratto finale prima dello sbocco, corrispondente a km. 1, riservato alla pesca sportiva con bilancione (Comune di Lagosanto) (km 9,00)

Po di Primaro: da Ferrara all’abitato di S. Nicolò di Argenta. (Km. 18)



6 - ACQUE NELLE QUALI LA PESCA SPORTIVA E RICREATIVA E’ CONSENTITA ESCLUSIVAMENTE AI PESCATORI DIVERSAMENTE ABILI

Nuovo Collettore di Baura –Loc. Baura(FE) – m 300 appositamente attrezzati.


7 - ACQUE SOGGETTE A PARTICOLARI LIMITAZIONI DETTATE DAL REGOLAMENTO PER LA PESCA SPORTIVA E RICREATIVA NEL PARCO REGIONALE DEL DELTA DEL PO:

- Canale Emissario Guagnino intero corso Comune di Comacchio
- Canale Logonovo intero corso Comune di Comacchio
- Canale delle Vene intero corso Comune di Comacchio
- Canale Bayon intero corso Comune di Comacchio
- Canale Bellocchio intero corso Comune di Comacchio
- Canale Foce intero corso Comune di Comacchio
- Canale Pallotta intero corso Comune di Comacchio
- Canale Valletta intero corso Comune di Comacchio
- Canali sublagunari Fattibello intero corso Comune di Comacchio
- Canale Confina intero corso Comune di Comacchio
- Canale Taglio della Falce intero corso Comune di Codigoro



ACQUE VINCOLATE A ZONA DI RIPOPOLAMENTO E FREGA ( Z.R.F.)
( divieto permanente di pesca a tutte le specie)
• Condotto Sant’Antonino : intero corso (Km. 1,80)
• Canale Derivatore dal Po: dall’imbocco del Canale delle Pilastresi, intero tratto, sino al vecchio Impianto Idrovoro di presa dal Po ( m 800); Comune di Bondeno.
• Canale Diversivo di Fossalta: dal sostegno nelle vicinanze dell’Impianto Idrovoro delle Pilastresi risalendo a monte fino al ponte di via Argine Lupo (Km 1,00); Comune di Bondeno.
• Canale delle Barche: canale afferente al Canale delle Pilastresi opposto all’innesto dell’Allacciante di Felonica , intero tratto (m 300); Comune di Bondeno.
• Canale di Bagnoli: 500 m a monte, *(44°54'56.43"N-11°16'22.97"E) e a valle, *(44°54'22.34"N-11°16'21.87"E) del ponte sulla strada “Via Comunale”dall’idrovora Redena al Fiume Luce (Fosso Puglia).(Km 1,00); Comune di Bondeno.
• Fossa Reggiana: m 500 a monte *(44°56'7.66"N- 11°16'0.11"E) e a valle *(44°55'47.79"N- 11°15'24.66"E) del ponte sulla S.P. n. 40 Burana-Pilastri, (Km 1,00); Comune di Bondeno.
• Cavo Napoleonico: dalla confluenza con il Fiume Reno alla Botte del Collettore Emiliano Romagnolo (C.E.R.) (km 2,7) Comune di S. Agostino.
• Allacciante di Felonica: Comune di Bondeno .
- dal Canale delle Pilastresi a monte fino all’intersezione con il canale Cavo Fusegno Nuovo (Km 0,80);
- da ponte Rossetti a ponte Rangona (Km 1,5);
• Canale Torniano: dall’Impianto Idrovoro “Torniano” a valle fino al 2° ponte dell’Autostrada B0 - PD (Km. 1,00). Comune di Poggiorenatico
• Canale Cembalina: tratto dalla Travata Ganzanini all’abitato di Spinazzino (Km 3,7). Comune di Ferrara
• Scolo Principale Inferiore: da loc. Ponte Rosso a valle fino a Via del Taglio (Km 2,6); Comune di Argenta

• Nuovo Collettore di Baura: tratto finale compreso tra Via Copparo e il Circolo Tennis (m 500); Comune di Ferrara

• Po di Primaro: tratto dallo sbarramento di Traghetto (Argine Reno) a monte, fino all’intersezione con la Chiavica Cagalla Comune di Argenta.

• Scolo Bolognese: tratto compreso fra il sottopasso della s.s. n. 16 Ferrara -Portomaggiore fino a ponte Spino (loc. Portorotta) (Km 5,8) Comune di Portomaggiore.
• Condotto di Guarda: dall'Impianto Idrovoro di Guarda (argine fiume Po) allo stabilimento Abbondanza - Marabino (adiacente a Fossa Lavezzola) (km 3,00); Comune di Ro.
• Fossa Benvignante: dal ponte in località Cà Bisce al ponte in località Celese (Km 1,5); Comune di Argenta.
• Fossa Sabbiosola: dal ponte Bandissolo a ponte Gresolo (km 2,5), Comune di Argenta.
• Fossa Gattola: tratto compreso tra l’inizio della cava denominata “Lago Gattola” e il 1° ponte a valle Comune di Ostellato .
• Condotto Campogrande : intero corso – (Km. 1,00) -Comune di Ostellato.
• Condotto Verginese: - dall’immissione nella Fossa Gattola a monte per m 500, *(44°45'0.53"N-11°50'5.73"E). Comune di Ostellato.
• Nuovo Canale Saiarino: dalla S.P. n. 38 “Cardinala” , a valle fino all’Impianto Idrovoro “Bassarone” (Km. 2,5) Comune di Argenta.
• Scolo Sussidiario: intero corso (Km. 3,8) Comune di Argenta.
• Emissario (Canale) Lorgana: dalla S.P. n. 38 “Cardinala”, a valle fino alla chiavica immissaria del fiume Reno (Km 3,5) Comune di Argenta.
• Fiume Idice: dalla S.P. n. 38 “Cardinala”, a valle fino alla chiavica posta alla confluenza con il fiume Reno (Km 6,00) Comune di Argenta.
• Canale Garda e Scolo Garda Alto: intero corso (Km 5,00); Comune di Argenta.
• Scolo Forcello: - m 500 a valle, *(44°39'26.60"N-11°52'29.40"E) e a monte, *(44°39'35.40"N- 11°51'41.09"E), del ponte sulla strada Rangona (Km. 1) Comune di Portomaggiore.
• Canale Fossa di Porto: dallo sbocco nel Canale Circondariale Nord - Ovest a monte per tutto il tratto attiguo ai bacini della riserva di pesca denominata “Smaltara” fino al ponte in prossimità dell’ entrata dei bacini stessi (km 1,30) Comune di Portomaggiore.
• Fossa Martinella: dall’Impianto Idrovoro “Martinella” a monte fino all’intersezione con il Canale Baselga (m 500); Comune di Portomaggiore – Ostellato.
• Condotto Mascherine: tutto il corso (Km. 1,60) Comune d Portomaggiore.
• Canale Brello: tratto compreso fra la confluenza con il Canale Circondariale a monte fino al sostegno idraulico (m 300); Comune di Portomaggiore.
• Collettore Acque Alte:
- tratto compreso fra il ponte della S.P. n. 16 “Gran Linea” (Loc. Ambrogio) a valle fino al sostegno Zaffo (Km 3,00); Comune Iolanda di Savoia;
- dal ponte della strada “Lamberta” fino all’Impianto Idrovoro di Codigoro (m 900); Comune di Codigoro.
• Canale Navigabile Migliarino – Portogaribaldi: tratto in riva dx idrografica attiguo alle Anse Vallive di Ostellato (Km 6,00); Comune di Ostellato.
• Canale Circondariale Valle Lepri(Nord /Ovest):
- in riva destra idrografica (lato Mezzano), tratto compreso dall’Osservatorio Astronomico a valle fino al ponticello di accesso alla terza valletta –tratto di fronte al “Campo di Gara”(Km. 3,00); Comune di Ostellato
- in riva sinistra idrografica,(lato opposto al Mezzano) per il tratto attiguo all’oasi di Protezione della fauna denominata “Anse Vallive di Ostellato” dal termine del Campo di gara (ponticello di accesso alla terza valletta) a valle (Km. 2,00); Comune di Ostellato
- dall’Impianto Idrovoro “Valle Lepri” a monte fino ai sifoni di ingresso del canale Navigabile Migliarino/Portogaribaldi (Km. 1,5); Comune di Comacchio
- dallo sbocco delle Canalette Riunite (tratto adiacente all’oasi “Anse Vallive di Portomaggiore – Bacini di Bando”) all’intersezione con lo Scolo Campello (Km. 1,80); Comuni di Portomaggiore – Argenta.
• Comprensorio della Bonifica del Mezzano: Tutte le acque interne al comprensorio (Km 200,00); Comuni di Ostellato – Comacchio – Portomaggiore – Argenta.

• Canalette Riunite Benvignante – Sabbiosola: dallo sbocco nel Canale Circondariale Nord Ovest a monte fino al ponte della Botte (adiacente all’oasi “Anse Vallive di Portomaggiore – Bacini di Bando”) (km 1,5); Comune di Portomaggiore;
• Canaletta di Bando: dallo sbocco nel Canale Circondariale Nord Ovest a monte fino alla chiavica (adiacente all’oasi “Anse Vallive di Portomaggiore – Bacini di Bando”) (m 500); Comuni di Portomaggiore - Argenta
• Canale Dominante Gramigne: dall’impianto Menate al sostegno presso la Tenuta Cavallino (Km 2,5); Comune di Argenta.


• Scolo Gramigne: Comune di Argenta
- dall’impianto idrovoro Gramigne al 2° ponte, a monte rispetto all’impianto stesso(Km 2,20)
- tratto compreso fra la Canaletta di Bando e il 2° ponte, a valle (Km 1,5).
• Canale Foscari: dal ponte sulla S.P. n. 17 (“Le Contane - Ponte Albersano”) fino alla confluenza con il Canale Bentivoglio (km 1,4) Comune di Berra.
• Collettore Maestro. dal ponte sulla S.P. n. 15 denominata”Via del Mare” fino al 2° ponte denominato “Dallomo”,(km 1,30) Comune di Massafiscaglia.

• Collettore Trebba: dall’intersezione con Via Lidi Ferraresi all’ intersezione con i Canali S. Giovanni e Animamozza (Km 2,7) Comune di Comacchio
• Collettore Generale Trebba: dall’Impianto Idrovoro “Marozzo” al Canale Oppio (Km 1,6) Comune di Lagosanto.

• Canale Fosse Foce: dall'Impianto Idrovoro “Fosse”(argine Agosta) a valle fino al ponte della Stazione di Foce (Km 6,5); Comune di Comacchio;

• Collettore Ponti: tratto che costeggia la S.P. 31”Via del Mare” dall’incrocio con la S.P. 58 al bivio per Comacchio (Km 3,00). Comuni di Lagosanto e Comacchio
• Collettore Bosco: intero tratto che costeggia la strada fino all’Impianto Idrovoro “Baia del Re” (posta all’intersezione con i Collettori Valle Isola, Bosco e Poazzo) (Km 1,00) Comune di Lagosanto.
• Collettore Valle Isola: dall’Impianto Idrovoro “Baia del Re” all’incrocio con i Canali Volpara e Boattone (Km1,00) Comune di Lagosanto
• Collettore Poazzo: dall’Impianto Idrovoro “Baia del Re” (posta all’intersezione con il Collettore Valle Isola, Collettore Bosco e Collettore Poazzo) intero tratto di canale che costeggia la strada in direzione della SS. Romea (Km 0,80) Comune di Lagosanto.
• Canal Bianco: dalla chiavica sul canale in cemento con cippo alla memoria“Rudy Marchetti” al civico n. 83 di Via Canal Bianco,(Loc. Ponticelli) (km 2,00). Comune di Mesola
• Allacciante Balanzetta: tratto compreso fra il sostegno idraulico posto sulla strada Bosco Mesola - Giralda, a valle fino al condotto Giralda Centrale (sospeso) (m 700). Comune di Mesola
• Canale Montata Vallona: da Ponte Fuietta a Via Carpani (loc. Bosco Mesola) (Km 1,00); Comune di Mesola.
• Riserva Naturale Po di Volano: Scanno di Codigoro (Km. 2,00) e Scanno di Comacchio (Km. 1,4) con esclusione del vecchio corso del Po di Volano Comuni di Codigoro e Comacchio.
• Riserva Naturale Orientata Sacca di Bellocchio II e Sacca di Bellocchio III: Lago di Spina (Km. 1,10) Valle salmastra dell’Ancona e relative vene Località Lido di Spina, Comune di Comacchio.


ACQUE VINCOLATE A ZONA DI PROTEZIONE DELLE SPECIE ITTICHE ( Z.P.S.I.)
Divieto di detenzione (obbligo di rilascio immediato) delle singole specie indicate:

a) ZONE DI PROTEZIONE DELLA TINCA (Tinca tinca ) Km. 16,60:

• Condotto S. Antonino TA: dall’ intersezione con Fossa Galvana all’intersezione con la Fossa di Porto
(Km 2) località Gualdo- Comuni Voghiera-Portomaggiore.
• Canal Bianco: comprende il tratto vincolato a campo di gara a valle sino a Torre Palù (Km 7,30) Comune di Mesola
• Po di Primaro: tratto compreso tra la ZRF (loc. Traghetto) a monte fino all’abitato di S. Nicolò (Km 8,1); Comuni di Ferrara - Argenta
b) ZONA DI PROTEZIONE DELLA CHEPPIA (Alosa fallax nilotica ) Km 8,5:

• Fiume Panaro: da 250 m. a monte del ponte di Bondeno sulla SS. 496 alla confluenza con il fiume Po (km 10).Comune di Bondeno.

c) ZONE DI PROTEZIONE DEL LUCCIO ( Esox lucius ) Km. 40,30:

• Canale Boicelli: l’intero tratto (Km 5,50.)
• Canale Montata Vallona: tutto corso (Km 3,9) Comune di Mesola
• Emissario Vallona: tutto il corso (Loc. Bosco Mesola) (Km 2,40)
• Canal Bianco:
- dalla SS 309 Romea a valle sino a Torre Palù (Km 7,30) Comune di Mesola;
- dal ponte di via Primo Boccati (Coccanile) a valle per Km 10 *(44°57'29.98"N-11°59'36.86"E) in direzione Sant’Apollinare.
• Po di Primaro: dall’abitato di S. Nicolò alla Chiavica Cagalla, in corrispondenza con l’inizio del tratto adibito a Z.R.F (Loc. Traghetto).
• Fossa Masi: dall’intersezione con l’Allacciante Masi - Gattola alla S.P. n° 15 “Rossonia” (Km 10,7) Comuni di Ferrara, Ostellato, Masi Torello.
• Fossa Gattola: dall’intersezione con l’Allacciante Masi - Gattola fino all’Impianto Idrovoro “Campocieco” (Loc. Verginese) (m 500) Comune di Ostellato


d) ZONE DI PROTEZIONE DELL’ANGUILLA ( Anguilla anguilla ) Km. 22:
• Fossa Masi:
- dal Condotto Branche fino all’immissione nel Canale San Nicolò– Medelana (P.te Tre Poltroni) (Km. 4,30)
- dalla S.P. 68 per Codigoro all’immissione nel Canale Convogliatore (Km. 1,60).
• Fossa Gattola: dalla S.P. 68 per Codigoro all’immissione nel Canale Convogliatore (Km. 2,10).
• Po di Volano: dal termine della risvolta di Marozzo a valle fino all’incrocio con la SS. Romea (Km. 3,00).
• Canale Navigabile: dalla fine del campo di gara a valle fino al Ponte mobile di Valle Lepri (Km. 7,50).
• Canale Convogliatore: intero corso Comune di Ostellato (Km. 2,60).
• Canale delle Pilastresi: dal Canale Burana al Canale Barche (inizio campo di gara) (Km. 1,00) Comune di Bondeno.


* Riferimento georeferenziato.

ACQUE VINCOLATE A CAMPI DI GARA PERMANENTI
(pesca consentita secondo le modalità stabilite dalle norme vigenti esclusivamente quando non sono in corso di svolgimento gare )

• Fiume Po: dalla zona turistica denominata "Porta del Delta" Loc. Serravalle a valle per Km 2,00 fino al caposaldo n. 132 AIPO FE; Comune di Berra.

• Po di Goro: dall’altezza della S.P. “Cristina” a valle fino al cimitero di Goro (Km 1,00) (dx idraulica) Comune di Goro.

• Po di Volano:

- Risvolta di Marozzo - dal ponte Bailey di Marozzo, accesso dell’azienda Tagliata e Corba, a monte fino all’impianto idrovoro di Marozzo (Km 1,00) (dx. idraulica) Comune di Lagosanto;

- dal ponte carrabile, a Migliarino, alla chiusa di Tieni (Campo gara per spinning da barca);

- da ponte Eredità a valle fino alla intersezione con lo sbocco del Canale San Nicolò - Medelana ,(Km 1,00 sx idraulica) Comune di Tresigallo;

- dal ponte Bigoni a valle fino alla ex strada per Baura (Km 3,00 sx idraulica) Comune di Ferrara;

- dallo sbocco del ramo del Po di Primaro a valle fino al vecchio ponte di S. Giorgio (Km 0,5) Comune di Ferrara.

• Canal Bianco: (Loc. Torre Abate) dalla SS 309 Romea fino all’impianto idrovoro Pescarina (sx idraulica) (Km. 4,7) Comune di Mesola.

• Canale Navigabile Migliarino - Portogaribaldi: dall'Impianto Idrovoro “S. Zagno” a valle fino alla loc. Cavallara - S. Giovanni di Ostellato (Km 2,5) (sx idraulica) Comune di Ostellato.

• Collettore Acque Alte: dal ponte dell’ex Consorzio Agrario di Ambrogio a monte fino al ponte Oriolo
(Km 1,5) (dx idraulica) Comune di Copparo.

• Canale Circondariale Valle Lepri (Sud/Est).: dal I° ponte di accesso nel Mezzano S.E. (Strada denominata Maè) all’inizio dell’area boscata in direzione Anita, per un tratto di Km 4,00(dx idraulica) Loc. Anita; Comune di Argenta.

• Canale Circondariale Valle Lepri (Nord/Ovest):

- dal ponte di Ostellato al ponte Trava (Km 8,5) (lato verso mezzano) Comuni di Ostellato e Portomaggiore;

- in riva sinistra idraulica, tratto compreso tra l’Osservatorio Astronomico, a valle, fino al ponticello di accesso alla terza valletta con ingresso dall’oasi “Anse Vallive di Ostellato” (Km 3,00) Comune di Ostellato.

• Canale Boicelli: dal ponte ex Montedison, entrata nord, a monte fino al ponte della strada Pontelagoscuro - Vallelunga (Km 1,00) (sx idraulica) Comune di Ferrara.

• Scolo Principale Superiore: dalla Chiusa a monte per Km 1,5 fino al ponte Azienda Valle Cristo; Comune di Poggio Renatico.
• Fossa Cembalina: dall'abitato di Marrara a monte per Km 4,00 fino al ponte di Via Spinazzino; Comune di Ferrara.
• Canale delle Pilastresi: dalla S.P. Bondeno – Stellata (ponte Pepoli) a valle fino all’intersezione con il Canale Allacciante di Felonica Comune di Bondeno.

• Cavo Napoleonico: dal ponte della Pioppa all'Impianto idrovoro di sbocco nel fiume Po (Km 3,00 ) Comune di Bondeno.

• Canale Leone: dal ponte Vicini a valle fino al punto in cui la S.P. 16 denominata “Reale” si discosta dal Canale Leone, per Km 1;00 Comune di Codigoro.

• Fossa Benvignante: dal ponte della S.S. 495 a monte per Km. 1,00 Comune di Argenta

• Fossa Savenuzza: loc. Ponte Rodoni dal ponte sulla Via Tortiola fino al ponte sulla Via Argine Cappellaro (Km. 1,00) Comune di Bondeno.




ACQUE RISERVATE ALLA PESCA PROFESSIONALE
(pesca consentita esclusivamente ai pescatori in possesso di licenza di tipo “A”)

• Canal Bianco:
- da Torre Palù all’Impianto Idrovoro “Romanina” (km 3;00) Comune di Goro;

- dal ponte Pietro Poli a valle fino al ponte Crepalda (km. 1,5) Comune di Berra;

- dal ponte Albersano a valle fino alla pietra miliare n. 38 sulla S.P. n. 12 (Serravalle – Berra)(km. 1,00) Comune di Berra;

- dal ponte di Coccanile a monte sulla strada Provinciale fino al civico 21 della str. bianca Via Canal Bianco (km. 1,00) Comune di Copparo;

- dal ponte Gombito a valle fino al termine dell’abitato di Massenzatica (km 3,3) Comune di Mesola

• Fossa Lavezzola: dalla Chiavica Tiracca al ponte Contuga (km 3,00) Comune di Berra.

• Canale Maestro:
- dall'imbocco con il Canale Bastione a valle fino all'Impianto Idrovoro “Marozzo” (km2,5) Comuni di Massafiscaglia e Lagosanto;
- tratto di m. 900 a monte *(44°44’58”N – 12°37’25”E) del sovrappasso con il Canale Verginese 1° ramo (Km. 0,90) Comune di Ostellato.

• Canale Malea: dal ponte Galvano a monte fino al ponte Prati (km 3,5) Comune di Codigoro.

• Canale Leone: dal punto in cui la S.P. 16 denominata “Reale” si discosta dal Canale Leone (termine della zona vincolata a campo di gara ) a valle fino alla confluenza con il Collettore Acque Basse (km 1,00) Comune di Codigoro.

• Collettore Acque Basse: dalla confluenza con Canale Leone alla confluenza con Canale Bella (km 1,5) Comune di Codigoro.

• Collettore Acque Alte:
- dal ponte sulla strada denominata “Bagaglione” al ponte della Cartiera di Codigoro (km 2) Comune di Codigoro.

- tratto dalla confluenza con il Canale Boscorolo alla confluenza con il Canale Brusabò (Km. 1,50) Comune di Jolanda di Savoia.

• Canale Circondariale Valle Lepri(Sud-Est): dal ponte della strada denominata “Maè” fino a m. 200 prima dell'Impianto Idrovoro “Fosse” *(44°39’5”N – 12°6’14.76”E) (km 1,700) Comune di Comacchio.

• Cavamento Palata: dal ponte della S.P. n. 9 (Casumaro – Bondeno), fino al ponte della strada denominata “Olmo di San Giovanni” (km. 1,4) Comune di Bondeno.

• Po di Volano Risvolta di Cona: dall'imbocco con il corso principale del Po di Volano in localita' Prinella a valle fino al ponte Cona- Focomorto (Km. 2,50) Comune di Ferrara.


• Po di Volano Risvolta di Tieni :dall'imbocco con il corso principale del Po di Volano a valle per m. 500 fino al civico n. 38 della strada bianca- Via Castagnina (Km. 0,50) Comune di Massafiscaglia.

• Fossa Bertolda: tratto a monte dell’Idrovora Aleotti (Bivio Medelana) *(44°47’28”N- 11°50’30”E)
(Km. 1,00) Comune di Ostellato.

• Canale d’Arrivo: tratto a monte dell’Idrovora Campo Cieco *(44°45’40.30”N- 11°49’52”E)(Km. 0.80) Comune Portomaggiore.

• Scolo Testa (Fossa Marina): tratto a monte dell’Idrovora di Bando fino all’intersezione con lo Scolo Castello (La Fiorana – Bando) (Km. 2,20) Comune di Argenta.

• Canale Bella: dall’intersezione con il canale Seminiato all’intersezione con il Canale Ippolito ovest
(Km. 4,40) Comune di Codigoro.

• Collettore Giralda: tratto tra l’intersezione con lo Scolo Pomari e il Ponte sulla strada Giralda – Codigoro (Km. 3,00) Comune di Mesola.
• Collettore Vallona: tratto dall’idrovora Vallona a mone fino all’intersezione con lo Scolo Monticelli (Km. 1,50) Comune di Mesola.

• Collettore Principale Valle Isola: tratto di m. 900 a monte dell’intersezione con il ponte della Superstrada Ferrara – mare *(44°42’39,22”N – 12°11’54”E) (Km. 0,90) Comune di Comacchio.

Nei tratti dei canali di bonifica destinati alla pesca di mestiere non è consentito l’utilizzo di barche a motore.

* Riferimento georeferenziato

ALTRE DISPOSIZIONI:

1. REGOLAMENTO DEL PARCO REGIONALE DEL DELTA DEL PO ED AREE LIMITROFE

Nel territorio del Parco Regionale del Delta del Po, ed aree limitrofe, vige il Regolamento Provinciale di cui alla Deliberazione del C.P. nn. 48/28274 del 24.05.2001 relativo alla pesca sportiva e ricreativa e alla disciplina dei capanni da pesca, modificata con Deliberazione C.P. nn. 69/51486 del 10/07/2002, approvato in conformità ai relativi “Indirizzi” emanati dal Consorzio del Parco.
La piena applicazione della suddetta regolamentazione potrà trovare attuazione esclusivamente a seguito dell’entrata in vigore dei Piani Particolareggiati Comunali previsti all’art. 8 - punto 1 - del Regolamento Provinciale, fatta salva l’applicazione della vigente normativa in materia.


DIVIETO DI PESCA DAI PONTI-

E’ vietata la pesca dai ponti con le reti a bilancia.

Il divieto non si applica alle persone disabili con permanenti, limitate capacità deambulatorie o grandi invalidi che, per effetto delle loro menomazioni fisiche, non possono percorrere le rive dei corsi d’acqua, purché l’esercizio della pesca non costituisca pericolo per se stessi, per altri ed intralcio alla circolazione.

Le persone suddette dovranno essere preventivamente autorizzate alla pesca nei tratti di rispetto dalla Provincia territorialmente competente.

La pesca con le reti a bilancia è in ogni caso vietata a chiunque dai ponti posti sulle Strade Provinciali, Statali, sul Canale Logonovo e sul Canale Collettore Acque Alte.

DIVIETO DI PESCA SOTTO LE LINEE ELETTRICHE
In tutto il territorio provinciale è vietato esercitare la pesca sotto le linee elettriche di qualsiasi potenza al fine di garantire la sicurezza dei pescatori.

PESCA CON LA TECNICA DEL CARP FISHING

La pesca con la tecnica del Carp Fishing , dove consentita , prevede esclusivamente l’impiego della seguente attrezzatura:

- esche del tipo “Boiles” , granaglie e legumi ( mais, ceci, fave, piselli, arachidi, ecc) nelle quantità previste dalla Del. G. R. n. 3544/’93;
- amo senza alcun tipo di ardiglione;
- guadino di adeguate dimensioni ovvero con lato di apertura non inferiore a cm. 80, e dotato di rete idonea a non danneggiare la pinna caudale del pescato, ovvero con maglia non superiore a mm. 20;
- materassino di slamatura.

PESCA A SPINNING DA NATANTE NON ANCORATO.
Per pesca a spinning da natante non ancorato si intende la pesca effettuata da natante con l’uso di una sola canna mediante l’utilizzo esclusivo di esche artificiali.
E’ consentito tenere a disposizione più canne, ma l’esercizio della pesca deve essere svolto con una sola canna.
E’ vietato pescare trainando l’esca dalla barca in movimento; è invece consentita l’azione di pesca con barca in movimento tramite l’ausilio esclusivo di motore elettrico o remi.

E’ consentito l’utilizzo di imbarcazioni dotate di motore a scoppio purché utilizzato esclusivamente per gli spostamenti e non durante l’esercizio della pesca, nel rispetto della normativa vigente.

PESCA AL LUCCIO CON TECNICA NO-KILL.
Tutti gli esemplari di Luccio catturati nelle zone di pesca No – Kill dovranno essere slamati con cura e reimmessi vivi in acqua;
La pesca è consentita solo con amo singolo o ancoretta singola privi di ardiglioni o con tutti gli ardiglioni schiacciati, al fine di non procurare ferite agli esemplari catturati;
Lungo i tratti individuati per la pesca NO-KILL del Luccio è vietato l’utilizzo, come esca, del pesciolino vivo.

DIVIETO DI UTILIZZO DELL’ANGUILLA COME ESCA.
E’ vietato l’utilizzo come esca di fauna ittica della specie Anguilla (Anguilla anguilla) , sia viva che morta , nell’esercizio della pesca di qualsiasi tipo, in tutte le acque interne durante tutto l’anno .

TRANSITO SUGLI ARGINI DEI CANALI DI BONIFICA.
“Le sommità arginali ed i relativi accessi, dove è consentito il passaggio, possono essere percorsi dai pescatori solo a piedi, con biciclette o con ciclomotori sino a 50 cc.
E’ fatta eccezione quando sugli argini e loro accessi esistono strade rotabili.”(art. 21 comma 6 L.R. n. 11/’93)
E’vietato arrecare danni agli argini e alle pertinenze dei canali di bonifica transitando con automezzi su di essi .

DISPOSIZIONI FINALI

Divieti temporanei di pesca potranno essere istituiti, con specifici Atti del Dirigente del Servizio Protezione Flora e Fauna e Produzioni Agricole in canali o corsi d’acqua soggetti a condizioni ambientali particolarmente critiche o tali da rendere eccessivamente vulnerabile la fauna ittica.

Per motivate ed urgenti necessità di salvaguardia della fauna ittica, nonché sulla base di proposte approvate dalla Commissione Ittica di Bacino Provinciale, gli elenchi dei corsi d’acqua, di cui ai paragrafi precedenti, potranno essere modificati od integrati con apposito atto del Dirigente del Servizio Protezione Flora e Fauna e Produzioni Agricole.
La presente Carta Ittica Provinciale 2011/2015 resterà in vigore fino all’approvazione da parte della G.P. di una nuova Carta.

La Provincia, ritenendo tecnicamente inattuabile il tabellamento dei corsi d’acqua del territorio provinciale (a causa dell’eccessiva estensione degli stessi, degli elevati costi e dei continui furti) si avvale delle previsioni di cui all’art. 22, comma 4 della L.R. n. 11/’93, rendendo pubblico l’elenco dei divieti mediante manifesti che verranno pubblicizzati anche mediante la rete informatica (sito istituzionale www.provincia.fe.it).


OFFLINE
Post: 243
Città: CODIGORO
Età: 37
Web Master FF
Presidente dell'FF
19/04/2011 13:26


PROVINCIA DI FERRARA


Consiglio Provinciale – seduta del 30.3.2011

Deliberazione n. 21 Prot. Gen. 16392

OGGETTO: n. 11

L.R. 11/1993 TITOLO II – Approvazione del Piano di Bacino Ittico Provinciale 2011-2015.


Regolarmente convocato il Consiglio Provinciale ai sensi dell’art. 7 del Regolamento del Consiglio con avviso in data 21 – 03 – 2011 n. 23448, alle ore 9,30, con deposito delle proposte iscritte all’O.d.G., si sono riuniti in seduta pubblica nella sala delle adunanze i Componenti appresso indicati:

PRESIDENTE DELLA PROVINCIA: Marcella ZAPPATERRA
CONSIGLIERI (assegnati n. 30, in carica n. 30):

1) ANSALONI Mario 11) DI MARTINO Cristiano 21) MINARELLI Nicola
2) ASTOLFI Alberto 12) FABBRI Alan 22) MORI Simone
3) BERGAMINI Fabio 13) FORTINI Antonio 23) NARDINI Giovanni
4) BLE’ Alessandro 14) GIACOMONI Andrea 24) PARON Barbara
5) CALDERONI Stefano 15) GRASSI Michela 25) QUARZI Maria
6) CALVANO Paolo 16) GUERRINI Pier Luigi 26) RORATO Alessandro
7) CARIANI Marcella 17) GUGLIELMINI Sergio 27) TADDEO Ugo
8) CARLI Paolo 18) IOTTI Ornella 28) TANCINI Luciano
9) CASTELLUZZO Mario 19) MAGRI Giuseppe 29) TROMBINI Leonardo
10) CORVINI Luigi 20) MILANI Stefania 30) VERRI Davide

Dei quali sono presenti n. 29 e sono assenti: Paron, Carli
Hanno giustificato l’assenza i Sigg. Consiglieri: =
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO: Leonardo Trombini
Partecipa alla seduta il SEGRETARIO GENERALE Dott. Mario CAPALDI
Partecipano inoltre alla seduta, ai sensi del vigente Statuto, gli Assessori Provinciali: Fiorillo, Nardini, Zanni,Bellini, Gaiani, Ferri
SCRUTATORI: Quarzi, Ansaloni, Magri


In pubblicazione all’Albo Pretorio dal 11– 4 – 2011 e per 15 giorni consecutivi.


L’INCARICATO

Milena Silvi

La presente deliberazione è divenuta esecutiva in seguito a pubblicazione per 10 giorni consecutivi all’Albo Pretorio di questo Ente.


Ferrara, _____________


IL SEGRETARIO GENERALE
_________________________________

IL CONSIGLIO

Su proposta della Presidente Marcella Zappaterra;

Richiamata la Deliberazione del Consiglio Provinciale nn.60/36622 del 22/4/2004, esecutiva ai sensi di legge, di approvazione del precedente Piano Ittico Provinciale, che fra l’altro prevedeva che tale Piano avesse validità fino all’avvenuta approvazione del successivo;

Viste:
• la Legge Regionale 22 febbraio 1993, n. 11 “Tutela e sviluppo della fauna ittica e regolazione della pesca in Emilia - Romagna”, con particolare riferimento all’art. 10 che assegna alle Province, nell’ambito del piano ittico regionale e dei piani ittici di bacino, l’esercizio delle funzioni attribuite mediante l’adozione di programmi quinquennali degli interventi di gestione della pesca nelle acque interne;

• la Deliberazione dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna 3.4.2007 n. 107 di approvazione del Piano Ittico Regionale (P.I.R.) 2006-2010 – Art. 7 L.R. 22 febbraio 1993 n. 11”Tutela e sviluppo della fauna ittica e regolazione della pesca in Emilia - Romagna” (Proposta della Giunta regionale in data 29gennaio 2007, n. 82);

Dato atto che il competente Servizio Protezione Flora e Fauna e Produzioni Agricole in stretta collaborazione con l’apposita Commissione Ittica di Bacino Provinciale, dopo ampia consultazione, ha elaborato il nuovo “Piano di Bacino Ittico Provinciale 2011-2015” secondo le previsioni della suddetta Legge Regionale e del Piano Ittico Regionale;

Considerato che si rende necessaria l’approvazione del nuovo Piano di Bacino Ittico Provinciale 2011-2015 che rappresenta il recepimento e l’attuazione, relativamente alle acque interne della Provincia di Ferrara, degli indirizzi individuati dal sopra citato P.I.R, che sono in dettaglio i seguenti:
a) le specie ittiche la cui presenza deve essere conservata o ricostituita;
b) le specie ittiche di cui è consentita la pesca e le forme di ripopolamento delle stesse;
c) l’individuazione delle zone di gestione ittica;
d) l’adozione di strumenti atti alla conservazione della fauna ittica e le immissioni da effettuare per controbilanciare prelievi e carenze delle popolazioni ittiche autoctone e di pregio;
e) le forme di controllo o sostitutive con cui le Province soprintendono o provvedono al regolare svolgimento degli interventi e delle funzioni di competenza;
f) le forme in cui verranno emanate e rese pubbliche le norme per la gestione, la pesca e il patrimonio ittico;
g) le risorse finanziarie per la realizzazione delle attività gestionali programmate.

Visto il “Piano di Bacino Ittico Provinciale 2011-2015”, elaborato dal competente Servizio Protezione Flora e Fauna e Produzioni Agricole in conformità ai contenuti ed agli indirizzi del suddetto PIR e costituente parte integrante del presente atto, Allegato A);

Recepito il parere favorevole della competente Commissione Ittica di Bacino Provinciale riunitasi nelle seguenti date: 9/11/09 – 14/12/09 – 12/01/2010 -20/1/10 - 23/2/10 - 5/3/10 -19/3/10 – 23/11/2010;

Vista la Determina Dirigenziale Prot. Gen. N. 14953 del 24/02/2011 relativa alla Valutazione di Incidenza del Piano in oggetto;

Dato atto, altresì, dell’ampia consultazione effettuata, culminata nel Convegno Pubblico tenutosi presso il Centro Congressi dell’Oasi delle Valli di Canneviè - Porticino in data 21 giugno 2010, nel corso del quale è stato presentato agli Enti Locali, alle Associazioni di categoria interessate, ai Pescatori e alla Cittadinanza il nuovo Piano di Bacino Ittico Provinciale in oggetto, nonché nella serata pubblica tenutasi presso il Municipio di Codigoro in data 18 ottobre 2010;

Visto l’unito parere favorevole del Dirigente del Settore Protezione Flora Fauna e Produzioni Agricole, in ordine alla regolarità tecnica;

Ricordato che la pratica è stata trattata dalla 2^ Commissione Consiliare nella seduta del 21.3.2011;

Udita la relazione della Presidente Zappaterra;

Uditi gli interventi dei Consiglieri Tancini, Verri, Guglielmini, Magri, la replica della Presidente e la dichiarazione di voto del Consigliere Tancini, in atti;

Con n. 25 voti favorevoli espressi con votazione elettronica dai n. 25 Consiglieri votanti su n. 28 Consiglieri presenti – i Consiglieri, Iotti, Guerrini e Di Martino non hanno votato (assente al momento della votazione il Consigliere Corvini):

DELIBERA


1. Di approvare, per le ragioni descritte in premessa, il nuovo “Piano di Bacino Ittico Provinciale 2011-2015” allegato alla presente a farne parte integrante come “Allegato A”;

2. Di dare atto che la Giunta Provinciale provvederà con proprio atto successivo, all’approvazione della nuova “Carta Ittica Provinciale 2011-2015” concernente l’individuazione dei vincoli di tutela della fauna ittica e dell’esercizio della pesca nelle acque interne della Provincia di Ferrara;

3. Di stabilire che il suddetto Piano di Bacino Ittico Provinciale 2011-2015 allegato alla presente a farne parte integrante come “Allegato A” avrà validità fino ad avvenuta approvazione del successivo Piano;

4. Di dare atto, altresì, che il presente provvedimento non comporta oneri a carico del Bilancio Provinciale; eventuali successivi oneri derivanti dall’attuazione del presente Piano quinquennale saranno compresi negli appositi stanziamenti del Bilancio provinciale, dando atto che il finanziamento sarà assicurato dai relativi stanziamenti regionali.

In considerazione dell’urgenza di approvare il Piano in oggetto, al fine di dare piena attuazione alle previsioni in esso contenute, approvare e rendere operativi i vincoli contenuti nella nuova Carta Ittica Provinciale sin dall’inizio della prossima stagione primaverile di ripresa delle attività da parte dei Pescatori;

Con n. 23 voti favorevoli espressi con votazione elettronica dai n. 23 Consiglieri votanti su n. 28 Consiglieri presenti – i Consiglieri Bergamini, Iotti, Guerrini, il Presidente Trombini e la Presidente Zappaterra non hanno votato (assente al momento della votazione il Consigliere Corvini):

DELIBERA

di conferire al presente atto immediata eseguibilità, ai sensi dell’art. 134 – IV° comma del Decreto Legislativo 267/2000.

as


IL SEGRETARIO GENERALE IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Dott. Mario Capaldi Leonardo Trombini







DELIBERA C.P. NN. 21/16392 DEL 30.3.2011

PARERI EX ART. 49 D.LGS. 267/2000


Si esprime parere favorevole in ordine alla regolarità tecnica

IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO
F.to Dott.ssa Elisabetta Mantovani


OFFLINE
Post: 243
Città: CODIGORO
Età: 37
Web Master FF
Presidente dell'FF
19/04/2011 13:30

Allegato A alla Delibera del Consiglio Provinciale

nn. 21/16392 del 30.3.2011








PROVINCIA DI FERRARA


SETTORE AGRICOLTURA
Servizio Protezione Flora, Fauna e Produzioni Agricole












Piano di Bacino Ittico Provinciale
2011-2015
(Titolo II della L.R. 22 febbraio 1993, n. 11)


























Presidente Provincia di Ferrara
Marcella Zappaterra

Coordinamento
Elisabetta Mantovani – Dirigente Servizio Protezione Flora e Fauna e Produzioni Agricole

Collaboratori
Daniela Campi - Ufficio Pesca Acque Interne
Claudio Castagnoli - Comandante Corpo Polizia Provinciale
Renato Finco - Ufficio Forestazione e Interventi Ambientali
Cristiana Garolla - Ufficio Pesca Acque Interne
Marco Pavanello - Ufficio Pesca Acque Interne

Collaboratori Esterni
Francesca Curzola - Libero Professionista
Remigio Rossi - Dipartimento Biologia Università di Ferrara
Luigi Castaldelli - Dipartimento Biologia Università di Ferrara
Mattia Lanzoni - Dipartimento Biologia Università di Ferrara
Claudio Dolcetti - Dipartimento Biologia Università di Ferrara
Valentina Mattioli - Dipartimento Biologia Università di Ferrara
Cristiano Mantovani - Dipartimento Biologia Università di Ferrara
Davide Besaggio - Dipartimento Biologia Università di Ferrara
Alessandro Palmieri - Dipartimento Biologia Università di Ferrara

Commissione Ittica di Bacino
Massimo Tassinari - Servizio Veterinario AUSL FERRARA
Adriano Zucchini - Arci Pesca Fisa
Marco Grossi - Arci Pesca Fisa
Lorenzo Pareschi - Arci Pesca Fisa
Claudio Graziadelli - Arci Pesca Fisa
Giuliano Boldini - F.I.P.S.A.S
Valentino Danieli - F.I.P.S.A.S
Umberto Guidetti - F.I.P.S.A.S
Maurizio Brunetti - F.I.P.S.A.S
Pietro Valentini - Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara
Francesco Tonelli - Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara
Andrea Peretti - Autorità di Bacino
Andrea Arlotti - Autorità di Bacino
Antonio Tomasi - Legambiente
Massimo Davighi - Legambiente
Giuseppe Mongini - W W F
Giancarlo Benetti - Pescatori Professionali
Domenico Sangiorgi - Ass .ne Pescatori Ricreativi
Marco Panzacchi - Ass .ne Pescatori Ricreativi








Presentazione

Il Piano Ittico Provinciale e la relativa Carta Ittica sono gli strumenti di programmazione quinquennale sui quali si fondano le politiche delle Province in materia di tutela della fauna ittica e di gestione della pesca nelle acque interne, previsti dalla normativa di riferimento della Regione Emilia-Romagna, la L.R. n. 11 del 1993.

Questi due strumenti sono sostanzialmente scaturiti dal lavoro dell'apposita Commissione Ittica di Bacino Provinciale (commissione consultiva in materia, prevista dalla legislazione regionale, che ringraziamo per il notevole lavoro svolto a partire dall'agosto dello scorso anno) e successivamente presentati e illustrati nel dettaglio in occasione del Convegno pubblico tenutosi a Canneviè il 21 giugno 2010. Tale presentazione è stata rivolta alle Amministrazioni Comunali in primis, ma anche a tutti gli Enti coinvolti (quali il Parco del Delta del Po, il Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, il Corpo Forestale dello Stato), a tutte le Associazioni ed Organismi di categoria interessati, fino ai Pescatori, nello spirito di consultazione e condivisione che opportunamente deve animare l'approvazione di un documento di tale rilievo.

Effettuata l'ampia consultazione suddetta, il nuovo Piano Ittico Provinciale quinquennale, valido per gli anni 2011-2015 e relativa Carta Ittica vengono sottoposti all'iter di approvazione da parte della Giunta Provinciale e quindi del Consiglio Provinciale.

In premessa al presente Piano desidero sottolineare alcuni punti di riferimento, che muovono l'impostazione data dalla Provincia di Ferrara nel campo della tutela della fauna ittica e regolamentazione della pesca nelle acque interne.

 Consapevolezza dell'inestimabile valore ambientale del territorio ferrarese, con gli oltre 4.000 chilometri di fiumi, corsi d'acqua, canali, che costituiscono una risorsa naturalistica anche per la notevole presenza di fauna ittica, un richiamo per gli appassionati della pesca, una fonte di sussistenza per chi esercita l'attività di mestiere, un ulteriore elemento di valorizzazione dal punto di vista del turismo lento e sostenibile.

 Riconoscimento del fatto che per tutelare, gestire correttamente e valorizzare questo immenso patrimonio sia indispensabile la sinergia e la collaborazione di tutti i soggetti a vario titolo e competenza coinvolti: Comuni, Consorzio del Parco Regionale del Delta del Po, Organismi di vigilanza e controllo, ARPA, AUSL-Servizio Veterinario, Università, Consorzio di Bonifica, Associazioni Ittiche e di categoria interessate, Volontariato, Istituzioni Scolastiche, Pescatori e Cittadini.


 Esigenza di conoscere il patrimonio ambientale ed ittico, che la Provincia di Ferrara assolve ormai da oltre quindici anni grazie alla collaborazione con Università degli Studi di Ferrara, per fondare le scelte gestionali su basi rigorosamente scientifiche.

 Necessità irrinunciabile della collaborazione dell'Associazionismo Ittico, che in provincia di Ferrara si esplica attraverso apposite convenzioni con la F.I.P.S.A.S. Provinciale (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee) e l'ARCI PESCA FISA (a questo proposito desidero rivolgere un commosso ricordo al compianto Adriano Zucchini, Presidente dell'Arci Pesca Fisa Provinciale, che ha dedicato la propria vita alla passione della pesca e alla collaborazione con la Provincia e la Regione); solo attraverso questa sinergia si può realizzare insieme non solo un semplice “sport” ma un vero e proprio “presidio” del territorio, una corretta “gestione” delle acque e delle popolazioni di pesci che in esse vivono.


 Questo nuovo Piano Ittico Provinciale vuole rispondere allo slogan “Pesca per Tutti”, intendendo dare soddisfazioni concrete non solo a tutti gli appassionati delle varie discipline, ma anche ai pescatori di professione (in risposta alla profonda crisi in atto), ai giovani piuttosto che ai pensionati, ai bambini piuttosto che alle persone diversamente abili.

 Intendiamo inoltre dare vita e organizzare un sistema concreto ed efficiente di valorizzazione delle nostre vie d'acqua, attraverso la didattica degli ambienti acquatici e della fauna ittica, attraverso le varie forme di pesca compatibili con la salvaguardia della natura, attraverso la realizzazione di progetti di pescaturismo che possano innescare forme di turismo complementari ed alternative a quelle classiche ormai consolidate.



La Presidente
Marcella Zappaterra




























































Piano di Bacino Ittico Provinciale
2011-2015

Parte Prima: Generalità






















Premessa

La Legge Regionale 22 febbraio 1993, n. 11 “Tutela e sviluppo della fauna ittica e regolazione della pesca in Emilia-Romagna” al Titolo II “Programmazione” prevede che il Piano ittico regionale, strumento di durata quinquennale con cui la Regione promuove ed orienta la conservazione, l'incremento e il riequilibrio biologico delle specie ittiche di interesse ambientale e piscatorio, si articoli in Piani di bacino ittico approvati dalle Province.

Nell'ambito di tali Piani di bacino, le Province individuano e adottano programmi quinquennali di interventi, indicando:
a) le specie ittiche la cui presenza deve essere conservata o ricostituita;
b) le specie ittiche di cui è consentita la pesca, e le forme di ripopolamento delle stesse;
c) le zone di gestione ittica di cui al comma 2 dell'art. 6;
d) gli strumenti da adottare per la conservazione della fauna ittica e le immissioni integrative da compiere a ripiano dei prelievi programmati o delle deficienze rilevate nella composizione delle popolazioni ittiche esistenti nelle diverse zone omogenee;
e) le forme di controllo o sostitutive con cui le Province soprintendono o provvedono al regolare svolgimento degli interventi e delle funzioni di competenza;
f) le forme in cui verranno emanate e rese pubbliche le norme per la gestione, la pesca e la conservazione del patrimonio ittico;
g) le risorse finanziarie per la realizzazione delle attività gestionali programmate.

Il presente Piano di bacino ittico 2011-2015 è stato redatto in conformità al vigente Piano ittico regionale ed avrà validità fino all’approvazione del successivo Piano Provinciale 2016-2020.

La Provincia esercita le funzioni di tutela della fauna ittica e di gestione della pesca nelle acque interne attraverso il “Piano Ittico Provinciale” secondo l’art.10 della Legge Regionale 22 febbraio 1993, n.11 e successive modifiche. Detto Piano ripropone e specifica, a livello di bacino, i contenuti più generali del “Piano Ittico Regionale” (P.I.R.), redatto in riferimento all’art..7 della Legge Regionale 22 febbraio 1993, n.11 “Tutela e sviluppo della fauna ittica e regolazione della pesca in Emilia-Romagna”, approvato con Deliberazione dell’Assemblea Legislativa n. 107 del 3 aprile 2007.
Al Piano in oggetto farà seguito la Carta Ittica della Provincia di Ferrara, che sarà approvata dalla Giunta Provinciale con successivo atto deliberativo separato.

Le funzioni della Provincia in materia di pesca nelle acque interne

Le funzioni che la Provincia svolge in materia di pesca nelle acque interne hanno come riferimento principale i contenuti della Legge Regionale 22 febbraio 1993, n. 11 “Tutela e sviluppo della fauna ittica e regolazione della pesca in Emilia-Romagna”, ed hanno quale ambito di applicazione il Bacino idrografico di riferimento rappresentato dal “Burana - Po di Volano e canali collegati”. Esse si attuano attraverso le forme di partecipazione previste dalla stessa normativa, che vede le Associazioni Ittiche e di Protezione Ambientale coinvolte attivamente mediante il volontariato sia nelle scelte decisionali (in seno alle apposite Commissione Ittica di Bacino e Commissioni Ittiche di Zona), sia nelle attività di vigilanza e gestionali di campo.
In Provincia di Ferrara, infatti, queste ultime attività vengono svolte con la collaborazione e grazie all’impegno costante di Arci Pesca Fisa e Fipsas, ai sensi di apposite Convenzioni che vedono le due Associazioni Ittiche Provinciali direttamente attive rispettivamente nel recupero della fauna ittica in difficoltà in occasione della messa in asciutta dei canali per motivi di sicurezza idraulica, nelle operazioni di ripopolamento ittico e nella gestione ed organizzazione dei Campi di Gara permanenti e temporanei.
La principale funzione della Provincia in questo settore è quella della programmazione, che si concretizza nel quadro più generale del “Piano Ittico Regionale” attraverso la predisposizione e l’adozione del “Piano Ittico Provinciale”, documento quinquennale di riferimento per tutti gli interventi di tutela della fauna ittica e di gestione della pesca nelle acque interne del territorio di competenza.
Dopo l’attivazione di apposita Convenzione con l’Università degli Studi di Ferrara per il censimento ed il monitoraggio della fauna ittica delle acque interne, ai fini della conoscenza per una corretta gestione della risorsa, una delle iniziative più qualificanti degli ultimi anni è certamente la predisposizione di appositi Protocolli d’Intesa con i Consorzi di Bonifica del nostro territorio, volti al miglioramento delle caratteristiche dei corsi d’acqua in funzione della vita dei pesci. La regimazione dei canali di bonifica del Ferrarese, infatti, è improntata prioritariamente a finalità pubbliche di sicurezza idraulica e di scolo delle acque di irrigazione, mentre la compatibilità con la tutela della fauna ittica è un concetto che solo di recente è stato inserito nella legislazione attraverso la definizione del “deflusso minimo vitale” per la vita degli organismi acquatici. Partendo da tale presupposto la Provincia di Ferrara ha quindi ottenuto dai Consorzi di Bonifica la disponibilità a mantenere adeguati livelli idrici in alcuni corsi d’acqua di pregio per il rifugio e la riproduzione della fauna ittica e di interesse per la pesca, evitando in essi la “messa in asciutta” nei periodi invernali. Negli invasi dove, per irrinunciabili motivi di sicurezza idraulica, non risulti possibile evitare lo svuotamento delle acque, grazie alla collaborazione dei volontari dell’Arci Pesca, si è provveduto ad intensificare il recupero della fauna ittica in difficoltà ed il successivo rilascio in idonei canali a scopo di ripopolamento.
A proposito di ripopolamento, una delle funzioni della Provincia in materia è proprio questa, che consiste nella immissione di fauna ittica autoctona-naturalizzata di provenienza e qualità certificata dal punto di vista veterinario, in appositi corsi d’acqua idonei e che non vadano mai in asciutta, previo parere degli Esperti dell’Università degli Studi di Ferrara ed approvazione da parte della competente Commissione Ittica di Bacino Provinciale.
Tra le funzioni proprie della Provincia vanno inoltre evidenziate quelle relative alla vigilanza sia d’istituto che volontaria che, anche grazie alla collaborazione delle Associazioni di categoria, permette il costante monitoraggio delle condizioni delle nostre acque e della fauna ittica, nonché il controllo sul rispetto della normativa vigente in materia di pesca.
Infine va ricordato che annualmente la Regione Emilia-Romagna assegna alle Province appositi finanziamenti per la redazione e realizzazione di “Progetti Finalizzati in materia di Pesca nelle Acque Interne”, che permettono investimenti nelle aree e sui beni di proprietà pubblica a tutela della fauna ittica e a miglioramento degli ambienti acquatici.
Il panorama che ne scaturisce rispecchia certamente un’attività politica, programmatoria e tecnico – amministrativa complessa, che coinvolge nel contempo numerosi “attori”, rafforzando la convinzione che gli sforzi della Provincia per la più ampia tutela e gestione del prezioso patrimonio ittico e ambientale possono ottenere risultati positivi e soddisfacenti soltanto nella condivisione delle scelte e nell’impegno congiunto per metterle in atto.


Elisabetta Mantovani


NORMATIVA DI RIFERIMENNTO IN MATERIA DI PESCA NELLE ACQUE INTERNE

■ Le principali fonti normative, inerenti l’esercizio della pesca, a cui fa riferimento il Piano Ittico Provinciale vengono di seguito elencate:

REGIO DECRETO 8 ottobre 1931, n. 1604.
Approvazione del Testo Unico delle leggi sulla pesca
LEGGE REGIONALE 10 luglio 1978, n. 23.
Licenze per l’esercizio della pesca nelle acque interne
LEGGE REGIONALE 22 febbraio 1993, n. 11
Tutela e sviluppo della fauna ittica e regolazione della pesca in Emilia-Romagna

DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 3544 del 27/07/93.
Definizione degli orari di esercizio di pesca nelle acque interne, delle misure minime dei pesci, dei limiti giornalieri e stagionali del pescato e di altre disposizioni di cui alla L.R. 22/02/1993, n. 11 (art. 16 – comma 7)
e successive modifiche apportate da:
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE del 22/09/2003 n.1786 – esecutiva - avente ad oggetto “ Provvedimento teso a favorire la pesca sportiva denominata Carp fishing.
Integrazione alla deliberazione delle Giunta regionale n. 3544 del 27/07/’93”
REGOLAMENTO REGIONALE 16 agosto 1993, n. 29.
Attrezzi e modalità di uso consentiti per la pesca. Periodi di divieto pesca delle specie ittiche nelle acque interne dell’Emilia-Romagna
e successive modifiche apportate da:
REGOLAMENTO REGIONALE 5 aprile 1995, n. 17;
REGOLAMENTO REGIONALE 3 aprile 1998, n. 9.
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 5463 del 9/11/93.
L.R. n. 11 del 22/02/1993, art. 13 – Definizione delle specie ittiche appartenenti alla fauna locale di cui è consentito il ripopolamento, l’immissione per la pesca a pagamento e l’allevamento.
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 1574 del 3/07/96.
Provvedimenti tesi a limitare e contenere la presenza del Siluro d’Europa (Silurus glanis) nelle acque interne regionali.
Modifica della Deliberazione della Giunta Regionale n. 3544 del 27/07/1993.
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 2294 del 20/06/95.
Deliberazione della Giunta Regionale n. 5463 del 9/11/1993 : L.R. 11/93 – art. 3- Definizione delle specie ittiche appartenenti alla fauna locale di cui è consentito il ripopolamento, l’immissione per la pesca a pagamento e l’allevamento – Integrazione.
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 5597 del 16/11/93.
L.R. 11/93, art. 8 – Delimitazione dei bacini idrografici per la gestione ittica di competenza regionale.
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 1551 del 26/04/94.
Approvazione piano allestimento campi gara permanenti e indicazione corsi d’acqua campi gara temporanei. L.R. n.11 del 22/02/1993, art. 23
e successive modifiche apportate da:
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 1831 del 23/05/95.
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 1249 del 24/05/96.
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 1199 del 13/07/99.
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 1983 del 13/06/2000.
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 1554 del 26/04/94
L.R. n. 11 del 22/02/93, art.8 – Delimitazione zone omogenee per la gestione ittica
e successive modifiche apportate da:
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 1250 del 24/05/96.
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 358 del 23/03/99.
DELIBERAZIONE GIUNTA REGIONALE n. 1773 del 10/04/94
Art. 23 – L.R. 22/02/93, n. 11 – Direttive inerenti l’organizzazione dell’attività agonistica
DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO PROVINCIALE NN. 48/28274 DEL 24/05/2001 “Regolamento Provinciale per la pesca sportiva e ricreativa e per la disciplina dei capanni da pesca nel territorio del Parco Regionale del Delta del Po ed aree limitrofe della provincia di Ferrara”
e successive modifiche apportate da:
DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO PROVINCIALE NN. 69/51486 DEL 10/07/2002
“Modifiche al regolamento provinciale per la pesca sportiva e ricreativa e per la disciplina dei capanni da pesca nel territorio del Parco Regionale del Delta del Po ed aree limitrofe della provincia di Ferrara.
DELIBERAZIONE DELL’ASSEMBLEA LEGISLATIVA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA 3 aprile 2007, n. 107
Approvazione del Piano ittico regionale (P.I.R.) 2006-2010.

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEL TERRITORIO FERRARESE

Il territorio ferrarese, collocato nel settore nord orientale dell’Emilia-Romagna, è l’unica provincia completamente pianeggiante della regione. Estremamente omogeneo e livellato, presenta un leggero impluvio verso l’asse del Po ed un minimo declivio verso il mare Adriatico.
La provincia di Ferrara si estende su di una superficie complessiva di 263.173 ettari, ed è compresa tra i 42°32’ e i 44°58’ di latitudine nord, ed i 0°05’ ed 1°14’ di longitudine ovest da Monte Mario. Confina a nord con le province di Rovigo e Mantova, ad est con il Mare Adriatico, a sud con le province di Ravenna e Bologna e ad ovest con la provincia di Modena.
I fiumi principali sono il fiume Po, che segna gran parte del confine settentrionale della provincia (108 km), il fiume Reno che attraversa la provincia per 86 km e che traccia in parte il confine meridionale con la provincia di Bologna, e il fiume Panaro che attraversa per 13 km la porzione occidentale del Ferrarese.
Ha un’altimetria variabile tra +22 e –3 m dal livello del mare, con picchi positivi nei comuni di Cento e Poggio Renatico, e picchi negativi nei comuni di Codigoro, Comacchio e Ostellato. Il capoluogo ha un’altimetria compresa tra +1 e +16 m s.l.m..

Cenni storici e lineamenti geomorfologici

La Pianura Padana, dal punto di vista geologico, è il prodotto del colmamento per deposizione di materiale detritico eroso e trasportato da fiumi appenninici ed alpini di un bacino, chiamato “golfo padano”. La sua evoluzione coincide con quella della Penisola italiana che inizia a delinearsi all’inizio del periodo triassico (230 milioni di anni fa).
Il continuo ammassarsi di detriti portati dai fiumi diede origine a depositi alluvionali di diverse età e dello spessore di diverse migliaia di metri. Negli ultimi 10000 anni (periodo olocenico) sono avvenute variazioni climatiche in cui si sono alternati periodi di alcuni secoli a clima caldo e altri a clima più freddo. I conseguenti movimenti di innalzamento e abbassamento del livello marino hanno interessato le aree terminali dei fiumi presso la linea costiera, determinando in momenti caldi l’ingressione del mare (= avanzamento verso monte della linea di costa) e, in momenti più freddi, un arretramento della linea di costa.
Gli specchi d’acqua che hanno sempre caratterizzato la zona orientale della Pianura Padana hanno avuto meccanismi di formazione diversi. Alcuni hanno avuto origine per l’inclusione di aree marine dovuta al maggior accrescimento di diversi punti della pianura a causa di un più cospicuo apporto sedimentario da parte di rami dell’apparato deltizio: è il caso della Sacca degli Scardovari (Ro), della Sacca di Goro, della Sacca di Bellocchio e delle Piallasse ravennati. Altri bacini si sono formati per l’invasione di acque marine in territori che la subsidenza aveva portato a quote inferiori al livello del mare: è questo il caso delle Valli di Comacchio e del Mezzano. Altri ancora si sono formati in zone comprese tra strutture rilevate, come argini fluviali o cordoni litoranei, che impedivano il deflusso delle acque meteoriche o di esondazione, o in aree depresse comprese tra successivi cordoni dunosi: è il caso delle Vene di Bellocchio. Infine, in alcuni casi, zone paludose sono state trasformate dall’uomo in bacini di acqua salmastra per l’itticoltura e la molluschicoltura.

Il territorio si è profondamente modificato nei secoli sia per cause naturali che antropiche. Già gli etruschi di Spina (VI-III secolo a.C.) intervennero sul territorio per mantenere i fiumi sgombri dai sedimenti e lo stesso fecero i Romani tra il 200 a.C. e il 200 d.C..
L’attuale conformazione geomorfologica del territorio ferrarese comincia a delinearsi all’inizio del secondo millennio. Una serie di rotte del fiume Po presso Ficarolo nel XII secolo d.C. provocarono la crisi del Po di Ferrara e di Primaro e l’affermarsi dell’attuale corso del Po, passante per il confine settentrionale della provincia.
Nella seconda metà del 1500 viene effettuata la “grande bonificazione estense” grazie alla quale viene bonificata un’area compresa tra Copparo, Mesola e Pomposa con la costruzione di un’ampia rete di canali che consentivano il deflusso delle acque verso il mare. L’abbassamento del suolo, in parte causato dalla bonifica stessa, rese inefficiente la rete idrografica voluta da Alfonso II e una serie di rotte, verificatesi verso la fine del secolo, riportarono vaste zone sotto il dominio palustre.
Nel XVI secolo si assistette alla definitiva crisi del Po di Ferrara e all’aumento di importanza del Po grande (Po attuale) che aveva iniziato a formare una notevole cuspide deltizia ad est di Rosolina, il cosiddetto “delta rinascimentale”. Per il timore che l’apporto di sedimenti dai rami più settentrionali potesse portare all’occlusione delle bocche della Laguna di Venezia, il Governo della Repubblica di Venezia fece realizzare un’imponente opera di deviazione verso sud del corso terminale del Po, il “Taglio di Porto Viro” (1599-1604). Tale opera determina la formazione del delta moderno.
Fino al XIX secolo le bonifiche avevano avuto alterne vicende di successi e sconfitte nei confronti delle acque portate dai fiumi o rimontanti dal mare e gran parte del settore orientale del territorio ferrarese era ancora dominio delle acque.

La situazione attuale è dovuta all’avvento della “macchina idrovora” che permise un attivo sollevamento meccanico delle acque di scolo, rendendo possibile la bonifica di zone situate sotto il livello del mare. Alla fine dell’800 vennero via via bonificati il Polesine di S. Giovanni, la Valle Gallare e dintorni e le Valli di Argenta. Nel periodo interbellico vennero bonificate le Valli Trebba, Ponti e Isola (presso Comacchio) e la Valle del Mantello. Negli anni ’60 vengono bonificate la Valle del Mezzano e la Valle Falce.

Dal punto di vista litologico il territorio si può suddividere in quattro fasce. Da occidente ad oriente si incontrano: 1) una fascia caratterizzata da sedimentazione fluviale in cui sono presenti tutti i tipi litologici e in particolare una dominanza di materiale argillosi nelle zone tra gli alvei e i paleoalvei e una dominanza di sabbie lungo gli alvei o i paleoalvei stessi; 2) un’ampia zona, in cui si sono mantenute per lungo tempo condizioni palustri, dove si trovano alte percentuali di torba; 3) una zona dominata dalle sabbie in corrispondenza dei cordoni dunosi litoranei attuali e fossili; 4) infine la fascia delle zone di sedimentazione deltizia più recente (Sacca di Goro e Scanni, Sacca di Bellocchio) in cui sono presenti materiali fini, talvolta torbosi intercalati a sabbie litorali.

Assetto idraulico

Il territorio ferrarese, situato all’estremo lembo orientale della Pianura Padana, rappresenta un esempio del delicato equilibrio fra terre e acque, sempre laboriosamente inseguito e mai definitivamente raggiunto.
La sua superficie, di circa 2.600 kmq, si sviluppa intorno a quote molto basse e in gran parte soggiacenti al livello del mare. I fiumi Po e Reno lo delimitano rispettivamente verso Nord e verso Sud, scorrendo in arginature pensili, tanto che tutte le acque interne della provincia non affluiscono verso di essi ma vengono avviate al mare attraverso il sistema idraulico del Po di Volano, ridotto a collettore dell’ultima parte di pianura, e attraverso una fitta rete di canali e di impianti idrovori.
Si possono individuare a grandi linee tre settori caratterizzati altimetricamente: i due Polesini di Ferrara e di S. Giorgio, rispettivamente a Nord e a Sud del Po di Volano, conformati “a catino”, con i margini in rilievo costituiti dai corsi d’acqua esterni (Po-Panaro, Poatello-Volano, Primaro-Reno) e dalle fasce costiere, con livelli al di sotto del livello del mare su estensioni molto vaste e in modo accentuato; il terzo settore è quello a Sud-Ovest di Ferrara, di altitudine media più elevata (8-10 m.s.l.m.) e di conformazione più complessa avendo i margini a Nord e ad Est non rilevati, ma costituiti dalla linea Poatello-Volano-Primaro che rappresenta una linea di gronda per i territori del Polesine di S. Giorgio.
Il territorio ferrarese, nella sua parte orientale, presenta in gran parte quote più basse del livello medio del mare fino a massimi di depressione di oltre 4 metri. Ciò è dovuto in parte al fenomeno della subsidenza, cioè l’abbassamento del suolo per il compattarsi dei sedimenti.
Sul territorio provinciale sono distribuiti 67 impianti idrovori che aspirano, sollevano e scaricano più in alto quasi un miliardo di metri cubi d’acqua ogni anno. La superficie interessata supera i 200.000 ettari, cioè poco meno del doppio di quella bonificata posta al di sotto del livello del mare: infatti non soltanto le aree in depressione necessitano di sollevamento delle acque, ma anche gran parte della superficie provinciale, soprattutto nel settore centrale, le cui quote non risultano tali da garantire un’efficiente scolo delle acque.

In relazione ai caratteri chimico - fisici ed al loro utilizzo, gli ambienti acquatici vengono suddivisi in “acque dolci” e “acque salmastre”. Le acque dolci, pur essendo relativamente omogenee in termini di caratteri chimico - fisici in quanto derivate quasi interamente da precipitazioni meteoriche e dall’adduzione artificiale dal Po, presentano usi estremamente differenziati. Si possono distinguere infatti acque pubbliche, utilizzate per il pubblico interesse anche a fini conservazionistici e alieutici, annoverando tra queste fiumi naturali (il Po, il Panaro e il Reno), canali di bonifica e di irrigazione e bacini artificiali di regolazione delle piene; dall’altro lato si annoverano invece acque private che solo indirettamente possono rientrare nei programmi di salvaguardia degli ambienti acquatici, ad esempio bacini artificiali di allevamento ittico e attività ricreativa, bacini artificiali di risaia e di cava.

Le acque salmastre, anch’esse omogenee per caratteri chimico - fisici, si distinguono in base al grado di collegamento col mare Adriatico in “chiuse” e “aperte”.
Le prime, come nel caso delle Valli di Comacchio, mantengono un minimo collegamento attraverso i canali adduttori e le chiaviche di regolazione dei flussi delle acque, atto a garantire i fenomeni di montata, riproduzione e accrescimento delle specie ittiche presenti.
Nelle seconde, come nel caso della Sacca di Goro, il ricambio avviene invece secondo i ritmi di marea, mantenendo così inalterati i naturali ritmi biologici della fauna ittica presente.

Attualmente la rete idrica del territorio ferrarese si può stimare costituita da oltre 4.000 chilometri di corsi d’acqua, il cui governo idraulico è quasi interamente ricadente, dal 1° ottobre 2009, nelle competenze del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara; una porzione situata ad nord-ovest ricade nel Consorzio di Bonifica Leo-Scoltenna-Panaro, mentre una porzione a sud-ovest ricade nel Consorzio della Bonifica Renana.
Ai Consorzi di Bonifica competono le funzioni idrauliche di primario interesse pubblico di gestione e controllo delle acque, ai fini di scolo e di irrigazione dei terreni per usi agricoli.
Il fiume Po (il tratto ricadente in provincia di Ferrara va da Stellata di Bondeno alla foce del Po di Goro) è di competenza dell’AIPO (Agenzia Interregionale del Po); il Po di Volano e il Po di Primaro sono di competenza del Servizio Tecnico di Bacino del Po di Volano della Regione Emilia-Romagna, mentre il fiume Reno (il tratto ricadente in provincia di Ferrara va da S. Agostino alla penisola di Boscoforte) è di competenza del Servizio Tecnico di Bacino del Fiume Reno della Regione Emilia-Romagna.

Il Bacino Burana-Po di Volano

L’attuale assetto fisico del territorio ferrarese è quindi legato ad una serie di problemi significativi legati in generale alla rete idrografica, alla subsidenza naturale e artificiale, all’innalzamento del livello marino e alla diminuzione di apporto di sedimenti dai fiumi (al fine di contrastare il fenomeno della subsidenza).
La rete idrografica risulta così complessa a causa sia delle modestissime pendenze del suolo e della sua soggiacenza rispetto alle quote dei recapiti finali (necessità di ricorrere al sollevamento meccanico) sia della molteplicità di usi cui le acque sono destinate.
Il Bacino Burana-Po di Volano, che si estende tra le province di Ferrara, Modena, Bologna ed in piccola parte Ravenna occupando una superficie di circa 3.020 km2, ha la funzione di collettore finale delle acque di scolo, di vettore di acque interne ed esterne allo stesso bacino per le derivazioni agricole, industriali e per la navigazione e si estende per la maggior parte nella provincia di Ferrara.
Il Po di Volano è il perno del sistema idraulico del Ferrarese, in quanto, oltre a convogliare a mare le acque provenienti dal Mantovano, dal Bolognese e dal Modenese, recepisce lungo il corso d’acqua quasi tutti gli scarichi dei vari comprensori di bonifica locali. Il sistema idraulico principale comprende inoltre l’emissario di Burana, il Canale Boicelli, il Po di Primaro, il Canale Navigabile e il Canale S.Nicolò Medelana.
Ad eccezione dei terreni facenti parte del bacino del canal Bianco e delle bonifiche di Mesola, delle Valli di Comacchio, delle Valli di Goro, di Valle Isola e parte del Mezzano, che scolano in mare attraverso gli impianti idrovori rispettivamente della Romanina, della Giralda, del Bonello, di Guagnino e di Fosse-Foce, tutto il territorio ferrarese, nonché parte del modenese, del bolognese e del mantovano, scaricano le proprie acque nel complesso idraulico Po di Volano-Canale Navigabile.
Analogamente a quanto si verifica per molti corsi d’acqua, gli afflussi che interessano questo sistema sono di due tipi: a scolo naturale e a scolo meccanico. Fra i primi sono da annoverare gli apporti dovuti al Po di Primaro, al Canale Boicelli e al Canale di Cento; i secondi sono costituiti dagli scarichi di alcuni bacini dei vecchi Consorzi di Bonifica di Burana, del 1^ Circondario, delle Valli Vecchio Reno e del 2^ Circondario, nonché delle fognature di Ferrara e della sua zona industriale.
A differenza però di quanto si verifica, per molti corsi d’acqua, il maggior contributo idrico all’asta fluviale è fornito dai deflussi del secondo tipo, quelli meccanici. Se si esamina più attentamente il sistema di alimentazione e la natura degli afflussi di gravità, si riscontra inoltre, che anch’essi, a loro volta, sono recapiti di scarichi parzialmente a scolo meccanico. In definitiva, quindi, si può affermare che l’intero sistema Volano-Navigabile è sollecitato idraulicamente da afflussi con sollevamento, dovuti a scoli agricoli e misti.
La situazione attuale delle acque presenti nel bacino è fortemente condizionata dagli afflussi idrici extraprovinciali.
L’ubicazione geografica del territorio ferrarese è infatti tale da risentire dei carichi antropici provenienti dai territori limitrofi. La qualità delle acque del reticolo idrico provinciale evidenzia un carico inquinante che diminuisce progressivamente man mano che si avvicina agli sbocchi a mare.
Si osserva che i maggiori carichi inquinanti sono presenti nell’alto ferrarese e che le derivazioni delle acque dal fiume Po esercitano un benefico effetto di diluizione.
Avanzando verso il mare, le acque dolci si mescolano con quelle salate creando numerose zone umide di grande interesse ambientale, ecologico, faunistico e produttivo come le Valli di Comacchio e la Sacca di Goro, quest’ultima soggetta a continue crisi anossiche. A questa situazione di alterazione dell’ecosistema contribuisce sia l’assetto morfologico sia l’apporto diretto delle acque superficiali di scarsa qualità del Po di Volano e del Canal Bianco, recettori di una grande quantità di nutrienti.

Aree umide e costiere

Le principali aree caratterizzate da acque di transizione sono situate in prossimità della costa adriatica, tra la foce del Po di Goro e la foce del Reno. Lungo il litorale tra le foci del Po di Goro e del Po di Volano si estende la Sacca di Goro, mentre un poco più all'interno è situato il relitto vallivo di Porticino - Canneviè. Immediatamente a sud del tratto terminale del Po di Volano si trova il complesso delle valli Bertuzzi, ora separato nei due bacini di Valle Cantone (la porzione occidentale) e di Valle Nuova; tra le valli Bertuzzi e la costa è situato il Lago delle Nazioni, relitto trasformato della preesistente Valle di Volano.
Ancora più a sud, all'incirca tra il Canale Navigabile ed il tratto terminale del fiume Reno, si estende il complesso di zone umide salmastre costituito dalle Valli di Comacchio e sue adiacenze.
Tutte queste aree sono comprese all’interno delle diverse “stazioni” nelle quali si articola il Parco Regionale del Delta del Po che, ai sensi dell’art 18, comma 2, del D. Lgs152/99 e successive modifiche e integrazioni, sono state designate aree sensibili.

Pressioni ambientali

L’incidenza delle attività umane sul sistema ambientale si riflette principalmente sulla qualità delle acque, sia dei corpi idrici facenti parte rete idrografica interna, sia delle zone costiere. Particolare interesse ricopre la Sacca di Goro, ecosistema chiuso soggetto a continue crisi anossiche, dove recapitano le acque del Canal Bianco e del Po di Volano recettori di una grande quantità di nutrienti.
L'attività maggiormente impattante, per quanto riguarda la componente eutrofizzante, risulta quella agricola (superiore all'80 % del carico generato), mentre per il carico organico le fonti significative, in termini di carico generato e sversato, sono quelle provenienti dalle attività civili e industriali (idroesigenti e idroinquinanti).
Le attività industriali significative in termini di carico organico generato (BOD5) sono gli zuccherifici e le distillerie, mentre per il comparto civile si deve sottolineare che una percentuale elevata di carico inquinante è soggetta ad un trattamento di depurazione poco efficace, dovuta agli agglomerati serviti da piccoli impianti di depurazione (a basso rendimento) o non serviti.
Per gli aspetti quantitativi, dalle analisi riportate nel Piano, emerge che nel bacino la maggior pressione sul sistema delle acque superficiali proviene dal settore irriguo mentre sul sistema delle acque sotterranee proviene dal settore industriale.
In tale contesto è fondamentale individuare gli eventuali squilibri tra disponibilità e fabbisogni per il perseguimento dei seguenti obiettivi:
 mantenere un deflusso nei canali nel periodo invernale tale da assicurare accettabili condizioni igienico – sanitarie e di salvaguardia dell’ecosistema acquatico;
 contenere il prelievo di acque sotterranee per limitare la risalita delle acque fossili e l’ingressione del cuneo salino nonché il fenomeno della subsidenza.
Il territorio ferrarese è soggetto ad un abbassamento naturale del suolo di alcuni mm/anno a cui si è andata affiancando, soprattutto nell’ultimo mezzo secolo, una subsidenza artificiale dovuta alle azioni dell’uomo avviatesi a partire dagli anni ’30, per effetto dell’estrazione su larga scala di acque metanifere raggiungendo velocità di abbassamento del suolo fino ad alcune decine di centimetri all’anno nel periodo di massimo sfruttamento (anni ’50 – ’60). Dopo la sospensione della coltivazione dei giacimenti, si è determinata una rapida attenuazione del fenomeno, registrando attualmente una velocità di abbassamento intorno a 1.5 cm/anno. Perciò risulta importante, al fine di limitare il fenomeno della subsidenza, che le politiche di intervento siano finalizzate soprattutto al controllo dei prelievi dal suolo e dal sottosuolo ed alla difesa della costa.
Inoltre abbassamenti anche di pochi centimetri potrebbero compromettere l’efficienza della rete dei canali la cui funzionalità è strettamente legata all’assetto altimetrico del territorio.

Le Aree Protette

Le aree protette della provincia di Ferrara, ai sensi della Legge Regionale n.6/2005 “Disciplina della formazione e della gestione del sistema regionale delle aree naturali protette e dei siti della Rete Natura 2000”, sono il Parco del Delta del Po Regione Emilia-Romagna istituito con la L.R. 2 luglio 1988 n. 27, la Riserva Naturale Orientata “Dune Fossili di Massenzatica” e le Aree di riequilibrio Ecologico “Bosco di Porporana” nel comune di Ferrara, “Stellata” nel comune di Bondeno e “Parco Schiaccianoci” nel comune di Ferrara.
La porzione del Bacino Burana- Volano e Canal Bianco interessata da questa realtà si estende a partire da nord del corso del Po di Goro, comprendendo tutto il delta storico del fiume Po, le zone salmastre della costa quali la Sacca di Goro, le Valli e le Saline di Comacchio, la Valle Bertuzzi fino alle zone umide interne di acqua dolce come le Valli di Campotto e Bosco Mesola.

I Siti della Rete Natura 2000

La Rete Natura 2000 nasce da due Direttive Europee:
1. Direttiva 79/409/CE "Conservazione degli uccelli selvatici" detta “UCCELI “che stabilisce un quadro comune per la conservazione delle specie di uccelli selvatici presenti, allo stato naturale, in tutta l'Unione europea e dei relativi habitat, in particolare “la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato. Essa si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie e ne disciplina lo sfruttamento.”
2. Direttiva 92/43/CEE detta “HABITAT” "Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche", all’art. 3 prevede la costituzione della rete
ecologica europea, detta Rete Natura 2000, la quale è formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’Allegato II e deve garantire il mantenimento, ovvero, all’occorrenza il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.
E’ compito degli Stati membri evitare che la fruizione dei Siti della Rete Natura 2000 comporti un loro degrado, un impoverimento sia di specie che di biodiversità.
La biodiversità è l’oggetto della tutela, attraverso la protezione di specie e degli habitat che le ospitano, la tutela è garantita anche da collegamenti fisici tra i vari siti detti “corridoi” per favorire scambi tra le varie popolazioni..
L’obiettivo di assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle condizioni di vita delle specie, viene perseguito concretamente, sia mediante l’applicazione di specifiche direttive ed indirizzi oltre che di opportune modalità di verifica della loro attuazione, sia attraverso lo studio e la valutazione di incidenza, vincolanti per piani, progetti e interventi da realizzare all'interno o nelle adiacenze degli stessi Siti della Rete Natura 2000.
Elenco dei siti Rete Natura 2000 tratto dalla DGR n. 1224 /2008 in cui la Provincia di Ferrara risulta Ente Gestore o principale o secondario o terzo.
ENTE GESTORE
1 ENTE GESTORE
2 ENTE GESTORE
3 HA HA IN PROV FE
IT4060008 ZPS VALLE MEZZANO 18.863
IT4060010 SIC-ZPS DUNE DI MASSENZATICA 52
IT4060011 ZPS GARZAIA DELLO ZUCCHERIFICIO DI CODIGORO E PO DI VOLANO 184
IT4060014 ZPS BACINI DI JOLANDA DI SAVOIA 45
IT4060016 SIC-ZPS FIUME PO DA STELLATA A MESOLA E CAVO NAPOLEONICO 3.140
IT4060017 ZPS PO DI PRIMARO E BACINI DI TRAGHETTO 1.436
IT4060001 SIC-ZPS VALLI DI ARGENTA 2.905
IT4060002 SIC-ZPS VALLI DI COMACCHIO 16.781
IT4060003 SIC-ZPS VENE DI BELLOCCHIO,SACCA DI BELLOCCHIO,FOCE DEL FIUME RENO,PINETA DI BELLOCCHIO 2.242
IT4060003 SIC-ZPS SACCA DI GORO, PO DI GORO, VALLE DINDONA, FOCE DEL PO DI VOLANO 4.872
IT4060003 SIC-ZPS BIOTOPI DI ALFONSINE E FIUME RENO 472
IT4060009 SIC BOSCO DI SANT’AGOSTINO O PANFILIA 188
Per la descrizione dei singoli siti della Rete Natura 2000 e relativa gestione delle acque dal punto di vista dell’attività di pesca e incidenza sul sito si rimanda allo specifico Studio di Incidenza allegato al presente Piano.


OFFLINE
Post: 243
Città: CODIGORO
Età: 37
Web Master FF
Presidente dell'FF
19/04/2011 13:35


UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FERRARA
DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA ED EVOLUZIONE

FAUNA ITTICA DELLE ACQUE INTERNE DELLA PROVINCIA DI FERRARA
(2004-2009)

PARTE SECONDA











A cura di:
Dr. Giuseppe Castaldelli,
Dott. Mattia Lanzoni

Collaboratori:
dott. Claudio Dolcetti,
dott.ssa Valentina Mattioli
dott. Cristiano Mantovani
dott. Davide Besaggio
sig. Alessandro Palmieri Responsabile Scientifico
Prof. Remigio Rossi















Nota del redattore:

La presente versione dello studio, facente parte dell’Allegato A alla Delibera del Consiglio Provinciale di approvazione del Piano di Bacino Ittico Provinciale 2011/2015, è priva di tutte le illustrazioni, immagini e grafici che avrebbero comportato un appesantimento notevole del file, ai soli fini di approvazione degli atti burocratici.
Il testo completo e integrato con tutti gli elementi illustrativi resta agli atti presso il Servizio Protezione Flora, Fauna e Produzioni Agricole della Provincia di Ferrara.

1. INTRODUZIONE pag. 3
1.1. Il territorio pag. 3
1.2.Tecniche ed attrezzi di campionamento pag. 4
1.3. Analisi del pescato pag. 6
2. COMPOSIZIONE DEI POPOLAMENTI ITTICI DELLE ACQUE INTERNE
DELLA PROVINCIA DI FERRARA pag. 7
2.1. Le specie ittiche della provincia di Ferrara e loro distribuzione pag.7
2.2. Analisi della biomassa ittica recuperata a seguito
delle messe in asciutta dei canali di bonifica. pag. 11
2.3. Struttura demografica e distribuzione delle specie ittiche
esotiche dominanti pag. 12
2.3.1. Carpa pag. 13
2.3.2. Abramide pag. 14
2. 3. 3. Carpaerbivora o amur pag. 15
2. 3. 4. Aspio pag. 18
2. 3. 5. Siluro pag. 20
2.4. Aspetti ecosistemici dei canali di bonifica della provincia di Ferrara,
in relazione alla composizione attuale della comunità ittica pag. 25
2.5 Approfondimento sui popolamenti ittici del delta del Po
tra passato e presente pag. 28
2.6. Schede e biologia delle specie ittiche pag. 35
3. GESTIONE E TUTELA DELLA FAUNA ITTICA E DELLA
BIODIVERSITA’ NEGLI AMBIENTI ACQUATICI pag. 59
3.1. Ripopolamento delle specie ittiche pag. 59
3.2. Monitoraggio per fini gestionali a seguito di segnalazioni di elementi
di gestione o a seguito di segnalazioni di eventi di criticità e del ritrovamento
di specie rare pag. 62
3.2.1. Monitoraggio dell’impatto dei capanni da pesca (bilancini) nei canali
adduttori del comprensorio delle valli di Comacchio e Fattibello in
relazione alla tutela del novellame di pregio, primavera (2009) pag. 62
3.2.2. Indicazioni gestionali inerenti il miglioramento dello stato trofico
ed l’incremento delle produzioni ittiche di Valle Canneviè-Porticino pag. 72
3.2.3. Azioni di controllo del gambero rosso della Louisiana Procambarus clarkii
nel comprensorio risicolo: è possibile uno sfruttamento commerciale? pag. 75
3.2.4. Sopralluogo sul canale Scolo Principale Inferiore pag.87
3.2.5. Sopralluogo e campionamento acque presso le chiuse di Val Pagliaro,
Po di Volano pag. 87
3.2.6. Sopralluogo ed analisi delle acque dei canali Fosse e Anita, Mezzano sud-est pag. 88
3.2.7. Cattura eccezionale di un esemplare di lampreda
di mare Petromyzon marinus (Linnaeus 1758 ) pag. 91
3.2.8 Monitoraggio e sperimentazione della popolazione di rana verde
nel territorio della provincia di Ferrara pag. 94
3.3 Progetti Finalizzati pag. 104
3.3.1.Progetto per lo studio e il monitoraggio di alcuni corsi d’acqua
particolarmente pregiati e collegati a zone di tutela della fauna ittica pag. 104
3.3.2. Progetto sperimentale per la limitazione, lo stoccaggio e lo smaltimento
del gambero rosso della Louisiana a scopo di riequilibrio ittico
e di conservazione delle specie autoctone pag.108
3.3.3. Lo storione italiano o cobice: dall’Action Plan del progetto LIFE Cobice
alle ipotesi di realizzazione di un centro nazionale de internazionale a Ferrara
per la tutela di questa specie e delle altre specie di storione del Po pag. 116
3.3.4. Valorizzazione ecologica e della fruibilità per la pesca dilettantistica
del tratto urbano di Fossa Lavezzola del Comune di Berra, da Ponte Farmacia
al sostegno in Via Albersano. pag. 118
3.3.5.Valorizzazione per la pesca dilettantistico-sportiva
del canale Fossa di Porto (Portomaggiore, Ferrara) pag. 122
4. PUBBLICAZIONI pag 123

1. INTRODUZIONE

Lo studio della fauna ittica delle acque interne della provincia di Ferrara si colloca a pieno titolo nella costante necessità di tener sotto osservazione i continui mutamenti ambientali sia di origine naturale, sia mediati da attività antropiche, che condizionano gli ambienti acquatici e la struttura ed i rapporti delle specie ittiche.
Il lavoro che qui presentiamo vuole essere un contributo alla conoscenza dell’attuale stato di salute delle acque interne provinciali e delle specie ittiche presenti, finalizzato alla gestione dell’esercizio della pesca sportiva e professionale nel rispetto delle potenzialità ittiche ed ambientali dei corpi idrici della nostra provincia.
La realizzazione di questo studio ha visto la stretta collaborazione tra il Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell’Università di Ferrara e la Provincia di Ferrara- Servizio Protezione Flora e Fauna e Oasi Protette, nell’ambito della convenzione prevista dai piani quinquennali degli interventi in materia di gestione ittica delle acque interne, oltre che il coinvolgimento dalle maggiori associazioni dei pescatori sportivi (ArciPesca-Fisa e Fipsas), dei pescatori di mestiere e dei pescatori sportivi.
Le principali attività svolte sono state:
• monitoraggio ambientale ed ittico delle acque interne provinciali;
• campionamento della fauna ittica finalizzato all'aggiornamento delle carta ittica provinciale;
• attività di ripopolamento ittico;
• studio e sperimentazione sulle specie di particolare interesse scientifico e conservazionistico;
• studio e sperimentazione delle specie alloctone particolarmente invasive presenti nel territorio provinciale;
• studio della fauna ittica del fiume Po;
• monitoraggio ambientale ed ittico delle zone umide.


1.1. Il territorio
Il territorio preso in considerazione in questo lavoro è l’intero bacino idrografico della provincia di Ferrara (2630 Km 2), costituito da più di 4000 Km di corsi d’acque e canali artificiali, diviso in due sottobacini principali:
- la parte occidentale della provincia che presenta quote altimetriche tali da permettere alle acque di defluire al mare per gravità, attraverso l’asta del Burana-Navigabile, denominato Po di Volano all’altezza di Ferrara. Il Po di Volano si divide in due rami, il Canale Navigabile Migliarino-Ostellato-Porto Garibaldi che convoglia al mare le acque derivanti da Ferrara e la continuazione del Po di Volano, di cui mantiene il nome ma non il carico idraulico e che, previo sollevamento agli impianti idrovori di Codigoro, veicola nella Sacca di Goro le acque di scolo dell’ampio bacino omonimo, nel territorio dei Comuni di Copparo, Formignana, Jolanda di Savoia, Berra, Codigoro e Mesola.
- la parte sud orientale della provincia usa come sistema principale di scolo e anche in parte come sistema irriguo, il Canale Circondariale, che recapita, previo sollevamento meccanico (tranne che per la Fossa dei Masi/Canale Convogliatore) lo scolo di numerosi bacini minori, a loro volta alimentati dal Po di Volano, anche le acque del Canale Navigabile, che secondo gravità sono fatte arrivare al Circondariale per usi irrigui.
Quindi, di fatto, i due sottobacini sono più o meno direttamente collegati al Po, la cui fauna ittica può colonizzare tutta la rete idrica della provincia di Ferrara.
I risultati di seguito presentati sono la sintesi di un programma di monitoraggio iniziato nel 2004, in 43 stazioni, e proseguito poi nei 5 anni successivi, per un totale di 153 stazioni localizzate in 89 corsi d’acqua e 180 uscite di campionamento. In particolare il monitoraggio ha interessato il tratto terminale del Fiume Po, il Reno e il Panaro e tutta la rete di bonifica, descrivendo le varie tipologie idrauliche dei canali, irrigui, di scolo e promiscui, in un’estesa gamma di sezioni, da poco più di un metro, fino a varie decine di metri.


1.2.Tecniche ed attrezzi di campionamento
I campionamenti dell’ittiofauna sono stati affrontati impiegando diverse tecniche e tipologie di attrezzi da pesca scelti in base alle caratteristiche ambientali ed idrauliche del corso d’acqua da monitorare, fiume o canale di bonifica, al fine di censire la presenza di tutte specie presenti e di tutte le classi di taglia. La descrizione delle diverse tecniche e degli attrezzi di campionamento impiegati sono di seguito riportate, per i canali di bonifica e per il Po.
Canali di bonifica
Set di reti
È stato impiegato un set di reti composto da bertovelli con maglia di 28 mm alla bocca, di 15 mm tra il primo ed il secondo inganno, di 12 mm tra il secondo ed il terzo e di 10 mm nell’ultimo inganno, in filari da cinque ciascuno, posizionati nel sottoriva e lasciati in pesca per i tre giorni. Contemporaneamente sono state impiegate tramagli galleggianti, con maglia di 30 mm, 1,50 m di altezza e 30 m di lunghezza, tramagli affondanti con maglia da 40 mm, 1,50 m di altezza e 30 m di lunghezza. I tramagli sono stati utilizzati come reti da circuizione-imbrocco, delimitando un tratto di canale di interesse e lasciati in pesca per un tempo variaile, a seconda delle caratteristiche del sito, da un’ora a una notte. In canali maggiori, sono stati impiegati anche tramagli affondanti con maglie maggiori, fino a un massimo di 120 mm, altezza di 2 m e lunghezza di 75 m.
Il set di reti è stato impiegato in un transetto standard, di lunghezza valutata a seconda della larghezza del canale in modo da delimitare complessivamente una superficie acquea di mezzo ettaro ottenendo risultato quali-quantitativi.
Nello stesso transetto, in campionamento della minutaglia è stato effettuato impiegando una bilancia manuale, montante rete di 1,5 x 1,5 m di lato e maglia da 5 e 25 mm manovrata manualmente dalla sponda del canale, e compiendo 15 pescate per ciascuna maglia.
Schede intervista
L’utilizzo di schede intervista è un metodo a basso costo per confermare e implementare i dati raccolti tramite il campionamento diretto. La scheda è stata strutturata in modo da essere semplice, comprensibile a qualsiasi pescatore e immediata nel fornire i dati relativi alle specie pescate, alla località di pesca e alla tipologia di pesca effettuata. Il metodo può ottenere megliori risultati se applicato in collaborazione delle Associazioni piscatorie. Nel corso di questo studio si è proceduto tramite consegna di schede alle associazioni sia tramite compilazione delle stesse intervistando i singoli pescasportivi direttamente sui corsi d’acqua.
Visual census
La tecnica di censimento e conteggio visivo della fauna ittica presente in un corpo idrico è stata impiegata sia in canali messi in asciutta sia, in gennaio-febbraio, momento di maggior trasparenza e minor profondità, solitamente nelle ore notturne con l’ausilio di fari alogeni, posizionati all’uopo su veicoli da fuoristrada, impiegati per percorrere lunghi tratti arginali.

Recuperi fauna ittica per messa in asciutta
Buona parte dei corsi d’acqua del ferrarese rientrante nella rete di bonifica, è soggetta al periodico svuotamento al fine della stagione irrigua o per manutenzione e adeguamento delle opere idrauliche. In tali occasioni, in cui il recupero della fauna ittica è stato effettuato dall’ARCI-PESCA di Ferrara, nell’ambito di una convenzione con la Provincia di Ferrara, il personale del Dipartimento di Biologia Università di Ferrara ha partecipato alle attività con finalità scientifiche. Le procedure hanno previsto, di norma, l’utilizzo di reti e di tratte di diversa lunghezza e maglia, provviste di sacco terminale con inganno e di reti delle medesime dimensioni e maglia, utilizzate come “ferma” al termine del tratto in oggetto. In ogni recupero la fauna ittica recuperata è stata caricata, nel più breve tempo possibile, in vasche provviste di ossigenatore e trasportata celermente nel più vicino corso d’acqua, avente caratteristiche idonee, tra le quali le più importanti nel comprensorio ferrarese sono:
1) la presenza un battente idrico sufficiente per non esporre la fauna ittica appena immessa ad una eccessiva predazione da uccelli ittiofagi, nel periodo invernale
2) una densità di siluro relativamente bassa, non superiore al 10 % della biomassa ittica totale; di fatto in tutti i canali della provincia, aventi un battente idrico invernale superiore al mezzo metro, la percentuale di siluro superava e supera tutt’ora abbondantemente tale soglia, come evidenziato più avanti in questa relazione e nella Carta ittica della Emilia-Romagna, zone B della provincia di Ferrara. Nella pratica dei recuperi, ciò ha rappresentato il principale ostacolo ad una immediata reimmissione della fauna ittica recuperata
Tra il 2004 e il 2009 la quasi totalità dei i dati dei recuperi sono stati organizzati in un database omogeneo, utilizzato in questo studio, oltre che per la validazione dei risultati dei monitoraggi diretti da noi effettuati, in particolare, per i calcoli inerenti le stime quantitative dei popolamenti ittici, riportate ai paragrafi 2.2 e 2.3.

Fiume Po
Campionamenti diretti con set di reti
Il campionamento è stato effettuato con reti opportunamente dimensionate in relazione alle particolari caratteristiche di ogni singolo tratto di fiume monitorato. Lo sforzo maggiore è stato compiuto impiegando reti derivanti, secondo il classico modello di pesca in Po, con un particolare tramaglio affondante di 60 metri di lunghezza, 1,60 metri di altezza e maglia di 40 millimetri, oppure utilizzando una rete affondante in monofilamento (gillnet, localmente chiamata barracuda) di 50 metri di lunghezza, 1,30 metri di altezza e maglia di 30 millimetri. Per il campionamento delle taglie minori si è impiegata una bilancia montata su imbarcazione, avente lato di metri 3 e maglia di 10 millimetri. Ciascuna sessione di campionamento è stata effettuata compiendo in media 5 passate di circa 200 metri con la rete derivante e 20 pescate con la bilancia.
Affiancamento a pescatori di professione
Grazie alla collaborazione dei i pescatori di professione che operano da tempo sul fiume, è stato possibile effettuare numerose uscite di campionamento ed incontri, in modo tale da aggiornare ed implementare i dati sulla composizione della fauna ittica del basso corso del fiume. Oltre alle interviste dirette è stato possibile ottenere i dati relativi alle specie ittiche pescate con reti da imbrocco e reti da posta, in particolare per verificare eventuali catture di nuove specie alloctone o di specie particolarmente a rischio di scomparsa come lo storione cobice e l’anguilla.
Svuotamento invernale dei bacini irrigui
Il campionamenti della fauna ittica durante lo svuotamento autunnale del bacini irrigui di Berra e Contuga rappresentano una importante occasione di monitoraggio qualitativo dei popolamenti ittici del basso corso del Po. I due bacini sono punti strategici di censimento della comunità ittica del fiume e fungono da importanti stazioni di controllo in riferimento al rischio di ingresso di nuove specie alloctone che dal Po possono entrare attraverso le prese irrigue nella rete dei canali di bonifica colonizzandola.


1.3. Analisi del pescato
Il materiale ittico pescato, proveniente sia dai canali di bonifica che dal fiume Po, è stato sottoposto ad analisi qualitativa e quantitativa. Su tutti gli esemplari campionati, classificati a livello di specie, sono state eseguite misure di lunghezza totale e di peso, utilizzando ittiometri o cordella metrica con risoluzione millimetrica e bilance, con risoluzione di 0,1 g per gli esemplari fino e 5 kg, e dinamometri, con risoluzione di 1 e 10 g, per gli esemplari superiori a 5 e 20 kg. Per alcune specie di particolare interesse ecologico è stata stimata l’età degli animali catturati, attraverso l’esame delle scaglie o, in assenza di queste, delle vertebre. Inoltre su numerosi esemplari di alcune specie alloctone predatrici è stata effettuata l’analisi dei contenuti stomacali.
Tutti gli esemplari alloctoni di dubbia determinazione sono stati trasportati in laboratorio, dove sono state eseguite le misure dei parametri morfo-meristici negli ambiti di variabilità per le specie.


2. COMPOSIZIONE DEI POPOLAMENTI ITTICI DELLE ACQUE INTERNE DELLA PROVINCIA DI FERRARA

2.1. Le specie ittiche della provincia di Ferrara e loro distribuzione
A seguire si riporta l’elenco delle specie ittiche censite, tra il 2004 e il 2009, nelle acque interne della provincia di Ferrara. In verde sono indicate le specie ittiche autoctone, in rossso quelle alloctone ed in giallo quelle acclimatate da tempo.
Famiglia Specie Nome comune
Petromizontidae Petromyzon marinus (Linnaeus 1758) Lampreda di mare
Acipenseridae Acipenser naccarii Bonaparte, 1836 Storione cobice
Anguillidae Anguilla anguilla (Linnaeus, 1758) Anguilla
Clupeidae Alosa fallax (Lacépède, 1803) Alosa o Cheppia
Cyprinidae Rutilus erythrophtalmus Zerunian, 1982 Triotto
Leuciscus cephalus (Linnaeus, 1758) Cavedano
Tinca tinca (Linnaeus, 1758) Tinca
Scardinius erythrophtalmus (Linnaeus, 1758) Scardola
Alburnus alburnus alborella (Linnaeus, 1758) Alborella
Chondrostoma soetta (Bonaparte, 1840) Savetta
Barbus barbus (Linnaeus, 1758) Barbo europeo
Carassius carassius (Linnaeus, 1758) Carassio
Cyprinus carpio (Linnaeus, 1758) Carpa
Abramis bjoerkna (Linnaeus, 1758) Blicca
Abramis brama (De Filippi, 1844) Abramide
Rutilus rutilus (Linnaeus, 1758) Rutilo
Rhodeus sericeus (Pallas, 1776) Rodeo amaro
Pseudorasbora parva (Schlegel, 1842) Pseudorasbora
Ctenopharyngodon idellus (Valenciennes, 1844) Carpa erbivora
Hypophthalmichthys molitrix (Valenciennes, 1844) Crapa testa grossa
Hypophthalmichthys nobilis (Richardson, 1836) Carpa argento
Aspius aspius (Linnaeus, 1758) Aspio
Cobitidae Misgurnus anguillicaudatus (Cantor, 1842) Cobite di stagno orientale
Siluridae Silurus glanis (Linnaeus, 1758) Siluro
Ictaluridae Ictalurus melas (Rafinesque, 1820) Pesce gatto
Ictalurus punctatus (Rafinesque, 1820) P. gatto americano
Esocidae Esox lucius Linnaeus, 1758 Luccio
Poeciliidae Gambusia holdbrooki (Girard, 1859) Gambusia
Gasterosteidae Gasterosteus aculeatus Linnaeus, 1758 Spinarello
Centrarchidae Micropterus salmoides Lacépède, 1803 Persico trota
Lepomis gibbosus (Linnaeus, 1758) Persico sole
Percidae Perca fluviatilis Linnaeus, 1758 Persico reale
Stizostedion lucioperca (Linnaeus, 1758) Lucioperca
Gymnocephalus cernuus Linnaeus, 1758 Acerina
Blenniidae Salaria pavo (Risso, 1810) Bavosa
Mugilidae Liza ramada (Risso, 1810) Muggine calamita

La comunità ittica del ferrarese è risultata essere dominata da Ciprinidi limnofili, con prevalenza di specie adattate ad acque lente e poco ossigenate. Tra il 2004 e il 2009 sono state complessivamente censite 36 specie, appartenenti a 15 famiglie diverse: Petromizontidi, Acipenseridi, Anguillidi, Clupeidi, Ciprinidi, Cobitidi, Siluridi, Ictaluridi, Esocidi, Pecilidi, Gasterosteidi, Centrarchidi, Percidi, Blennidi e Mugilidi.
I Ciprinidi sono la famiglia con il taxon di maggiore ricchezza in specie (totale 18), seguono Percidi con 3 specie, Ictaluridi e Centrarchidi con 2 specie ciascuno, mentre sono rappresentati da una sola specie le restanti famiglie (Petromizontidi, Acipenseridi, Anguillidi, Clupeidi, Cobitidi, Siluridi, Esocidi, Pecilidi, Blennidi e Mugilidi). Delle 36 specie rilevate, solo 13 sono autoctone: lampreda di mare, storione cobice, anguilla, cheppia, triotto, cavedano, tinca, scardola, alborella, savetta, luccio, persico reale, muggine calamita, mentre tutte le restanti 23 sono d’origine alloctona o di specie considerate acclimatate da tempo.

Canali di Bonifica
Nella rete idrica dei canali di bonifica il 96 % della biomassa totale della comunità è costituito da specie alloctone introdotte in tempi più o meno recenti, che formano popolazioni stabilmente insediate ed in alcuni casi (abramide, rodeo e aspio) in rapida espansione. Delle trentasei specie censite le prime dieci formano il 97,7% dell’intera biomassa della comunità ittica del ferrarese con le prime 6, tutte di origine alloctona; delle restanti specie, ben 27 rimangono sotto la soglia dell’1%
Carpa, siluro ed abramide sono le tre prime specie sia come numero di individui sia come valori di biomassa %, rispettivamente con 36 %, 28,37 % e 12,2 %. A seguire troviamo il carassio, il lucioperca e la carpa erbivora con valori di biomassa % compresi tra 7,2 e 3,9 %. L’anguilla, è la specie che, con un valore di biomassa percentuale intorno all’ 1 %, chiude la composizione delle prime dieci specie ittiche in ordine di biomassa % delle provincia di Ferrara seguita solo dalla carpa testa grossa.



Distribuzione in biomassa % del totale delle prime 10 specie ittiche della provincia di Ferrara

Specie endemiche del distretto padano-veneto di elevato interesse conservazionistico e tutelate dalla Direttiva “Habitat” 92/43 CEE, quali lampreda di mare, triotto, savetta e storione cobice sono molto rare ed, in alcuni casi, rappresentate da un solo individuo catturato nell’arco del quinquennio.
Specie un tempo dominanti, come tinca, luccio e persico reale, sono ormai scomparse dalle acque della provincia di Ferrara; altre specie di ciprinidi, ed in particolare la scardola e l’alborella, hanno manifestato un forte calo e riduzione delle taglie.
Basti pensare che ben 12 specie alloctone sono comparse negli ultimi 15 anni: pseudrosabora, abramide, blicca, carpa argento, carpa testa grossa, acerina, rutilo, pesce gatto punteggiato, aspio, rodeo e misgurno. Di queste abramide, pseudorasbora e rodeo hanno rapidamente colonizzato l’intero reticolo provinciale in modo relativamente omogeneo in tutte le tipologie di canale; sebbene rutilo e blicca sono rimasti presenti con pochi esemplari, il loro ritrovamento, considerabile casuale, non ha permesso di formulare ipotesi sulle ragioni di mancata diffusione. Differentemente, aspio, pesce gatto punteggiato, acerina e misgurno, l’ultima specie segnalata in provincia di Ferrara, hanno mostrato una netta tendenza alla diffusione nei canali irrigui, in siti specifici ed in relazione alle caratteristiche tipiche di ciascuna delle tre specie: l’aspio è rimasto vincolato agli adduttori irrigui di ampia sezione e vivace idrodinamismo che mimano la condizioni tipiche del Po, dove la specie è ben rappresentata ed in continua espansione. Pesce gatto punteggiato e acerina sono risultati presenti principalmente nei canali irrigui di minor sezione o in canali a maggior velocità di corrente con rive in sasso o cemento, e nei fiumi Po e Reno, mentre le segnalazioni di misgurno rimangono al giorno d’oggi sporadiche e riferite al fiume Po.

Fiume Po
I risultati emersi dai monitoraggi del basso corso del fiume Po hanno evidenziato una composizione della comunità ittica che non si discosta molto da quella dei canali di bonifica, con predominanza di specie alloctone sulle autoctone. Carpa, siluro ed abramide costituiscono in ordine le tre prime specie sia come numero di individui sia come valori di biomassa %, rispettivamente con 30,6% carpa, 28,2% siluro e 15,2 % abramide; con il 13,1% troviamo la prima specie autoctona il muggine calamita, seguita da barbo europeo, lucioperca, aspio, anguilla, carassio e alborella, seguono con valori di biomassa % comprese tra 3 e 0,5%. Le restanti specie censite rimangono al di sotto dello 0,5%.


Distribuzione in biomassa % del totale delle prime 10 specie ittiche calcolata per il solo fiume Po.

La differenza principale rispetto ai canali di bonifica è da rinvenire principalmente nella variabilità della biomassa percentuale delle singole specie in base al periodo dell’anno. In particolare, questa variabilità dipende non solo da spostamenti e/o dalla differente catturabilità delle specie stanziali, ma soprattutto dalla risalita massiva di cefali della specie Liza ramada, che si verifica indipendentemente dall’andamento delle piene e della temperatura, dagli inizi di giugno alla fine di agosto. I numeri in gioco sono così elevati da spostare sostanzialmente tutte le percentuali relative delle altre specie prima della risalita. In base ai dati raccolti in numerose serie pluriennali, si può affermare infatti che, in tal periodo, nella sezione considerata la biomassa di cefali della sola specie L. ramada supera abbondantemente il 50 % di quella complessivamente presente.
La collaborazione con i pescatori di professione ed i pescasportivi che frequentano le acque del fiume si è rivelata indispensabile al fine di ottenere un maggior dettaglio sulla situazione dei popolamenti ittici del fiume ed in particolare su alcune specie rare o dal comportamento elusivo difficilmente catturabili con le normali attività di monitoraggio.
La presenza dell’anguilla viene segnalata in forte diminuzione, in particolare durante la stagione autunnale le catture risultano quasi nulle, caratterizzate da rari individui adulti superiori al kg di peso. È doveroso segnalare che, durante i mesi primaverili del biennio 2006-07, si è assistito ad una flebile ripresa delle quantità di pescato di anguilla gialla, ripresa che tuttavia non ha avuto seguito negli anni successivi. Al contrario le quantità catturate si sono estremamente ridotte, nell’ordine di una media da 1 a 4 esemplari pescati ogni 3 giorni di pesca. Va anche segnalata la cattura di alcuni esemplari giovanili, durante il ripetersi annuale della messa in asciutta delle principali prese irrigue sul fiume, con esemplari di 175,8 mm di lunghezza media e 8,3 g di peso medio.
La popolazione di siluro si conferma pressoché stabile, con un leggero aumento registrato negli individui giovani di taglia compresa tra i 15 e 40 cm, e nelle taglie massime delle catture. A conferma di ciò, tra gli esemplari pescati durante il recupero del pesce nel bacino di Berra, 2008, spicca la presenza di 5 individui superiori ai 220 cm di lunghezza e con un peso medio di 103 kg.
Per ulteriori dettagli sui popolamenti della specie S. glanis si rimanda al paragrafo 2.4.3 di questo documento, “Approfondimenti sullo stato della popolazione di Silurus glanis (Linnaeus, 1758) nel basso corso del Po e nelle acque interne della provincia di Ferrara”.
Il lucioperca, specie molto apprezzata localmente e soggetta a forte pressione di pesca, mostra un costante decremento numerico negli esemplari di media e grossa taglia, mentre sembrano essere in leggere ripresa gli individui compresi tra le classi di età 0+ e 2+ con taglie che non superano i 130-150 g.
L’abramide è la specie attualmente in maggior espansione, sia nelle quantità numeriche che nelle taglie, dove non son più cosi rari esemplari superiori ai 3 kg di peso. In molti tratti di fiume le densità sono talmente elevate da impedire la classica pesca di professione del Po con reti derivanti, per eccesso di catture in brevissimo tempo di una sola specie.
Il barbo europeo è abbondantemente presente in tutto il basso corso del fiume con taglie ben distribuite, come confermato dalle indicazioni dei pescasportivi e pescatori di professione che lo indicano in costante crescita.
L’aspio, segnalato per la prima volta nel 2002 in occasione dello svuotamento del bacino di Berra ora è abbondantemente diffuso nel basso corso del Po e nei principali canali ferraresi. Numerosissimi sono gli esemplari di 2-3 anni che cacciano in branchi nelle lanche, come verificato visivamente in campo in più occasioni, soprattutto dalla seconda quindicina di agosto a tutta la prima metà di settembre. Le quantità e le taglie di aspio pescato sono in costante aumento, con catture di esemplari superiori ai 7 kg di peso.
Alborella, scardola, savetta, triotto, lasca, tutte specie ciprinicole autoctone di piccola taglia, attualmente sono risultate estremamente rare o del tutto assenti, sostituite da pseudorasbora e rodeo.


2.2. Analisi della biomassa ittica recuperata a seguito delle messe in asciutta dei canali di bonifica.
A seguire si riportano i risultati ottenuti dalle attività di recupero della fauna ittica durante l’abbassamento dei livelli idrici e messa in asciutta dei canali di bonifica.
I dati analizzati si riferiscono al periodo 2004-07 in cui sono stati effettuati mediamente più di 80 interventi all’anno, impiegando uno sforzo di personale mediamente pari a 5 addetti per recupero, con un quantitativo medio di biomassa recuperata, per intervento, superiore a 4 quintali/giorno, per un totale di biomassa media annua recuperata di circa 350 q. La struttura della comunità ittica censita non si discosta da quella evidenziata attraverso i campionamenti diretti, confermando anche i valori di distribuzione delle biomasse delle singole specie. L’applicazione dell’analisi statistica al confronto tra i dati derivanti dai campionamenti diretti a quelli dei recuperi, evidenzia una corrispondenza significativa dei risultati per tutte le specie maggiormente rappresentate (equivalenti a più del 90 % della biomassa totale).

Media e relativa deviazione standard (dev.st.) del numero di interventi di recupero, degli addetti impiegati e delle quantità (quintali) di fauna ittica recuperata nei canali di bonifica della provincia di Ferrara, nel triennio 2004-05-07.

Le attività di recupero, inoltre, hanno permesso di verificare numerose situazioni di squilibrio tra le specie ittiche nella maggior parte dei canali di tutti i bacini provinciali monitorati (Po di Volano, C. Navigabile, C. Circondariale e C. Bianco). Detto squilibrio si manifesta come un’estrema alterazione ecologica, relativa non solo alla scomparsa delle specie autoctone, ma anche alla completa alterazione dei rapporti alimentari, con predominanza di una sola specie di predatore e completa assenza di prede, o se presenti, solo di taglia media superiore ai 5 kg, e quindi non predabili.
Come esempi significativi di tale fenemeno , tendente ad aggravarsi con il grado di compartimentazione del corpo idrico, vengono di seguito riportati i risultati di 2 siti presi come campione ( Fossa Bertolda e Canale d’Arrivo Campocieco).
La fauna ittica censita in più occasioni è risultata essere composta da 4-5 specie alloctone, costituenti più del 99% della biomassa totale, con la dominanza assoluta della specie siluro, che nel sito Campicieco presenta una biomassa pari al 98 % del totale. In tali condizioni di completa inversione dei rapporti quantitativi tra predatori e prede è stato osservato sul campo, ed evidenziato dall’esame dei contenuti stomacali, come S. glanis rivolga la predazione ad uccelli acquatici (ad es. la gallinella d’acqua, Gallinula chloropus), al gambero rosso della Louisiana Procambarus clarkii, a mammiferi (ad es, la nutria Myocastor coypus), o qualora non eserciti vero e proprio cannibalismo. I risultati del monitoraggio di questi, da cui si ricava uno schema di piramide alimentare rovesciata, testimoniano incontrovertibilmente un disequilibrio assoluto della comunità ittica.

Questa piramide riporta i dati medi di due siti ma è comunque rappresentativa di un preoccupante stato di alterazione degli equilibri tra predatori e prede. Comunità ittiche così alterate non possono recuperare autonomamente un equilibrio a meno di interventi sostanziali di contenimento delle specie altamente invasive.


2. 3. Struttura demografica e distribuzione delle specie ittiche esotiche dominanti.
Dall’analisi condotta, particolare attenzione è stata rivolta alle specie esotiche che nell’ultimo quinquennio sono state segnalate in costante crescita nelle acque provinciali: carpa, abramide, carpa erbivora, siluro e aspio.
Gli approfondimenti su queste specie, in base alla disponibilità dei dati campione, mostrano in maggior dettaglio la loro distribuzione, la loro struttura demografica ed il loro stato di nutrizione/benessere.
Oltre alla distribuzione delle taglie, per carpa, abramide, aspio è stato possibile calcoare la curva di accrescimento ponderale, e l’indice di condizione di Fulton, mentre per il siluro è stato possibile calcolare la curva di accrescimento lineare.
• Curva di accrescimento ponderale. È la relazione lunghezza - peso di un pesce, rappresentata dalla equazione: peso = a (lunghezza)b, in cui b è un esponente generalmente compreso tra 2 e 4. Linearizzando l’equazione mediante trasformazione logaritmica si ottiene: log (peso) = log a + b log (lunghezza). Calcolando la retta di regressione del logaritmo del peso verso il logaritmo della lunghezza se ne ricavano il coefficiente di regressione b e l’intercetta. Questi coefficienti variano da specie a specie e talvolta differiscono anche tra individui di una stessa specie a causa del sesso, della maturità sessuale o del grado di riempimento dello stomaco.
• Indice di condizione di Fulton (Ricker, 1975). Indice abbreviato con il simbolo K, che esprime una valutazione indicativa dello stato di nutrizione o di benessere della specie in relazione alle opportunità ambientali. L’indice di Fulton dipende dalla morfologia corporea e dal peso specifico della specie e assume che il peso del pesce sia proporzionale al cubo della sua lunghezza, condizione che determinano un accrescimento di tipo isometrico con K=1
• Curve di accrescimento lineare. Curva di accrescimento è stata calcolate mediante il modello di
von Bertalanffy, la cui espressione generale è:
Lt = L ∞ (1 – exp (-k (t-t0))) dove:
Lt = lunghezza totale del pesce;
L ∞ = lunghezza massima teoricamente raggiungibile dal pesce;
t0 = età del pesce al tempo zero supponendo una crescita secondo l’equazione suddetta;
k = coefficiente di crescita;
t = età del pesce espressa in anni.

2.3.1. Carpa
Il campione analizzato, composto complessivamente da 544 esemplari di lunghezza totale compresa tra i 2,5 e i 96 cm, evidenzia una rappresentanza pressoché omogenea di tutte le classi di taglia presenti. La distribuzione di frequenza in classi di lunghezza non presenta infatti particolari asimmetrie nella ripartizione delle taglie, che tuttavia evidenziano una leggera prevalenza di individui adulti e sub-adulti, quest’ultimi principalmente rappresentati nella classe tra i 20 e 30 mm, che include la frazione maggiore di esemplari catturati (124).
L’analisi della relazione peso lunghezza presenta un’elevata correlazione con un tipico modello di accrescimento potenziale del tipo P=k *Lb (R2>0.97) nel quale l’esponente b pari a 2,95 è sinonimo di un accrescimento tendenzialmente non isometrico.
Per la carpa, l’indice di condizione medio è risultato pari a 1.744, valore che esprime un accrescimento di tipo allometrico, a sua volta espressione di un ottimale stato di nutrizione, nonché di una elevata presenza di alimento per la specie.


Nel reticolo idrografico ferrarese, l’elevata disponibilità di alimento soddisfa abbondantemente le necessità trofiche della specie che ha modo di accrescersi in condizioni particolarmente favorevoli, consolidando la presenza con popolazioni demograficamente dominanti in quasi tutti i corsi d’acqua e qualitativamente ben strutturate, con una tendenza all’aumento delle taglie.

2.3.2. Abramide
Il campione analizzato, composto complessivamente da 193 esemplari di lunghezza totale compresa tra i 5 e i 59 cmm, evidenzia una rappresentanza leggermente disomogenea anche se sono rappresentate quasi tutte le classi di taglia. La distribuzione di frequenza in classi di lunghezza non presenta una netta prevalenza nella ripartizione delle taglie, anche se le taglie inferiori a 5 cm e quelle superiori ai 40 cm mostrano una frequenza nettamente inferiore. Le classi di taglia maggiormente rappresentate variano tra 10 e 30 cm questultima include la frazione maggiore di esemplari catturati pari a 29.
L’analisi della relazione peso lunghezza presenta un elevata correlazione con un tipico modello di accrescimento potenziale del tipo P=k *Lb (R2>0.98) nel quale l’esponente b pari a 3,4 è sinonimo di un accrescimento tendenzialmente allometrico.


Per l’abramide, l’indice di condizione medio è risultato pari a 1.33, valore che esprime un accrescimento di tipo allometrico, a sua volta espressione di un ottimale stato di nutrizione nonché di una elevata presenza di alimento per la specie. Va segnalato di contro come la specie, individualmente considerata presenti ampia variabilità di condizione, fattore probabilmente dovuto alla forte competizione tra gli idividui della stessa specie in alcuni comprensori dove la popolazione presenta densità marcatamente elevate, come nel Canale Circondariale.

2. 3. 3. Carpaerbivora o amur
A tal riguardo si riporta il testo dell’articolo dal titolo: “La carpa erbivora nella provincia di Ferrara: alcune considerazioni a vent’anni dall’introduzione”, di Castaldelli G.1, Lanzoni M.1, Mantovani E.2 e Rossi R.1, pubblicato su Pescasport, Ed. Greentime, Bologna, n.6 Dicembre 2009/Gennaio 2010.
(1 Dipartimento di Biologia ed Evoluzione, Università degli Studi di Ferrara, 2 Servizio Protezione Flora e Fauna, Provincia di Ferrara.)

Introduzione
Alla fine degli anni sessanta l’eutrofizzazione iniziò a diventare un problema diffuso nelle acque italiane. In particolare, nei canali di bonifica della bassa padana era ancora presente una diversificata comunità di piante acquatiche la cui crescita, a seguito dell’aumento della disponibilità di azoto e fosforo, divenne invasiva causando problemi di gestione. Per gli appassionati di pesca furono anni memorabili perche l’aumento della produttività di questi ecosistemi determinò un relativo aumento di produzione ittica. Tutte le specie il cui ciclo vitale è legato alla presenza di vegetazione crebbero e furono anni da tinche e lucci, triotti, scardole ed alborelle; il persico trota ed il pesce gatto divennero infestanti in alcuni canali. Tornando alla gestione, per limitare la crescita delle piante acquatiche, nel 1975 la Regione Emilia Romagna istituì un Comitato Tecnico per sperimentare il diserbo biologico tramite la carpa erbivora. Le prime immissioni sperimentali furono effettuate tra il 1975 e 1985, in canali della provincia di Ferrara, sotto controllo e monitoraggio delle Università di Bologna e di Ferrara del Consorzio di Bonifica del II Circondario del Polesine S. Giorgio. Successivamente, negli anni 1987 e 1988 le Amministrazioni Provinciali di Ferrara, Bologna, Modena e Ravenna seminarono nei canali di bonifica 203 quintali di carpa erbivora, di lunghezza compresa tra i 20-30 cm. La Legge Regionale sulla pesca del 6 agosto 1979 n. 25 fu integrata con una parte in cui veniva promosso il ripopolamento ittico, ai fini di operare un diserbo biologico nelle acque interne regionali, mediante immissioni di idonee specie di fauna acquatica. Tramite una Delibera della Giunta Regionale del 1987, fu imposto un divieto di cattura e detenzione di esemplari di carpa erbivora inferiori alla lunghezza di 50 cm, limite successivamente portato ad 80 cm l’anno successivo. Attualmente nelle acque interne dell’Emilia-Romagna non è presente nessun limite di cattura per la specie carpa erbivora (Norme Inerenti L’Esercizio della Pesca Nelle Acque Interne, Regione Emilia-Romagna, anno 2005).
Nella provincia di Ferrara la sperimentazione fu condotta dal 1976 all’1984, con le prime immissioni effettuate nei canali Campogrande e Campocieco, nelle vicinanze di Rovereto e S. Antonino, presso l’abitato di Cona, con esemplari del peso tra 200 g e poco più di un kg e densità di semina di 50 kg/ha, arrivando ad un totale di 1895 esemplari immessi per un peso di 1510 kg. Le indagini effettuate nei quattro anni successivi all’84 nel canale Campocieco e Campogrande evidenziarono la totale scomparsa di miriofillo e ceratofillo, dialettalmente dette “grata”, e della canna palustre. Gli stessi risultati furono documentati anche nel canale S. Antonino.
Dopo le immissioni di carpa erbivora del biennio 1987-88, nei canali di bonifica di Denore, nelle fosse Bevilacqua, Martinella e Galavrona fu documentata una pressoché immediata riduzione del 50% degli interventi di diserbo meccanico.
Le immissioni di carpa erbivora, effettuate nel periodo 1985-88 nella Fossa dei Masi, Fossa Gattola, canale Convogliatore e Fossa di Portomaggiore, le cui acque vengono recapitate direttamente nel Canale Circondariale del Mezzano, ebbero come risultato che gli esemplari immessi si spostarono quasi subito nel C. Circondariale. Sebbene solo pochi esemplari di quelli immessi fossero rimasti nei canali di immissione, negli anni immediatamente successivi si è registrata la totale scomparsa delle vegetazione acquatica sia sommersa che flottante (da “La carpa erbivora in Emilia-Romagna, aspetti biologici e gestionali”, di P. Melotti, C. Resta, A. Cavallari 1989).

Note di biologia della carpa erbivora
La carpa erbivora o Amur, il cui nome scientifico è Ctenopharyngodon idellus, appartiene all’ordine dei Cipriniformi della famiglia dei Ciprinidi, come le altre specie alloctone di carpa, sempre di provenienza asiatica, la carpa argento Hypophtalmichthys nobilis, la carpa testa grossa Aristichthys nobilis e la carpa comune Cypinus carpio. E’ un pesce di taglia grande e può superare il metro di lunghezza e i 30 kg di peso (Berg, 1932); esemplari record del peso di oltre 180 Kg sono stati pescati negli habitat originari (Lopinot, 1972). L’areale originario della carpa erbivora comprende tutto il bacino del fiume Amur (Gandolfi, 1991), e come indicato da Nikol’skii, Shirema e Smith anche tutti i grandi fiumi di pianura della Cina orientale. Specie rustica ed in grado di tollerare condizioni molto restrittive delle acque e tutt’altro che favorevoli per altre specie ittiche. Dal comportamento gregario e furtivo, risulta difficile stimarne la numerosità e le taglie in ambienti di acque torbide. La dieta completamente vegetariana la configurano come una delle specie più innocue e bonarie tra i ciprinidi di grandi dimensioni. Tuttavia, il nome del genere Ctenopharyngodon deriva dalla conformazione dell’apparato masticatore che, grazie alla presenza di forti denti faringei seghettati e disposti su due file, svolge una funzione di vera e propria triturazione del cibo, permettendo l’assunzione anche di vegetali provvisti di tessuti lignei. In particolare, nelle acque italiane tra le piante acquatiche consuma preferenzialmente il ceratofillo, la lenticchia d’acqua, la brasca, il miriofillo e, tra quelle emergenti, la tifa e la canna palustre mentre disdegna le ninfee bianche e quelle sfrangiate, più piccole e con i fiori gialli; questa è la ragione della invasività delle ninfea sfrangiata gialla in alcuni canali ferraresi dove non è presente nessuna altra pianta acquatica. Vari Autori come Opuszynski (1972) e Wattendorf e Anderson (1987) sono concordi riguardo la quantità di cibo ingerita quotidianamente allo stadio adulto, in un ambiente alla temperatura di circa 20°C e dove il cibo non sia limitante, pari al 50-60 % del peso vivo dell’animale; all’aumentare del metabolismo, in relazione all’aumento di temperatura, di pochi gradi, fino a 22-24 °C, tale percentuale raggiunge valori compresi tra 100-120 %. I canali del Ferrarese, da metà maggio a metà settembre presentano temperature superiori a 24 °C.
La carpa erbivora o Amur in relazione all’ecologia delle acque
Da un punto di vista ecologico, gli effetti del sovra-pascolo, ovvero ciò che si verifica se il numero di esemplari di carpa erbivora presenti in un dato ambiente è eccessivo, sono molto gravi, più di quelli causati da un eccessivo numero di altre specie alloctone. Numerosi studi internazionali come quelli di Canfield (1988) e Earl (1992) hanno evidenziato le conseguenze dirette ed indirette della introduzione della carpa erbivora. Fin dalle prime fasi successive alla introduzione della specie, si verifica un generale intorbidimento e peggioramento della qualità delle acque, evidenziato anche dall’aumento delle concentrazioni di azoto e fosforo, rilasciati per attività di escrezione e con le feci. Ciò è strettamente dipendente dal tipo di alimentazione della carpa erbivora, che nutrendosi quasi esclusivamente di materiale vegetale, a basso valore nutritivo, ne deve assumere grandi quantità. In relazione alla bassa digeribilità di queste piante, grandi quantità di feci sono continuamente espulse, andando ad aumentare la torbidità dell’ambiente, sia direttamente, per l’emissione di un grande quantità di particelle vegetali finemente triturate, pari circa al peso dell’animale ovvero quanto l’animale ha ingerito giornalmente, sia indirettamente, perché l’escrezione di azoto ammoniacale, soprattutto in estate quando la disponibilità di azoto in alcuni canali è molto bassa, favorisce lo sviluppo di alghe fitoplanctoniche e il conseguente ulteriore aumento della torbidità; entrambi i termini, danno all’acqua una colorazione verde-marrone, per la abbondante presenza di alghe microscopiche ma con tonalità opache, segno della presenza di particellato organico fine in decomposizione e di crescite batteriche, fattori che inoltre contribuiscono ad abbassare il contenuto di ossigeno delle acque. Si viene quindi a determinare un circolo vizioso che mantiene l’ecosistema in uno stato di elevato rischio e di grande semplificazione a tutti i livelli alimentari, e con una comunità ittica estremamente semplificata.
Alcuni autori, come Lesile e Koblynski (1985) e Klusmann (1988) hanno ampiamente documentato fenomeni di questo tipo in numerosi laghi e fiumi dell’ex Unione Sovietica, dove a seguito della introduzione di carpa erbivora, è rapidamente scomparsa la vegetazione acquatica e con essa sono istantaneamente scomparse numerose specie di crostacei e specie ittiche, il cui ciclo vitale dipende strettamente dalla presenza di piante acquatiche sommerse, non solo per la alimentazione ma anche per la deposizione delle uova e per il rifugio e alimentazione degli stadi giovanili. Gasaway (1976) e Bettoli (1991) hanno dimostrato la relazione di causa ed effetto tra l’introduzione della carpa erbivora e la scomparsa di molte specie ittiche, indipendentemente dall’insorgere di altri fattori di disturbo, quali inquinamento di varia origine e/o l’introduzione di predatori alloctoni. L’esempio più calzante è quello descritto da Aliyev, (1976) riguardante numerosi laghi in cui a seguito di consistenti immissioni di carpa erbivora si è verificato un immediato, drastico calo di due specie ittiche strettamente associate alla vegetazione, la tinca ed il luccio.
Come riportato nella Carta Ittica dell’Emilia-Romagna, Zona B, in Provincia di ferrara, in base a campionamenti effettuati dal 2003 al 2005, in 50 siti omogeneamente distribuiti, la comunità ittica è risultata fortemente semplificata e dominata da specie detritivore quali carpa, carassio, abramide e da predatori adattati ad acque torbide quali siluro e lucioperca, mentre sono stati catturati solo due esemplari di tinca e uno solo di luccio. Differentemente, come riportato da Cavicchioli (1976) e, più recentemente nel volume “Elementi di predisposizione della Carta Ittica regionale” (AA.VV, 1992), gli stessi canali presentavano una comunità ittica completamente differente, composta anche da ciprinidi autoctoni quali tinca, scardola, triotto, alborella e da predatori tipici di acque poco torbide, quali persico reale, persico trota e luccio. Questa comunità ittica si mantenne fino alla prima metà degli anni ottanta, per poi cambiare rapidamente nella seconda metà, proprio quando iniziarono le immissioni massicce di carpa erbivora.
Al presente, in base ai risultati dei campionamenti del triennio 2006-08, effettuati con tecniche specifiche per la stima della carpa erbivora, la specie è risultata presente in tutti i canali maggiori della provincia di Ferrara. L’ampia distribuzione delle taglie degli individui catturati conferma la permanenza nella rete idrica degli individui introdotti a fine anni ottanta, ora di peso compreso tra dieci e venti chilogrammi. A questi si aggiungono quelli provenienti da semine successive, non rientranti comunque in piani approvati dalla Provincia, protratte fino al presente, come confermato con la cattura nel Canal Bianco, nel canale Andio e nel canale Seminiato, a fine ottobre del 2007, di individui di lunghezza media di 20 cm e peso medio di 180 g.
In tutti i canali in cui è stata censita la presenza della carpa erbivora la vegetazione sommersa è risultata del tutto assente, tifa e canna palustre scarse mentre era presente la nifea sfrangiata che la carpa erbivora non mangia.


OFFLINE
Post: 243
Città: CODIGORO
Età: 37
Web Master FF
Presidente dell'FF
19/04/2011 13:36

Bibliografia
 AA.VV., 1989. La carpa erbivora in Emilia-Romagna aspetti biologici e gestionali. Regione Emilia Romagna, Amministrazione Provinciale di Ferrara (Assessorato Caccia, Pesca e Ambiente) Ferrara, 87 pp.
 Aliyev, D.S. 1976. The role of phytophagous fishes in the reconstructions of commercial fish fauna and the biological improvement of water. J. Ichthyology. 16 (2), 216-29.
 Berg L. S., 1932. Les poissons des eaux douces de l’U.R.S.S. et des pays limithrophes, 3e édition, revue et augmentée, partie I. Edizioni sulla gestione dei laghi e della pesca, Leningrad, 899 pp.
 Canfield D.E., Shireman J.V., Colle D.E., Haller W.T., Watkins C.E. and Maceina M.J. 1984. Prediction of chloropyll a concentration in Florida lakes: importance of aquatic macrophytes. Can. J. Fish. Aqat. Sci. 41, 497-501.
 Cavicchioli G., 1976. Fauna ittica del Ferrarese. Ferrara, Ente Ferrarese Esposizioni e Rassegne.
 Earl W., Chilton II. and Maurice I.. 1992. Biology and management of grass carp (Ctenopharyngodon idella, Cyprinidae) for vegetation control: a North America perspective. Fish Biology and Fisheries,2, 283-320.
 Gandolfi G., Zerunian S., Torricelli P., Marconato A., 1991. I Pesci delle acque interne italiane. Ministero dell’Ambiente e Unione Zoologica Italiana, Roma, 618 pp.
 Gasaway R.D. and T.F. Drda, 1976. Effects of grass carp introduction on waterfowl habitat. North America Wildlife Natural Resources of Conference, 42: 73-85.
 Gorbach E.I., 1970. Condition and fatness of the grass carp Ctenopharyngodon idella (Val.) in the Amur Basin. J. Ichtthyology. 12(4), 616-25.
 Klusmann W.G., Noble R.L., Martyn R.D. Clark W.J., Betsill R.K., Bettoli P.W. and Campbell J.M. 1988. Controlo of acquatic macrphytes by grass carp in lake Conroe, Texas, and the effects on the reservoir ecosystem. Texas Agricoltural Experiment Station, Texas A&M University MP-1664. Texas 61 pp.
 Leslie A. J., Jr. and G.J. Kobylinski 1985. Benthic macroinvertebrate response to acquatic vegetation removal by grass carp in a north Florida reservoir. Florida Sience 48: 220-231.
 Lopinot, A., 1972. White amur Ctenopharyngodon idellus. Illinois Dept Conservation, Division of Fisheries. Fish Management Mimeo No. 37. 2 pp.
 Nikol’skii G.V., 1971. Special ichthyology. Isr. Program sci. Transl. Jerusalem, 538 pp.
 Opuszynski K., 1972. Use of phytophagus fish to control acquatic plants. Acquaculture 1, 61-74.
 Shireman J.V., Smith C.M:, 1983. Synopsis of biological data on the grass carp, Ctenopharyngodon idella (Cuvier and Valenciennes, 1844). FAO Fish. Synop., no. 135, 86 pp.
Wattendorf R.J. and R.S. Anderson. 1987 Hydrilla consumption in two Florida lakes. Proceeding of the Annual Conference of the Southeastern Association of Fosh and Wildlife Agencies 38: 319-326.

2. 3. 4. Aspio
L’aspio è tra gli ultimi predatori entrati nelle acque ferraresi in grado di riprodursi con successo. Questa specie si è particolarmente adattata lungo tutto il medio-basso corso del fiume e sta attraversando un momento di allarmante espansione demografica su tutto il territorio padano. Le indicazioni raccolte sulla presenza dell’aspio nella provincia di Ferrara, hanno via via confermato l’acclimatamento della specie nel medio basso corso del fiume Po e nei principali corsi d’acqua di bonifica in diretta comunicazione con esso.
I dati fin qui raccolti confermano la presenza di popolazioni di aspio strutturate, con discreta variabilità di taglie in diversi corsi d’acqua della provincia ed in aprticolare nel Canale Boicelli Po di Volano, Condotto Contuga, Derivatore di Berra, Panaro, Canale di Burana e Po di Primaro.
Il campione misurato e costituito complessivamente da 52 esemplari, di lunghezza media pari a 28,8 cm e peso486 g.
L’intervallo delle taglie varia tra 9 e 61 cm, dove le classi di lunghezza più rappresentate variano da 20 a 30 cm, da 40 a 50 cm in cui ricade il maggior numero di esemplari catturati. Non sono stati catturati esemplari di grossa taglia ma dalle numerose interviste ai pescasportivi ed ai pescatori di mestiere che operano nel basso corso del fiume Po si segnalano catture di esemplari di dimensioni importanti, superiori ai 6 kg di peso. La presenza delle classi giovanili e di sub-adulti conferma l’efficacia della riproduzione naturale di questo predatore alloctono nelle acque di bonifica e nel basso corso del fiume Po.
L’analisi della relazione peso lunghezza presenta un elevata correlazione con un tipico modello di accrescimento potenziale del tipo P=k *Lb (R2>0.98), nel quale l’esponente b pari a 3,19 è sinonimo di un accrescimento lievemente allometrico.


Per l’aspio, l’indice di condizione medio è risultato pari a 0,99, valore che esprime sostanzialmente un’isometria per la specie, ma individualmente va segnalata una allometria negli esemplari di maggiori dimensioni che manifestano un miglior stato nutrizionale rispetto ai giovanili, probabilmente legato ad un range più ampio di prede accessibili favorito dalla maggior dimensione di questultimi.
In Russia, Ucraina, Daghestan, Kazakhstan e Uzbekistan la specie è catturata professionalmente con reti a strascico e da posta, con nasse e ami. Le carni sono considerate saporite soprattutto nei paesi dell'ex U.R.S.S., dove vengono consumate per lo più in inverno (FAO, 1997). La specie non gode della stessa stima nel resto d'Europa ed in particolare in Italia, dove invece è molto apprezzato dai pescatori sportivi per le sue doti di combattività e per le taglie elevate che può raggiungere. L’interesseverso questo predatore sta sorgendo anche tra i pescatori sportivi ferraresi che frequentano le acque del fiume Po e dei principali corsi d’acqua di bonifica, dove gli esemplari di aspio vengono insidiati principalmente con esce artificiali.
L’aspio è una specie ittiofaga in grado di generare un forte impatto sulle comunità ittiche autoctone, perciò si ritiene di notevole importanza acquisire sempre e più dettagliate informazioni relative alla sua diffusione e biologia nelle acque interne provinciali.

2. 3. 5. Siluro
A tal riguardo si riporta il testo dell’articolo dal titolo: “Approfondimenti sullo stato della popolazione di Silurus glanis (Linnaeus, 1758) nel basso corso del Po e nelle acque interne della provincia di Ferrara”, di Lanzoni M.1, Mantovani E.2 e Rossi R.1, in pubblicazione su Pescasport, Ed. Greentime, Bologna, 2010.
(1 Dipartimento di Biologia ed Evoluzione, Università degli Studi di Ferrara; 2 Servizio Protezione Flora e Fauna, Provincia di Ferrara.)

Introduzione
Come dettagliatamente documentato da una estesa letteratura scientifica nazionale ed internazionale, il diffondersi di specie ittiche alloctone è una delle maggiori problematiche a livello mondiale sia per le conseguenze ecologiche sia per quelle socio-economiche. Un continuo ed incontrollato ingresso di nuove specie è in atto da molti decenni anche nelle acque italiane ed ha portato ad importanti modificazioni delle comunità ittiche indigene di molte regioni. Il siluro d’Europa, Silurus glanis, originario dell’est Europa e dell’Asia occidentale e recentemente diffusosi nel nostro paese, rappresenta l’esempio più rappresentativo di questo fenomeno e delle sue conseguenze.
Manfredi (1957) riporta che il siluro in Italia è presente fin dal 1954, ma è possibile confermare la sua diffusione nel bacino del fiume Po e nei principali corsi d’acqua della pianura Padana, a partire dalla fine degli anni ´70, come riportato da Gandolfi e Giannini (1979). Attualmente la specie è diffusa stabilmente in tutto il nord-est ed in particolare nel Po e nei suoi affluenti maggiori. I dati di maggior rilievo che descrivono popolazioni numerose e ben acclimatate riguardano il Ticino, il Mincio e vari fiumi e canali di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna e, negli ultimi anni, anche di Toscana, Umbria e Lazio. Ad esempio, la Carta Ittica delle acque del piano (Zona B) dell’Emilia-Romagna, pubblicata nel 2008, riporta alcuni dei dati più recenti che testimoniano l’ampia distribuzione del siluro in tutto il territorio regionale. Le province maggiormente interessate sono Ferrara, Bologna, Reggio-Emilia e Modena.
L’ampia distribuzione di questa specie nei corsi d’acqua della provincia di Ferrara ed il crescente interesse in relazione a pesca sportiva e professionale ed alla gestione delle risorse ittiche, hanno motivato questa ricerca, i cui risultati forniscono un quadro generale dei popolamenti di siluro a più di trent’anni dalla comparsa in provincia di Ferrara.

Cenni su alcune caratteristiche biologiche della specie
Il siluro d’Europa è un pesce di grande taglia che negli areali di origine può raggiungere lunghezze di 3 metri ed in casi eccezionali di 5 metri, con un peso di oltre 300 kg, come documentato da Berg, (1949). In Italia i pesi maggiori sino ad ora segnalati sono nell’ordine dei 120-130 kg.
L'habitat del siluro è rappresentato dai tratti terminali di fiumi e canali ed in generale dalle acque di pianura, anche stagnanti e preferenzialmente torbide. Come riportato da Wolter and Bischoff, (2001) la specie può colonizzare anche le foci dei fiumi, con salinità inferiore a 15%. Il siluro si adatta facilmente ad acque povere di ossigeno ed è in grado di tollerare prolungati periodi di ipossia grazie all’elevato contenuto di emoglobina nel sangue (Mihalik, 1995) e alla pelle priva di scaglie, in grado di integrare, attraverso l’assorbimento cutaneo di ossigeno, la capacità respiratoria dell’animale (Davies, 2004). L’optimum fisiologico di temperatura del siluro è prossimo ai 25 °C (David, 2006). Anche se viene indicato come specie tollerante alle basse temperature, in inverno rallenta notevolmente il metabolismo e si rifugia, formando gruppi di taglia simile, in buche e depressioni del fondale dove trascorre i mesi più freddi.
La maturità sessuale viene raggiunta da entrambi i sessi normalmente al terzo o quarto anno di età (Orlova, 1989; Forneris, 1990) mentre il periodo riproduttivo può essere molto ampio, soprattutto dove le condizioni climatiche sono più favorevoli, e può estendersi da maggio a settembre, come documentato da Rossi e coll. (1992), nel fiume Po. Secondo Gandolfi e Zerunian (1991), il siluro si riproduce ad una temperatura dell’acqua appena superiore ai 20°C, in una fase più o meno avanzata della primavera, variabile in base alla collocazione geografica, quando le coppie si portano in acque poco profonde. Le uova, in numero di 20.000-30.000 per chilogrammo di peso corporeo, di colore originariamente giallastro e con un diametro di circa 3 mm, vengono deposte in un nido preparato dal maschio e successivamente custodite da quest'ultimo sino alla schiusa.
Numerosi autori come Stolyarov (1985), Omarov e Papova (1985) e Vallod (1987) considerano il siluro come un predatore poco specializzato, principalmente ittiofago e marcatamente opportunista, ovvero in grado di rivolgere la sua attività alla/e specie ittiche più abbondanti nell’ambiente in cui vive. Come riportato da Rossi e coll. (1992), in uno studio effettuato alla fine degli anni ottanta, nel basso corso del Po, la dieta degli esemplari di lunghezza superiore a 30 cm era composta esclusivamente da specie ittiche, rappresentate principalmente da cavedano, alborella, triotto, carassio e scardola, scomparse negli anni immediatamente successivi.
L’esame dei contenuti stomacali, effettuato nel corso di questa ricerca, ha confermato una dieta quasi esclusivamente ittiofaga, prevalentemente basata sulle seguenti specie, elencate da quella rinvenuta con frequenza maggiore, via via a calare: abramide, carpa, pseudorasbora, carassio, siluro, alborella e pesce gatto e, per gli esemplari di grosse dimensioni, anche su rettili, uccelli acquatici (gallinella d’acqua e anatidi) e roditori (nutrie e ratti). Inoltre, rispetto a quanto precedentemente riportato (Rossi e coll., 1992) è stato evidenziato un abbassamento di taglia per quanto riguarda l’ittiofagia, con esemplari di lunghezza compresa tra 15 e 20 cm nel cui stomaco sono stati trovati esemplari di pseudorasbora, gambusia e ghiozzetto cenerino.

Siti di studio e modalità di cattura
Il territorio della provincia di Ferrara è caratterizzato da una fitta rete di canali di bonifica e da tre importanti fiumi che ne delimitano i confini, a nord il Po, a sud-est il Reno ed a ovest il Panaro. In relazione alla grande diversità idrologica e biologica di questi ambienti, il monitoraggio è stato effettuato con un approccio flessibile, basato sull’utilizzo di un set di reti composto di 3 tramagli di varia metratura e maglia, utilizzati come reti da circuizione e imbrocco, solitamente per tre ripetizioni in ogni sessione di pesca, e da filari di bertovelli. Sono stati complessivamente campionati trenta canali, scelti in modo da rappresentare omogeneamente le varie tipologie idrauliche (irriguo, di scolo e promiscuo) e dimensioni dei corsi d’acqua della rete idrica ferrarese. In ogni sito il campionamento è stato ripetuto in almeno tre anni del quinquennio 2004-08.
I dati riguardanti il Po sono stati ottenuti tramite recupero dell’intera comunità ittica in occasione della messa in asciutta, in ottobre, nel Bacino di Contuga e nel Bacino di Berra, impiegati per la derivazione irrigua dal Po. Sebbene i risultati di questo ultimo metodo di campionamento risentano della posizione dei sifoni e delle condizioni di ammassamento della fauna ittica nel bacino, ciò nonostante, le serie pluriennali dei risultati forniscono una informazione continuativa dell’evoluzione dei popolamenti ittici del Po, negli ultimi cinque anni.
Stato attuale della popolazione
Per le misure biometriche, in occasione di ogni campionamento, le misure di lunghezza e peso sono state effettuate su un sub campione, di volta in volta scelto in modo casuale tra gli esemplari catturati, costituito complessivamente da 461 esemplari.
In un intervallo di lunghezza complessivamente compreso tra 9 e 238 cm, le classi di lunghezza più rappresentate sono risultate 3: da 10 a 20 cm , da 80 a 90 cm e da 90 a 100 cm in cui ricade il maggior numero di esemplari catturati.
Più di due terzi degli esemplari complessivamente campionati (84%) è rappresentato da individui di lunghezza inferiore a 120 cm e di peso inferiore ai 15 kg, mentre tra gli esemplari di grandi dimensioni sono stati contati 22 individui con lunghezza superiore a 180 cm e peso superiore a 55 kg di cui 7 con lunghezze superiori a 220 cm e peso variabile tra 72 e 120 kg.
L’età degli animali è stata misurata su un sub campione di individui (84), attraverso l’esame delle vertebre, assumendo convenzionalmente il mese di giugno come riferimento per le nascite. Il metodo è basato sull’esame di bande opache di spessore più o meno ampio, corrispondenti all’accrescimento estivo, alternate a bande trasparenti molto sottili che corrispondono all’accrescimento invernale. È stata stimata inoltre la curva di crescita teorica, secondo il modello di von Bertalanffy (Saila, 1988).
L’intervallo di età degli esemplari esaminati ricadeva tra la classe 0+, di età compresa tra sei mesi e un anno, e la classe 15 a cui appartengono i due esemplari più vecchi catturati, di quindici anni. Più della metà dei siluri catturati (58% del totale) ricadeva in un intervallo di età compreso tra i 2 e 5 anni. La curva di crescita evidenzia un rapido accrescimento della specie a partire dai primi anni di vita con lunghezze comprese tra i 28 cm per gli esemplari di un anno fino ai 135-140 cm per quelli di 6-7 anni. Tale accrescimento si mantiene comunque consistente anche in siluri di età maggiore, come mostrato dalla curva di crescita che, infatti, non ha ancora iniziato ad approssimare un valore massimo di lunghezza della specie in questo ambiente, valore limite, in prossimità del quale la crescita quasi cessa.

Distribuzione di frequenza delle classi di lunghezza (cm) degli esemplari di S. glanis catturati dal 2004 al 2008, in provincia di Ferrara

Curva teorica di crescita secondo il modello di von Bertalanffy, ricavata dai dati della popolazione di siluro della provincia di Ferrara.

Discussione dei risultati e considerazioni conclusive
I dati raccolti confermano la presenza di popolazioni di siluro ben strutturate, con un’ampia variabilità di taglie a partire da individui di pochi centimetri fino ad esemplari di oltre 2 metri, e con tutte le classi di lunghezza ben rappresentate. La specie è ben rappresentata anche in termini numerici e di biomassa con una distribuzione omogenea in tutta la rete idrografica della provincia di Ferrara. Le densità sono risultate generalmente alte, soprattutto nei canali di bonifica che mantengono un battente idrico relativamente costane durante l’anno, solitamente pari ad un metro o superiore, dove è stata misurata una densità numerica media di 260 individui per ettaro, individui di peso medio pari a 7,9 kg.
I valori osservati sono in accordo con quelli della Carta Ittica dell’Emilia-Romagna, Zone B ed A, dove la specie è stata censita in 48 stazioni su 49 campionate nel territorio provinciale, tra il 2004 e 2006, ed in cui il siluro risultava la seconda specie più abbondante per biomassa, con un valore medio pari al 28% del totale catturato.
L’idea di una popolazione di siluro in diminuzione nel basso corso del fiume Po non trova riscontro nei dati ottenuti, ed in particolare in quelli ottenuti nei bacini di derivazione irrigua dal fiume. Le serie pluriennali dei risultati, mostrano livelli costanti di catture dal 2004 al 2006 ed un aumento nel 2007 e 2008.

Biomassa di siluro recuperata nel bacini di derivazione dal fiume Po, dal 2004 al 2008

La curva di crescita calcolata sulla base dei dati raccolti, evidenzia l’elevato tasso di accrescimento di questa specie nelle nostre acque, in accordo con quanto già riscontrato in precedenza da Rossi e coll. (1992), su un campione di individui di piccola e media taglia, catturati nel basso corso del fiume Po, nella prima fase di espansione della specie. Tale concordanza di risultati, a distanza di più di 20 anni e su un campione più numeroso e riguardante non solo il Po ma l’intero bacino idrografico provinciale, conferma l’elevata velocità di crescita di questa specie nelle nostre acque. Come ipotizzato da Rossi e coll. (1992) questa evidenza è attribuibile a condizioni ambientali vantaggiose, tra cui un regime termico più favorevole di quello dell’areale di origine e una elevata disponibilità di prede. Infatti, i tassi di accrescimento misurati, sono i più elevati fino ad ora evidenziati per questa specie, maggiori rispetto a quelli riscontrati negli areali di provenienza e negli altri paesi europei nei quali la specie è stata introdotta (Copp, 2009). Considerando la notevole longevità della specie, che può arrivare a 60-80 anni (Ladiges e Vogt, 1986) in base alla curva di crescita riportata in figura 4 è possibile che attualmente, a più di 30 anni dalla comparsa, qualche esemplare abbia raggiunto una lunghezza di 3 m. Questi risultati sono in accordo con le ipotesi fatte da numerosi ittiologi italiani che ritengono possibile il riproporsi anche in Italia della “situazione danubiana”, dove non è rara la cattura di esemplari di queste dimensioni.
Il monitoraggio delle popolazioni di siluro nella provincia di Ferrara è tuttora in corso, in linea alle direttive espresse nell’ultimo Piano Ittico Regionale (2006-2010), in cui viene riportata la necessità di tenere costantemente aggiornati i dati relativi alla sua diffusione, in particolare nei corpi idrici minori.
Le popolazioni ben strutturate, le elevate densità e velocità di accrescimento rilevate, indicano una tendenza alla ulteriore espansione che, in sistemi idrici compartimentati, come i canali di bonifica, può arrivare ad uno sbilanciamento completo della comunità ittica, costituita per più del 50 % di siluro. Tale situazione è stata documentata in quasi la metà dei canali campionati con due situazioni estreme nel Canale d’Arrivo a monte dell’Idrovora Campo Cieco (Portomaggiore) e nella Fossa Bertolda (Ostellato), dove nel 2007 il siluro costituiva il 71,5 % e 66,8 % della biomassa complessivamente campionata.
In tal senso il siluro è un modello particolarmente esplicativo di una tendenza ormai consolidata nei canali oggetto di studio. In tali ambienti il siluro ha evidenziato un elevato successo, tanto da condizionare l’intera comunità ittica, non più in grado di auto equilibrarsi nei rapporti tra prede e predatori. In tali condizioni, il predatore, esaurite le prede classiche, rappresentate da ciprinidi (carassio, abramide, piccole carpe, pseudorasbora, alborella, ecc.) si rivolge al cannibalismo, ad altre tipologie di preda, come il gambero rosso della Louisiana, rettili, anatidi e altri uccelli acquatici, mammiferi, ecc.., come dimostrato nel corso di questa ricerca tramite l’esame dei contenuti stomacali.
Situazioni di questo tipo, più o meno estremizzate, rappresentano più la norma che l’eccezione nella rete idrica oggetto di studio, con ricadute negative non solamente sulla pesca sportiva ma anche sulla biodiversità degli ambienti acquatici che ormai ha raggiunto i valori più bassi, in assoluto. Questi dati richiamano ulteriormente l’attenzione sulla programmazione di azioni di riequilibrio biologico, indicate come prioritarie nei Piani Ittici Provinciali e Regionali ed implicitamente contenute nella Direttiva quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (2000/60 CE).

Bibliografia
 Berg L.S. (1949). Ryby presnykh vod SSRR i sopredenykh stran. Izdat. Akad. Nauk SSRR, Moskva: 1370 pp.
 Carta ittica dell’Emilia-Romagna Zone B e A. Regione Emilia-Romagna Ed., Greentime, Bologna, 324 pp.
 Coop G.H., Britton R. J., Cucherousset J., Berthou E. G., Kitk R., Edmund P.e Stakenas S. 2009. Voracious invader or benign feline? A review of the environmental biology of European catfish Silurus glanis in its native and introduced ranges. Fish and Fisheries
 David J.A. (2006). Water quality and accelerated winter growth of European catfish using an enclosed recirculating system. Water and Environmental Journal 20, 233-239.
 Davies C., Shelley J, Harding P., McLean L., Gardiner R. and Peirson G. 2004. Freshwater fish in Britain: The species and their Distribution. Harley Books, Colchester. 248 pp.
 Forneris G., Paradisi S. & Specchi M. (1990). Pesci d’acqua dolce. Carlo Lorenzini Editore, Torreano di Martignacco (UD): 214 pp.
 Gandolfi G. & Giannini M. (1979). La presenza del Silurus glanis nel fiume Po (Osteichthyes, Siluridae). Natura. Soc. ital. sci. nat. Mus. civ. stor. nat. Acquario civ. Milano 70: 3-6.
 Gandolfi G., Zerunian S., Torricelli P., Marconato A., 1991. I Pesci delle acque interne italiane. Ministero dell’Ambiente e Unione Zoologica Italiana, Roma, 618 pp.
 Ladiges W. & Vogt D. (1986). Guida dei pesci d’acqua dolce d’Europa. Franco Muzzio Editore, Padova: 234 pp.
 Manfredi P. (1957). Cattura di un Siluri glanis nell’Adda presso Lecco. Natura, Milano, 48: 28-30.
 Omarov, O. P. and O. A. Popova, 1985. Feeding behavior of pike, Esox lucius and catfish, Silurus glanis, in the Arakum Reservoirs of Dagestan. J. Ichthyol. 25(1):25-36
 Orlova E.I. 1989 Peculiarities of growth and maturation of the catfish, Silurus glanis, in the Volga Delta under regulated flow conditions. Journal of Ichthyology 28, 35-45
 Rossi R., Trisolini R., Rizzo M.G., Dezfuli B.S., Franzoi P. & Grandi G. (1992). Biologia ed ecologia di una specie alloctona, il siluro (Silurus glanis) (Osteichthyes, Siluridae) nella parte terminale del fiume Po. Atti soc. ital. sci. nat. Museo civ. stor. nat. Milano, vol. 132 (1991), n. 7: 69-87.
 Stolyarov L.A. 1985 Dietary features of catfish, Silurus glanis, and pike-perch, Stizostedion lucioperca in Kizlyarsk Bay, northern Caspian sea Journal of ichthyology 25 140-145
 Vallod D., 1987. Le silure (Silurus glanis L.). Publication de Association pour le Developpement de l’Aquaculture, 16: 1-70.
 Wolter C. and Bischoff A. 2001. Seasonal changes of fish diversity in the main channel of the lowland River Oder . Regulated Rivers: Research and Management 17. 595-608.
 Zippin, C. 1958. The removal method of population estimation. J. Wildlife Manage. 32:325-33.


2.4. Aspetti ecosistemici dei canali di bonifica della provincia di Ferrara, in relazione alla composizione attuale della comunità ittica

Nei soli ultimi trent’anni, nelle acque interne provinciali, abbiamo assistito alla scomparsa di 10 specie autoctone, compensata dall’introduzione di altrettante nuove specie alloctone, e al cambiamento dei rapporti quantitativi tra le diverse specie. Rispetto al precedente assetto, pochissime specie, tutte alloctone, predominano sulle altre, ormai presenti, in termini di biomassa, in modo del tutto trascurabile. Inoltre, la predominanza di grosse taglie, registrata per tutte le specie dominanti, e la quasi totale assenza di novellame e minutaglia documentata in più della metà delle 150 stazioni monitorate nel quinquennio 2004-08, avvalorano lo stato di grave disequilibrio della comunità ittica esaminata.
Al contrario di quanto si potrebbe ipotizzare, tale disequilibrio non deriva tanto da un peggioramento della qualità chimica delle acque, che negli ultimi quindici anni si è mantenuta presumibilmente stabile nella maggior parte dei canali, se non addirittura migliorata (dati ARPA 2003), quanto, piuttosto, da interventi di adeguamento idraulico dei canali, effettuati in relazione all’aumento del rischio di piena e all’aumento delle richieste irrigue. Tali interventi hanno portato alla trasformazione dei canali in vere e proprie autostrade d’acqua, rettificate, uniformi, prive di aree marginali, e dove la vegetazione viene continuamente sfalciata.
In questo nuovo assetto, mentre alcune specie alloctone già introdotte, ed altre di nuova introduzione, sono state in grado di adattarsi, divenendo in alcuni casi addirittura invasive, per quasi tutte le specie autoctone, come la tinca, la scardola, il luccio, e l’alborella, che fino alla fine degli anni ’70 presentavano popolazioni ben strutturate, i canali sono diventati inospitali, determinandne la loro quasi totale scomparsa, ad eccezione di limitati siti dove, comunque sono presenti in quantità generalmente inferiore al 5% del totale.
Nella maggior parte dei corsi d’acqua del reticolo idrografico ferrarese, infatti, le specie autoctone non trovano più condizioni soddisfacenti alle necessità alimentari, riproduttive (presenza di zone idonee per la riproduzione e per la crescita degli avannotti) e di protezione dalla predazione (presenza di rifugi e zone dove svernare) contemporaneamente divenuta eccessiva, a causa dell’introduzione di nuovi predatori alloctoni.
E’ chiaro che, secondo un approccio eco sistemico, solo dopo aver individuato le cause primarie che portano alla scomparsa di una data specie, come riportato sopra l’assenza di cibo, la mancata possibilità di riprodursi, l’assenza di aree di rifugio, è possibile procedere ulteriormente all’individuazione dei fattori che, a loro volta, hanno determinato il realizzarsi delle cause primarie. Infatti, poiché vale il criterio generale secondo cui “la comunità ittica di un dato ecosistema è la risultante ed il descrittore della disponibilità alimentare e della tipologia di siti idonei per la riproduzione e per il rifugio”, un canale ed un tratto fluviale sono ecosistemi caratterizzati da marcata specificità e la scomparsa di una specie ittica non è mai casuale o slegata dal contesto, ma è sempre la risultante di una serie di fenomeni a cascata.
A titolo esemplificativo, al vertice della piramide alimentare di un ecosistema acquatico di pianura troviamo il luccio, il persico reale, l’anguilla ecc..., definiti predatori di secondo ordine, che si cibano di predatori di primo ordine, come la scardola, il triotto, l’alborella, ecc…, che a loro volta mangiano gli erbivori, solitamente piccoli invertebrati che vivono a contatto con la vegetazione e il fondale, complessivamente identificati con il termine di macrozoobentos (gamberetti, larve di insetti, ecc.) o di zooplancton, organismi ancora più piccoli che vivono sospesi nella massa d’acqua e costituiscono il cibo di alcune specie planctofaghe, come l’alborella ed il triotto e, più in generale degli avannotti di quasi tutte le specie ittiche.
Più in basso, alla base della piramide ecologica, troviamo i vegetali acquatici, detti produttori primari che, possono essere piante vere e proprie, con radici fusto e foglie o piccoli organismi unicellulari, grandi pochi millesimi di millimetro e presenti in numero di milioni di individui per litro d’acqua; complessivamente sono indicati con il termine di fitoplancton.
Lo schema energetico di un ecosistema è quindi schematizzabile in una sorta di piramide di livelli alimentari, con alla base i vegetali, i produttori primari che attraverso la fotosintesi fissano l’energia luminosa in energia chimica delle molecole organiche che li compongono. I gradini successivi verso l’alto, contengono tutti gli organismi animali, erbivori e carnivori di primo e di secondo ordine, che utilizzano l’energia fissata dai vegetali.


La piramide ecologica schematizza il passaggio dell’energia attraverso i livelli alimentari dell’ecosistema acquatico, individuati in base alle modalità di approvvigionamento energetico degli organismi che li occupano

I gradini della piramide ecologica possono essere usati per simboleggiare l’entità della biomassa dei vari livelli, ovvero la massa vivente degli organismi appartenenti a ciascun livello alimentare. Nella pratica, sebbene non si tratti di un criterio assoluto, si assume che l’efficienza di trasferimento da un livello alimentare al successivo sia di circa il 10% per i carnivori e variabile dal 10 allo 0,1% per gli erbivori (International Biological Programm, UNESCO, 1972), il cui rendimento energetico è ovviamente minore in relazione alla minor assimilabilità del materiale vegetale ed è anche molto variabile, in relazione alla grande variabilità di questi organismi, che vanno dal rotifero planctonico, di dimensioni dell’ordine del decimo di millimetro, alla carpa erbivora di oltre un metro di lunghezza. Per fare un esempio, 100 kg di scardole (carnivoro di primo ordine) mangiate da lucci (carnivoro di secondo ordine) producono un incremento di biomassa di luccio pari a 10 kg.

Piramide ecologica schematizzata a gradini che indicano la biomassa di ciascun livello alimentare, espressa in quintali o kg per ettaro di superficie dello specchio d’acqua.

A livello di intero ecosistema, si ragiona riferendo i valori ad una unita di superficie, solitamente l’ettaro, ed ad una unità di tempo, solitamente l’anno. Per esemplificare, si assuma un ecosistema molto produttivo, quale un laghetto poco profondo (1-2 metri), dove non siano subentrati fattori di compromissione della vegetazione. In condizioni di equilibrio, le piante acquatiche (produttori primari) possono produrre una biomassa di circa 300 q per ettaro nell’arco di un intero anno solare. Secondo un rendimento medio di trasferimento energetico dalle piante agli erbivori, pari al 5 %, tale produzione vegetale potrà sostenere un aumento di biomassa nel livello superiore (erbivori) di circa 15 q/ettaro. Gli erbivori, a loro volta, saranno predati dai carnivori di primo ordine che, assumendo una efficienza di trasferimento pari al 10%, produrranno un incremento di biomassa pari a circa 1,5 q/ettaro. Tale biomassa, fonte di nutrimento per carnivori di secondo ordine (luccio, ad esempio), secondo lo stesso rendimento energetico del 10%, genera un aumento di biomassa pari a 15 kg/ettaro. Quanto appena riportato è una semplificazione, funzionale alla comprensione del fenomeno, di quanto accade realmente, dal momento che le rese di assimilazione risentono di numerosi fattori, che vanno dalla temperatura dell’ambiente, la taglia degli individui e, soprattutto, sono difficilmente calcolabili per tutte le specie a dieta mista (,vermi, crostacei, insetti e pesci).
L’approccio dei livelli alimentari, per quanto approssimato in relazione al fatto che le rese di assimilazione risentono di numerosi fattori, che vanno dalla temperatura, alla taglia degli individui e, soprattutto, sono difficilmente calcolabili per tutte le specie a dieta mista di organismi appartenenti a livelli alimentari differenti (es. persico reale, anguilla), permette comunque di stimare indicativamente il quantitativo massimo di un predatore sostenibile in un dato ecosistema, al di sopra dei quale lo stesso predatore andrebbe in carenza alimentare.
Dall’esame della piramide alimentare risulta evidente come la vegetazione acquatica rivesta un ruolo fondamentale per le specie ittiche. La sua innegabile scomparsa nella maggior parte dei canali e fiumi della provincia di Ferrara ha inevitabilmente modificato gli ecosistemi acquatici, e proporzionalmente condizionato la composizione della comunità ittica. La scomparsa delle piante ha favorito un ampio sviluppo di microalghe fitoplanctoniche, la cui abbondanza è misurabile dall’elevata colorazione e dalla torbidità delle acque. Grande produzione di fitoplancton genera grandi quantità di detrito fine e quindi permette di trasferire energia a organismi che di detrito si nutrono, quali piccoli animali vermiformi che vivono affossati nel fondale (chironomidi ed oligocheti) e specie ittiche detritivore ed onnivore come la carpa, il carassio e l’abramide. In questa nuova piramide alimentare, determinatasi in assenza di vegetazione acquatica, trovano spazio il siluro, l’aspio e il lucioperca, perfettamente adattati a cacciare in acque costantemente torbide, che hanno sostituito il luccio e persico reale, adatti alle acque più limpide, tipiche di canali e fiumi dove è abbondante la vegetazione acquatica.



Piramide ecologica che descrive l’attuale assetto ecologico della maggior parte dei canali e fiumi della bassa padana, venutosi ad affermare a seguito della scomparsa della vegetazione acquatica.


2.5 Approfondimento sui popolamenti ittici del delta del Po tra passato e presente.
A tal riguardo si riporta il testo dell’articolo dal titolo: “Popolamenti ittici del delta del Po”, di Mattia Lanzoni1*, Giuseppe Castaldelli1, Graziano Caramori2, Edoardo Turolla2, Elisa Anna Fano1, Remigio Rossi1, pubblicato su Biologia Ambientale, 24 (1): 157-166, 2010. Atti XVIII congresso S.It.E., Parma 1-3 settembre 2008, sessione speciale “Aggiornamento delle conoscenze sul bacino idrografico Padano”, a cura di P. Viaroli, F. Puma e I. Ferrari

1 Dipartimento di Biologia ed Evoluzione, Università degli Studi di Ferrara, Via L. Borsari 46 - 44100 Ferrara.
2 Istituto Delta Ecologia Applicata, Via Bartok 29 B - 44100 Ferrara.
* Referente per la corrispondenza: mattia.lanzoni@unife.it
Riassunto
Nell’ultimo secolo gli ecosistemi di acqua dolce hanno subito pesanti interventi con conseguenti alterazioni e degradazioni degli habitat che hanno comportato una generale riduzione della produttività ittica e la rarefazione o la scomparsa di numerose specie. L’analisi di questa evoluzione è stata effettuata comparando la comunità ittica attuale, descritta per il basso corso e delta del Po nella Carta Ittica delle acque dolci del piano (Zona B) dell’Emilia-Romagna (2004-06), con quella dei quattro secoli precedenti (1600-1980) desunta da documenti ufficiali conservati in archivi pubblici e biblioteche di Ferrara e provincia. Per le acque di transizione del Delta del Po, sono stati utilizzati i dati riportati nella Carta Ittica delle acque di transizione (Zona A) dell’Emilia-Romagna (2004), i dati di vendita dei principali mercati ittici (2002-2006) e dei campionamenti (2006-08) nelle cinque principali lagune del delta veneto. La comunità ittica delle acque dolci del delta è risultata oggi completamente differente da quella di soli trenta anni prima, soggetta ad un continuo riassetto dei rapporti tra le specie e lontana da uno stato di equilibrio. Sono state censite 30 specie di cui 12 indigene e le rimanenti 18 esotiche, principalmente di origine est-europea ed asiatica. Ancora più allarmante è risultato il dato inerente la distribuzione della biomassa, estremamente sbilanciata a favore delle specie esotiche (95,4%) rispetto a quelle indigene (4,6%). Differentemente, nelle acque di transizione del delta del Po (Zona A), i popolamenti ittici sono risultati ancora quasi del tutto composti da specie autoctone anche se hanno manifestato notevoli cambiamenti dal punto di vista quantitativo, con netta dominanza di pochissime specie: solo 8 specie su 36 costituiscono l’89,7 % della biomassa totale e con una sola specie, il muggine calamita Liza ramada, a determinarne il 56%.

Introduzione
Nell’ultimo secolo molti ecosistemi acquatici sono stati modificati dall’uomo che intervenendo sulla morfologia e la portata dei corsi d’acqua ha causato la perdita di habitat per molte specie di pesci ed una sostanziale riduzione delle attività di pesca. Molte specie di pesci si sono estinte o sono diventate estremamente rare, rendendo necessaria l’adozione di norme di protezione (ZERUNIAN, 2004; GANDOLFI in questo volume). Inoltre, l’accelerata introduzione di specie esotiche ha avuto ulteriori e rimarcabili effetti negativi sulla comunità ittica indigena, che non ha retto all’esplosione demografica di nuove specie alloctone e la relativa competizione o predazione.
Le modificazioni della struttura ed abbondanza delle comunità ittiche ha messo in difficoltà sia i pescatori di professione sia quelli sportivi, che hanno dovuto affrontare il calo e la scomparsa delle specie di valore, rimpiazzate da quelle nuove, non necessariamente e immediatamente apprezzabili.
In relazione a fenomeni di questo tipo, peraltro estremamente rapidi, il monitoraggio risulta estremamente importante non solo in relazione ad aspetti gestionali ma anche di mantenimento della biodiversità, soprattutto in aree come il basso corso ed il delta del Po, in cui si trovano due parchi regionali, per una superficie di 1170 km2, 8 siti Ramsar e numerosi Siti di Interesse Comunitario e Zone a Protezione Speciale (SIC e ZPS) della rete Natura 2000. Inoltre, in riferimento a quanto previsto dalla Direttiva 2000/60/CE “Quadro per l’azione comunitaria in materia di acque” che prevede come indicatore di stato ecologico anche la caratterizzazione della comunità ittica delle acque interne, è aumentato notevolmente l’interesse conoscitivo e per l’acquisizione di strumenti di ripristino dell’assetto naturale delle comunità ittiche.

Materiali e metodi
Campionamento e raccolta dati in corsi di acqua dolce (Zona B)
I corsi d’acqua campionati comprendono il tratto terminale del fiume Po e la rete di canali di bonifica nella sua destra idrografica. Tale rete è caratterizzata da corsi d’acqua di larghezza che va da pochi metri a qualche decina, profondità da meno di un metro a più di quattro e velocità di scorrimento fino ad alcune decine di cm al secondo. I canali sono caricati con acqua per più del 95% derivata dal Po, ed il loro uso è quasi sempre promiscuo, sia per lo scolo dei terreni agricoli che per la loro irrigazione.
Il Po ed i canali, in base al monitoraggio mensile della qualità delle acque (LIM) ed all’Indice Biotico Esteso (IBE), sono classificati come alterati o fortemente alterati (ARPA Emilia-Romagna; www.arpa.emr.it/download/rep_acqua.pdf).
La composizione della comunità ittica del passato è stata desunta attraverso la raccolta di documenti conservati presso biblioteche ed archivi pubblici di Ferrara e provincia e di Modena, di seguito citati nei risultati.
La composizione della comunità ittica del presente è stata campionata in 52 siti localizzati in 49 corsi d’acqua (Figura 1), da marzo ad ottobre, nel triennio 2004-2006, adoperando un set standardizzato di reti composto da un tramaglio affondante e uno galleggiante (30 x 1,5 m, maglia 40 mm) 10 bertovelli (in pesca per circa 60 h), una bilancia di 1,5 m di lato, maglia 5 e 25 mm. In occasione della messa in asciutta dei canali si sono impiegate sciabiche con maglia di 40, 30 e 20 mm, e guadini: il recupero dell’intera comunità ittica ha consentito più volte il confronto con i dati ottenuti dai campionamenti precedenti, senza rilevare differenze significative (P>0,05) della abbondanza relativa di quelle specie (carpa, siluro, carassio, abramide, lucioperca e carpa erbivora) la cui biomassa costantemente costituisce il 90% del totale recuperato o pescato.
Gli individui campionati sono stati classificati a livello di specie e su questi sono state effettuate le misure di lunghezza totale e di peso, utilizzando ittiometri con risoluzione millimetrica e bilance con risoluzione pari a 0.1 g. I dubbi di classificazione sono stati risolti in laboratorio sulla base di BERG (1932) e GANDOLFI et al. (1991).

Campionamento e raccolta dati in acque di transizione (Zona A)
Le acque di transizione considerate, sono comprese in un’area suddivisa tra le province di Ferrara e Rovigo. Nella provincia di Ferrara sono stati campionati (2004) il Po di Goro, la Sacca di Goro e il Canale Logonovo, mentre in provincia di Rovigo sono state indagate, (triennio 2006-2008) le 5 principali lagune del delta del Po Veneto (Caleri, Marinetta-Vallona, Basson, Canarin e Scardovari) per un totale di 40 stazioni complessive (Figura 2 e 3). In tutti i rami del Fiume Po e nei corsi d’acqua censiti il campionamento e stato eseguito dalla foce al limite massimo di risalita del cuneo salino, impiegando reti manovrate da pescatori di professione (BACKIEL e WELCOMME, 1980). Il set di reti è composto da una tratta di lunghezza totale 30 m, altezza 1,5 m, sacco finale e maglia da 2 mm, bertovelli in batterie da 2 a 5 unità, in pesca da un minimo di 12 ore al massimo di una settimana, cogolli con traverso di lunghezza da 25 o 50 m, in pesca da un minimo di 12 ore ad un massimo di 3 giorni, e tramagli di 45 mm di maglia, lungi 25 m alti 1.20 m. Gli individui catturati sono stati classificati a livello di specie e sono state effettuate le misure di lunghezza totale e di peso, utilizzando ittiometri con risoluzione millimetrica e bilance con risoluzione pari a 0.1 g. In caso di classificazione non certa, gli approfondimenti sono stati risolti in laboratorio sulla base di TORTONESE (1975), BINI (1969) e BERG (1932).
Nel delta veneto, i dati di campo sono stati confrontati con quelli di vendita presso i tre principali mercati all’ingrosso, Scardovari, Pila e Donada, dal 2002 al 2006. Inoltre, tramite interviste ai direttori dei mercati e ai presidenti delle cooperative, è stato possibile associare i quantitativi venduti in ciascun mercato ad un preciso areale di pesca.

Risultati
La comunità ittica nel passato
Il documento più antico che riporta indicazioni sulla composizione della comunità ittica del ferrarese è un libro di cucina, forse il primo dei libri di cucina, quel “Libro novo nel qual s’insegna a far d’ogni sorte di vivande et apparecchio generale”, datato 1549 e scritto dal Cerimoniere Cristoforo da Messisbugo (MESSIBUGO, 1549). Vi si descrivono famose cene alla Corte Estense, una, in particolare, dedicata alle specie ittiche che potevano essere catturate nella porzione del ducato coincidente con l’attuale provincia di Ferrara. Il documento riporta la presenza cospicua del persico reale, dello storione comune, del luccio, della lampreda di mare, della tinca e della cheppia, le cui uova erano considerate una prelibatezza.
Un secondo documento (ANONIMO, 1879), riporta i regolamenti della pesca e le modalità di concessione delle autorizzazioni ai pescatori. Le specie ittiche segnalate presenti in Po e ordinate in relazione alla biomassa pescata sono lo storione comune Acipenser sturio, la cheppia Alosa fallax, la carpa Cyprinus carpio, l’anguilla Anguilla anguilla, la lasca Chondrostoma genei, il triotto Rutilus aula, il barbo Barbus plebejus, la scardola Scardinius erythrophthalmus, il cavedano Leuciscus cephalus, il luccio Esox lucius e la tinca Tinca tinca, mentre nei canali del delta erano dominanti il luccio, la tinca, la lasca e la scardola.
SUPINO (1916) riporta un documento datato 1890 che, accanto alla specie già citate, indica la presenza nel fiume Po dell’alborella Alburnus alburnus alborella, del carassio dorato Carassius carassius, due specie non citate nei documenti precedenti probabilmente per lo scarso valore alimentare, e della sandra Stiziostedium lucioperca, di cui si segnala per la prima volta la presenza nel fiume Po.
Il primo inventario ittico vero e proprio di questo territorio è di CAVICCHIOLI (1976), che oltre alle specie fino ad ora indicate aggiunge il pescegatto Ictalurus melas, introdotto nel 1906 (TORTONESE, 1975), il persico trota Micropterus salmoides, introdotto nel 1897 (SUPINO, 1916), il persico sole Lepomis gibbosus introdotto nel 1900 (SUPINO, 1930), due specie di cobite, il Cobitis taenia bilineata ed il cobite padano Cobitis conspersa e lo spinarello Gastereosteus aculeatus. Alla carta ittica del 1976, segue la prima classificazione del triotto come specie endemica del distretto padano-veneto, effettuata da parte di Zerunian (ZERUNIAN,1990), con il nome di Rutilus erythrophthalmus e non più R. aula.
Attraverso interviste ai pescatori professionisti del territorio di studio si è ottenuta anche una descrizione semiquantitativa della comunità ittica del Po fino agli anni sessanta del secolo scorso, dominata in biomassa da lasca, alborella, cavedano, pigo Rutilus pigus, anguilla, storione comune, storione ladano Huso huso, e storione cobice Acipenser naccarii, e nei canali da tinca, scardola, luccio, pesce gatto, anguilla e triotto (Tabella I).

La comunità ittica della Zona B
Durante i campionamenti sono stati catturati 6.432 individui, appartenenti a 30 specie e 11 famiglie (Tabella I). I Ciprinidi sono il taxa più rappresentato, con 16 specie, pari al 62,2% della biomassa. Le famiglie dei Centrarchidi, Ictaluridi e Percidi, sono rappresentate da due specie ciascuna, mentre Clupeidi, Mugilidi, Pecilidi, Esocidi, Siluridi, Anguillidi e Acipenseridi sono presenti con un'unica specie.
In peso è risultata dominante la carpa (33.9%), seguita da siluro Silurus glanis (26.2%), carassio (14.5%), abramide Abramis brama (5.8%), sandra (5.7%) e dalla carpa erbivora Ctenopharyngodon idellus (5.5%). Con percentuali di peso tra il 3% del totale vi sono la scardola ed il cefalo calamita Liza ramada; le rimanenti 21 specie cumulativamente non superano il 3.5% della biomassa totale (Figura 1).
Sono indigene solo 12 delle 30 specie censite: storione cobice, anguilla, cheppia, triotto, cavedano, tinca, scardola, alborella, savetta (Chondrostoma soetta). luccio, persico reale (Perca fluviatilis) e cefalo calamita che insieme costituiscono poco più del 5% della biomassa totale.
Tra le specie esotiche, la carpa è stata introdotta in epoca romana ed il carassio nel XVII secolo (TORTONESE, 1975); pesce gatto, persico trota e persico sole circa un secolo fa. La gambusia Gambusia holbrooki è stata introdotta nel 1922 (TORTONESE, 1970). La carpa erbivora Ctenopharyngodon idellus è stata introdotta proprio in provincia di Ferrara, nel 1968, per sperimentare il controllo biologico della vegetazione (MELOTTI e BELTRAMI, 1983). La pseudorasbora Pseudorasbora parva, segnalata nel 1988 nelle acque della Provincia di Mantova (SALA e SPAMPANATO, 1991) probabilmente tramite il Canale Burana-Po di Volano si è estesa anche in quella di Ferrara. Le specie fin qui citate sono stabilmente presenti e distribuite nel territorio di studio, con l’eccezione della gambusia che ha fatto registrare un notevolissimo calo rispetto alla espansione avuta subito dopo l’introduzione.
Recentemente, però, nel distretto Padano sono state introdotte altre specie: nel 1957 il siluro d’Europa Silurus glaniis (GANDOLFI e GIANNINI, 1979); reintrodotta la sandra (ALESSIO e GANDOLFI, 1983); il rodeo Rhodeus sericeus nel 1990 (CONFORTINI, 1992); la blicca Blicca bjoerkna (Confortini et al, 1993); il barbo europeo Barbus barbus nel 1995 (BIANCO e KETMAIER, 2001); sempre nel 1995 l’acerina Gymnocephalus cernuus (CHIOZZI, 1995; DE CURTIS e ROSSI, 1999). Sebbene non siano riportate notizie di introduzioni effettuate direttamente nel delta del Po, i nostri campionamenti dimostrano che tutte le specie di recente introduzione sono oggi dominanti o ben rappresentate. In particolare, l’aspio Aspius aspius (Fig. 6), la blicca ed il rodeo sono stati segnalati per la prima volta nel basso corso e nel delta del Po durante questo studio (CASTALDELLI et al., 2004).

La comunità ittica della Zona A.
Durante i monitoraggi delle zone A sono state censite 36 specie, appartenenti a 11 famiglie distinte. Il taxa più rappresentato sono i Ciprinidi, con 7 specie, seguono i Mugilidi con 5 e i Gobidi con 4. Le famiglie di Anguillidi e Scienidi sono rappresentate da due specie ciascuna, mentre tutte le altre famiglie sono presenti con un'unica specie (Tabella II).
Sei delle 36 specie censite sono alloctone: carpa e carassio, presenti già prima degli anni ’80 del secolo scorso, abramide, pseudorasbora, lucioperca e siluro, arrivate successivamente nelle acque di transizione del delta del Po. Si segnala la scomparsa di tre specie indigene, un tempo presenti in buona parte delle acque di transizione, lo storione comune, lo storione ladano e la lampreda di mare (Petromyzon marinus).
Solo 8 specie su 36 costituiscono l’89.7 % della biomassa totale, di cui la specie dominante è il muggine calamita (56%), seguito dal paganello Gobius paganellus (13.9%) e dalla carpa (6%), la più abbondante delle specie esotiche anche nelle acque di transizione. Con percentuali di biomassa comprese tra il 4 e 1.5% del totale vi sono, elencate in ordine decrescente, il cefalo Mugil cephalus, la passera Platichthis flesus, il latterino Atherina boyeri, il muggine musino Liza saliens, e il muggine dorato Liza aurata (Figura 2). Le altre specie sono tutte presenti con valori inferiori all’1.5 % del totale, tra le quali anche l’orata Sparus aurata (0.7%), la spigola Dicentrarchus labrax (0.3%), la cheppia (0.2%) e l’anguilla (0.1%) (Figura 2); questi dati risultano particolarmente allarmanti in quanto le ultime 4 specie riportate sono da sempre considerate come caratterizzanti le acque di transizione.
Tra le specie esotiche, oltre alla carpa troviamo il lucioperca con un valore di biomassa pari al 1% del totale.

Discussione
La comunità ittica delle Zone B è oggi dominata in biomassa da specie esotiche provenienti principalmente dall’Est Europa e dell’Asia: carpa, siluro, carassio, abramide, lucioperca e carpa erbivora costituiscono da sole più del 90% della biomassa totale. Un miglior regime termico, come precedentemente dimostrato per Silurus glanis (ROSSI et al., 1992), la mancanza di predatori e l’assenza di prelievo sia professionale sia dilettantistico, una particolare resistenza al degrado ambientale ed agli impatti antropici sono le principali cause del dominio delle specie alloctone.
Le specie indigene più abbondanti alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, storione cobice, tinca, luccio, cavedano, scardola, triotto, savetta e anguilla sono ora presenti con una biomassa cumulativa di poco superiore al 2% del totale. Altre, come le due specie di storione, il pigo e la lasca, sono scomparse.
Il declino delle tre specie di storione è iniziato nei primi anni sessanta del secolo scorso. L’aumento dello sforzo di pesca (reti in nylon ed imbarcazioni motorizzate) nelle acque interne ed in mare con misure minime legali inadeguate ha ridotto il successo riproduttivo di questi animali che hanno taglia ed età di prima riproduzione molto elevate (ROSSI et al., 1991). A ciò si sono aggiunti gli effetti negativi della riduzione degli habitat, dell’inquinamento e delle specie alloctone predatrici. La situazione è oggi ribaltata e la quasi scomparsa della pesca professionale e l’aumento di sensibilità dei pescatori dilettanti hanno rappresentano la premessa per il recupero dello storione cobice, delle tre l’unica specie ancora presente. Il Progetto Life-Natura, 04NAT/IT/000126 COBICE, “Conservation and breeding of italian cobice endemic sturgeon” ha consentito interventi di ripopolamento, ma la ripresa stenta, probabilmente per la eccessiva predazione da parte del siluro, ubiquitario e presente con taglie da decine di chilogrammi ad esemplari superiori al quintale.
Nel caso del luccio, il declino ha seguito di pari passo alcuni fattori probabilmente sinergici, tra cui l’aumento del numero di sbarramenti sui canali (sostegni, impianti idrovori, ecc.) e la intensificazione dell’abbassamento delle quote invernali che ne hanno impedito la migrazione riproduttiva. Inoltre, dai primi anni novanta del secolo scorso, l’aumento della densità degli ardeidi e del cormorano, e la contemporanea scomparsa della vegetazione sommersa e di riva hanno esposto i giovanili ad una pressione predatoria non sostenibile. L’aumento della torbidità delle acque conseguente alla aumentata densità fitoplanctonica ha influenzato negativamente anche la modalità di caccia “a vista” di questo predatore.
La tinca al giorno d’oggi risulta praticamente assente (un esemplare catturato in un triennio di campionamenti) nel territorio del delta del Po dove era dominante in biomassa fino a 30 anni fa. La sua riduzione/estinzione è stata contemporanea all’espansione di Silurus glanis ed alla scomparsa della vegetazione acquatica sommersa e della comunità macro-zoobentonica fitale associata, principalmente crostacei, che rappresentavano la risorsa alimentare prevalente di questa specie.
La scomparsa della vegetazione acquatica sommersa nei canali e nei fiumi della bassa padana è un fenomeno poco descritto e attribuibile a più fattori, spesso operanti sinergicamente secondo combinazioni specifiche di ciascun sito e periodo; alcuni meritano di essere ricordati, sebbene non sia possibile entrare nel merito della loro trattazione. La rettificazione e semplificazione dell’alveo, con verticalizzazione del profilo di riva ed apposizione di difese spondali, rappresentano tra i più limitativi interventi degli ultimi decenni per la presenza di vegetazione acquatica. Più recentemente, dall’inizio dagli anni ottanta, ha inciso l’adozione di più efficienti strumenti di diserbo meccanico nei canali di bonifica di minore sezione (benne falcianti e bracci decespugliatori) e l’introduzione di carpa erbivora per il diserbo biologico in quelli maggiori con effetti dettagliatamente documentati (MELOTTI et al., 1989); si aggiunge nell’ultimo decennio la diffusione del gambero rosso della Louisiana a determinare un quadro di disturbo sulla vegetazione tale da motivarne ampiamente la scomparsa, in modo molto più concreto che per un supposto effetto dell’inquinamento.
Altre specie hanno risentito della scomparsa delle piante sommerse, sia per la mancanza di risorse alimentari sia per la semplificazione degli habitat e le relative conseguenze sulla riproduzione e la sopravvivenza delle forme giovanili. L’abbondanza di gamberetti ed gammaridi dei generi Palaemon ed Echinogammarus, oggi rari o assenti, oltre a sostenere la tinca, era alla base della alimentazione di persico reale, persico trota, scardola e triotto. Al momento, nei canali il principale trasferimento di energia procede indipendentemente dalla presenza di piante acquatiche. La totalità della produzione primaria è costituita da microalghe fitoplanctoniche il cui sviluppo continuo e invasivo colora intensamente la parte superficiale della colonna d’acqua e causa una pioggia continua di detrito fine verso il sedimento. Si tratta di cellule fitoplanctoniche senescenti, di frammenti delle stesse e di aggregati batterici che sono la fonte alimentare per una fauna bentonica costituita da poche specie opportuniste di oligocheti e chironomidi, presenti con elevate densità numeriche. Su detrito e sulla fauna associata insistono poche specie ittiche detritivore (carpa, carassio, abramide e pseudorasbora) come evidenziato dai campionamenti. Carpa e carassio, nei documenti storici citati sono indicati come scarsamente presenti, sebbene introdotti in epoche lontane. Oggigiorno costituiscono il 48.4% della biomassa totale.
Al contrario, nelle acque delle zone A del delta del Po, la comunità ittica ha mantenuto la composizione qualitativa ma ha manifestato notevoli cambiamenti dal punto di vista quantitativo, con solo 8 specie su 36 costituenti l’89.7% della biomassa totale e con dominanza tra queste di una sola specie, il cefalo calamita, con percentuale di biomassa superiore al 55%.
Le acque di transizione non hanno subito, quindi, una vera colonizzazione da parte di specie alloctone, e infatti non sono state censite specie esotiche di acqua salmastra/salata. Tra le specie alloctone censite carpa, abramide, pseudorasbora, carassio e siluro sono specie esclusive di acque dolci e presenti nelle acque di transizione solo nelle zone di sottoriva, dove scorrono lame d’acqua dolci in superficie, di spessore variabile tra 1 e 2 m.
Il differente grado di contaminazione della comunità ittica delle acque di transizione rispetto a quella delle acque dolci, con buona probabilità associabile al commercio di pesce vivo da altri areali che, in generale, ha interessato marginalmente specie salmastre e marine mentre, da circa quaranta anni, ha portato continuativamente in Italia grandi quantità di pesce d’acqua dolce, principalmente dall’Europa orientale, per finalità di pesca sportiva e di ripopolamento nelle acque dolci (CASTALDELLI e ROSSI, 2008).
Lo squilibrio quantitativo che si registra attualmente nella composizione dell’ittiofauna delle acque di transizione va cercato nei mutamenti, sia climatici sia fisici apportati alle aree costiere (POMBO et al., 2005), oltre che alla pressione di pesca esercitata su alcune specie di particolare interesse commerciale. Inoltre, la maggior parte delle zone vallive possiede sistemi di regimazione e regolazione dei flussi idrici che influiscono negativamente sugli spostamenti della fauna ittica ed in particolare dei giovanili, riducendo così l’estensione degli habitat complessivamente disponibili e influendo negativamente soprattutto sulle specie migratorie durante gli stadi di sviluppo. Altro fattore limitante può essere la disponibilità alimentare, come nel caso delle cinque specie di mugilidi.
Nel caso dell’orata, specie che riveste un notevole interesse commerciale, oltre a essere sottoposta a notevole pressione di pesca, la raccolta in natura di avannotti destinati alla vallicoltura e le alterazioni ambientali delle acque di transizione appaiono come i maggiori fattori che contribuiscono al depauperamento delle popolazioni naturali (ZERUNIAN, 2004).
Nel caso della spigola, i dati raccolti nel corso di questa ricerca nel delta del Po, mostrano negli ultimi cinque anni una notevolmente diminuzione dei quantitativi pescati. E’ possibile individuare tra i maggiori fattori di rischio che contribuiscono alla riduzione delle popolazioni naturali di questa specie, la forte pressione di pesca non solo professionale ma anche dilettantistica, anche per l’affinamento delle tecniche con l’introduzione dell’uso dell’ecoscandaglio. Tali azioni gravano notevolmente sui riproduttori che stazionano nei tratti terminali del Po e sulle bocche a mare, nel periodo pre-riproduttivo e riproduttivo, per i quali non vige alcun divieto di pesca. Oltre all’eccessivo sforzo di pesca anche le popolazioni selvatiche di spigola hanno risentito della costante riduzione degli ambienti idonei alla crescita del novellame.
A tale riguardo risulta interessante notare che negli ultimi venti anni, le lagune del delta del Po sono state interessate da fenomeni di eutrofizzazione (sviluppo di macroalghe e crisi distrofiche) e di interventi antropici, tra cui l’allevamento della vongola verace filippina. In particolare, le sempre maggiori superfici dedicate all’allevamento delle vongole hanno contribuito alla semplificazione e omogeneizzazione dell’ambiente lagunare, ormai privo di piante radicate (Ruppia cirrosa), e ricadute sulla diversità della fauna bentonica e ittica. Per contro, lo sfruttamento della vongola è stato ed è una grande opportunità economica che ha distolto numerosi pescatori dalle pratiche di pesca tradizionali, peraltro divenute sempre meno remunerative. Il conseguente alleggerimento dello sforzo di pesca ha molto probabilmente determinato effetti positivi sulla presenza di riproduttori di alcune specie di pregio (passera, sogliola, branzino, orata, ecc.) il cui limite alla ripresa è, al momento, maggiormente rappresentato dalla disponibilità di ambienti idonei per la riproduzione e per la crescita. In tal senso, un parziale ripristino di tali ambienti e l’istituzione di norme di protezione nel periodo riproduttivo potrebbero favorire il ripristino di questi stock ittici, incentivando le relative attività di pesca sottocosta, a basso impatto ambientale.
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano il Servizio Protezione Flora e Fauna della Provincia di Ferrara, l’Assessorato alla Caccia e Pesca della Provincia di Rovigo e il Corpo di Polizia Provinciale di Rovigo per l’appoggio dato durante i campionamenti. Si ringrazia ARCI Pesca FISA e FIPSAS per la proficua interazione a vari livelli e i pescatori di professione Alfonso e Giancarlo Benetti ed Oreste Mondo per le preziose informazioni fornite.


OFFLINE
Post: 243
Città: CODIGORO
Età: 37
Web Master FF
Presidente dell'FF
19/04/2011 13:38

2.6. Schede e biologia delle specie ittiche

LAMPREDA DI MARE
Specie: Petromyzon marinus
Famiglia: Petromizontidi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo:
Stato demografico: pressoche scomparsa
Nome dialettale: lampreda
La distribuzione geografica è ampia e comprende entrambi i versanti della parte settentrionale dell’Oceano Atlantico. In Europa l’areale era ampio ed interessava tutte le coste e i principali corsi d’acqua dalla Scandinavia all’Adriatico, con il grosso della risalita riproduttiva nel Po, fino al Mar Nero e al Danubio (Ladiges -Vogt., 1986; Berg., 1962).
La specie è andata incontro a progressiva rarefazione durante il ‘900 e l’ultimo documento ufficiale che ne segnala la presenza in provincia di Ferrara risale al 1976 (Cavicchioli, 1976). È un pesce primitivo, dal corpo allungato, anguilliforme, con 7 aperture branchiali per lato. La bocca circolare si apre in posizione ventrale all’estremità anteriore del capo, il disco boccale è provvisto di numerose file concentriche di denti di grandezza diversa e la lingua a forma di stantuffo è anch’essa provvista di denti (Ladiges -Vogt., 1986). La lunghezza può superare i 90 cm e in casi eccezionali arrivare fino ai 2 kg di peso (Berg., 1962). La colorazione del dorso è di tipo marmorizzato nero su fondo grigio-verde, mentre il ventre è grigio-bianco.
Specie migratrice anadroma, occupa diversi tipi di ambiente durante il ciclo di vita, riproducendosi nei tratti medio alti dei corsi d’acqua, per svolgere la fase larvale nei tratti di medio e basso corso e completare il proprio sviluppo in mare, dopo la metamorfosi. In Italia, gli individui sessualmente maturi risalivano i principali corsi d’acqua tirrenici e adriatici per raggiungere acque ben ossigenate e fondali ghiaiosi e ciottolosi, dove maschi e femmine lavorano in coppia per formare una depressione sul fondale dove deporre i gameti, a temperature comprese tra 17 – 19 °C (Zerunian., 2004). Durante la migrazione gli animali cessano di alimentarsi e il loro apparato digerente si atrofizza; così divenuti incapaci di nutrirsi, muoiono subito dopo la riproduzione (Tortonese, 1956).
Dopo la schiusa le larve dette “ammoceti”, con fori branchiali ancora uniti e bocca non ancora rotonda ma a ferro di cavallo (Berg., 1962) vengono portate a valle dalla corrente e appena trovano un substrato fangoso, li vivono affossate per 4-6 anni, nutrendosi di microrganismi animali e vegetali (Sterba, 1962; Ladiges-Vogt, 1986). Raggiunta la lunghezza di 12 - 15 cm gli ammoceti completano la metamorfosi in adulto e con l’autunno migrano in ambiente marino. Durante la vita marina, le lamprede con il notevole ed estremamente specializzato apparato boccale, si attaccano al corpo di pesci ossei di taglia media (trote, salmoni, merluzzi, sgombri) ma anche ad altri vertebrati come squali e delfini provocando ulcere alla pelle per succhiarne il sangue (Ladiges -Vogt., 1986; Zerunian., 2004; Tortonese, 1956).



Distribuzione provinciale
La lampreda di mare è una specie ormai scomparsa dalle acque provinciali, un unico esemplare di maschio adulto della lunghezza di 71,2 cm e peso di 735,4 g è stato catturato accidentalmente con reti d’imbrocco a più di vent’anni dall’ultima segnalazione. Per maggiori dettagli sull’evento si rimanda al paragrafo 3.2.5. di questo documento.

STORIONE
Specie: Acipenser sturio
Famiglia: Acipenseridi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo:primavera
Stato demografico: attualmente non segnalato
Nome dialettale: sturion
Lo storione comune può raggiungere grosse taglie, fino a 3,5-4 m di lunghezza ed il peso di 2,5 q nel suo areale europeo ed orientale, mentre in Italia rimane di dimensioni inferiori, che raramente superano la lunghezza di 2 m ed il peso di 200 kg (Gandolfi et al., 1991). In generale rimangono scarse le conoscenze relative alle popolazioni italiane, data la difficoltà, alcuni decenni or sono, ora impossibilità di reperire individui. La specie migra dal mare verso le acque dolci di maggior portata per la riproduzione, risalendo i fiumi anche per centinaia di chilometri fino ai luoghi ideali per la deposizione. Caratteristica comune a tutti gli Acipenseridi è la frequenza della riproduzione, non annuale ma ogni 2-4 anni. I giovani scendono al mare dopo 2-3 anni dalla nascita, dove vi restano sino al raggiungimento della maturità sessuale: 9-10 anni per i maschi e 11-12 per le femmine. Gli storioni sono animali generalmente longevi, che possono superare i 40 anni di vita, ma nell’areale italiano non sono mai stati segnalati esemplari che oltrepassano i 25 anni.

STORIONE COBICE
Specie: Acipenser naccarii
Famiglia: Acipenseridi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo:primavera
Stato demografico: in pericolo/rare segnalazioni occasionali
Nome dialettale:copas, copse, cursin, spurzlina
Lo storione cobice, endemico del bacino del Mare Adriatico, in particolare delle coste settentrionali ed orientali, è caratterizzato da taglie inferiori rispetto agli altri Acipenseridi, raramente supera 150 cm e 30 kg. La biologia riproduttiva della specie è quasi sconosciuta; l’attività riproduttiva sembra essere massima nel periodo che va da maggio a luglio e coinvolge esemplari maturi di almeno 1 m di lunghezza. Per quanto riguarda la dieta, il cobice non si discosta dallo storione comune, comprendendo invertebrati bentonici, tra cui crostacei gammaridi, larve di ditteri ed oligocheti. Gli esemplari di dimensioni maggiori probabilmente si nutrono anche di pesci.

STORIONE LADANO
Specie: Huso huso
Famiglia: Acipenseridi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo:primavera
Stato demografico: attualmente non segnalato
Nome dialettale: ladan, colomba
Tra gli Acipenseridi lo storione ladano è la specie di maggiori dimensioni, potendo raggiungere i 6 m di lunghezza ad il peso di oltre 1000 kg. La biologia della specie è maggiormente nota per le popolazioni che vivono nell’areale esteso nel Mar Caspio e nel Mar Nero, mentre poco è noto per gli animali che vivevano nell’Adriatico e nel Fiume Po, visto anche il carattere di occasionalità delle segnalazioni di storione ladano nel bacino padano-veneto. Questa specie di storione già dalla taglia di 10 cm presenta una dieta a base di pesce, inclusi esemplari della stessa specie.

Distribuzione provinciale delle 3 specie di storioni
Nell’ultimo ventennio è stata evidenziata una situazione molto critica per le tre specie di storioni (Gandolfi et al., 1991; Zerunian, 2002), che si risolve nella quasi totale assenza delle specie nelle acque del tratto del Fiume Po che scorrono nella provincia di Ferrara.
Le cause della rarefazione degli storioni sono da attribuirsi in parte a ragioni biologiche ed in parte al degrado ambientale dovuto alle attività antropiche che hanno profondamente modificato gli ecosistemi fluviali: costruzione di dighe e sbarramenti che impediscono la rimonta del pesce compromettendone il successo riproduttivo; inquinamento delle acque, escavazione dei fondali e rinforzo degli argini, oltre che un’eccessiva pressione di pesca esercitata nei fiumi prevalentemente sulle forme giovanili in età pre-riproduttiva e nella fascia di costa sugli adulti. Questo rapido declino numerico, seguito dalla contrazione dell’areale di distribuzione, ha fatto includere le tre specie qui considerate nella Direttiva “Habitat” 93/43 CEE e nella Lista rossa dei Pesci d’acqua dolce che in Italia sono considerati in “pericolo critico”.
Frequenti nel bacino del Fiume Po fino agli anni ’70 del secolo scorso, lo storione comune e lo storione ladano sono oggi da considerarsi del tutto estinti. Per quanto riguarda le ultime segnalazioni di A. sturio nel bacino ferrarese si fa riferimento a catture risalenti a 15 anni fa, mentre per H. huso bisogna tornare indietro di 35 anni (Zerunian, 2002).
Nel corso di questo studio tra il,2005 e il 2008 Interviste a pescatori sportivi effettuate nel biennio 2003-2004, hanno
confermato rarissime catture di esemplari appartenenti alla specie A. naccarii, probabilmente dovute ai ripopolamenti effettuati dalla Regione Lombardia nel basso corso dell’Adda e del Ticino. Una cattura eccezionale di storione cobice di 117 cm e di 11,95 Kg è avvenuta nel 2006, durante il recupero della fauna ittica in occasione dello svuotamento del bacino di Berra. L’esemplare dopo essere stato pesato, misurato e controllato con il rilevatore di microcip è stato immediatamente caricato in vasca per poi essere trasportato presso il centro di stoccaggio in provincia di Treviso, per le ulteriori analisi. Sullo storione non è stata riscontrata la presenza di microcip e viste le dimensioni è possibile che si tratti di un individuo rilasciato in vecchia data o di un selvatico in età riproduttiva. Altre catture di storione sono state segnalate da pescatori sportivi che frequentano le rive del fiume nel tratto compreso tra Potelagoscuro ed Ariano. Purtroppo nessuno di questi esemplari è stato conferito in modo da essere sottoposto ad accertamenti; dalle informazioni ottenute risulta che nel periodo aprile-agosto 2007-08 siano stati catturati 5 esemplari, di taglie comprese tra i 1,5 e 11 kg di peso, tutti probabilmente appartenenti alla specie A. naccarii . Va segnalata, durante la prima decade di giugno 2008, la cattura di 3 esemplari di storione, intrappolati in reti a bertovello, utilizzate per la pesca delle anguille. Due esemplari al momento del controllo delle reti erano già morti, mentre un terzo è stato portato vivo presso il Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell’Università di Ferrara. La prima analisi morfologica dei tre esemplari ha evidenziato, con buona probabilità, che si tratti di un ibrido tra le specie A. naccari e Acipenser baerii.


ANGUILLA
Specie: Anguilla anguilla
Famiglia: Anguillidi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo: aprile-maggio
Stato demografico: in diminuzione
Nomi dialettali: anguila, bisàt, buratel
E’ un pesce di taglia medio-grande, con lunghezza totale delle femmine poco superiore ai 100 cm e un peso che può raggiungere i 2 kg. I maschi generalmente non superano in media i 50 cm di lunghezza e i 200 g di peso (Gandolfi et al., 1991). Possiede scaglie molto piccole e poco visibili a causa dell’abbondante muco che ricopre interamente il corpo. La colorazione è generalmente bruno scura con ventre giallastro negli adulti in fase di crescita (anguille gialle), e diviene quasi nera sul dorso e argentea sul ventre negli individui pronti per intraprendere la migrazione a fini riproduttivi (anguille argentine).
L’anguilla era una delle specie più comuni e diffuse nelle acque italiane, in relazione ad una ampia adattabilità a diverse condizioni ecologiche. E’ un organismo catadromo, che compie cioè la riproduzione in mare, mentre la fase di accrescimento viene svolta in acque dolci. Per riprodursi l’anguilla compie una lunga migrazione marina, si pensa fino al Mar dei Sargassi, nell’Oceano Atlantico, dove muore dopo la riproduzione, mentre le larve di pochi millimetri di lunghezza, dette ”leptocefali”, iniziano una lunga migrazione di oltre 6000 km verso l’Europa, dove arrivano allo stadio di “cieca”, per poi risalire i corsi d’acqua, fino ai torrenti di montagna, dove completano l’accrescimento. L’anguilla si muove nei fondali nelle ore crepuscolari-notturne e si alimenta prevalentemente di organismi macrobentonici (crostacei, gasteropodi, gamberi, larve di insetti, vermi), uova e pesci (Tesch, 1977). Specie di grande interesse commerciale per la pesca e l’acquacoltura estensiva ed intensiva, da qualche decennio è in forte contrazione numerica, sia per la frammentazione e l’alterazione degli habitat fluviali, la pressione di pesca esercitata sugli stadi giovanili, sia probabilmente per cause non del tutto note riguardanti anche gli ecosistemi marini.

Distribuzione provinciale
In passato segnalata abbondante in tutti i canali e fiumi del comprensorio provinciale, con densità notevolmente più alte in quelli prossimi ai comprensori delle Valli di Comacchio, Valle Nuova, Valle Bertuzzi e Valle Cantone. Specie di particolare interesse commerciale, oggetto di intensa attività di allevamento e pesca soprattutto nelle Valli di Comacchio. L’anguilla è presente oggi con valori di abbondanza mediamente scarsi o molto scarsii in tutti i canali del ferrarese, con una tendenza alla continua diminuzione. Oltre al Po, i canali in cui è ancora presente con popolazioni scarse sono il Po di Volano da Codigoro alla foce, il Canale Navigabile dal sostegno di Valle Lepri alla foce, il Canale Circondariale ed i collettori principali della Bonifica del Mezzano. La tendenza alla diminuzione evidenziata in tutta Europa è evidente anche nelle acque del ferrarese, dove può essere messa in relazione ad un ulteriore elemento di disturbo, la presenza invasiva del siluro d’Europa (S. glanis) e dalla predazione degli uccelli ittiofagi.



CHEPPIA o ALOSA
Specie: Alosa fallax
Famiglia: Clupeidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: aprile-maggio
Stato demografico: in forte diminuzione
Nomi dialettali: cepa
Pesce di taglia media che può superare i 50 cm di lunghezza. Il corpo è compresso in senso laterale, la testa a profilo triangolare triangolare termina con la bocca caratterizzata dalla mascella superiore incisa. Il colore del dorso varia tra il verde e l’azzurrro, mentre i fianchi argentei sono caratterizzati da fino a 8 macchie nere di grandezza divresa, degradanti dalla testa alla coda. La specie non presenta dimorfismo sessuale.
La cheppia è una specie pelagica, con abitudini gregarie; forma banchi numerosi, che risalgono il corso del fiume Po a partire dai primi di marzo per deporre le uova su fondali sabbiosi o ghiaiosi, e poi tornare in mare entro la fine di luglio. I giovani si alimentano di invertebrati planctonici e bentonici, mentre gli adulti, che nella risalita del fiume sospendono l’alimentazione, in mare si nutrono prevalentemente di crostacei e piccoli pesci. Come altre specie migratrici, la cheppia ha risentito delle opere di sbarramento che ne ostacolano i flussi migratori riproduttivi, limitando le potenzialità riproduttive della specie.

Distribuzione provinciale
La cheppia nel periodo riproduttivo risale i tratti terminali dei corsi d’acqua in comunicazione con il mare. Nel ferrarese è possibile trovarla, oltre che nel Po e nel Panaro, anche popolazioni di pochi individui nei canali di derivazione dal Po, soprattutto con esemplari di alcuni centimetri, nati nel Po e trasportati con le acque di derivazione nei principali canali adduttori della rete idrica ferrarese. Nei tratti terminali salmastri del Canale Navigabile e del Po di Volano, nel periodo primaverile-estivo, sono segnalate sporadiche catture di esemplari di taglia maggiore.

TRIOTTO
Specie: Rutilus erythrophtalmus
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo: maggio-giugno
Stato demografico: forte diminuzione
Nomi dialettali: triot
Pesce di piccola taglia, raramente supera i 20 cm di lunghezza e i 130 g di peso, valori raggiunti solo dalle femmine, mentre i maschi rimangono più piccoli. In generale l’accrescimento nelle acque del bacino del Po sembra essere più contenuto rispetto ad altre popolazioni italiane (Zerunian et al., 1986). Un carattere distintivo è il colore rosso più o meno acceso dell’occhio. Specie endemica della pianura padana, il triotto presenta aspetti tipici della biologia dei ciprinidi delle acque calde, a corso lento e ricche di vegetazione dei tratti terminali dei fiumi planiziali. Frequenta tipicamente le acque dolci e ha comportamento gregario. Si riproduce nella stagione primaverile (maggio-giugno) deponendo le uova sulla vegetazione del fondale (deposizione fitofila). La dieta è onnivora, con scarsa specializzazione alimentare, e comprende invertebrati, alghe e vegetazione acquatica.

Distribuzione provinciale
Il triotto è praticamente scomparso dal reticolo idrografico provinciale a causa della progressiva scomparsa dell’habitat rappresentato dalla vegetazione acquatica sommersa su cui compie tutto il ciclo vitale e da cui trae la risorsa alimentare (piccoli crostacei associati alla vegetazione acquatica), oltre che per la tendenza al decremento della concentrazione di ossigeno disciolto nelle acque di fondo. Negli utlimi tre anni di monitoraggio non è stata segnalata nessuna cattura, probabilmente qualche esemplare rimane ancora in piccoli canali irrigui di derivazione del Po di Volano, aventi ridotte sezioni e profondità, dove il siluro è pressoché assente la vegetazione è presente in alcuni tratti e le acque relativamente ossigenate.

CAVEDANO
Specie: Leuciscus cephalus
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo: maggio-giugno
Stato demografico: quasi scomparso
Nomi dialettali: cavdàn
Specie ampiamente diffusa in tutta la penisola italiana, è stanziale, gregaria nelle forme giovanili, solitaria e territoriale allo stadio adulto. Preferisce acque con corrente viva (reofilo), ma in luogo di una ampia valenza ecologica è capace di adattarsi alle più diverse condizioni. Nei fiumi con acque correnti e limpide lo si rinviene associato al barbo e alla lasca, ma è in grado di colonizzare bene anche laghi e l’intera asta fluviale, dal tratto pedemontano dei salmonidi fino alla foce. Un fattore importante che contribuisce a determinare la sua ampia valenza ecologica, è la dieta molto ampia, che comprende materiale vegetale, detriti di origine organica, invertebrati di vario tipo, ed anche insetti, soprattutto al passaggio dalla vita acquatica (sub imago) a quella aerea (imago); si nutre anche di piccoli pesci. Si riproduce in primavera deponendo le uova su fondali ghiaiosi (deposizione litofila). I maschi in questo periodo presentano piccoli tubercoli nuziali.
Il cavedano ha corpo slanciato e fusiforme, può raggiungere una lunghezza massima di circa 60 cm e peso di 4 kg (Muus & Daltrom, 1967). Il corpo è di colore grigiastro con riflessi metallici tendenti al bronzo-oro che degradano erso il bianco sui fianchi e sul ventre, le pinne sono di colore grigio scuro, mentre l’occhio è di colore argenteo.

Distribuzione provinciale
Ciprinide un tempo diffuso nel basso corso del Fiume Po e nei bacini ad esso più strettamente collegati oggi risulta quasi scomparso; rimane presente nel Po e nei suoi derivatori principali: il Canale delle Pilastresi che si immette nel Canale Burana, e più ad est il Derivatore Berra e il Canal Bianco.

TINCA
Specie: Tinca tinca
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo: maggio-luglio
Stato demografico: fortemente ridotta fino quasi alla scomparsa
Nomi dialettali: tènca
Pesce tipico dei tratti terminali dei fiumi planiziali e dei corpi d’acqua con fondale fangoso e abbondante vegetazione acquatica, che utilizza come rifugio, substrato per la deposizione delle uova, oltre che come area di svezzamento degli avannotti. A differenza della gran parte dei ciprinidi, la tinca presenta dimorfismo sessuale sulle pinne ventrali, evidente a partire dal secondo anno di età: i maschi hanno il primo raggio notevolmente più robusto e ingrossato, e raggiungono in lunghezza l’ano; al contrario, nelle femmine le pinne sono più corte e non si evidenzia il primo raggio ingrossato. La sua dieta è tipicamente onnivora e comprende piccoli invertebrati bentonici e principalmente quelli associati alle piante acquatiche, tra cui predilige crostacei e chiocciole d’acqua (Gandolfi et al., 1991). Si muove lentamente nelle ore crepuscolari e notturne; durante la stagione invernale è solita rimanere inattiva affossandosi nel limo del fondo. La specie presenta notevole resistenza agli sbalzi termici e alle carenze di ossigeno disciolto nell’acqua ed è considerata una specie, insieme alla scardola, che caratterizza gli ambienti dei ciprinidi limnofili a deposizione fitofila, quindi a fondale melmoso e ricchi di piante acquatiche radicate. Risulta inoltre di elevato interesse anche ricreativo e professionale; in particolare un tempo molto impiegata per l’allevamento di tipo estensivo nelle risaie in associazione con la carpa.

Distribuzione provinciale
La tinca nel comprensorio ferrarese ha sempre rivestito un ruolo importante per la pesca sportiva e di mestiere; attualmente è tra le specie più ariscio di scomparsa, secondo una una flessione già osservata da più di un ventennio. Le cause di questa forte diminuzione sono molteplici e tutte riconducibili alla scomparsa della vegetazione acquatica, che penalizza questa specie a vari livelli, sia riproduttivo, poiché la deposizione delle uova è effettuata sulle piante stesse (deposizione fitofila), sia alimentare, poiché gli animali di cui si nutre si trovano principalmente associati alle piante acquatiche. Inoltre la mancanza di vegetazione determina una destrutturazione spaziale dell’habitat, e la scomparsa di rifugi indispensabili per sottrarsi alla predazione da parte del siluro, su tutte le taglie, e degli uccelli ittiofagi sugli stadi giovanili. Pochissime sono le segnalazioni della sua presenza durante l’aggiornamento dell’ultima carta ittica provinciale, qualche esemplare risulta presente in piccoli corsi d’acqua della zona risicola di Jolanda di Savoia e nell’ultimo tratto del Po di Primaro in località Traghetto.

SCARDOLA
Specie: Scardinius erythrophthalmus
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo: maggio-luglio
Stato demografico: forte declino numerico e di taglia
Nomi dialettali: scardua, scardula
Per la colorazione e la forma del corpo piuttosto tozza la scardola può essere facilmente confusa con altri ciprinidi come il carassio, particolarmente negli stadi giovanili. Dal carassio si distingue bene per le scaglie più piccole e per la colorazione argentata con riflessi verdastri, che le conferisce un aspetto nettamente diverso da quello opaco giallognolo del carassio. La scardola, come la tinca, è una delle specie che caratterizza la zona dei ciprinidi a deposizione fitofila, dei fiumi di pianura con acque calde e lente, ricche di vegetazione e con fondale fangoso. Specie stanziale e gregaria, si riproduce in primavera deponendo le uova sulla vegetazione acquatica, dove il novellame resta dopo la schiusa per 3-10 giorni, fino alla consumazione del sacco vitellino. Attiva tutto l’anno, ha alimentazione di tipo onnivoro (piante acquatiche, alghe, zooplancton, crostacei, larve di insetti), che cattura prevalentemente a metà del corpo d’acqua e in superficie. In Italia è una delle specie ittiche maggiormente diffuse.

Distribuzione provinciale
La scardola risulta distribuita in modo puntiforme nella rete idrica ferrarese idrica del ferrarese, con densità e taglie molto più basse che in passato, probabilmente in relazione, come nel caso della tinca, il cambiamento ambientale ed in particolare l’intorbidimento delle acque ed alla concomitante rarefazione delle piante acquatiche radicate. In queste condizioni la scardola è stata sostituita da specie alloctone quali il carassio, il rodeo e l’abaramide, popolazioni di pochi individui rimangono ancora nel fiume Po, nel Po di volano nel Tratto tra Migliarino e Massafiscaglia, nel tratto terminale del Po di Primaro in località Traghetto ed in qualche canale irriguo nella zona tra Lagosanto e Massafiscaglia.

ALBORELLA
Specie: Alburnus alburnus alborella
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo: maggio-giugno
Stato demografico: in diminuzione
Nomi dialettali: alburela, psina, aquadèla
L’alborella è un ciprinide di piccole dimensioni, di lunghezza massima di 16 cm, e dalla forma del corpo slanciata. Viene spesso confusa con la pseudorasbora, una specie alloctona di recente introduzione, che negli ultimi quindici anni si è ampiamente diffusa nelle acque della provincia di Ferrara. Abbondante in tutta l’Italia, l’alborella ha uno spiccato comportamento gregario e frequenta regolarmente sia le acque correnti sia quelle lacustri, purché sufficientemente ossigenate e ricche di zooplancton (piccoli organismi difficilmente visibili ad occhio nudo che vivono sospesi e liberamente natanti nella massa d’acqua) che costituisce il suo principale alimento. La si rinviene spesso associata con le specie che caratterizzano la zona dei ciprinidi a deposizione fitofila, quali scardola e tinca. Normalmente circola nelle zone superficiali e di riva, cercando le maggiori profondità nella stagione invernale. Raggiunge la maturità sessuale a partire dal secondo anno e si riproduce in tarda primavera (maggio-giugno) in acque basse. Da un punto di vista ecologico l’alborella svolge un ruolo fondamentale nel funzionamento dell’ecosistema, costituendo una componente importante nella rete alimentare di trasferimento dell’energia dallo zooplancton (piccoli animali natanti invisibili ad occhio nudo) ai pesci predatori, quali persico reale, luccio, persico trota e lucioperca.

Distribuzione provinciale
La distribuzione territoriale della specie abbastanza ampia, essendo stata catturata in nella maggior parte dei canali monitorati , con abbondanze variabili a seconda del periodo dell’anno, ma generalmente molto più basse che in passato. La spiegazione della flessione di questa specie non è possibile senza entrare in una trattazione ecologica fine che va oltre le finalità di questo studio. In senso generale si può tuttavia affermare che è riconducibile all’aumentata torbidità in cui risulta premiato il suo principale competitore, la pseudorasbora ed il rodeo. Popolazioni numerose si trovano ancora nella Fossa Masi e nei canali di prima derivazione del Po di volano in sponda destra tra Focomorto e Tresigallo.



SAVETTA
Specie: Chondrostoma soetta
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo: aprile-maggio
Stato demografico: quasi scomparsa
Nomi dialettali: zueta, sueta
Specie di taglia media, normalmente non supera i 40 cm di lunghezza e il chilogrammo di peso. La savetta è una specie di notevole importanza conservazionistica, in quanto endemica della Pianura Padana. Predilige i tratti medio-bassi dei maggiori corsi d’acqua; presenta comportamento fortemente gregario, particolarmente nel periodo riproduttivo (aprile-maggio) quando risale il fiume alla ricerca dei siti ghiaiosi per la deposizione delle uova. Per la particolare conformazione della bocca, collocata in posizione ventrale, con il labbro inferiore rivestito da un ispessimento duro e tagliente, che utilizza nella ricerca del cibo, pascolando sul fondale. La sua dieta è composta prevalentemente da materiale vegetale e in minor misura anche animale (piccoli invertebrati bentonici) (Zerunian, 2002). Come altre specie a comportamento parzialmente migratorio, risente in maniera pesante della costruzione di sbarramenti e dighe lungo le aste fluviali. Questi interventi ne hanno determinato una notevole contrazione numerica e dell’areale di distribuzione.

Distribuzione provinciale
La specie sembra essere ormai scomparsa dai canali della provincia di Ferrara, pur non essendo mai stato un pesce ad ampia distribuzione geografica, ma confinato in gran parte nella zona più settentrionale della provincia, in quei canali cioè più vicini al corso principale del Fiume Po (Rizzo et al., 1997). Al presente, rare segnalazioni della presenza della savetta riguardano il Po, come confermato dal rinvenimento di quattro individui nel bacino di derivazione di Berra, in occasione del campionamento del settembre 2003.

BARBO EUROPEO *
Specie: Barbus barbus
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: maggio-luglio
Stato demografico: stabile numericamente, in aumento le taglie
Nomi dialettali: barb, barbi
Il barbo europeo è una specie alloctona, che caratterizza la zona dei ciprinidi reofili, ovvero il tratto medio-superiore dei fiumi planiziali, con acque correnti limpide e ben ossigenate, con fondo ghiaioso e sabbioso; nel tratto più a valle può essere rinvenuto anche in acque moderatamente torbide. Perlustra il fondale, muovendosi in gruppo, alla ricerca di cibo, costituito in prevalenza da macroinvertebrati bentonici (larve di insetti e crostacei), che individua facilmente grazie ai barbigli. Raggiunge la maturità sessuale attorno ai 2-3 anni nel maschio e 3-4 anni nella femmina (Gandolfi et al., 1991). Tra maggio e giugno gli adulti risalgono i corsi d’acqua per accoppiarsi e deporre le uova in tratti del fiume a fondo ciottoloso e ghiaioso, con media profondità. Anche nel tratto ferrarese del Po questa specie ha occupato la nicchia del barbo autoctono (Barbus plebejus), scomparso da almeno vent’anni. Le due specie si differenziano a colpo d’occhio per la colorazione delle pinne, che nel barbo europeo sono di colore grigio-verdastro, con una leggera tonalità rossastra verso il margine esterno, mentre in quello autoctono le pinne sono di un deciso color rosso.


Distribuzione provinciale
La specie è abbondantemente presente nel Fiume Po in continua espansione demografica, mentre nella rete di canali non si evidenziano popolazioni consistenti, ma solo ritrovamenti a carattere sporadico nel Canal Bianco, nel Canale delle Pilastresi, nel Condotto di Berra e nel Canale Nord Sud (presso Le Contane) ad indicazione che l’espansione di questa specie può riguardare quasi unicamente i canali irrigui, anche con alveo completamente in cemento.

CARASSIO DORATO*
Specie: Carassius auratus
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: maggio-giugno
Stato demografico: stabile
Nomi dialettali: bastàrd, schiciòn, gubàz
Il carassio generalmente non supera la lunghezza di 35-40 cm. Ad una osservazione frettolosa, la pinna dorsale ben sviluppata in lunghezza e la forma tozza del corpo lo possono far confondere con la carpa, dalla quale invece si distingue soprattutto per l’assenza di barbigli ai lati della bocca. La differenza tra i sessi si rende evidente solo durante il periodo riproduttivo, quando i maschi si ricoprono di tubercoli nuziali, soprattutto sugli opercoli lateralmente agli occhi (Gandolfi et al., 1991). Il carassio predilige acque limacciose o comunque tendenzialmente torbide a lento decorso, calde e con fondo melmoso, ambienti elettivi anche per la carpa, con la quale presenta una netta sovrapposizione oltre che spaziale anche alimentare, con una dieta di tipo onnivoro e detritivoro. Ancor più della carpa mostra caratteristiche di estrema resistenza e adattabilità in condizioni estrme di acque fortemente inquinate o con basse concentrazioni di ossigeno. Queste caratteristiche hanno reso vincente il carassio, che nell’ultimo trentennio si è espanso colonizzando con popolamenti stabili canali fortemente impattati da scarichi organici ed in generale sostituendo progressivamente scardola e triotto, quest’ultimo scomparso, in Provincia di Ferrara come in generale in tutta la bassa padana.

Distribuzione provinciale
E’ una delle specie di ampia diffusione provinciale, con una distribuzione delle taglie relativamente omogenea nei canali a sezione minore, mentre in quelli maggiori sono state riscontrate solamente le taglie maggiori, a probabilmente in relazione alla maggiore predazione da parte del siluro, più abbondante in questi ultimi. Negli ultimi anni il carassio ha evidenziato un progressivo calo numerico, probabilmente dovuto alla costante pressione predatoria esrcitata dal siluro e dall’esplosione demografica dell’abramide, che è sicuramente il suo maggior competitore alimentare.

CARPA *
Specie: Cyprinus carpio
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo: maggio-giugno
Stato demografico: stabilmente abbondante
Nomi dialettali: goba, gob, rinat
La carpa è una specie molto longeva, con esemplari che possono raggiungere i 20 anni di età e dimensioni corporee cospicue fino al metro di lunghezza e 30 kg di peso. L’aspetto negli esemplari di piccola taglia (fino a 30-35 cm circa) è simile a quello del carassio, dal quale si distingue bene per la presenza dei quattro barbigli. Le due specie danno origine spesso ad ibridi che si riconoscono per avere un solo paio di barbigli. Il fenotipo di più ampia diffusione è quello selvatico, detto anche “carpa regina”, con scaglie distribuite in modo omogeneo sul tutto il corpo. Esistono inoltre diverse varietà selezionate in allevamento, che si differenziano per la numerosità, la dimensione e la distribuzione delle scaglie. Nella “carpa a specchi” le scaglie sono più grandi e ricoprono solamente il dorso e il ventre, mentre nella varietà “nuda” le scaglie sono quasi del tutto assenti. (Gandolfi et al., 1991; Zerunian, 2002).
La carpa, associata alla tinca e alla scardola, caratterizza la zona dei ciprinidi limnofili. Si tratta infatti di un pesce amante delle acque calde e lente a fondale fangoso. Tipiche dei tratti terminali dei corsi d’acqua, dei canali di bonifica e delle acque stagnanti, la carpa presenta regime alimentare di tipo onnivoro, comprendendo materiale vegetale, detrito e invertebrati bentonici (molluschi, anellidi) che ricerca sul fondale aiutandosi con le due paia di piccoli barbigli posti ai lati della bocca, che è carnosa e protrattile. La riproduzione avviene in primavera (maggio-giugno) e le uova vengono deposte sulla vegetazione acquatica (deposizione fitofila). Specie originaria dell’Europa e dell’Asia orientali, è stata introdotta in Europa occidentale in epoca romana; dove si è ampiamente acclimatata, colonizzando gli ambienti di pianura con acque a corso lento o stagnanti. Ad oggi viene considerata specie para-autoctona della fauna ittica italiana, costituendone una delle specie maggiormente diffuse. E’ specie di notevole interesse per la pesca sportiva, tanto da giustificarne semine, effettuate spesso con materiale di pronta pesca in occasione di manifestazioni agonistiche.

Distribuzione provinciale
Oggi la carpa con una distribuzione pressoché uniforme in tutto il comprensorio ferrarese, è la specie ittica meglio adattata, con valori di abbondanza più elevati e con una vastissima gamma di taglie. Dai dati ottenuti in questo ultimo studio, in accordo con i dati contenuti nell’ultima carta ittica della regione Emilia-Romagna per le acque della zona B in provincia di Ferrara, la specie viene segnalata in quasi tutti i corsi d’acqua monitorati con valori d’abbondanza che vanno dal abbondante a dominante In particolare in quelli di maggior sezione, come il canale Circondariale, il Po di Volano, il Canal Bianco, il Collettore Acque Alte e il canale della Giralda, negli ultimi hanni si è assistito ad un incremento notevole della popolazioni, soprattutto di individui adulti di taglia ragguardevole mediamenmte superiore ai 5 kg .

BLICCA *
Specie: Abramis bjoerkna
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: maggio-giugno
Stato demografico: in aumento
Nomi dialettali:
A prima vista la blicca è molto simile all’abramide (Abramis brama), da cui si distingue però per il colore delle pinne pettorali e pelviche, che sono rossastre con le punte grigie, e per una minore, quasi impercettibile secrezione di muco. Un’altra peculiarità della blicca è la dimensione degli occhi, grandi e con un diametro pari alla lunghezza del muso o addirittura maggiore. La crescita è lenta e gli animali raggiungono comunemente dimensioni di 20-30 cm di lunghezza totale ed un peso massimo di 500 g (Sterba, 1962; Muus & Dahlström, 1970).
La blicca si incontra di frequente nel corso inferiore dei fiumi con acque dal corso lento e stagnante e nei laghi di pianura con acque basse e calde ed una fitta vegetazione, fra la quale trova larve di insetti, vermi e piccoli gasteropodi, che costituiscono la principale fonte di cibo, assieme alla componente planctonica. La maturità sessuale viene raggiunta al terzo o quarto anno di vita ed il periodo riproduttivo si svolge in maggio-giugno, attraverso una deposizione fitofila. Durante il periodo di fregola i maschi si coprono di tubercoli nuziali sul capo e sulla parte anteriore del corpo.

Distribuzione provinciale
La blicca è una specie alloctona di recente introduzione, segnalata in Italia per la prima volta da Confortini et al. (1993) nel Lago di Ledro in Provincia di Trento, ed in seguito da Chiozzi (1995) in una lanca del basso corso dell’Adda. L’ingresso della specie anche nelle acque interne della provincia di Ferrara è stata documentata da Castaldelli et al. nel 2004; il numero esiguo degli esemplari rilevati e la distribuzione discontinua delle catture, ad oggi non permettono di esprimersi con certezza riguardo l’origine degli esemplari catturati e l’espansione della specie nel ferrarese. Tuttavia, si può ugualmente osservare che i canali minori in cui la blicca è stata catturata derivano acqua tramite sifoni dal Po di Volano, a monte del Sostegno di Tieni (Codigoro) e dal Canale Navigabile Migliarino-Porto Garibaldi. Di fatto, le due aste sono collegate direttamente, in quanto il Canale Navigabile, nell’attuale gestione idraulica, rappresenta il proseguimento del Po di Volano, ricevendone la maggior parte della portata, senza presenza di sbarramenti o altri impedimenti alla libera movimentazione della fauna ittica (Spinelli et al., 1996). Anche il Po di Primaro, altro sito di cattura della blicca, è direttamente collegato al Po di Volano. Un’ipotesi plausibile è quindi che questa specie sia entrata dal Fiume Po tramite la presa delle Pilastresi (Bondeno) e quindi nell’asta Burana-Volano-Navigabile.

ABRAMIDE *
Specie: Abramis brama
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: maggio-giugno
Stato demografico: stabile
Nomi dialettali: brem, brema.
L’abramide è un pesce di taglia medio-grande, che può raggiungere i 60 cm di lunghezza e i 3 kg di peso. (Gandolfi et al., 1991). E’ originaria dell’Europa centro-settentrionale ed orientale e dell’Asia occidentale, dove è ampiamente distribuita. L’habitat di elezione dell’abramide è quello delle acque a lento decorso dei fiumi di pianura o dei laghi di pianura. Gli adulti raggiungono la maturità sessuale a 3-5 anni. Nel periodo riproduttivo si manifesta il dimorfismo sessuale con la comparsa dei tubercoli nuziali nel maschio; in entrambi i sessi la base delle pinne assume una colorazione rossastra La riproduzione avviene da maggio a giugno e le uova vengono deposte sulla vegetazione sommersa in acque poco profonde o attaccate alle sponde. Si alimenta di piccoli organismi vermiformi di fondali ricchi di sostanza organica, che cattura utilizzando la bocca protrattile per “soffiare” in modo da mettere allo scoperto le proprie prede. Si tratta quindi di una specie con comportamento alimentare simile al carassio ed alla carpa, con i quali è possibile si inneschino fenomeni di competizione alimentare.

Distribuzione provinciale
L’abramide è una specie alloctona presente in Italia da circa 20 anni, diffusasi nel territorio ferrarese in modo omogeneo ed in continua esplosione demografica, soprattutto nei canali in collegamento diretto con il Fiume Po e di ampia sezione come il canale Circondariale. Il successo dell’abramide alla base dell’ampia diffusione, così come per la carpa, trova ragione nella capacità maggiore di sfuggire alla predazione del siluro e di utilizzare al meglio le risorse alimentari disponibili nei canali ferraresi: in buona sostanza detrito di origine fitoplanctonica ed organismi ad esso associati, principalmente chironomidi ed oligocheti, di cui al presente sono ricchi i fondali dei canali di bonifica.

RUTILO *
Specie: Rutilus rutilus
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: aprile-giugno
Stato demografico: occasionale
Nome comune: gardon
Pesce di dimensioni medio-piccole, generalmente non supera i 25 cm di lunghezza totale e i 200 g di peso. Per la morfologia e le piccole dimensioni, il rutilo è facilmente confondibile con altri ciprinidi del genere Rutilus, triotto e rovella, ma anche con la scardola, dalla quale si distingue facilmente osservando l’inserzione della pinna dorsale, posta esattamente al di sopra dell’origine delle pinne ventrali. Il rutilo ha l’occhio rosso, ma si distingue bene dal triotto per l’assenza della banda scura laterale. Il rutilo, ciprinide a diffusione eurasiatica, è stato introdotto in Italia per motivi alieutici da circa quindici anni, come confermato dalla sua presenza nelle acque della Regione Emilia-Romagna già a partire dal 1987 (Melotti & Resta, 1987) e dal 1989 in quelle piemontesi (Delmastro & Balma, 1990). E’ specie tipica delle acque lente e calde di pianura, perciò si adatta bene ai canali di bonifica. Pesce di abitudini gregarie, stanziale, compie parziali spostamenti nel periodo riproduttivo. Non predilige ambienti particolari, anche se nella stagione invernale frequenta maggiormente le acque profonde. Come altri ciprinidi a deposizione fitofila, si riproduce in primavera quando l’acqua supera i 10 °C. La sua alimentazione è onnivora e comprende materiale vegetale, larve di insetti acquatici, vermi, crostacei, molluschi gasteropodi.

Distribuzione provinciale
Il rutilo era stato indicato negli anni passati dai pescatori sportivi nel Canale Boicelli, nel Canale Emiliano Romagnolo e nel Cavo Napoleonico. Durante gli ultimi campionamenti del è stato segnalato inoltre nel bacino di derivazione irrigua dal Po in località Berra nel Po di Primaro in località Traghetto ed in alcuni corsi d’Acqua irrigui della zona compresa tra Ostellato e Comacchio.

RODEO AMARO *
Specie: Rhodeus sericeus
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: aprile-maggio
Stato demografico: in forte aumento
Nomi dialettali: rodeo
È un pesce di piccola taglia (circa 7-8 cm di lunghezza massima) dal corpo alto con dorso gibboso. Il rodeo amaro, di colore scuro sul dorso e bianco rosato sul ventre, si riconosce facilmente per la pinna anale rossastra e una caratteristica striscia scura verde azzurra sulla zona caudale. Durante la stagione riproduttiva questi colori nei maschi sono molto più accentuati, mentre le femmine si riconoscono per avere un lungo ovopositore estroflesso.
Ciprinide alloctono originario dell’Europa centrale e dell’Asia orientale (Holĉík et al., 1989). In Italia è stato segnalato, per la prima volta nel Menago, un fiume del veronese, nel 1990 (Confortini, 1990) e successivamente nel Canal Bianco in Provincia di Rovigo e nella provincia di Ferrara (Rizzati et al., in preparazione). Specie di abitudini gregarie; vive in fiumi e canali con fondo fangoso dove trova piccoli invertebrati di cui si nutre. La riproduzione della specie avviene sempre in presenza di molluschi bivalvi del genere Unio; la femmina depone le uova all’interno del mollusco mediante l’ovopositore, il maschio emette lo sperma nelle vicinanze, il quale viene inalato dal mollusco attraverso il sifone. Dopo lo sviluppo embrionale, compiuto all’interno del bivalve, i piccoli nati fuoriescono dal sifone esalante.

Distribuzione provinciale
Presenta ampia distribuzione in tutta la provincia, specialmente nei canali di media e piccola sezione. Popolazioni numerose si segnalano nel Canal Bianco e nella Fossa dei Masi e Fossa Gattola; la specie sembra essere in continua espansione.


PSEUDORASBORA *
Specie: Pseudorasbora parva
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: aprile-giugno
Stato demografico: stabile
Nomi dialettali: rasbora, cefalino di valle
La pseudorasbora è un pesce di piccole dimensioni (circa 10 cm di lunghezza massima). La livrea presenta una banda laterale scura ed evidenti riflessi azzurro-argentato nel dorso e nella zona laterale superiore, tanto da farle assumere per la somiglianza il nome dialettale di “cefalino di valle”. La pseudorasbora può confusa con l’alborella; tuttavia, ad un’osservazione più attenta, le due specie sono facilmente riconoscibili. E’ originaria dell’Asia orientale e fu introdotta accidentalmente nel basso corso del Danubio negli anni 60, da cui si è estesa all’Europa centro-orientale. In Italia è stata segnalata per la prima volta nella bassa pianura emiliana alla fine degli anni ottanta (Sala & Spampanato, 1990), ma si è rapidamente diffusa in tutta la pianura padano-veneta, tanto da risultare una specie pressoché infestante. Nella vicina Provincia di Rovigo è risultata abbondante ed ancora in espansione numerica (Turin et al., 1999). Ancora poco si conosce della biologia di questo piccolo ciprinide, che sembra avere una ampia valenza ecologica ed in grado di riprodursi già dal primo anno di vita. La dieta basata principalmente sul detrito e sui piccoli invertebrati bentonici ad esso associati, quali oligocheti e chironomidi, così come per abramide, carassio e carpa, caratteristica che la rende vincente nei confronti della autoctona alborella, che al contrario si nutre di piccoli organismi plantonici, tipici di acque limpide e ben ossigenate.


OFFLINE
Post: 243
Città: CODIGORO
Età: 37
Web Master FF
Presidente dell'FF
19/04/2011 13:40

Distribuzione provinciale
Introdotta alla fine degli anni ottanta, la pseudorasbora si è rapidamente diffusa nel territorio ferrarese, raggiungendo anche valori di abbondanza particolarmente elevati, ormai di molto superiori a quelli dell’alborella. Nel corso del programma di monitoraggio è stata catturata in tutti i siti; le popolazioni più abbondanti sono state evidenziate nel Canal Bianco, nel Canale Circondariale e nel Po di Volano e tutti i suoi derivatori.

CARPA ERBIVORA *
Specie: Ctenopharyngodon idellus
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: maggio-giugno nell’areale di origine; in Italia non sono stati documentati eventi riproduttivi.
Stato demografico: stabile
Nome comune: amur
Specie originaria della Cina meridionale e del bacino dell’Amur, legata alle acque stagnanti o a corso molto lento, nei canali di bonifica ferraresi ha trovato un ambiente con caratteristiche idonee alla sopravvivenza, anche se rimane incapace di completare con successo il ciclo riproduttivo. Presenta dimensioni fino a più di 1 m di lunghezza e 30 kg di peso, con corpo allungato e fusiforme, rivestito di grosse scaglie, con una bocca ampia e priva di barbigli. La carpa erbivora è stata introdotta negli Stati Uniti e in numerosi paesi d’Europa, tra cui in Italia, circa vent’anni fa. Ama le acque lente e calde di pianura, ricche di vegetazione. Per la sua dieta di tipo esclusivamente erbivoro viene spesso immessa nei canali di bonifica per attuare il diserbo biologico; le forme giovanili si nutrono inizialmente di zooplancton ma passano presto a nutrirsi di piante acquatiche che rappresentano l’esclusiva fonte di cibo per gli adulti. Trattandosi di un pesce che raggiunge cospicue dimensioni, popolazioni di una certa densità possono determinare effetti di pressione di pascolo tali da arrivare alla completa ripulitura del canale ed impedire la ricrescita di tutte le essenze vegetali. Per tale ragione, la presenza di questo ciprinide determina un impatto estremamente negativo sui pesci indigeni, in particolare sulle specie ittiche che trovano rifugio tra la vegetazione (luccio) o che si alimentano di invertebrati associati alla vegetazione stessa (tinca, triotto, scardola) e abbatte il successo riproduttivo di quei ciprinidi che necessitano di un substrato vegetale su cui deporre le uova (carpa, tinca, scardola, ecc.) (Melotti & Resta, 1989). In Italia la specie non si riproduce in ambiente naturale e la sua presenza è strettamente dipendente da continue immissioni.

Distribuzione provinciale
La distribuzione della carpa erbivora in provincia di Ferrara interessa principalmente i canali maggiori dove è presente una fascia di vegetazione riparia, con esemplari di notevoli dimensioni; in alcuni casi la sua presenza ha contribuito alla rarefazione ed alla scomparsa di vegetazione acquatica con pesanti conseguenze sulle specie. Per maggiori dettagli sulla distribuzione e status della specie nelle acque provinciali si rimanda al paragrafo 2.3.3. di questo documento

CARPA ARGENTATA * e CARPA TESTA GROSSA*
Specie: Hypophthalmichthys molitrix e Hypophthalmichthys nobilis
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: non si riproduce nelle nostre acque
Stato demografico: segnalazioni in aumento
Nome dialettale: testolovic, temolo russo
Specie originarie della Cina meridionale e del bacino dell’Amur, legata alle acque stagnanti o a corso molto lento, nei canali di bonifica ferraresi hanno trovato un ambiente con caratteristiche idonee alla sopravvivenza, anche se rimangono incapaci di completare con successo il ciclo riproduttivo. Gli esemplari introdotti si accrescono rapidamente e possono vivere fino a oltre vent’anni, basando la propria alimentazione essenzialmente sulle alghe microscopiche in sospensione. La carpa testa grossa ha corpo il corpo sviluppato in altezza e compresso lateralmente,la testa è grande con la regione dorsale ampia e appiatttita. Il colore varia dal giallastro sul dorso all’argento sui fianchi e sul ventre. È un pesce di taglia grande che può raggiungere il metro di lunghezza e superare 8 kg di peso.
La carpa argento è molto simile alla carpa testa grossa, differisce da questa per la presenza di macchie irregolari brune sul corpo, ha la superficie dei denti faringei levigata e raggiunge dimensioni maggiori, dopo soli 5 anni si possono avere esempalri intorno ai 15 kg di peso.

Distribuzione provinciale
Diffuse naturalmente in oriente, ma da almeno una ventina d’ anni si hanno segnalazioni della presenza di questa specie anche in Italia, in particolare nelle acque della Pianura Padana e quindi anche della provincia di Ferrara. La presenza di popolamenti di carpa argentata e carpa testa grossa sono legate ad immissioni che, a differenza della carpa erbivora (Ctenopharyngodon idellus) sembrano di carattere del tutto accidentale. Gli esemplari recuperati durante le operazioni di monitoraggio della fauna ittica provinciale segnalano una presenza territoriale fortemente legata ai cosrsi d’acqua di maggior sezione, come il collettore Acque Alte, Il Po di Volano, il canale S. Antonino, il condotto S. Nicolò-Medelana e il canl Nuovo di Baura, dove le nuerosità degli individui risultano elevate.

ASPIO *
Specie: Aspius aspius
Famiglia: Ciprinidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: aprile-giugno
Stato demografico: stabile-aumento
Nomi dialettali: aspi
L’aspio presenta un corpo allungato e compresso lateralmente, con ampie pinne e coda, appuntite alle estremità, di livrea rosata o scura, variabilmente con il periodo dell’anno e con il tipo di fondale. La bocca è ampia e rivolta verso l’alto, con la mandibola che sorpassa la mascella, caratteristica tipica di un predatore. Si tratta infatti dell’unico ciprinide europeo esclusivamente carnivoro, con alimentazione rivolta a piccoli pesci, crostacei e larve di insetti (Sterba, 1962; Muus & Dahlström, 1970, Ladiges & Vogt, 1986). L’areale di origine dell’aspio è molto ampio, coincidente con l’Europa centro-orientale, dal fiume Elba sino all’Ural, dalla Norvegia, ad est di Oslo, e dalla Svezia e Finlandia meridionali verso sud fino alle Alpi, nella regione del Danubio e sino al Mar Caspio. Vive nel tratto centrale dei fiumi di pianura, arrivando sino alle acque salmastre; predilige le acque correnti, dove caccia in banchi costituiti da individui giovani, sino ad un chilogrammo; da adulto perde il comportamento gregario e frequenta acque più profonde. Nell’areale di origine, può raggiungere una lunghezza di poco meno di un metro ed un peso di oltre 8 kg. Nel bacino padano, ed in particolare in Po, è ipotizzabile il superamento di tali dimensioni. In questo fiume, infatti, un altro alloctono predatore, Silurus glanis, proveniente dallo stesso areale, in luogo delle più alte temperature ha evidenziato tassi di crescita maggiori rispetto alle zone di origine (Rossi et al., 1992). La maturità sessuale è raggiunta al quarto o quinto anno di vita ed il periodo riproduttivo coincide con i mesi di aprile e maggio, in acque correnti con substrato sabbioso o ghiaioso (Sterba, 1962; Blanc et al., 1971; Lelek, 1987).


Distribuzione provinciale
In Italia, la presenza dell’aspio è stata segnalata nel 2002 in provincia di Piacenza ed in particolare nel Po, ambito geografico in cui la specie viene considerata in aumento demografico (Maio et al., 2003), nel tratto modenese del Po e nel basso corso del Mincio (Sala et al., 2000).
Oltre al corso del Po, nella provincia di Ferrara l’aspio è presente nei principali canali irrigui, in particolare nei tratti prossimi alle maggiori opere di derivazione di Pilastresi (Bondeno) e di Berra. Le caratteristiche di questi corsi d’acqua (elevata corrente, ossigenazione costante, relativa limpidezza delle acque) richiamano quelle del Po ed in generale dei grandi fiumi del piano da cui questa specie proviene. Nel tratto ferrarese del Po e nei citati canali, l’aspio è probabilmente in aumento sia per le taglie sia per le densità, mentre con buona approssimazione si può immaginare che non colonizzerà la rimanente e maggior parte dei canali provinciali fintanto che permarranno le attuali condizioni di torbidità Per maggiori dettagli sulla distribuzione e status della specie nelle acque provinciali si rimanda al paragrafo 2.3.4.. di questo documento

MISGURNO (cobite di stagno orientale) *
Specie: Misgurnus anguillicaudatus
Famiglia:Cobiti
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: aprile-ottobre
Stato demografico: segnalato
Nome dialettale:
Corpo allungato, cilindrico, a sezione trasversale ellittica, lateralmente compresso in direzione antero-posteriore. Testa relativamente piccola. Bocca piccola in posizione subterminale. Cinque paia di robusti barbigli tattili. Livrea estremamente variabile. Il colore di fondo va da una appariscente tinta metallica al marrone opaco, scura sul dorso, progressivamente più chiara sui fianchi, fino a diventare molto chiara sulle parti inferiori. Alcuni esemplari maculati su tutte le parti superiori e sulle pinne, altri sono privi di macchie. Specie potenzialmente infestante, la diffusione in Europa si deve probabilmente all'immissione in acque libere di individui da acquario divenuti troppo grandi per rimanere in cattività. È una specie bentonica ad ampia valenza ecologica, tipica di acque ferme o a corrente lenta, con substrato molle prevalentemente fangoso. In Asia è diffusa sia in grandi laghi e fiumi, sia in corsi d'acqua di portata esigua. Frequente in paludi, stagni, canali e risaie. Poco esigente rispetto alla qualità dell'acqua. Gli esemplari di questa specie, sono in grado di sopportare periodi di siccità sepolti nel fango umido. L'alimentazione è composta principalmente da microinvertebrati ed invertebrati bentonici (insetti e larve d'insetto, vermi, crostacei e molluschi), alghe ed altri elementi di origine vegetale. A seconda delle condizioni climatiche, la riproduzione avviene da aprile a giugno, con temperature dell'acqua superiori a 20 °C.
La dimensione media degli esemplari di questa specie si aggira intorno ai 15.

Distribuzione Provinciale
Le segnalazioni di questo pesce per ora rimangono sporadiche e legate esclusivamente al fiume Po e molto frammentarie. Sarebbe opportuno approfondire e raccogliere maggiori informazioni e dati sulla distribuzione di questa specie nelle acque provinciali.

SILURO *
Specie: Silurus glanis
Famiglia: Siluridi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: maggio-settembre
Stato demografico: stabile
Nomi dialettali: silur
Il siluro è il più grande predatore delle acque dolci in Europa, essendo in grado di raggiungere dimensioni cospicue fino a 3-5 m di lunghezza in casi eccezionali, e 2-3 quintali di peso (Gandolfi et al., 1991). Il siluro è una specie originaria dell’Asia occidentale e dell’Europa centro-orientale, e solo negli ultimi 20-30 anni, conseguentemente all’allevamento e/o alla pesca sportiva, è stato introdotto in numerosi paesi dell’Europa occidentale, tra cui l’Italia. Inizialmente allevato per scopi commerciali, si è diffuso negli anni ’80 in maniera preoccupante in tutto il bacino del Po, al punto da giustificare programmi di contenimento della specie.
Predatore voracissimo e di carattere aggressivo, questa specie predilige le acque lacustri o a lento decorso. Vive in vicinanza del fondale, dove trascorre le ore diurne nascondendosi nei rifugi o infossandosi parzialmente nel fango. Il siluro nel corso del suo accrescimento modifica le abitudini alimentari, passando da una dieta essenzialmente planctivora nella fase postlarvale, ad una onnivora nell’età giovanile, sviluppando infine, una generale tendenza all’ittiofagia allo stadio adulto (Rossi et al., 1991). Gli individui più grandi, inoltre, possono nutrirsi occasionalmente anche di anfibi, piccoli mammiferi roditori e uccelli acquatici. Il siluro si riproduce a temperature non inferiori ai 20 °C. Nelle acque del fiume Po gode di un favorevole regime termico manifestando ritmi di accrescimento tra i più alti riscontrati per questa specie e una stagione riproduttiva molto lunga. Inoltre, nelle generalizzate condizioni di torbidità legate al massivo sviluppo di alghe microscopiche (fitoplancton) il siluro, predatore adattato a cacciare al buio, può prolungare oltre le ore notturne il periodo utile per la caccia.

Distribuzione provinciale
L’indagine e i campionamenti hanno confermato la presenza infestante del siluro in tutto il reticolo idrografico, con abbondanze notevoli, tali da eleggerlo a predatore di gran lunga dominante e con una biomassa quasi pari a quella della specie più abbondante, la carpa.
Per maggiori dettagli sulla distribuzione e status della specie nelle acque provinciali si rimanda al paragrafo 2.3.5. di questo documento.

PESCE GATTO *
Specie: Ictalurus melas
Famiglia: Ictaluridi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: aprile-luglio
Stato demografico: in debole ripresa
Nomi dialettali: pesgat, bafi ,bafiona, zalon
Il pesce gatto è una specie nordamericana introdotta in Italia nei primi anni del secolo, dove si è diffusa diventando una tra le specie più ricercate dai pescatori sportivi ed è oggetto anche di allevamento intensivo. Tipico di acque lente o stagnanti, ricche di vegetazione acquatica con fondale fangoso dove si infossa durante la stagione fredda è capace di grande adattabilità e in grado di vivere in acque poco ossigenate. Nei fiumi tende a localizzarsi in prossimità delle rive nelle lanche e nei rami morti mentre negli stagni e nei canali di bonifica è facile trovarlo in prossimità di piante acquatiche, radici o rami sporgenti. Predatore particolarmente attivo nelle ore serali e notturne, localizza le sue prede con le numerose papille gustative situate sui barbigli e sul corpo. La dieta è costituita da un’ampia gamma di animali: dalle larve di insetti, crostacei, molluschi, a uova di pesci e avannotti. E’ una specie relativamente prolifica che si riproduce in tarda primavera quando le acque raggiungono una temperatura di circa 20-21 °C. Tra la vegetazione o sotto qualche riparo sommerso, la femmina scava una buca poco profonda dove depone, in un'unica massa gelatinosa di uova color crema e di 3 mm di diametro. Le uova si schiudono in pochi giorni e i giovani nuotano in fitti sciami formando la caratteristica “nuvola” nera, che viene sorvegliata dal maschio sino a quando gli avannotti non raggiungono i 2-3 cm di lunghezza (Gandolfi et al., 1991).

Distribuzione provinciale
Il pesce gatto è sempre stato largamente distribuito su tutta la rete idrica con popolazioni più o meno numerose. Nel corso degli anni 90 è stato registrato un calo costante dovuto probabilmente a vari fattori, tra cui il progressivo degrado degli habitat sia riproduttivi sia di sverno, l’aumento della predazione da parte di uccelli ittiofagi sugli stadi giovanili e del siluro su tutti gli stadi. A questi si aggiungono probabilmente le parassitosi portate da altri siluriformi di recente acquisizione per la pesca sportiva in laghetti. I recenti campionamenti hanno evidenziato una flebile ripresa della specie, soprattutto in canali a sezione ridotta, con minima presenza di vegetazione acquatica e che durante il periodo invernale mantengono un livello minimo per la sopravvivenza della specie, anche di soli 20-30 cm di profondità, sufficienti in quanto gli esemplari di tutte le taglie indistintamente si infossano completamente. Ad esempio, frequentemente sono stati rinvenuti esemplari di taglia media di circa 30 g nel comprensorio di Lagosanto, di Anita, di Portomaggiore, nel tratto terminale del Po di Primaro e in alcuni scoli nella zona ad est di Ferrara fino a Ostellato e Comacchio.

PESCE GATTO PUNTEGGIATO *
Specie: Ictalurus punctatus
Famiglia: Ictaluridi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: maggio-luglio
Stato demografico: stabilmente poco abbondante
Nomi dialettali: americano, americàn
La livrea del pesce gatto punteggiato cambia in relazione con l’età: nei giovani il corpo è cosparso di numerose piccole macchie nere che allo stadio adulto scompaiono. Il corpo ha un colore di fondo corpo grigio-azzurro con riflessi argentati sui fianchi, tendente al verde scuro sul dorso.
Il pesce gatto punteggiato è originario degli Stati Uniti ed è stato introdotto in Italia per acquacoltura (Gandolfi et al., 1991). La biologia di questa specie differisce dal pesce gatto nostrano per il fatto di preferire acque più fresche, profonde e ossigenate, con fondo sabbioso o ghiaioso. E’ un abile nuotatore, in grado di sviluppare dimensioni ben superiori al pesce gatto nostrano, raggiungendo il peso di 5 kg, ma potendo superare anche i 10 kg. Oltre alle dimensioni, si distingue bene dal pesce gatto comune per la colorazione tendente al grigio e per la fisionomia del corpo più slanciata. Predatore vorace, si alimenta di piccoli animali che abitano il fondale e di materiale vegetale; allo stadio adulto manifesta spiccata ittiofagia. Raggiunge la maturità sessuale ad età avanzata, non prima dei 5 anni di età e la riproduzione avviene nella tarda primavera. Il maschio custodisce le uova fino alla schiusa.

Distribuzione provinciale
Segnalato negli anni ottanta nel Canale Pilastresi e in un canale del Consorzio della Bonifica Renana, ad oggi le segnalazioni sono aumentate anche se la sua presenza sembra essere più radicata in canali irrigui a corso veloce, con alcuni settori completamente in cemento, condizioni più simili a quelle dei fiumi di origine, a corso veloce e con fondo in ghiaia, oltre che la basso corso del Po.

LUCCIO
Specie: Exos lucius
Famiglia: Esocidi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo: febbraio-aprile
Stato demografico: presente con rarissimi esemplari
Nomi dialettali: luz, buriol, zangarin
Il luccio è il predatore per eccellenza delle acque dolci, al vertice della catena alimentare. Il suo habitat ideale è costituito da acque a lento decorso alternate a lanche o zone di stanca, con acque ferme e ricche di vegetazione e con rive a canneto, che utilizza sia come rifugio, sia come area di riproduzione (Zerunian, 2002; Gandolfi et al., 1991), ma anche come nascondiglio per la caccia. Infatti, a differenza di altri predatori che inseguono la preda, il luccio cattura gli altri pesci con la tecnica dell’agguato. La sua alimentazione allo stadio adulto è quasi esclusivamente ittiofaga. E’ specie sedentaria e territoriale, mentre nel periodo riproduttivo in primavera risale i corsi d’acqua alla ricerca delle aree per la deposizione delle uova. Questa specie negli ultimi decenni ha subito un forte decremento numerico in tutto il suo areale di distribuzione. La causa principale è da ricercare nelle progressive e sistematiche alterazioni dell’habitat riproduttivo, e di crescita degli avannotti su cui ha gravato in modo ancor più grave che per le altre specie l’incremento degli uccelli ittiofagi, ed in particolare degli aironi alla cui predazione sono esposti gli individui nel primo anno di età, in relazione anche alla rarefazione della vegetazione acquatica e delle rive.

Distribuzione provinciale
Gia da una decina d’anni nella provincia di Ferrara, il luccio era segnalato solo sporadicamente, indicazione di una tendenza al decremento ormai consolidata ed evidenziata anche a livello regionale. Nell’arco dei monitoraggi di questo lavoro sono stati censiti soltanto 2 esemplari di circa 40 cm. Con tutta probabilità in ambito provinciale insistono pochi singoli individui confinati in aree che mantengono ancora minimi caratteri di idoneità ambientale, ma la loro cattura durante i campionamenti ad ampio spettro è resa ancora più improbabile dalla scarsa e assente mobilità degli individui in certi periodi dell’anno. Pochissimi corsi d’acqua della provincia di Ferrara presentano le caratteristiche minime di idoneità per il mantenimento di una popolazione vitale.

GAMBUSIA *
Specie: Gambusia holdbrooki
Famiglia: Pecilidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: maggio-settembre
Stato demografico: diminuzione
Nomi dialettali: nono, panzon
Pesce di piccola taglia, la lunghezza totale non supera i 4-5 cm nelle femmine e i 3 cm nei maschi. Esiste, infatti, un dimorfismo sessuale molto evidente: i maschi sono di dimensioni decisamente inferiori rispetto alle femmine, hanno la pinna anale trasformata in organo copulatore e le femmine presentano una grossa macchia scura nella parte posteriore del ventre, che è molto pronunciato (Gandolfi et al., 1991).
Questo piccolo pesce è stato introdotto nel 1922 in Italia dalle regioni dell’America settentrionale ed orientale allo scopo di debellare la malaria; infatti, è vorace predatore di larve e pupe di zanzare del genere Anopheles, che costituiscono il suo principale alimento. Ha buone capacità di adattamento ad ogni tipo di ambiente; tollera infatti anche valori di moderata salinità. La gambusia è una specie molto prolifica, si riproduce già dal primo anno di vita; la stagione riproduttiva inizia a maggio sino a settembre inoltrato. Durante questo arco temporale le femmine partoriscono in genere da 5 a 40 piccoli già sviluppati e indipendenti ogni 30 giorni circa.

Distribuzione provinciale
La gambusia risulta diffusa in molti dei canali di bonifica, di varia sezione e a decorso lento; le abbondanze non sono mai risultate elevate. Durante i campionamenti è risultata relativamente abbondante nel Canale Andio, nella Fossa Gattola, nel Canale Circondariale e nel tratto del Po di Volano nei pressi di Focomorto.

PERSICO TROTA *
Specie: Micropterus salmoides
Famiglia: Centrarchidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: maggio
Stato demografico: forte-diminuzione
Nomi dialettali: branzin, bucaza, bucalon
Il persico trota è specie alloctona; introdotta dall’America settentrionale agli inizi del secolo, si è facilmente diffusa nelle acque lente dei fiumi planiziali, ma soprattutto nelle lanche, laghi, stagni e canali di bonifica. Predatore estremamente vorace e a dieta prevalentemente ittiofaga, ha verosimilmente determinato nei decenni passati fenomeni di competizione con altri predatori autoctoni al vertice della catena alimentare, come luccio e persico reale. Si riproduce in primavera deponendo le uova in una buca scavata sul fondo che poi il maschio custodisce fino alla schiusa. E’ specie molto ricercata dai pescatori sportivi per la sua combattività oltre che per la bontà delle carni.

Distribuzione provinciale
Il persico trota nella provincia di Ferrara era una specie comune e in alcuni comprensori addirittura infestante; segnalato in molti canali del comprensorio, ha subito negli ultimi anni un costante decremento. Negli ultimi due anni la specie è stata maggiormente rilevata nel Po di Volano a monte del sostegno di Tieni, nei canali irrigui di derivazione dal Po di Volano e nel Po di Primaro da S. Nicolò a Traghetto. Il calo evidenziato dal persico trota sembra essere in parte attribuibile a fenomeni di predazione da parte di specie alloctone quali il siluro, in relazione alla rarefazione delle zone rifugio costituite da vegetazione acquatica e materiale di riva semi-sommerso (tronchi, rami, massicciate), ma dal generalizzato incremento della torbidità delle acque, fenomeno che penalizza tutti i predatori che cacciano basandosi sulla vista. Un ulteriore ed estremamente pesante limitazione si è aggiunta negli ultimi anni con l’incremento degli uccelli ittiofagi, ed in particolare degli aironi alla cui predazione sono esposti gli individui di taglie minori che nelle ore calde sono soliti stazionare nel sottoriva appena sotto il pelo dell’acqua.

PERSICO SOLE *
Specie: Lepomis gibbosus
Famiglia: Centrarchidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: giugno-agosto
Stato demografico: decremento numerico
Nomi dialettali: oratina, urada, arloi, bagig
Originario del Nord America, il persico sole è stato introdotto in Europa e in Italia come specie ornamentale alla fine del 1800. Ama le acque a lento decorso, stagni e laghi con abbondante vegetazione, ma è una specie di notevole adattabilità anche ad ambienti degradati. In estate frequenta le acque litoranee e di riva, mentre in inverno ama acque più profonde. La dieta è piuttosto ampia comprendendo invertebrati di fondo, crostacei, insetti, molluschi gasteropodi e bivalvi, ma anche uova e avannotti. La riproduzione avviene da giugno ad agosto quando le acque raggiungono la temperatura di 20-26 °C. La deposizione delle uova avviene in caratteristici nidi che i genitori sorvegliano anche dopo la schiusa.
Distribuzione provinciale
Distribuito in tutta la rete idrografica con discrete densità con tendenza al calo , il persico sole è stato segnalato in particolare nell’asta del Po di Volano, nel Po di Primaro, in molti tratti del Canale Circondariale, nei canali di bonifica siti nella zona tra Mesola e Pomposa, oltre che nella parte sud orientale della provincia, nella zona tra gli abitati di Bando e Filo di Argenta, e nel comprensorio del Canale Burana e del Canale delle Pilastresi.

PERSICO REALE
Specie: Perca fluviatilis
Famiglia: Percidi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo: marzo-giugno
Stato demografico: rarissimi rinvenimenti
Nomi dialettali: persico, pess persag
Il persico reale predilige le acque ferme dei laghi, dove può formare popolamenti cospicui, ma lo si rinviene anche nei tratti terminali dei fiumi planiziali con acque a lento decorso, purché ben ossigenate e ricche di vegetazione. Si tratta di un abile nuotatore e predatore al vertice della catena alimentare. Da adulto si ciba quasi esclusivamente di pesci, anche se in alcune condizioni può rivolgersi a larve di insetti e crostacei di fondo. In condizioni di elevata densità manifesta anche fenomeni di cannibalismo. Si riproduce in primavera in acque basse e ricche di vegetazione, deponendo le uova in caratteristici nastri gelatinosi di colore giallo-arancio più o meno lunghi, che fissa su substrati rocciosi, tronchi e rami caduti sul fondale, e ogni altro oggetto sommerso su cui possono aderire.


Distribuzione provinciale
Presente almeno sino ad un ventennio fa con discrete abbondanze soprattutto nella zona settentrionale della provincia di Ferrara, specialmente nei canali irrigui direttamente collegati con il Po, a scorrimento veloce e con buona ossigenazione. Oggi la specie è praticamente scomparsa; l’ultima segnalazione si riferiscono ad alcuni canali irrigui nei pressi di Massafiscaglia e in qualche lanca del fiume Po. Ai fini della reintroduzione il Canal Bianco nel tratto da Berra a Mesola sembra poter offrire condizioni ambientali idonee previa abbassamento delle densita numeriche di carpa erbivora e siluro.

LUCIOPERCA o SANDRA *
Specie: Stizostedion lucioperca
Famiglia: Percidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: aprile-giugno
Stato demografico: stabile numericamente, in lieve calo numerico e di taglie
Nomi dialettali: perca, sandra
Il lucioperca è una specie alloctona originaria dell’Europa settentrionale e introdotta nelle acque italiane nei primi anni del ventesimo secolo. Ama le acque ben ossigenate, ma è in grado di costituire popolamenti stabili anche in acque più torbide (Gandolfi et al., 1991). Abile nuotatore, sviluppa un comportamento gregario allo stadio giovanile, mentre gli adulti conducono vita solitaria. Si riproduce in primavera deponendo le uova in nidi scavati dal maschio, che cura fino alla schiusa. La specie è molto apprezzata per le sue doti di combattività e per la buona qualità delle carni.

Distribuzione provinciale
La specie si è rapidamente diffusa in tutta la provincia a partire dall’area a ridosso del fiume Po. Attualmente la popolazione sembra avere raggiunto una distribuzione stabile e pressoché omogenea sull’intero territorio provinciale. Tuttavia solo in pochi comprensori gli esemplari presenta taglie rilevanti, mentre la taglia media è lontana dalle potenzialità di accrescimento della specie, probabilmente in relazione all’intensa pressione di pesca che penalizza indistintamente tutte le taglie, anche in periodo riproduttivo. I siti che presentano il maggior numero di individui sono i canali a maggior sezione e profondità, ed in particolare il Po di Volano, il Canale Navigabile e il Canale Circondariale.

ACERINA *
Specie: Gymnocefalus cernuus
Famiglia: Percidi
Provenienza: alloctona
Periodo riproduttivo: marzo-giugno
Stato demografico: piccole popolazioni in particolari contesti idrologici; stabile
Nomi dialettali:
L’acerina presenta taglie inferiori rispetto agli altri percidi delle nostre acque, raggiungendo circa 20 cm di lunghezza massima; presenta corpo massiccio, testa grossa e labbra carnose. Caratteristiche dell’acerina sono una serie di macchie scure distribuite sul dorso, sulla pinna dorsale e su quella caudale (Chiara, 1986). Percide ampiamente distribuito nell’Europa settentrionale, centrale ed orientale, l’acerina è stata introdotta in Italia verso la fine degli anni 80. Vive nelle zone di fondo di canali e fiumi a lento corso con acque torbide. La dieta è costituita in prevalenza da crostacei, larve d’insetti e uova di pesci. La riproduzione avviene durante il periodo primaverile tra la vegetazione a cui la femmina fissa lunghi nastri di uova (Collette & Bânârescu, 1977).

Distribuzione provinciale
Ad oggi, nella provincia di Ferrara sono stati pescati pochi esemplari in canali di maggior a maggior velocita di scorrimento e ossigenazione, con una probabile sottostima delle densità, in relazione ai metodi di campionamento probabilmente non del tutto adatti per questa specie. In base ai dati raccolti, risulta localizzata nel settore più orientale della Provincia e nei collettori di Berra e Contuga.

MUGGINE CALAMITA
Specie: Liza ramada
Famiglia: Mugilidi
Provenienza: autoctona
Periodo riproduttivo: settembre-dicembre
Stato demografico: stabile
Nomi dialettali: cefalo, zeul, botolo, caustelo
Pesce di taglia media con lunghezze che variano dai 20 ai 40 cm, in casi eccezionali può raggiungere i 60 cm e oltre. Presenta corpo slanciato, capo corto e appiattito dorsalmente, con una bocca grande e dentatura minima (Gandolfi et al., 1991). E’ una specie comune nelle acque costiere marine e nelle acque interne di estuario e lagunari con fondale fangoso o sabbioso. In Italia è una delle specie più comuni, ma la si può trovare in tutto il mediterraneo, dalla Scandinavia al Marocco, nel Mar Nero, lungo le coste dell’Oceano Atlantico. È un pesce gregario con elevata capacità di risalire per ampi tratti i corsi d’acqua, come ad esempio il Po, tollerando al meglio l’acqua dolce. La riproduzione avviene sempre in acque marine, poi le forme giovanili migrano verso le acque interne, dove si accrescono e possono trattenersi fino quasi al raggiungimento della maturità sessuale. La dieta di questo cefalo cambia in base alla taglia: gli avannotti si nutrono esclusivamente di zooplancton (copepodi, policheti, larve di insetti), mentre all’aumentare delle dimensioni l’animale passa ad organismi di taglia maggiore, che vivono sul fondo (nematodi, oligocheti, chironomidi) e di alghe microscopiche (diatomee) che formano uno sottile strato verde giallognolo o rossiccio sulla superficie di fondali bassi e ben illuminati, e detrito di varia origine.

Distribuzione provinciale
Presente nei tratti terminali dei principali corsi d’acqua della provincia: Po di Volano fino a Codigoro, Canale Navigabile fino allo sbarramento di Valle Lepri, Canale Logonovo e canali adduttori alle Valli di Comacchio, Reno fino allo sbarramento di Volta Scirocco e nei canali irrigui in diretto collegamento con questi. Le densità e le taglie maggiori sono presenti dalla tarda primavera fino alla prima piena di inizio autunno, in tutto il tratto ferrarese del Po, sopratutto a monte della sezione di Pontelagoscuro (Ferrara).

3. GESTIONE E TUTELA DELLA FAUNA ITTICA E DELLA BIODIVERSITA’ NEGLI AMBIENTI ACQUATICI
La conservazione, l’incremento e il riequilibrio biologico delle specie ittiche di interesse ambientale e piscatorio rientrano tra le tipologie d’intervento e tra gli obiettivi fissati dalla Regione Emilia-Romagna attraverso il Piano Ittico Regionale. Gli interventi sono stati realizzati mediante costanti monitoraggi, azioni di ripopolamento, istituzione di vincoli di protezione per le singole specie, progetti di ricerca ed iniziative di informazione e formazione culturale e tecnica.
A seguire vengono riportate le attività di ripopolamento della fauna ittica autoctona, gli interventi di monitoraggio a seguito di eventi di criticità o di segnalazioni, e i progetti finalizzati alla gestione/tutela della risorsa ittica delle acque interne provinciali, svolti dalla Provincia di Ferrara dal 2004 al 2009, in collaborazione con l’Università di Ferrara e le associazioni piscatorie ARCI-Pesca-Fisa e FIPSAS.

3.1. Ripopolamento delle specie ittiche
Secondo il Piano Ittico Regionale, un intervento di ripopolamento deve essere indirizzato al ripristino di popolazioni di specie autoctone, dette anche indigene, favorendone il recupero tramite raggiungimento di popolazioni vitali in grado di autosostenersi. Da alcuni anni quanto prestabilito a livello regionale è difficilmente applicabile nella maggior parte dei canali della provincia di Ferrara per vari ordini di cause, tra le quali:
-l’alterazione degli habitat;
-la costante scomparsa di vegetazione acquatica per interventi di sfalcio meccanizzato nei canali minori, e per eccessiva presenza di carpa erbivora nei canali di media e grande sezione;
-lo svaso invernale di buona parte della rete idrica;
-l’eccessiva predazione da parte di specie ittiche alloctone come siluro e degli uccelli ittiofagi.
Pertanto, al fine di ottemperare le prescrizioni del Piano Ittico Regionale e per tenere in considerazione le richieste dei pescatori sportivi sono state impiegate le seguenti specie e le relative linee operative.
Ogni programma di ripopolamento annuale è stato messo a punto in base ai dati ed alle indicazioni raccolte durante i monitoraggi ad ampio spettro sulla rete idrica ed, in particolare, analizzando i risultati ottenuti dalle semine degli anni precedenti. Su ogni partita di pesce sono stati eseguiti controlli preventivi inerenti lo stato generale degli animali, la taglia degli esemplari e il loro stadio riproduttivo, oltre che i controlli sanitari del veterinario di zona e dal Presidio Multizonale di Prevenzione. Il rilascio degli individui è avvenuto, nella maggior parte dei casi, in presenza di guardie volontarie di ARCI Pesca Fisa e FIPSAS, in orari prestabiliti, in modo da ridurre la visibilità degli interventi e la possibilità che seguissero azioni di bracconaggio.
La liberazione degli animali è sempre stata eseguita con estrema cautela, attraverso l’utilizzo di guadini o speciali scivoli a sacco, che hanno permesso di aumentare i punti di rilascio, senza stressare gli animali.
Di seguito, per singola specie, sono riportati gli interventi e le relative valutazioni.
Luccio
I ripopolamenti del luccio sono stati vincolati a canali dove fosse presente un battente idrico sufficiente allo sverno, una quantità sufficiente di prede e una limitata presenza del siluro. Tali azioni sono state attuate più con valenza di sperimentazione che di vero intervento di ripristino, per l’estrema difficoltà nell’individuare siti con tali caratteristiche ambientali. I corsi d’acqua di maggior interesse si sono rilevati il cavo Terre Vecchie, il Canal Bianco, il Canale Boicelli, il comprensorio Masi-Gattola ed il comprensorio del Montata Vallona.
Le prime semine sono state effettuate a partire dal 2004 con avannotti di taglia media pari 4 cm di lunghezza e 0,4 g di peso per un totale di circa 7000 esemplari immessi. L’anno successivo le semine sono proseguite con esemplari di taglia maggiore, compresa tra i 500 g e 1,5 kg per un totale di 6q, per cercare di limitare il più possibile i fenomeni di cannibalismo e la predazione da parte di uccelli ittiofagi e del siluro. I primi risultati ottenuti, sia dalle seminie di avannotti sia da quelle di esemplari di taglia maggiore hanno confermato una reale difficoltà di successo. In base all’elevato numero di individui immessi tra il 2004 e 2005, si auspicava un numero di catture e segnalazioni maggiore. rispetto aquanto si è verificato nella quasi totalità dei siti la risposta ottenuta è stata deludente, principalmente in conseguenza dell’ormai eccessiva destrutturazione di questi canali, fino a poco tempo fra i migliori per il luccio in provincia di Ferrara, ma ora compromessi dalla totale scomparsa delle piante acquatiche sommerse causata anche dall’eccessiva presenza di carpa erbivora. In queste condizioni anche la predazione del siluro, non abbondantissimo in questi canali, è divenuta insostenibile per il luccio. In tutti i siti, dopo due anni di sperimentazione si è ritenuto opportuno interrompere i lanci, mantenendo solamente il ripopolamento in isolati corsi d’acqua, effettuati nel 2008 con 1,5q di materiale, optando tra i siti dove era stata riscontrata la presenza di qualche individuo selvatico e la sopravvivenza di alcuni esemplari provenienti dalle immissioni passate. I siti tuttora presi in considerazione sono il canale Terre Vecchie, il tratto terminale del Po di Primaro e il canale Boicelli, selezionati in relazione alla presenza di rifugi e ad aun battente idrico idoneo anche durante il periodo invernale oltreche alcuni tratti di due canali compartimentati nel territorio di Mesola, dove sussistono le condizioni idonee ad una prova di valutazione della crescita.
Tinca
Le ultime semine di tinca nelle acque della provincia di Ferrara sono state effettuate durante la primavera del 2004, utilizzando circa 18000 individui, distribuiti in corsi d’acqua potenzialmente idonei ad ospitare la specie quali: Montata Vallona, Canal Bianco, Po di Primaro, Fossa di Formignana, Canale Nuovo Vidara, Coll. Bosco e Coll. Poazzo. Tali canali, al momento dell’immissione, mantenevano ancora tratti con presenza di vegetazione acquatica, sia sommersa che di riva un battente idrico sufficiente allo sverno e una discreta ossigenazione, tutte condizioni ambientali tali da far ipotizzare una possibile ripresa della specie.
Al fine di testare al meglio la risposta aelle varie semine, sono state periodicamente campionate durante il biennio 2004-2005, tutte le stazioni d’immissione ritenute maggiormente significative, in particolare la Fossa di Formignana, il Canal Bianco (tratto dal sostegno di Monticelli all’abitato di Mesola) e il Po di Primaro in località Traghetto.
Contrariamente alle attese, si è registrata la totale scomparsa dello stock di tinca seminato.
I deludenti risultati sono riconducibili a fattori fortemente limitanti per la ripresa della tinca, riscontrati e verificatisi successivamente alle semine, quali la consistente presenza della specie siluro con percentuali di biomassa anche superiori al 25%, la progressiva scomparsa della vegetazione acquatica a causa della cospicua presenza di carpa erbivora e un repentino ed imprevisto svaso invernale di alcuni corsi d’acqua.
L’insieme di tali fattori limitanti gioca un effetto negativo sinergico: l’assenza di vegetazione priva la tinca di risorse alimentari (piccoli crostacei, larve di anfibi, molluschi gasteropodi, ecc., che vivono sulla vegetazione) e allo stesso tempo la espone troppo, per assenza di rifugi, alla predazione da parte del siluro e degli uccelli ittiofagi.
Per queste ragioni, il ripopolamento di una specie come la tinca, nelle acque provinciali, oggi non è sostenibile, a meno di mirate opere di bonifica e ripristino ambientale.
Anguilla
Le operazioni di semina dell’anguilla sono state effettuate nel anno 2005 e successivamente nel biennio 2008-09, per un totale superiore a 35000 individui seminati, di ottima qualità, estremamente vitali, privi di lesioni cutanee e con colorazioni brillanti. Tutti gli esemplari immessi avevano origine selvatica e di taglia compresa tra i 20 e i 100 g. Le immissioni sono avvenute in tarda primavera, in corsi d’acqua con quote idriche compatibili allo sverno e che presentavano lunghi tratti a pietraia su una o entrambe le rive o a folto canneto, in modo da fornire ambienti con maggiori disponibilità alimentari e zone rifugio dalla predazione. I canali interessati dalle semine sono stati: il canale delle Pilastresi, la fossa di Fellonica, la fossa Masi, il canale Convogliatore, il canale Navigabile ed il Po di Volano.
In relazione ai risultati del monitoraggio e a seguito di interviste ai pescatori locali, i lanci di questa specie possono essere considerati sufficientemente soddisfacenti, contrariamente alle estreme difficoltà registrate in precedenza per tinca e luccio, grazie al fatto che in questi canali l’anguilla riesce a limitare la predazione da parte del siluro e degli uccelli ittiofagi, essendole congeniali anche ambienti semi-artificiali come le opere di difesa spondale in pietrame e gabbioni. Il vero problema per la semina di questa specie, perciò, non è tanto di natura ambientale, sebbene non sia facile trovare canali con caratteristiche adeguate, quanto piuttosto legato alla scarsa disponibilità, oltrechè al prezzo elevato del novellame da semina.
Carpa
La carpa risulta una delle specie dominanti di tutto il bacino idrografico ferrarese, e i ripopolamenti effettuati nel corso di questi ultimi 5 anni sono stati indirizzati solo ad aumentare la disponibilità di esemplari di taglia utile in quei siti che risultavano particolarmente soggetti a pressione di pesca e difficilmente ricolonizzabili naturalmente, perché estremamente compartimentati.
In totale sono stati seminati oltre 60 q di carpa, di taglia compresa tra i 700 e i 2500 g, proveniente da allevamenti situati sul territorio provinciale.
Attualmente le semine di carpa sono state sospese, in quanto i monitoraggi successivi alle operazioni di ripopolamento hanno evidenziato risultati soddisfacenti in tutti i comprensori d’immissione ed un aumento delle catture da parte dei pescasportivi.
Pesce gatto
Il pesce gatto, sebbene sia una specie alloctona (esotica) è molto apprezzata localmente e l’interesse da parte dei pescasportivi per la specie, nelle acque provinciali, è da considerarsi pari a quello per la carpa.
Gli interventi nell’arco del quinquennio 2004-2009 sono stati eseguiti secondo i criteri della legge sulla pesca del L.R. 11/93 art 13 che prevede l’immissione della specie pescegatto Ictalurus melas nei campi di gara permanenti in occasione dello svolgimento di attività agonistiche.
Il ripopolamento è avvenuto con esemplari di eccellente qualità, provenienti da allevamenti dislocati sul territorio provinciale, privilegiando materiale da pronta pesca, di taglia compresa tra i 100 e 200 g.
Nella maggior parte dei siti di immissione si è avuta una risposta positiva, sia in termini di catturabilità, sia in termini di presenza della specie.


3.2. Monitoraggio per fini gestionali a seguito di segnalazioni di elementi di gestione o a seguito di segnalazioni di eventi di criticità e del ritrovamento di specie rare.


3.2.1. Monitoraggio dell’impatto dei capanni da pesca (bilancini) nei canali adduttori del comprensorio delle valli di Comacchio e Fattibello in relazione alla tutela del novellame di pregio, primavera (2009)
Introduzione
Nell’ambito del “Divieto Temporaneo di Pesca Sportiva Ricreativa”, istituito con delibera C.P. 48/28274 del 24/05/01 per tutelare la rimonta di pesce novello nei canali adduttori delle Valli di Comacchio e nel comprensorio di Valle Fattibello, è stato effettuato un monitoraggio preliminare tramite l’utilizzo di bilance fisse dislocate nel comprensorio. L’accesso alle bilance per il monitoraggio è stato gentilmente concesso dalla Associazione capannisti e dai singoli proprietari.
Area di studio
Lo studio ha interessato i canali strettamente riferiti al comprensorio vallivo di valle Fattibello, valle Spavola e valle Capre, situato a nord delle Valli di Comacchio. Si tratta di un’area di circa 700 ha di superficie, caratterizzata da un continuo collegamento con il mare attraverso il canale Navigabile ed il canale Logonovo, che risente di apporti d’acqua dolce da parte del l canale Navigabile e del canale Fosse-Foce, che scola parte del Mezzano. L’area presenta batimetria estremamente disomogenea, da pochi centimetri ad un massimo di 3 metri nei canali sublagunari, con profondità media di circa 1 m. La variabilità morfologica dei fondali (sabbie, substrato duro, depositi di capulerio ecc.), unita alla presenza di barene, dossi e isolotti ed al collegamento con il mare, rendono tale comprensorio un’area valliva potenzialmente idonea alla riproduzione della fauna ittica ed alla crescita del novellame.
Campionamenti e raccolta dati
Il monitoraggio è stato effettuato utilizzando 3 capanni da pesca dislocati lungo i canali adduttori Navigabile, Valletta e Sublagunare Fattibello, indicati come punti-stazione, St.A, St.B e St.C, rispettivamente, e scelti sulla base di un gradiente di distanza dal mare. Le tre stazioni, sono quindi informative delle diverse condizioni ambientali che caratterizzano il percorso del novellame che si sposta dal mare a valle Fattibello-Spavola ed in parte, lungo la direttrice che interessa anche il lavoriero Foce. Per completare la copertura spaziale del comprensorio, prima di iniziare i campionamenti era stato concordato l’utilizzo di un quarto capanno, dislocato lungo l’argine occidentale di Valle Fattibello. Tuttavia, per ragioni indipendenti dalla nostra volontà, il capanno non è stato reso disponibile.
La Stazione A (capanno n.100, secondo la numerazione fornita dalla “Associazione Italiana Pesca Sportiva e Ricreativa”) si trova all’incile tra il canale Navigabile ed il canale Valletta; la Stazione B (capanno n.68, secondo la medesima numerazione), si trova sul canale Foce all’altezza dell’oasi Vallesina, la Stazione C (capanno Bettolino), corrisponde al capanno posto in riva sinistra del canale Fosse-Foce, in prossimità dell’immissione in valle Fattibello, in località Bettolino (figura 1).
Il campionamento è stato effettuato tra marzo e maggio, per un totale di 4 uscite e di due repliche per ogni stazione, corrispondente a un capanno.

Area interessata dallo studio, in rosso sono indicate le stazioni di campionamento

Per le operazioni di pesca si è scelto il tramonto, nella fascia oraria dalle 18 alle 23, in marea crescente, in luna calante o scuro di luna. Ad ogni campionamento è stata compilata una scheda di campo per la registrazione delle condizioni al contorno, dei dati abiotici più importanti, dell’orario delle calate e delle misure biometriche degli esemplari catturati. Inoltre, durante ogni uscita, i principali parametri chimici e fisici della colonna d’acqua sono stati misurati con sonda multiparametrica.
Per ogni sessione di pesca sono state effettuate 10 pescate con bilancia servoassistita di 14x15 m di lato e montante maglia a diversa ampiezza, 12 mm parte esterna, 8 mm in quella mediana e 6 mm quella centrale, detta “fissetta”, con intervallo di tempo di 10-12 min tra due calate.
Tutti gli esemplari catturati in ogni calata, sono stati conservati in ghiaccio in contenitori in materiale plastico etichettati, e fissati con formalina al 10% entro 12 ore dalla cattura. Su ogni campione, è stato effettuato il riconoscimento tassonomico delle specie ed il conteggio numerico degli esemplari per ogni specie. Di ogni esemplare è stata misurate la lunghezza con calibro a risoluzione millimetrica (figura 2-3 ). Nel caso di campioni ad elevato numero di esemplari della stessa specie, le misure di lunghezza sono state effettuate su un sub-campione random di venti individui per specie. Complessivamente sono stati raccolti ed esaminati 60 campioni.


Riconoscimento tassonomico e misure biometriche su campioni di fauna ittica e gamberi.

Risultati
Le condizioni di marea, la velocità di corrente e i principali parametri chimico-fisici della colonna d’acqua (profondità, temperatura, salinità, ossigeno disciolto e pH), rilevati in ogni stazione di campionamento, utilizzando una sonda multiparametrica Idronaut, mod. Ocean Seven 316, ed un correntometro ad elica, sono riportati nella seguente tabella:
Capanno Data ora iniz. marea vel. cor. cm/sec prof. m temp. °C salinità
g/kg O2% pH
bettolino 25/03/2009 19.25 uscente/cambio 35 0,5 11,6 18,6 133,1 7,9
68 14/04/2009 20.15 entrante 11 1,0 19,2 18,1 96,8 7,8
100 14/04/2009 20.30 entrante 14 0,6 18,3 19,0 105,0 7,4
68 24/04/2009 20.00 cambio/entrante 8 0,9 18,6 6,9 136,0 7,4
100 24/04/2009 19.45 cambio/entrante 12 0,5 17,1 9,2 148,6 7,9
bettolino 07/05/2009 17.50 morto d'acqua 2 0,6 20,5 12,2 128,9 7,8


Totale del numero di individui pescati per stazione di monitoraggio, primavera 2009.


SPECIE TOTALE n. LUNGHEZZA cm
MIN MAX MED misura min.
Gamberetto 1715 2,0 7,1 3,8 np
Latterino 950 3,1 9,7 4,4 np
Acciuga 659 1,2 11,4 8,0 9
Muggine calamita 83 2,2 38 6,9 20
Muggine dorato 63 1,9 31,5 10,4 20
Sogliola 57 1,3 24,2 4,4 20
Muggine musino 48 3,0 25,6 13,0 20
Ghiozzo cenerino 28 1,1 6,2 3,7 protetto
Ghiozzo di laguna 24 1,1 4,8 3,1 protetto
Orata 22 3,4 4,5 3,7 24
Passera 19 3,1 9,4 5,5 12
Ghiozzo Nero 16 6,0 9,8 7,5 12
M. cefalo 13 2,9 31,2 8,8 20
Ghiozzo paganello 7 4,9 8,6 5,4 12
Nono 6 3,7 4,1 3,2 protetto
Pesce ago di rio 4 1,6 9,6 3,6 protetto
Capone/gallinella 4 3,5 3,7 2,7 7
Anguilla 3 20,5 23,2 14,6 30
Ghiozzo Gò 3 6,9 13,8 6,9 12
Pesce ago 2 0,7 0,7 0,7 np
Quantità totale di pescato, taglie massime, medie, minime e le relative misure minime di pesca consentite, per singola specie.


OFFLINE
Post: 243
Città: CODIGORO
Età: 37
Web Master FF
Presidente dell'FF
19/04/2011 13:41

Dalla tabellasi può notare come ben 12 specie presentino una taglia media inferiore alla taglia minima di cattura imposta dai regolamenti. Per queste specie, di valore sia per il commercio che per la pesca sportiva, l’analisi delle distribuzioni di frequenza delle classi di lunghezza degli esemplari catturati, mette in risalto un’elevata percentuale (in tutti i casi superiore al 95%) di individui catturati al di sotto delle taglie minime consentite. A titolo di esempio sono riportati i grafici della distribuzione di frequenza di classi di lunghezza per orata, passera, sogliola e mugilidi (cefalo, calamita, dorato e musino; grafico 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8). Le medesime considerazione posso essere fatte anche per le altre specie (grafici non riportati), anche se nel caso di gallinella/capone e anguilla va tenuto in considerazione l’esiguo numero di esemplari pescati (rispettivamente 4 e 3).


Distribuzioni di frequenza delle classi di lunghezza di orata catturati nelle tre stazioni campione; la linea blu indica la taglia minima di cattura.


Distribuzioni di frequenza delle classi di lunghezza di passera catturati nelle tre stazioni campione; la linea blu indica la taglia minima di cattura


Distribuzioni di frequenza delle classi di lunghezza di sogliola catturati nelle tre stazioni campione; la linea blu indica la taglia minima di cattura


Distribuzioni di frequenza delle classi di lunghezza di cefalo catturati nelle tre stazioni campione; la linea blu indica la taglia minima di cattura


Distribuzioni di frequenza delle classi di lunghezza di muggine calamita catturati nelle tre stazioni campione; la linea blu indica la taglia minima di cattura


Distribuzioni di frequenza delle classi di lunghezza di muggine dorato catturati nelle tre stazioni campione; la linea blu indica la taglia minima di cattura

Distribuzioni di frequenza delle classi di lunghezza di muggine musino catturati nelle tre stazioni campione; la linea blu indica la taglia minima di cattura

In base alla cartografia satellitare è stato inoltre possibile censire i capanni da pesca complessivamente presenti nell’area in esame. Sono stati contati 100 capanni da pesca, dislocati su entrambe le sponde dei canali adduttori Valletta, Sub. Lagunare Fattibello e Foce, ad una distanza media, l’uno dall’altro, di circa 35-40 m.
I capanni da pesca presenti sull’argine ovest di valle Fattibello non sono stati considerati in tale conteggio, in quanto non interessati dal citato vincolo.
Considerazioni conclusive
In base ai risultati ottenuti durante la campagna di monitoraggio, è possibile esprimere alcune considerazioni preliminari sulla gestione della pesca sportiva con capanno in relazione ai possibili impatti sulle specie ittiche e sul novellame:
- la maglia della “fissetta”, di 6 mm, al momento dell’issata, a causa della tensione superficiale del dell’acqua e della presenza di muco, diviene un vero e proprio telo, privo di soluzioni di continuità. Ciò impedisce al novellame di numerose specie, anche se di dimensioni molto ridotte (3-5 cm di lunghezza totale), di passare dalle maglie (figura 5). Questo fenomeno, interessa negativamente il novellame di tagli molto ridotta, inferiore a 4 cm di lunghezza, che rimanendo sul telo è spesso ucciso dalle azione di raccolta del pescato tramite guadino. Indipendentemente dalle maglie della fissetta, questa azione del guadino è sembrato essere particolarmente impattante sia sul novellame di pesci piatti (sogliola e passera) sia su altre specie particolarmente pregiate come mugilidi e orata (figura 6). Potrebbe essere interessante effettuare stime di mortalità di tale novellame in relazione alle citate modalità di recupero dalla rete;
- il numero dei capanni che pescano all’interno dell’area interessata è elevato, e con alta densità, essendo generalmente distanziati solo 30-40 metri l’uno dall’altro e disposti su entrambe le sponde dei canali adduttori. In caso di pesca esercitata in contemporanea, questa distribuzione può determinare un vero e proprio sbarramento per le specie in transito (figura 4).

Nell’ottica di un miglioramento della pesca con capanno, finalizzato a minimizzare l’impatto sulle specie ittiche ed sul novellame, si propongono i seguenti temi di discussione ed approfondimento sperimentale, utili per la definizione di strategie migliorative:
• aumento della maglia della “fissetta” e/o utilizzo di rete in nylon che, a differenza di quella attualmente impiegata, ridurrebbe la formazione di un film acquoso continuo tra le maglie;
• istituzione di un divieto permanente di pesca, in due fasce orarie che vanno da 1 ora prima a 1 ora dopo l’alba 1 e da ora prima a 1 ora dopo il tramonto, finalizzato principalmente alla protezione del novellame di pesci piatti;
• istituzione di obbligo di pesca alternata , al fine di prevenire un eventuale impatto negativo che potrebbe verificarsi in caso di esercizio contemporaneo delle reti, la cui densità è molto alta;
• attuazione di un programma continuativo di monitoraggio, in accordo con l’Associazione capannisti e con i privati, per l’acquisizione continua di dati finalizzata al loro trasferimento in tempo reale alle Istituzioni ed Organi competenti per l’eventuale adeguamento delle norme;
in compensazione e dopo ulteriori approfondimenti, attuazione di un calendario di pesca, aggiornato di anno in anno in base alle evidenze sperimentali, ed eventualmente aperto in alcuni fine settimana del periodo primaverile.

Capanni da pesca lungo il canale sub-lagunare Fattibello


Particolare della “fissetta” al momento dell’issata; in rosso sono cerchiati un esemplare di passera ed esemplari di acciuga e novellame di cefalo.

Esemplari di novello di orata e muggine calamita, rispettivamente inferiori a 5 e 3 cm di lunghezza, pescati nella stazione Bettolino.


3.2.2. Indicazioni gestionali inerenti il miglioramento dello stato trofico ed l’incremento delle produzioni ittiche di Valle Canneviè-Porticino.
Introduzione
Ricerche effettuate nel 2006 ai fini dello sfruttamento ittico del bacino di Valle Canneviè-Porticino, hanno evidenziato condizioni di marcata eutrofizzazione, confermate da i principali parametri indicatori di stato trofico (concentrazioni di azoto ammoniacale e nitrico, clorofilla a fitoplanctonica e la concentrazione dell’ossigeno disciolto nelle acqua di fondo), sia in occasione del campionamento primaverile (07.04.06) sia di quello di tarda estate (24.08.06).
Di fatto, il problema della eutrofizzazione delle valli da pesca del ferrarese, che trova l’esempio più tristemente famoso nelle Valli maggiori di Comacchio (Fossa di Porto e Lido di Magnavacca), rimane tuttora irrisolto, in relazione a vari fattori oggettivamente difficili da superare, quali la bassa qualità delle acque dolci derivabili e le stesse pratiche di derivazione, in parte ancora basate su una esperienza “antica” ma maturata prima dell’avvento dell’eutrofizzazione, e in parte su interpretazioni di buon senso, spesso non supportate da approfondimenti scientifici. Per impostare un programma di recupero di un ambiente vallivo, sebbene la scarsa qualità delle acque dolci rimanga uno scoglio di difficile superamento, le pratiche gestionali inerenti le derivazioni possono essere comunque migliorate.
In particolare, per contrastare l’eutrofizzazione del bacino di Canneviè-Porticino, è fondamentale definire a priori uno schema annuale dei prelievi. La valle offre la possibilità di utilizzare sia l’acqua del Po di Volano sia quella della Sacca di Goro, in località Taglio della Falce. Sebbene risulti intuitivo preferire la derivazione dal Taglio della Falce, va considerato che proprio quest’ultima è esposta allo scarico del canale Giralda la cui qualità, in molti periodi dell’anno è notevolmente inferiore a quella del Volano. Pertanto, al fine di abbassare le quantità di nutrienti importate con le derivazioni e conseguentemente diminuire lo stato di trofia del bacino. ripristinandone la produttività ittica di specie di pregio, è importante programmare le derivazioni, fissando un calendario che soddisfi:
- le esigenze gestionali;
- tenga in conto dell’esperienza del Personale che fino ad ora ha gestito tali prese di derivazione, la cui partecipazione alla stesura del calendario è fondamentale;
- considerare i dati pregressi di concentrazione dei nutrienti, come ad es. i dati di monitoraggio da parte di ARPA Ferrara nel Po di Volano;
- disporre di dati di concentrazione dei nutrienti raccolti a tale scopo immediatamente prima di procedere con la derivazione, in modo da effettuare gli interventi di carico idraulico della valle, solamente quando le concentrazioni sono ai valori minimi del periodo.
Risultati (campionamenti primavera-estate 2006)
Come evidenziato nel grafico, in primavera (07.04.06) la comunità macrozoobentonica è risultata poco diversificata ma ben rappresentata numericamente da animali che favoriscono lo sfruttamento ittico del bacino. In particolare il risultato della stazione 5, rappresentativa di tutti i bacini poco profondi del comprensorio, presenta densità estremamente alte di Corophidae, che oltre a rappresentare un pabulum elettivo per gli stati giovanili di pesci di fondo, indicazione di buono stato generale del fondale.

Composizione tassonomica per famiglie e n. di individui al mq nelle stazioni 1, 5 e 8.

Totalmente diversa è risultata la situazione in occasione del campionamento estivo, quanto è stato documentato un generale stato di deossigenazione degli strati d’acqua in vicinanza del fondale, di colore nero e privo di colonizzazione macrozoobentonica in tutte le stazioni.
Discussione
Il comprensorio di Valle Canneviè-Porticino, ha mostrato nel periodo primaverile del 2006 un buon livello generale della qualità delle acque e dei fondali, ed elevate densità di taxa macrozoobentonici, consoni allo sfruttamento ittico del bacino. Tuttavia, nello stesso anno, con il procedere della stagione si è assistito ad un generale e serio peggioramento qualitativo dei fondali e quasi totale scomparsa dei popolamenti bentonici.
In base a questi risultati, anche se preliminari perché riferiti ad un solo anno, appare evidente che per migliorare la resa delle produzioni ittiche si deve cercare di abbassare lo stato trofico, riducendo le quantità di nutrienti importate, evitando la derivazione dal Po di Volano in aprile e maggio e nel caso che ciò divenisse indispensabile per il mantenimento delle quote idonee all’avifauna, compiere verifiche analitiche sull’acqua che si intende derivare.
Tramite riduzione dello stato trofico si otterrebbe quel miglioramento di qualità di acque e sedimenti che sommandosi alla notevole diversità ambientale, alla presenza di siti idonei allo sverno aventi profondità superiori anche a due metri e ricchezza numerica di alcuni taxa macrozoobentinici, sosterrebbe lo sfruttamento ittico della valle.
A tale riguardo, la scelta delle specie e soprattutto delle densità deve essere attentamente valutata, soprattutto in riferimento ai ridotti battenti idrici in buona parte degli specchi acquei, dove per buona parte dell’anno le condizioni possono risultare limitative.
Al presente Valle Canneviè-Porticino è un ambiente ipertrofico e come tale può ospitare poche e specie adattate a queste condizioni e tali quindi da permettere un ritorno in termini di produzioni ittiche. In particolare l’anguilla in grado di tollerare le condizioni restrittive che si verificano sul fondale in alcuni momenti dell’anno; inoltre, tra le specie di cefali una in particolare, il cefalo calamita (botolo o caustello) si adatta alle particolari condizioni ambientali ed è in grado di sfruttare le risorse alimentari (abbondanza di detrito) tipiche di un sistema ipertrofico, appunto.
Di fatto sulle semine di anguilla, attualmente ben rappresentata il valle Canneviè-Porticino con individui mediamente di 0,5 kg, grava la estrema difficoltà di reperimento di novellame, in relazione alla generalizzata scarsità a livello europeo (circa 1% di quello che rimontava negli anni ‘60) e alle conseguenti restrizioni della sua pesca, in attuazione da parte degli stati membri dell’Unione Europea.
Sul cefalo calamita, invece, il maggior limite è lo scarso valore di mercato (1-1,5 €/kg), impropriamente attribuitogli anche a livello di ristorazione locale.
L’impiego di altre specie, come già detto, trova limitazioni ambientali; in particolare, l’orata non si presta perché richiede condizioni di minor trofia e maggior ossigenazione, mentre il branzino, più adatto richiederebbe superfici maggiori per poter procedere con un programma di semine tale da permettere rese considerabili.
Inoltre, in relazione alla esigua profondità (20-30 cm) in buona parte dei bacini, Valle Canneviè-Porticino si discosta da una vera valle da pesca, e pertanto un programma di semine deve essere opportunamente dimensionato, dietro l’attesa di rese molto minori rispetto a quelle medie dell’acquicoltura estensiva.
Per quanto fino ad ora riportato, nelle condizioni attuali del bacino si suggeriscono le seguenti possibilità:
1) Azione di bonifica, da effettuare comunque: rimuovere, eventualmente con pescate ripetute, tutti i branzini presenti, la carpa presente nella zona adiacente alla presa dal Po di Volano ed eventuali altre specie di acqua dolce (ad es. lucioperca), potenzialmente entrate dal Po di Volano e acclimatatesi in vicinanza della presa, in quest’area a bassa salinità;
2) Azione più consona all’attuale stato della valle: se reperibile, seminare novellame di anguilla (ragani) in densità di 500 ind./ha, per un totale di 25-30.000 ind. e novellame di cefalo calamita (botolo) alla densità di circa 500 ind./ha, per un totale di 25-30.000 ind.;
3) Azione auspicabile nel caso di un calo di trofia della valle e se non è disponibile novellame di anguilla (secondo le modalità di gestione dei prelievi idrici citate sopra): semina di novellame selvatico di orata (solitamente reperibile anche da pescatori che operano nella adiacente Sacca di Goro), in densità di circa 300 ind./ha, per un totale di circa 18-20.000 ind., e novellame misto di cefalo (se acquistato localmente sarà quasi totalmente di celalo calamita - botolo) alla densità di circa 500 ind./ha, per un totale di 25-30.000 ind.;
4) Azione “di ripiego”, se non fosse possibile reperire novellame di anguilla o se non si riesce ad abbassare la trofia per la semina delle orate: in tal caso può essere interessante la produzione di branzino, usando cefalame come “pesce foraggio”; pertanto si suggerisce di procedere con semina di novellame di cefalo (botolo) alla densità di circa 1000 ind./ha, per un totale di 50-60.000 ind. e contestualmente con novellame di branzino alla densità di riferimento di circa 100 ind./ha per un totale di circa 6.000 ind.
Si consideri che i numeri indicati per orata e branzino si riferiscono all’impiego di novellame selvatico; soprattutto nel caso del branzino l’elevata variabilità iterannuale del reclutamento potrebbe condizionarne la disponibilità tanto da dover servirsi di novellame riprodotto artificialmente; in tal caso si consideri di seminare un numero doppio di animali; per il novellame di cefalo calamita (Liza ramada), reperibile con relativa facilità, tale problema non si pone. Inoltre, per le azioni 2 e 3, si suggerisce di integrare le semine con quantità ridotte di novellame di cefalo megiato e di orata, se disponibile, in numero di poche migliaia per ciascuna specie.
Le fasi di attuazione dei sopra riportati programmi sono le seguenti:
1) monitoraggio dei popolamenti ittici, in occasione degli interventi di bonifica dei branzini di taglia e delle specie di acqua dolce, da effettuarsi indicativamente in novembre 2007;
2) effettuare una indagine di mercato per verificare la disponibilità di novellame di anguilla; se disponibile, procedere con la semina già nella primavera del 2008;
3) predisporre appena possibile un programma e relativo calendario, per le derivazioni idriche, di immediata attuazione;
4) monitorare lo stato trofico della valle nella primavera-estate del 2008; se si osserva un miglioramento e se il novellame di anguilla non è stato reperito, procedere con la semina di orate (azione 3) nella primavera del 2009; differentemente, se non si osserva significativo calo dell’eutrofizzazione, procedere con la semina di branzini e cefali, nella primavera del 2009;
5) indipendentemente dal programma di semina scelto, effettuare un campionamento di verifica, al termine del primo anno (ottobre-novembre) in cui è stata effettuata la semina e degli anni successivi, per poter dimensionare la ripetizione della semina nell’anno successivo.

3.2.3. Azioni di controllo del gambero rosso della Louisiana Procambarus clarkii (Girard,1852) nel comprensorio risicolo: è possibile uno sfruttamento commerciale?

Introduzione
Con questo studio è stata valutata la fattibilità di interventi di contenimento della specie alloctona P. clarkii in provincia di Ferrara, basati sullo sfruttamento economico della stessa, vista come risorsa rinnovabile.
Tale studio ha avuto inizio con una fase conoscitiva del comparto di commercializzazione del gambero rosso della Louisiana che ha interessato principalmente il centro Italia, nella zona dei laghi vulcanici, dove tradizionalmente vengono consumati i gamberi di acqua dolce.
Una prima analisi dei dati raccolti da cooperative di pescatori e commercianti ha evidenziato una vendita del prodotto principalmente in alcuni momenti dell’anno. Gli elementi raccolti hanno mostrato una ulteriore espandibilità di questo mercato locale anche ad altre regioni italiane.
Parallelamente lo studio ha considerato la recente fase di espansione del gambero in provincia di Ferrara, nel comprensorio risicolo dove i danni arrecati nel 2007 hanno allertato gli agricoltori.
Valutazioni conclusive hanno focalizzato l’attenzione sulle tecniche di pesca e stoccaggio del gambero in questo areale in relazione alla possibilità di commercializzazione.
Area di studio e campionamenti
Lo studio sull’aggiornamento della distribuzione del gambero rosso nella provincia di Ferrara è stato concentrato nella parte nord-orientale ed in particolare nell’areale risicolo, nei territori dei comuni di Codigoro e Jolanda di Savoia, dando adito anche alle emergenti indicazioni e richieste degli agricoltori e degli operatori del comparto agricolo al fine di valutare nuove tendenze di distribuzione della specie. Le uscite di monitoraggio si sono svolte in periodi diversi durante i quali i parametri fisici e climatici degli ambienti in esame erano variati.
Nell’ambito del monitoraggio del gambero rosso sono state analizzate nello specifico alcune azienda agricola comprese tra il fiume Po e la s.p. Gran Linea. Gli agricoltori, che con estrema cortesia hanno dato disponibilità di accesso ai fondi per i campionamenti, hanno fornito numerose ed importanti indicazioni derivanti dalla loro attenta e continua osservazione dei fenomeni biologici nelle risaie.
Oltre all’esame delle tendenza a livello di macroarea, è stata presa come area campione una risaia standard di 3 ha, per valutare le abbondanze del gambero rosso nel periodo conclusivo del ciclo di produzione, alla messa in asciutta per la trebbiatura (settembre, 2007). La biomassa di gambero rosso, utilizzando il metodo di campionamento a vista, in quadrati standard e a ridosso dei punti di maggior assembramento, oltre che la biomassa predata da ardeidi e gabbiani, eliminata da fattori meccanici legati alla raccolta del riso e traslocata nei corsi d’ acqua limitrofi.
Gli studi precedentemente effettuati, dal 2003 al 2005, hanno caratterizzato le popolazioni di gambero rosso nelle principali tipologie di canale della provincia di Ferrara. Alcuni aspetti del ciclo di sviluppo di questo animale sono stati studiati solamente a partire dal 2006, quando si è iniziato a studiare la colonizzazione delle risaie da parte del gambero. È stato osservato come proprio in tali ambienti, in particolare nei piccoli canali di scolo perimetrali, i giovani gamberi nati nell’agosto dell’anno precedente, svernano, si nutrono e si sviluppano prima del nuovo invaso della risaia. Anche nel corso dell’ anno 2007 sono state effettuate diverse uscite di monitoraggio distribuite in un arco di tempo compreso tra il mese di aprile a quello di ottobre.
Risultati
Di seguito vengono riportati i dati e le indicazioni ricavate da ogni periodo di campionamento.

Tane di gambero rosso lungo le scoline.

Nella prima settimana di aprile, durante il sopralluogo non sono stati censiti individui vivi di gambero rosso, ma sono stati trovati numerosi resti di esemplari predati da aironi, lungo le capezzagne e a bordo del fossi perimetrali. Inoltre è stata riscontrata una notevole presenza di tane di gambero rosso di diversa dimensione, in maggior numero registrate sulle sponde delle scoline interne alle risaie ( 7 ± 3 m-1 ).

Esemplari di gambri e tipico “bucherellamento” delle sponde dei canali dovuto allo scavo delle tane.

I buchi creati dal gambero rosso fanno defluire l’acqua, rendendo difficoltoso il mantenimento delle quote idriche nella risaia.

Nella seconda metà del mese di aprile: nelle risaie si segnala un’elevata concentrazione di individui di piccole dimensioni ( 5.6 ± 1.1 cm ) corrispondenti ai nati dell’anno precedente. Le concentrazioni maggiori ( tra 10 e 30 ind. m-1 ) sono state riscontrate nelle scoline e nei fossi perimetrali, i primi ad essere invasati. Gli esemplari adulti della specie sono stati censiti in numero inferiore ( 7 ± 3,6 ind. m-1 ) e localizzati maggiormente in corrispondenza dei fossi maggiori che corrono paralleli alle capezzagne.
A metà giugno l’azione di monitoraggio ha registrato un notevole aumento della distribuzione degli individui in particolare degli adulti (7,6 ± 0,4 cm). Le densità maggiori sono state segnalate in corrispondenza dei fossati che immettono acqua in risaia e nelle scoline interne a questa (35,5 ± 6,2 ind. m-1).
Inoltre si è rilevato come l’elevato perforamento degli argini da parte del P.clarkii abbia reso difficoltoso l’invaso ed il mantenimento costante del livello delle acque.
Il monitoraggio ha evidenziato come agosto sia il periodo di massima distribuzione del gambero nell’area presa in considerazione, sia all’interno della risaia, sia nei fossi circostanti. Gli individui censiti corrispondono ad un ampio range di taglie con alcuni esemplari di notevoli dimensioni ( 9,6 ± 0,8 cm ).
In settembre, durante il momento di asciutta delle risaie, il monitoraggio ha evidenziato una notevole distribuzione della specie all’interno della risaia; in particolare sono state registrate elevatissime concentrazioni di individui in corrispondenza dei fossi perimetrali e di scolo delle acque, in particolare a livello dei chiusini o delle paratie gli esemplari hanno dimostrato tendenza ad ammassarsi raggiungendo densità molto elevate.
La grande abbondanza e le concentrazioni nelle chiuse dei canali, rende questo periodo il migliore per poter catturare i gamberi.
Dati raccolti tramite intervista a agricoltori e risicoltori della zona ha messo in luce alcuni punti di particolare interesse che vengono di seguiti riportati. La colonizzazione del gambero rosso nel territorio del comune di Jolanda e avvenuta a partire dalla primavera del 2002, con un progressivo aumento della popolazione anno per anno ( circa 230 tonnellate sui 10.000 ha di territorio risicolo nel 2007 ).
Dal monitoraggio della risaia campione è stato possibile valutare che il quantitativo di gambero rosso presente in risaia ma non riscontrabile al momento perché sottoposto alla predazione degli uccelli ittiofagi ( 25% ), migrazione verso le risaie limitrofe ( 10% ) ed eliminato dalle attività antropiche ( 5% ) è quantificabile attorno al 40% del totale.
In particolare il conteggio degli uccelli ittiofagi ha rilevato la presenza media di 30 esemplari per risaia,per i quali è stato valutato lo scarto dei gamberi, in ogni postazione di pesca.
Dall’analisi complessiva dei dati emerge che la presenza di P. clarkii in risaie di superficie pari a 3 ha, nel periodo della messa in asciutta per la trebbiatura (settembre) nel 2007, è la seguente:
-biomassa totale di gambero rosso 40 kg ha-1 ( circa 1000 ind. ha-1);
-biomassa catturabile di gambero rosso 24 kg ha-1 catturabili ( circa 600 ind. ha-1);
-esemplari non disponibili ( per predazione, migrazione, attività antropiche ) circa 48 kg;
-la densità è pari a 0.1 ind. / m-2.
Discussione
Nel territorio del lago Trasimeno è stata svolta un’ indagine di mercato a vari livelli: mediante contatti telefonici agli addetti di settore e ai direttori dei mercati e cooperative, mediante ricerca sulla rete e soprattutto effettuando sopralluoghi direttamente in loco, presso le magigori cooperative. La campagna di monitoraggio sul lago Trasimeno è stata condotta il 18 e 19-02-2008 a Castiglione del Lago, Borghetto, S. Feliciano di Magione, S. Mariano di Corciano e S.Savino di Magione. In queste località sono stati raccolti i dati di vendita delle cooperative di pescatori e dei grossisti ittici. Inoltre sono stati intervistati operatori del comparto ittico della piccola e grande distribuzione (pescherie e supermercati) ed anche una rappresentanza dei ristoratori locali. In particolare le cooperative di pescatori operanti sul lago, ovvero la Cooperativa Alba Trasimeno e la Cooperativa fra pescatori Stella del Lago e due grossisti del comparto ittico, ovvero la ditta Ciambelli Bruno e la Circeo pesca s.r.l. hanno fornito dati di pesca e di vendita in alcuni anni, sia all’ingrosso ed che al dettaglio.
Lo studio di tali dati ha permesso la rappresentazione in grafico degli andamenti di vendita del gambero rosso sul lago Trasimeno, dal 2005 al 2007.

Quantitativo pescato e venduto di P .clarkii, sul lago Trasimeno dal 2005 al 2007.

Dal grafico si può vedere come il quantitativo totale di pescato e venduto, sul Trasimeno, passi da circa 50 q, nel 2005, a circa 200 q, nel 2006, per poi mantenersi circa costante nel 2007, sebbene i dati, relativi l’anno 2005, per la Cooperativa Alba Trasimeno non siano completi in quanto alcuni sono stati persi.
La pesca in costante crescita degli ultimi tre anni evidenzia che la richiesta del gambero rosso a fini alimentari è ormai consolidata e che il P .clarkii è entrato stabilmente nelle tradizioni gastronomiche locali.
In particolare la Cooperativa Alba Trasimeno, la più grande e rappresentativa, della zona, ha fornito i dati dal 1999 al 2007, dati che evidenziano un andamento altalenante.

Quantitativo pescato e venduto di P. clarki, sul lago Trasimeno, dalla cooperativa Alba Trasimeno, dal 1999 al 2007.

I primi dati relativi la pesca e la vendita nei mercati del gambero rosso, sul lago Trasimeno, risalgono al 1999, ed appartengono alla cooperativa Trasimeno ( prima della fusione con l’altra cooperativa Alba, avvenuta nel 2000), nello specifico sono stati catturati e venduti 103 kg. Proseguendo si nota un’ aumento progressivo, dei quantitativi di pescato e venduto, probabilmente in seguito all’aumento della richiesta, che porta dai 50 q del 2000, ai 216 q del 2001ed ai 234 q nel 2002; successivamente si vede una flessione del pescato che passa dai 172 q del 2003 ai 42 q del 2004, probabilmente legati a motivi ambientali che hanno limitato il reclutamento a la disponibilità della materia prima. I dati relativi al 2005, come detto in precedenza, non sono reperibili. Nel 2006 sono stati pescati e venduti 168 q e nel 2007 si passa a 129 q.
L’andamento del pescato, per la cooperativa Alba Trasimeno, evidenzia che quando la specie è entrata , nel 1999, sul mercato, ha avuto subito un buon impatto nel comparto ittico,il quale ha recepito il P. clarkii come una nuova ed importante risorsa.
Di fatto le vendite,dopo un primo anno interlocutorio, sono costantemente aumentate dal 1999 sino ad un picco massimo registrato nel 2002, per poi stabilizzarsi ad un trend di vendita costante dal 2003 ad oggi. Nel 2004, come confermatoci dal responsabile della cooperativa, vi è stata una notevole flessione, poiché il pescato è stato particolarmente scarso a causa di eventi contingenti ed il mercato non è riuscito a soddisfare a pieno la domanda di gambero rosso.
Parallelamente all’indagine condotta nel Centro Italia, è stata svolta una ricerca di mercato rivolta non solo al Centro ma anche presso la Coop Italia, sede di Ferrara. I dati della commercializzazione del gambero rosso sono risultati frammentari; i più significativi sono stati raccolti grazie le interviste effettuate ad operatori della grande distribuzione,nel caso specifico all’azienda Coop Italia che ci ha gentilmente fornito i dati relativi alle vendite medie degli anni 2006 e 2007. In questi due anni, la Coop Italia, ha venduto 3 q all’anno di prodotto fresco ( acquistato soprattutto dai pescatori del lago Trasimeno e spagnoli) e 6 q all’anno di prodotto lavorato, nella forma di vasetti in salamoia da 450 gr ,di provenienza danese, venduto soprattutto presso le sedi della regione Liguria. Quindi, il gambero rosso, anche se in maniera ancora limitata, ha fatto la sua comparsa nel mondo della piccola e grande distribuzione italiana. Alcune catene di ipermercati, quali la Coop Italia, sono però costretti, per scelta o per motivi contingenti, ad importare il prodotto dai mercati stranieri ( Cina, Spagna, Danimarca ) o a reperirlo nelle zone del centro Italia, dove la commercializzazione di questa specie è già consolidata.

Alcuni prodotti lavorati commercializzati in Italia.
Dalle ricerche svolte è emerso che il gambero rosso della Louisiana è una specie il cui interesse commerciale in Italia può essere considerato in crescita sia per il prodotto vivo sia precotto e successivamente congelato. In alcune zone della Toscana ( nel lago di Massaciuccoli ) e in Umbria (zona dei laghi) rappresenta ormai una delle specie principali pescate dai professionisti..La resistenza alle malattie, il rapido ritmo di accrescimento e l'elevata fecondità fanno di questa specie il gambero di acqua dolce più allevato e più pescato del mondo. Anche in Italia, seppur in maniera limitata, si praticano tecniche di allevamento a fini alimentari. La pesca industriale al gambero rosso della Louisiana si svolge con reti, nasse ed altre trappole per crostacei ( come i tipici “ tofi “ del lago Trasimeno ); la pesca dilettantistica può essere attuata con una semplice attrezzatura a canna semplice innescata con carne o pesce salato. Una volta pescato, dopo un breve periodo di depurazione, trova nei ristoranti il suo “naturale” luogo di destinazione.

Immagini di stoccaggio dei gamberi nelle pescherie del Trasimeno.

In America, e precisamente a Chalmette in Louisiana, nel mese di marzo, si svolge il Louisiana Crawfish Festival. Qui, più che di festa del gambero, si dovrebbe parlare di vera e propria “festa al gambero”, perché nei tre giorni deputati, il gambero luisiano viene condito e soprattutto mangiato in tutte le salse (Dell’Agnello, 2005). Anche l’ Umbria ha la sua festa del gambero rosso, precisamente a S. Savino ( Magione Pg ), dove dal 17 al 28 agosto si svolge la Sagra del Gambero del Trasimeno ( Pro Loco S. Savino -Magione Pg ), dove il crostaceo della Louisiana è l’assoluto protagonista, preparato e servito secondo la miglior tradizione gastronomica regionale umbra.
Tra i ristoratori del centro e nord Italia c’è chi lo propone come antipasto, chi nell’originale "cacciucco di acqua dolce", chi "alla diavola" in umido e chi lo usa come condimento per i primi, fatto sta che la quantità e la qualità di proteina che il gambero rosso può fornirci è significativamente superiore a quella messa a disposizione da altri abitanti del mondo acquatico, ritenuti universalmente molto più nobili e magari, per tale motivo, pagati sul mercato molto di più (Dell’Agnello, 2001). In base ad alcune preliminari analisi di laboratorio, combinate con quelle realizzate dal prof. Massimo Trentini e dalla dott.ssa Annalisa Zaccaroni, della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Bologna, si può dire che il P. clarkii della Versilia si presenta come un alimento particolarmente ricco di proteine non solo rispetto alla media di pesci e molluschi, ma anche in confronto ad altri crostacei (Dell’Agnello, 2005 ). Il nostro gambero presenta un tenore di grassi raramente riscontrabile in altri animali che popolano il mondo acquatico. L’1 % di lipidi che all’incirca contiene, presenta inoltre un profilo di acidi grassi di qualità, con acidi grassi insaturi che complessivamente possono raggiungere anche il 70 % del totale, mantenendo una leggera prevalenza dei monoinsaturi e una significativa presenza di polinsaturi della serie n-6, visto che comunque si tratta di un animale di acqua dolce che tuttavia può adattarsi bene anche agli ambienti salmastri. Consistente, se pure di minore entità rispetto ad altre specie ittiche comunemente reperibili sul mercato, è anche il tenore degli acidi polinsaturi della serie n-3 a lunga catena, il C20:5 e il C22:6, quelli che i nutrizionisti consigliano di utilizzare per prevenire malattie cardiovascolari.. Per il momento il prodotto versiliese è destinato a rifornire i magazzini di alimenti ittici localizzati preferibilmente nelle zone di tradizionale consumo del gambero, ma trattandosi in un certo senso di una "novità", vengono anche privilegiati i "consumi di nicchia", rappresentati dai clienti di alcuni raffinati ristoranti dislocati tra Toscana, Emilia, Umbria e Marche. (Dell’Agnello, 2001).
Conclusioni
Il gambero rosso della Louisiana si è ben acclimatato nel territorio del delta del fiume Po e nella provincia di Ferrara, dove, più che agire come una forzante esterna, ha saputo adattarsi e utilizzare le abbondanti risorse alimentari di un sistema ipertrofico fortemente artificializzato.
Tuttora è in forte espansione nel comprensorio risicolo ( 10000 ha ), dove la sua densità è 0.1 ind. m-2 corrispondente ad una biomassa complessiva di circa 230 ton. La sua presenza in questo areale ha già provocato ingenti danni alle infrastrutture delle risaie, bucando le rive, impedendo di fatto il mantenimento del livello idrico all’interno delle stesse e facendo crollare gli argini. Si prevede che in questo areale nei prossimi 2-3 anni vi sarà un aumento della densità del gambero rosso di un ordine di grandezza, evento che potrà causare conseguenze fortemente negative, sia per danni strutturali alle risaie sia per la stessa produzione di riso, provocando in entrambi i casi gravi ripercussioni economiche.
Di fronte a tale eventualità risulta chiara l’impellente necessità di introdurre forme di controllo nel territorio ferrarese, di non facile applicazione considerando che le tecniche più comuni ( GHERARDI & ANGIOLINI, 2002 ), come la costruzione di barriere per prevenire la diffusione e l’alterazione di habitat limitrofi, non sono risultate efficaci nel caso di questa specie e, tantomeno lo sarebbero nel contesto ferrarese dove, la presenza in tutti i corsi d’acqua di numerosi sbarramenti, quali chiaviche, chiusini ed impianti idrovori, non ha limitato minimamente gli spostamenti di P. clarkii. Allo stesso modo, non è ragionevole utilizzare biocidi, come gli insetticidi organoclorurati o organofosfati, che tendono a bioaccumulare e possono avere effetti tossici su tutti gli altri organismi e che porterebbero un ulteriore danno ecosistemico; inoltre questa strategia contrasterebbe con la politica imprenditoriale, che negli ultimi anni si è orientata verso pratiche di coltivazione integrata.
Un strategia ideale di contenimento della specie perchè compatibile con la salvaguardia dell’ecosistema ferrarese, potrebbe essere quella di introdurre predatori naturali del gambero rosso e contemporaneamente incentivarne la pesca a fini commerciali.
L’introduzione di predatori, principalmente pesci e possibilmente evitando le specie alloctone ( Malakoff, 1999) è una azione di controllo potrebbe essere attivamente svolta territorio del Delta del Po e nella maggior parte della bassa pianura Padana. In particolare gli interventi si potrebbero rivolgere al luccio ( Elvira et al., 1996 ) e ad una specie alloctona, ma comunque molto apprezzata localmente, il pesce gatto ( Ictalurus melas ) ideale per il contenimento degli individui di gambero rosso di pochi mesi e di dimensioni ricotte (2 cm), soprattutto nei fossi e nelle scoline, limitanti le risaie ed i terreni agricoli in genere, vere e proprie nursery del gambero rosso.
La rimozione meccanica, utilizzando trappole selettive, rappresenterebbe la tecnica meno pericolosa per l’ambiente e potrebbe limitare la specie, anche se non eradicarla definitivamente. Questo tipo di intervento richiederebbe uno sforzo di cattura, sostenibile solo avendo la possibilità di sfruttare commercialmente il gambero rosso, come avviene in altri sistemi europei ed italiani ( es. Kirjavainen & Sipponen, 2004 ). Attualmente, la possibilità di sbocchi commerciali, sembrerebbe di lontana applicazione per il territorio di Ferrara ma in realtà non è così. Nelle regioni del centro Italia, principalmente Toscana Umbria, Marche, alto Lazio ( Dell’Agnello, 2005 ), esiste una consolidata tradizione di utilizzare il gambero per scopi alimentari. La crisi che stanno passando i nostri gamberi autoctoni, Austropatamobius pallipes e Astacus astacus, che con i problemi patologici legati alla peste del gambero e con le difficoltà di trovare acque limpide, non ha fatto altro che favorire il consumo di specie di gamberi alloctoni, nord americane e turca, dato che la domanda si è mantenuta costante.
Al presente, il gambero rosso, viste le buone qualità alimentari, è ampiamente commercializzato ed utilizzato in queste zone, tanto da consentire addirittura l’allestimento di allevamenti veri e propri ( Fedeli, 2002 ). Nel far crescere una idea di pesca del gambero rosso nel ferrarese, al presente la possibilità più reale è di trovare un sbocco sui mercati ittici del centro Italia, soprattutto nei periodi in cui la loro produzione non soddisfi le richieste ed andando a sostituire le quantità di gambero rosso, importate dai mercati esteri.
Altra possibilità di medio termine è la valorizzazione delle qualità organolettiche e gastronomiche di questo crostaceo agli occhi del grande pubblico, riqualificandolo e proponendolo come elemento sostitutivo del gambero di fiume indigeno, in alcuni areali dove è stato “dimenticato” perché scomparso da decenni, ma era consumato da secoli, come documentato nella stessa provincia di Ferrara. In tal modo, tramite anche il prelievo per uso familiare, si incrementerebbe in maniera diffusa sul territorio il prelievo ed il controllo delle densità.
Per quanto riguarda la pesca di professione ed il commercio, si ribadisce la potenzialità di sfruttare la presenza di questa specie alloctona infestante, tramutandola in una risorsa economica-commerciale. Altro aspetto che può valer la pena di approfondire, è il possibile suo sfruttamento come “moneta di scambio” da impiegare in una sorta di baratto per convertirla in un qualcosa di molto interessante in provincia di Ferrara. L’esempio calzante e per niente campato in aria è quello del pesce gatto: tale specie, molto abbondante in alcuni laghi del centro Italia, non ha in tali comprensori alcun valore commerciale, a differenza del gambero rosso. La situazione è esattamente opposta nelle provincia di Ferrara; non risulta azzardato pensare di “scambiare gamberi per pesce gatto”.

BIBLIOGRAFIA
Arrignon J. (1996) Il Gambero d’Acqua Dolce e il suo Allevamento, 240.
Avault J.W., Brunson M.W. (1990) Crawfish forage and feeding systems. Rev. Acquat. Sci, 3, 1-10.
Barbaresi S., Fani R., Gherardi F., Mengoni A., & Souty-Grosset C. (2002) Genetic variabilità in European populations of the invasive crayfish Procambarus clarkii: preliminary results. Biological Invasions.
Barbaresi S., Tricarico E., & Gherardi F. (2002) Use of burrows in the invasive crayfish Procambarus clarkii. XIV International Symposium of I.A.A.
Barbaresi S.,Salvi G. & Gherardi F. (2001) Il gambero Procambarus clarkii: distribuzione,dinamica di popolazione e impatto, 195-212.
Castaldelli G. et al. (2005) Monitoraggio del gambero rosso della Luisiana (Procambarus clarkii) ed individuazione di strategie mirate alla sua limitazione. Tutela degli Ambienti Acquatici e Della Fauna Ittica: i progetti finalizzati delle province dal 1996 al 2000,39-43.
Castaldelli G., Mantovani S., Rizzati E., Lanzoni M., Rossi R. 2006; Distribuzione del Gambero rosso della Luisiana nel delta del Po; IL PESCE 2006
Castaldelli G., Rizzati E., Barbirati R., Rossi R., 2004: Prima segnalazione di aspio, Aspius aspius (Linnaeus, 1758) e blicca, Abramis bjoerkna (Linnaeus, 1758), Osteichthyes, Cypriniformes, nelle acque interne della provincia di Ferrara. Ann. Mus. civ. St. nat. Ferrara. In press.
Castaldelli G., Rizzati E., Mantovani S., Barbicati R., Rossi R., 2004. La fauna ittica della Provincia di Ferrara.
Cioni A. & Gherardi F. (2001) Aggression and competition for resources among freshwater decapods. Knowledge-based management of European native crayfish: dialogues between researchers & managers.
CLAIRE W.H. & WROITEN J.W. (1978) First record of the crayfish, Procambarus clarkii, from Idaho, USA (Decapoda, Cambaridae). Crustaceana, 35, 317-319.
CORREIA A. M. (2002) Niche breadth and trophic diversity: feeling behaviour of the red swamp crayfish (Procambarus clarkii) towards environmental availability of aquatic macroinvertebrates in a rice field (Portugal). Acta Oecologica, 23, 421-429.
D’Angelo S., Lo Valvo M., 2003 – On the presence of the red swamp crayfish Procambarus clarkii in Sicily. Naturalista siciliano 27(3-4): 325-327.
Del Mastro G.B., 1992 - Sull’acclimatazione del gambero della Louisiana Procambarus clarkii (Girard, 1852) nelle acque dolci italiane. Pianura Suppl. di Provincia Nuova 4: 5-10.
Del Mastro G.B., 1999 – Annotazioni sulla storia naturale del gambero della Louisiana Procambarus clarkii (Girard, 1852) in Piemonte centrale e prima segnalazione regionale del gambero americano Orconectes limosus (Rafinesque, 1817). Riv. Piem. St. Nat. 20: 65-92.
Dell’Agnello M., (2001) Il gambero dell’altro mondo, Dall’emergenza ecologica alla estione della risorsa: l’esperienza del Lago di Massaciuccoli con il “Procambarus Clarkii”. Il Pesce. N. 5/2001.
Dell’Agnello M., (2005) Il nostro caro gambero, Gambero rosso americano Procambarus clarkii. Il Pesce. N. 1/2005. p.77-85.
Dorr J.A.M., Pedicillo G., Lorenzoni M., 2003 – First record of Procambarus clarkii, Orconectes limosus and Astacus leptodactylus in Umbria. Rivista di Idrobiologia 40 (2-3): 221-223.
ELVIRA B., NICOLa G.G. & ALMODOVAR A. (1996) Pike and red swamp crayfish: a new case on predator-prey relationship between aliens in central Spain. Journal of Fish Biology, 48, 437-446.
Ercolini P.(2002);Andamento temporale della popolazione del crostaceo Procambarus clarkia nel comprensorio del lago Massaciuccoli;La gestione delle specie alloctone in Italia; il caso della nutria e del gambero rosso della Louisiana - Firenze 2002
Fedeli D. 2002 ;L’arrivo dei gamberi rossi a Massaciuccoli: un caso giornalistico; La gestione delle specie alloctone in Italia; il caso della nutria e del gambero rosso della Louisiana - Firenze 2002e
Fedeli D. 2002;Nella patria del gambero, fra country e salsa piccante, Louisiana, dove il gambero è di casa. Dal sito internet: www.uniurb.it/giornalismo/lavori2002/fedeli/identikit/louis...
Fidalgo M. L., Carvalho A. P. & Santos P. (2001) Population dynamics of the red swamp crayfish, Procambarus clarkii (Girard, 1852) from the Aveiro region, Portugal (Decapoda, Cambaridae). Crustaceana, 74(4): 369-375.
Gabucci L., Para R., Poselli M., 1990 – Pesci e Crostacei d’acqua dolce della provincia di Pesaro-Urbino. La Pieve, Villa Verrucchio
GAMRADT S.C. & KATS L.B. (1996) Effect of introduced crayfish and mosquitofish on Califotnia newts. Conservation Biology, 10, 1155-1162.
Gaston K.J., Spicer J.I. (2001) The relationship between range size and niche breadth: a test using five species of Gammarus (Amphipoda). Global Ecol. Biogeogr., 10, 179-188.
Gherardi F,(2004) Guida al riconoscimento dei gamberi d’acqua dolce,.XIII-XV.
GHERARDI F. & ANGIOLINI C. (2002) Eradication and control of invasive species. In: Gherardi F., Corti C. & Gualtieri M. (Eds.) Biodiversity conservation and habitat management. Our Fragile World, Vol. 1.67, Paris: EOLSS-Unesco
Gherardi F. & Barbaresi S. (2000) Invasive crayfish: activity patterns of Procambarus clarkii in the rice fields of the Lower Guadalquivir (Spain). Archiv fur Hydrobiologie, 150, 153-168.
Gherardi F. & Barbaresi S. (2000)The invasion of the alien crayfish Procambarus clarkii in Europe, with particular reference to Italy. Biological invasions, 2:259-264
Gherardi F. (2000) Are non indigenous species ‘ecological malignancies’?. Ethology Ecology & Evolutyon,12, 323-325.
Gherardi F., Acquistapace P., Tricarico E. & Barbaresi S. (2002b) Ranging behaviour of the red swamp crayfish in an invaded habitat: the onset of hibernation. Freshwater Crayfish, 13, 330-337.
Gherardi F., Baldaccini G.N., Barbaresi S., Ercolini P., De Luise G., Mazzoni D., Mori M., 1999 – Alien crayfish: the situation of Italy. Crustacean Isseus 11: 107-128
Gherardi F., Barbaresi S. & Salvi G. (2000) Spatial and temporal patterns in the movements of the red swamp crayfish, Procambarus clarkii, an invasive crayfish. Aquatic Sciences, 62, 179-193.
Gherardi F., Barbaresi S., Vaselli A.,& Bencini A. (2002a) Trace metal accumulation in freshwater macro-decapods: a comparison between indigenous and alien species. Marine and Freshwater Behaviour and Physiology, 35, 179-188.
Gherardi F., Raddi A., Barbaresi S. & Salvi G. (1999) Life history patterns of the red swamp crayfish, Procambarus clarkii, in an irrigation ditch in Tuscany. Crustacean Issues, 12, 99-108.
Gherardi F., Tricarico E. & Ilhéu M. (2002) Spatial behaviour of the invasive crayfish, Procambarus clarkii, in a Mediterranean temporary stream. Etholgy Ecology & Evolution.
Gianotti F.S., (1962): Un quadriennio di pesca nel lago Trasimeno (1956-1959). Riv. Idrobiol. , Perugia, 1, 117-118.
Gianotti F.S., (1964): Il quadriennio di pesca 1960-1963 nel lago Trasimeno. Riv. Idrobiol. , Perugia, 3 , 119-172
Gianotti F.S., (1969): Il quadriennio di pesca 1964-1967 nel lago Trasimeno. Riv. Idrobiol. , Perugia, 8, 17-65.
Gianotti F.S., Giovinazzo G. (1975): Il quadriennio di pesca 1972-1975 nel lago Trasimeno. Riv. Idrobiol. , Perugia, 14, 283-328.
Gianotti F.S., Giovinazzo G., Gori L. (1975): Il quadriennio di pesca 1968-1971 nel lago Trasimeno. Riv. Idrobiol. , Perugia, 14, 209-262.
Gianotti F.S., Mearelli M., Giovinazzo G. (1984): Andamento della pesca nel lago Trasimeno. Atti II Convegno Nazionale S.IT.E. Padova. 501-504.
Gibertini G.,Scalici M.,Chiesa S.,2005; Distribuzione dei decapodi dulcacquicoli alloctoni nei sistemi idrici del Lazio (Italia centrale); XV Congresso della Società Italiana di Ecologia.
Girard C. (1852). A Revision of the North American Astaci, with Observations on Their Habits and Geographic Distribution. Proc. Acad. Nat. Sci. Philad.
GUAN R. & WILES P.R. (1997) Ecological impact of introduced crayfish on benthic fishes in a british lowland river. Conservation Biology, 11(3), 641-647.
Gutiérrez-Yurrita P.J., Martinez J.M., Bravo-Utrera M.A’., Montes C., Ilhéu M. & Bernardo J.M. (1999) The status of crayfish populations in Spain and Portugal. Crustacean Issues, 11, 161-192.
Gutiérrez-Yurrita P.J., Sancho G.,Bravo M.A’., Montes C. (1998) Diet of the red swamp crayfish Procambarus clarkii in natural ecosystem of the Donana Natinal Park temporary fresh-water marsh (Spain). Journal of Crustacean Biology, 18, 120-127.
Harper D. M., Smart A. C., Coley S., Schmitz S., Gouder de Beauregard A. C., North R., Adams C., Obade P. & Kamau M. (2002) Distribution and abundance of the Luisiana red swamp crayfish Procambarus clarkii Girard at Lake Naivasha, Kenia between 1987 and 1999. Hydrobiologia, 488, 143-151.
HAZLETT B., RITTSCHOF D. & AMEYAW-AKUMFI C. (1979) Factors affecting the daily movements of the crayfish Orconectes virilis (Hagen 1870) (Decapoda, Cambaridae). Crustaceana, 5(Suppl.), 121-130.
HAZLETT B., RITTSCHOF D. & RUBENSTEIN D. (1974). Behavioral biology of the crayfish Orconectes viridis I. Home Range. The American Midland Naturalist, 92, 301-319.
HAZLETT B.A., BURBA A., GHERARDI F. & ACQUISTAPACE P. (2003) Invasive species of crayfish use a broade range of predation-risk cues than native species. Biological Invasions, 5, 223-228.
Hobbs H. H., 1989 - An illustrated checklist of the American crayfishes (Decapoda: Astacidae, Cambaridae, and Parastacidae). Smithsonian Contributions to Zoology no. 480. 236 pp.
HUNER J.V. & BARR J.E. (1991) Red swamp crawfish: biology and exploitation. The Louisiana Sea Grant College Program, Center for Wetland Resources. Louisiana State University, Baton Rouge.
HUNER J.V. & LINDQVIST O.V. (1995) Physiological adaptations of freshwater crayfishes that permit successful aquacultural enterprises. American Zoologist, 35, 12-19.
Ilhéu M. & Bernardo J.M. (1993) Aspect of trophic ecology of red swamp crayfish (Procambarus clarkii Girard) in Alentejo, South Portual. Actas VI Congreso Espanol de Limnologia, 417-423.
KIRJAVAINENE, J. & SIPPONEN, M. (2004) Environmental benefit of different crayfish management strategies in Finland. Fisheries Management and Ecology, 11, 213-218.
Magnuson J.J., Capelli G.M., Lorman J..G. & Stein R.A. (1975) Consideration of crayfish for macrophyte control. In: Brezonik P.L. and Fox J.L. (Edits). The proceedings of a symposium on water quality management through biological control. Report number ENV07-75-1. Pp. 66-74. University of Florida, Gainesville, Florida.
MALAKOFF D. (1999) Fighting fire with fire. Science, 285, 1841-1843.
Mancini A. (1986) Astacicoltura: Allevamento e Pesca dei Gamberi d’Acqua dolce, 180.
Mazzoni D., Gherardi F., Ferrarini P. (2004) Guida al riconoscimento dei gamberi d’acqua dolce, XIII-XXI, 2-5, 12-13, 18-19.
Mazzoni D., Minelli G., Quaglio F., Rizzoli M., 1996 – Sulla presenza del gambero della Louisiana Procambarus clarkii (Girard, 1852) nelle acque interne dell’Emilia-Romagna. In: Atti Conv. Naz. “Il contributo dei progetti di ricerca allo sviluppo dell’acqua nazionale”: 75-82.
MAZZONI D., NOBILE L., QUAGLIO F. & RESTANI R. (1997) Diffusione dei gamberi d’acqua dolce in Emilia-Romagna: problemi ecopatologici legati all’introduzione di specie alloctone. Bollettino Società Italiana Patologia Ittica, 9(21), 45-51.
Moretti G.P., Gianotti F.S, (1966): I pesci e la pesca nel lago Trasimeno. Camera di commercio industria e Agricoltura, Perugia.
Mundhal N.D. & Benton M.J. (1990) Aspects of the thermal ecology in the rusty crayfish Orconectes rusticus (Girard). Oecologia, 82, 216.
Mundhal N.D. & Benton M.J. (1990) Aspects of the thermal ecology in the rusty crayfish Orconectes rusticus (Girard). Oecologia, 82, 216.
Mundhal N.D. (1989) Seasonal and diel changes in thermal tolerance of the crayfish Orconectes rusticus, with evidence for behaviour thermoregulation. Journal of the North American Benthological Society, 8, 173-99.
Mundhal N.D. (1989) Seasonal and diel changes in thermal tolerance of the crayfish Orconectes rusticus, with evidence for behaviour thermoregulation. Journal of the North American Benthological Society, 8, 173-99.
Natali M. (1989): La fauna ittica del Lago Trasimeno: aggiornamento al 1988. Riv. Idrobiol. , Perugia, 28 (1-2): 33-42
Natali M., 1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica ad Arezzo.,Esempi vicini di gestione ittica di bacini,L’evoluzione della fauna ittica del lago Trasimeno
Nobile L. (1997) Presenza di gamberi alloctoni in Emilia-Romagna. Laguna, 6 (Dicembre Speciale), 1-5.
NYSTRÖM P. & PÉREZ J.R. (1998) Crayfish predation on the common pond snail (Lymnea stagnalis): the effect of habitat complexity and snail size on foraging efficiency. Hydrobiologia, 368, 201-208.
NYSTRÖM P. (1999) Ecological impact of introduced and native crayfish on freshwater communities: European perspectives. In: Gherardi F., Holdich D.M. (Eds.), Crayfish in Europe as Alien Species. Crustacean Issues, 11, A.A. Balkema, Rotterdam, 63-86.
NYSTRÖM P., BRÖNMARK C. & GRANÉLI W. (1996) Patterns in benthic food webs: a role for omnivorous crayfish? Freshwater Biology, 36, 631-646.
PARKYN S.M. & COLLIER K.J. (2004) Interaction of press and pulse disturbance on crayfish populations: flood impacts in pasture and forest streams. Hydrobiologia, 527, 113-124.
PARKYN S.M., COLLIER K.J. & HICKS B.J. (2001) New Zealand stream crayfish: functional omnivores but trophic predators? Freshwater Biology, 46, 641-652
Payne. ( 1996 ) Adaptive success within the cambarid life cycle. Freshwater Crayfish, 11, 1-12.
Passignano s. T., 10 Dicembre 2001 ;Due nuove specie di animali nel Trasimeno ; Servizio Ittiologico della Provincia di Perugia
Pederzani F., Fabbri R., ( 2006 ), Il quarto cavaliere dell’ apocalisse- Quaderno di Studi e Notizie di Storia Naturale della Romagna.
Porcellotti S., Il Gambero Rosso della Louisiana Procambarus clarckii (Girard, 1852), Crostacei decapodi italiani-Situazione in Provincia di Arezzo e Legislazione Vigente;
www.ittiofauna.org/provinciarezzo/fauna_ittica/crostacei/procambarus_clarcki/i...
RENAI B. & GHERARDI F. (2004) Predatory efficiency of crayfish: comparison between indigenous and non-indigenous species. Biological Invasions, 6, 89-99.
RODRÍGUEZ C. F., BÉCARES E. & FERNÁNDEZ-ALÁEZ M. (2003) Shift from clear to turbid phase in Lake Chozas (NW Spain) due to the introduction of American red swamp crayfish (Procambarus clarkii). Hydrobiologia, 506-509, 421-426.
RODRÍGUEZ C.F., BÉCARES E., FERNÁNDEZ-ALÁEZ M. & FERNÁNDEZ-ALÁEZ C. (2005) Loss of diversity and degradation of wetlands as a result of introducing exotic crayfish. Biological Invasions, 7, 74-85.
Rui-zhang G., Roy Wiles P. (1998) Feeding ecology of the signal crayfish Pacifastacus leniusculus in a British lowland river. Aquaculture, 169, 177-193.
Sommer T.R. (1984) The biological response of the crayfish Procambarus clarkii to transplantation into California ricefields. Aquaculture, 41, 373-384.
Souty-Grosset C., Holidich D.M., Noel P.Y., Reynolds J.D. & Haffner P. ( eds. ), 2006- Atlas of Crayfish in Europe (Patrimoines naturels, 64 ). Muséum national d’ Histoire naturelle, Paris: 187 pp.
Spinelli E., Bisceglia R., Castaldelli G., Colombo G., 1996. Funzionamento di un bacino idrico costiero: i deflussi d’acqua dolce e gli apporti di fosforo e di azoto del Po di Volano nella Sacca di Goro. IA Ingegneria Ambientale, 1-2: 25-33


OFFLINE
Post: 243
Città: CODIGORO
Età: 37
Web Master FF
Presidente dell'FF
19/04/2011 13:42

3.2.4. Sopralluogo sul canale Scolo Principale Inferiore
Il giorno 4-09-2006, alle ore 9.30, è stato effettuato un sopralluogo sul canale Scolo Principale Inferiore, in località Spinazzino, in base alla segnalazione de Sig. Manferdini Allegro e del Presidente di ARCI-Pesca FISA Ferrara, Sig. Zucchini Adriano.
Il canale Scolo Principale Inferiore è un canale di scolo che deriva acqua dalla fossa Cembalina, di larghezza media intorno ai 10-12 metri e una profondità che difficilmente supera il metro.
Al momento del sopralluogo è stato rilevato il prosciugamento completo del canale, a causa di lavori di escavazione del fondale, dalla presa sulla Cembalina, a valle per circa 5-6 Km, costringendo il pesce sotto alcuni ponti, dove erano ancora presenti 30-40 cm d’acqua.
L’elevata densità così determinatasi e le condizioni fisiche e chimiche, ancora tipicamente estive, avevano portato alla deossigenazione completa della poca acqua rimasta ed alla moria della fauna ittica, in corso al momento del monitoraggio; in particolare carpa, carassio, abramide e pescegatto erano le specie dominanti. La valutazione visiva e alcune pesate del pesce recuperato, hanno permesso di stimare la biomassa delle specie citate, come di seguito indicato: 150-170 kg per carpa, 70-80 kg carassio, 30 kg abramide, 70-80 kg pescegatto, di cui al momento del secondo sopralluogo, alle 14:30 dello stesso giorno, è stata stimata la moria di circa l’80 % per la carpa, 60 % per il carassio, 90 % per l’abramide e 30 % per il pescegatto.

Prosciugamento e moria di fauna ittica nello scolo Principale Inferiore, loc. Spiazzino.


3.2.5. Sopralluogo e campionamento acque presso le chiuse di Val Pagliaro, Po di Volano.
In data 16/12/2006, il personale del Dipartimento di Biologia dell’Università di Ferrara si è recato sul Po di Volano all’altezza dello sbarramento di Val Pagliaro, a seguito di una comunicazione da parte dell’Amministrazione Provinciale, inerente il ripetersi di fenomeni di inquinamento delle acque e moria della fauna ittica.
Il sopraluogo è avvenuto dalle ore 8.30 alle 12.00. Non è stata evidenziata alcuna moria di fauna ittica né di altre componenti biotiche, nemmeno sono stati riscontrati esemplari in superficie in evidente stato di stress, come registrato nella precedente occasione. Gli esemplari di siluro e abramide presenti in superficie si mostravano tutti in avanzato stato di decomposizione, la cui morte è stata ricondotta al precedente inquinamento, avvenuto 7-8 giorni prima
Nei pressi della chiusa, in prossimità dello stramazzo, è stato riscontrato un forte odore di ammoniaca e un’abbondante presenza di schiuma bianca e soffice, che si estendeva per alcune centinaia di metri a valle della chiusa.
Nei campioni d’acqua, prelevati nello strato d’acqua di superficie (0,50 cm) sono stati misurati pH, concentrazione e percentuale di saturazione di ossigeno disciolto e la concentrazione di azoto in forma ammoniacale; i risultati sono riportati nella tabella a seguire.
Campione pH O2 % O2 mg/l NH4+ mg/l
Monte della chiusa 7,66 60 6,3 7,6
Valle della chiusa 7,65 84 9,6 7,5
I valori molto elevati di concentrazione dell’azoto ammoniacale confermano le osservazioni fatte nei pressi dello stramazzo, ma, in relazione ai valori misurati del pH, non raggiungono la soglia di tossicità acuta.


Po di Volano all’altezza dello sbarramento di Val Pagliaro.


3.2.6. Sopralluogo ed analisi delle acque dei canali Fosse e Anita, Mezzano sud-est
In data 28/08/2007, personale del Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell’Università di Ferrara, si è recato sul canale Fosse e sul canale Anita, del settore sud orientale della bonifica del Mezzano, a seguito di una comunicazione di moria della fauna ittica; il sopralluogo è avvenuto tra le 15 e le 17.30.
L’ispezione visiva ha riguardato l’intera estensione del canale Fosse mentre il canale Anita è stato monitorato per circa un km a monte dell’incile con in canale Fosse; in entrambi i canali è stata documentata estesa moria, con numerosi esemplari in avanzato stato di decomposizione, morti da circa tre giorni, e accumulati in superficie, nel sottoriva, per tutta la lunghezza dei due corsi d’acqua e principalmente in prossimità dell’unione tra il canale Anita e il canale Fosse e dell’immissione del canale Fosse nel collettore Fosse. Il quantitativo morto è stata stimato tra i 40 e 50 quintali, così ripartito: 50% carpa, 30% carassio e 20% siluro.
Sono stati effettuati profili verticali della colonna d’acqua (sonda multiparametrica Ocean Seven, 316, Idronaut, Brugherio, MI) di profondità, temperatura, conducibilità e salinità, pH, concentrazione e % di saturazione di O2 disciolto, all’incile tra il canale Anita e il canale Fosse e in prossimità dell’immissione del canale Fosse nel collettore Fosse-Foce.


Strato Temp (°C) Cond (mS) Sal (g/kg) O2 % O2 (ppm) pH
profilo 1 superficie 30.17 1.88 0.86 141.36 10.57 6.42
profilo 1 fondo 27.62 7.40 3.89 117.19 8.99 6.13
profilo 2 superficie 30.89 2.62 1.20 201.06 14.82 7.99
profilo 2 fondo 26.46 11.58 6.40 131.07 10.13 7.00
profilo 3 superficie 28.26 1.97 0.93 194.64 15.04 6.24
profilo3 fondo 26.86 5.22 2.70 28.84 2.26 6.30
profilo 4 superficie 28.05 2.11 1.01 196.73 15.25 7.75
profilo 4 fondo 27.00 4.91 2.52 76.55 5.99 7.14
Valori medi di temperatura, conducibilità, salinità, pH, conc. e % sat. di ossigeno disciolto, rilevati alla congiunzione del Canale Fosse e del Canale Anita (profilo 1 e 2 ) e alla congiunzione del Canale Fosse con il collettore Fosse (profilo 3 e 4), nello strato superficiale (0-40 cm) e prossimo al fondo.

Inoltre, all’altezza della congiunzione tra i canali Anita e Fosse, sono stati prelevati campioni d’acqua sia nello strato superficiale (0-40 cm) sia di fondo per il dosaggio del BOD5 e dei principali composti inorganici dell’azoto riportati nella seconda tabella.
Strato d’acqua NH4+µm NO2- µm PO4-µm BOD5 mg/l
Superficie 18,1 0,5 0,2 31,9
Fondo 644 1,5 15,0 10,4
Valori medi di concentrazione di azoto ammoniacale e nitroso, di fosforo ortofosfato e di BOD5, rilevati nel canale Fosse nello strato superficiale (0-40 cm) e prossimo al fondo.

L’individuazione dei fattori che hanno determinato la moria non è facile perché tra in momento in cui si è verificata e quando siamo stati avvisati e ci siamo recati sul posto, sono passati circa tre giorni. Tuttavia, dalla interpretazione congiunta di alcuni risultati analitici e delle informazioni raccolte sul campo è stato possibile formulare l’ipotesi più probabile.
Innanzi tutto la cronologia di alcuni eventi, indicataci dai tecnici del Consorzio di Bonifica del II Circondario:
- la circolazione delle acque, all’interno dei due corsi d’acqua interessati, è stata fermata a partire dal giorno 22/08/2007 al 26/08/2007, giorno in cui sono stati notati i fenomeni di moria;
- nei giorni 21e 22/08/07 la zona è stata interessata da forti precipitazioni, che hanno indotto ad interrompere la derivazione delle acque che alimentava i due citati canali, derivazione poi ripresa tra il giorno 26 e il 27/08/07;
- al momento dell’arrivo de tecnici del consorzio, le acque presentavano un insolito colore scuro;
- in tale occasione, oltre alla vasta moria di carpa, carassio e siluro, sono stati notati numerosi individui di pesce gatto che boccheggiavano in superficie; in occasione del nostro sopraluogo sul sito, pur avendo percorso gli interi tratti dei canali interessati dalla moria e dove permaneva lungo le sponde il pesce morto, non è stato trovato nessun pescegatto.
In base a questi elementi ed ai risultati riportati in tabella è possibile affermare che:
1) è escludibile che la causa della moria sia uno sversamento di composti tossici perché questo avrebbe portato a morte tutte le specie ittiche presenti, inclusi pesce gatto (visto boccheggiare ma non trovato morto) e anguilla, la cui presenza nei citati canali è stata documentata (Caramori e Turolla, 2004) ma di cui non è stato visto morto o sofferente nessun esemplare;
2) la concentrazione di ossigeno, misurata al momento del campionamento (circa 3 giorni dopo la moria) presentava valori di sovrasaturazione; questa evidenza non è in alcun modo informativa e riferibile al momento della moria ma dipende dal ricambio dell’acque effettuato dai tecnici del Consorzio di Bonifica dalla sera tarda del 26.08;
3) in data 22.08.07 la forti precipitazioni avevano portato nel canale notevoli volumi di acqua dolce che incontrando acqua debolmente salata, presente da metà della colonna d’acqua verso il fondale, come evidenziato con i profili e dalle medie della precedente tabella, ha reso la stratificazione ancora più marcata, favorendo un isolamento dell’acqua di fondo dagli strati sovrastanti e quindi dalla diffusione di ossigeno verso il basso;
4) dopo le intense piogge del 21 e 22.08.07, le acque di scolo possono aver veicolato nei canali Anita e Fosse sostanza organica tale da innescare, alle elevate temperature tipiche del periodo, rapido consumo di ossigeno;
5) le elevate concentrazioni di azoto ridotto (ammoniacale), misurate nell’acqua di fondo all’altezza dell’intersezione dei canali Anita-Fosse al momento del campionamento sono una forte indicazione di condizioni di decomposizione di sostanza organica in assenza di ossigeno; data la stratificazione dei canali, la presenza del pesce morto in superficie e di elevata concentrazione di azoto ammoniacale sul fondo sono considerabili eventi slegati;
6) il colore nero delle acque rilevato dai tecnici del consorzio al momento della moria e ancora presente nell’acqua di fondo, al momento del campionamento, indica condizioni di anossia perdurante e tale da aver favorito la produzione di idrogeno solforato e solfuro ferroso (colore nero) sia a livello di fondale sia di acqua di fondo; ciò è stato confermato anche dal tipico odore di uova marce dell’acido solfidrico, rilevabile in tutti campioni di acqua di fondo da noi prelevati in entrambe le stazioni.
Riassumendo e concludendo, con buona approssimazione è possibile affermare che la moria verificatasi il 26.08.07 nei canali Fosse e Anita è stata causata da anossia. Gli elementi che in modo sinergico possono aver determinato il verificarsi di tale evento sono:
- la natura ipertrofica dei canali in oggetto, fortemente disturbati e disequilibrati, dove si verificano accumuli consistenti di sostanza organica autoctona, soprattutto sul fondo e soprattutto alla fine dell’estate (Castaldelli et al, 2004);
- la notevole salinità delle acqua di fondo che accentua la stratificazione e impedisce il rimescolamento;
- l’interruzione delle derivazioni irrigue e del deflusso nei giorni precedenti che ha fatto cessare questo input di ossigeno;
- le intense piogge verificatesi il 21 e 22.08.07 che hanno accentuato la stratificazione e potenzialmente portato nei canali ulteriore sostanza organica per dilavamento dei terreni circostanti.
Per tutti i citati fenomeni è molto probabile che la moria sia stata dovuta ad anossia notturna che dall’acqua di fondo ha invaso l’intera colonna d’acqua.

Canale Fosse con vari individui di carpa, carassio e siluro lungo tutto il profilo di riva.



3.2.7. Cattura eccezionale di un esemplare di lampreda di mare Petromyzon marinus (Linnaeus 1758 )
Il 19 marzo 2007, in prossimità della foce Po di Goro, il ramo più meridionale del delta del Po, è stato accidentalmente catturata da un pescatore professionista una lampreda di mare Petromyzon marinus (Linnaeus 1758) di notevoli dimensioni. L’animale è stato trasportato presso un Centro di Ricerca sui molluschi (C.Ri.M.) sito in Goro (FE) e dopo alcuni accertamenti e misure è stato rilasciato nelle adiacenze del luogo di cattura.
Note di biologia
Classe Ciclostomi, Ordine Pretomizontiformi, Famiglia Petromizontidi, Genere e Specie: Petromyzon marinus Linnaeus 1758. Ancora regolarmente segnalata in tutta l’area mediterranea fino agli anni 50’, le catture sono progressivamente calate sino ad oggi, tanto da far considerare il suo rinvenimento un fatto del tutto eccezionale in molti areali. In numerosi fiumi italiani ed in particolare in Piemonte, Veneto e Abruzzo è considerata estinta da almeno vent’anni (Bianco P.G., 1998; Zerunian, 2004). È nota la cattura di pochissimi esemplari di grossa taglia durante la fase di rimonta, in corsi d’acqua in provincia di La Spezia e nel tratto terminale del fiume Tevere, (ma quasi certamente, senza la possibilità di raggiungere i luoghi adatti per la riproduzione); pertanto la specie potrebbe già essere considerata in via di estinzione nelle acque dolci italiane (Zerunian,. 2004). La lampreda di mare era un tempo ampiamente diffusa in buona parte del territorio ferrarese dove aveva un notevole interesse culinario, come emerge dal primo documento ufficiale che la segnala, il celebre testo del Cerimoniere della Corte Estense, Cristoforo da Messisbugo, del 1549.
La specie è andata incontro a progressiva rarefazione durante il ‘900 e l’ultimo documento ufficiale che ne segnala la presenza in provincia di Ferrara risale al 1976 (Cavicchioli, 1976). È un pesce primitivo, dal corpo allungato, anguilliforme, con 7 aperture branchiali per lato. La bocca circolare si apre in posizione ventrale all’estremità anteriore del capo, il disco boccale è provvisto di numerose file concentriche di denti di grandezza diversa e la lingua a forma di stantuffo è anch’essa provvista di denti (Ladiges -Vogt., 1986). La lunghezza può superare i 90 cm e in casi eccezionali arrivare fino ai 2 kg di peso (Berg., 1962). La colorazione del dorso è di tipo marmorizzato nero su fondo grigio-verde, mentre il ventre è grigio-bianco. La distribuzione geografica è ampia e comprende entrambi i versanti della parte settentrionale dell’Oceano Atlantico. In Europa l’areale era ampio ed interessava tutte le coste e i principali corsi d’acqua dalla Scandinavia all’Adriatico, con il grosso della risalita riproduttiva nel Po, fino al Mar Nero e al Danubio (Ladiges -Vogt., 1986; Berg., 1962).
Specie migratrice anadroma, occupa diversi tipi di ambiente durante il ciclo di vita, riproducendosi nei tratti medio alti dei corsi d’acqua, per svolgere la fase larvale nei tratti di medio e basso corso e completare il proprio sviluppo in mare, dopo la metamorfosi. In Italia, gli individui sessualmente maturi risalivano i principali corsi d’acqua tirrenici e adriatici per raggiungere acque ben ossigenate e fondali ghiaiosi e ciottolosi, dove maschi e femmine lavorano in coppia per formare una depressione sul fondale dove deporre i gameti, a temperature comprese tra 17 – 19 °C (Zerunian., 2004). Durante la migrazione gli animali cessano di alimentarsi e il loro apparato digerente si atrofizza; così divenuti incapaci di nutrirsi, muoiono subito dopo la riproduzione (Tortonese, 1956).
Dopo la schiusa le larve, dette “ammoceti”, con fori branchiali ancora uniti e bocca non ancora rotonda ma a ferro di cavallo (Berg., 1962), vengono portate a valle dalla corrente e appena trovano un substrato fangoso, li vivono affossate per 4-6 anni, nutrendosi di microrganismi animali e vegetali (Sterba, 1962; Ladiges-Vogt, 1986). Raggiunta la lunghezza di 12 - 15 cm gli ammoceti completano la metamorfosi in adulto e, con l’autunno, migrano in ambiente marino. Durante la vita marina, le lamprede con il notevole ed estremamente specializzato apparato boccale, si attaccano al corpo di pesci ossei di taglia media (trote, salmoni, merluzzi, sgombri), ma anche ad altri vertebrati come squali e delfini, provocando ulcere alla pelle per succhiarne il sangue (Ladiges -Vogt., 1986; Zerunian., 2004; Tortonese, 1956). La pesca delle lamprede si praticava soprattutto nel momento della risalita riproduttiva, utilizzando reti da posta e nasse, o con particolari uncini utilizzati per staccare gli animali dal substrato, dove rimanevano ancorati con la ventosa. Nei paesi in cui la specie è ancora pescata, le carni degli adulti, tipicamente grasse e molto saporite, sono apprezzate sia fresche sia dopo affumicatura.

Il ritrovamento
Il 19 marzo 2007, nel Po di Goro, il ramo più meridionale del delta del Po, durante una battuta di pesca professionale al cefalo, a pochi km dalla foce, è stata accidentalmente catturata una lampreda di mare di notevoli dimensioni. L’animale è stato trasportato con cura al Centro di Ricerca sui Molluschi (C.Ri.M), in Goro (FE), dove si è proceduto ad effettuare il riconoscimento specifico ed alcune misure biometriche. Si trattava di un maschio adulto, della lunghezza di 71,2 cm e peso di 735,4 g, dimensioni notevoli che in relazione anche al periodo dell’anno, indicano che l’animale si apprestava a compiere la risalita riproduttiva del Po. L’anticipo della data rispetto al periodo riportato per questa specie è spiegabile con le particolari condizioni climatiche del 2007 che ha determinato un anticipo di circa un mese della riproduzione delle specie ittiche di acqua dolce della provincia di Ferrara (Lanzoni, osservazioni personali). Dopo alcune ore, l’animale è stato rilasciato nel Po di Goro, a poca distanza dal luogo di cattura.
Il ritrovamento di questa specie nel delta del Po è un evento straordinario, carico di significati evocativi che nel cuore di chi si prodiga per la conservazione e gestione delle risorsi naturali suona come un atteso segnale di cambiamento.
Si ringrazia il Sig. Bruno Mantovani per la sensibilità dimostrata nella inattesa cattura di un animale così raro, mantenendolo in buone condizioni e provvedendo ad avvisare il Presidente Regionale di Federcoopesca Vadis Paesanti che ringraziamo per averci immediatamente contattati.

L’esemplare di lampreda di mare catturato alle foci del Po di Goro.

Particolare dell’apparato boccale
Riferimenti bibliografici
Berg L.S. (1962). Freshwatwer Fishes of the U.S.S.R. and Adjacent Countries. Fourth edition, improved and augmented. Academy of Sciences of the U.S.S.R. Zoological Institute, Israel Program for Scientific Translation, Jerusalem 1962; 504 pp.
Bianco P. G. (1998) Freshwater fish transfers in Italy: history, local modification of fish composition, and a prediction on the future of native populations. In Stocking and Introductions of Fishes (Cowx, J., ed.), pp. 165-197. Oxford: Fishing News Books.
Cavicchioli G. (1976) Fauna ittica del ferrarese. Ferrara, Ente Ferrarese Esposizioni e Rassegne.
Messisbugo C. (1549) Libro novo nel qual s’insegna a far d’ogni sorte di vivande et apparecchio generale. De Buglhat G. and Hucher A. Eds., Ferrara, Italy.
Ladiges W. & Vogt D.,1986. Guida dei Pesci d’acqua dolce d’Europa. Franco Muzzio & c. editore, Padova, 233 pp.
Sterba G., 1962. Freshwater fishes of the world. A studio book. The Viking Press. New York, 247 pp.
Tortonese E. 1956. Fauna D’Italia, Leptocardia, Ciclostomata, Selaci. Vol II, Calderini – Bologna, 334 pp.
Zerunian S. 2004. Pesci delle acque interne d’Italia. Quad. Cons. Natura , 20. ministero Ambiente- Ist. Naz. Fauna Zelvatica.




3.2.8 Monitoraggio e sperimentazione della popolazione di rana verde nel territorio della provincia di Ferrara

Introduzione
In tutto il mondo sono numerose le specie di Anfibi a rischio di estinzione (Brown et al., 2001) tanto da far considerare questa classe come quella maggiormente minacciata tra i vertebrati tendenza ampiamente descritta e documentata già a partire dagli anni ottanta (Wake, 1998; Houlahan, 2000).
Le caratteristiche peculiari dei loro cicli biologici, che necessitano sia del comparto acquatico che di quello terrestre, pone gli Anfibi costantemente a contatto con sostanze inquinanti e numerosi altri fattori di rilascio (Bullini, 1985; Reale et al., 1993; Collins et al.,2003).
Le cause principali di questo declino sono in gran parte da attribuire all’alterazione degli habitats, al sovrasfruttamento, all’introduzione di specie esotiche, all’aumento delle radiazioni UV-B, all’inquinamento da sostanze chimiche come pesticidi e erbicidi e ai cambiamenti climatici (Collins and Storfer, 2003; Woodfond & Mayer, 2003).
Tali alterazioni che pongono in serio rischio l’intera classe sono le stesse che minacciano la specie appartenenti alla fauna italiana (Spigonardi et al., 2003) e possono essere riferibili anche all’impoverimento delle popolazioni di anfibi del territorio padano e dell’areale del delta del Po (Mazzotti, 1993).
La loro elevata sensibilità a fattori climatici e ambientali fanno di questi animali ottimi indicatori ambientali biogeografici ed ecologici (Reale et al., 1993, Duellmann-Trueb, 1994); in modo particolare, le rane del complesso Rana esculenta sono state usate come biosensori (Kiseleva, 1997) o come indicatori, correlando i cambiamenti nella loro distribuzione biogeografia con la presenza di stress antropici e di specifiche sostanze chimiche (Misyura et al., 1996; Toktamysova & Kaidaulova, 1996). Per questo motivo alcuni autori propongono il complesso delle rane verdi (Rana esculenta e Rana lessonae) come un buon indicatore d’inquinamento e di alterazione ambientale (Cantucci et al., 1995; Andreani et al., 1997, 1999, 2002 ).
Fra gli anfibi le rane verdi, rappresentavano una quota considerevole della biomassa delle zone umide dell’Emilia Romagna (Mazzotti, 2003) e possono quindi essere considerate un indicatore abbastanza sensibile del livello di inquinamento, in particolare di quello derivante dall’immissione di pesticidi e fertilizzanti nell’ambiente come conseguenza delle attività agricole (Hamer et al., 2004). Tali sostanze che se impiegate in grosse quantità, posso provocare riduzione del movimento, perdita di peso, rallentamento della crescita, malformazioni fisiche ed aumento della mortalità (Hecnar, 1995; Xu & Oldham, 1997; Marco et al.,1999).
I risultati presentati in questo lavoro si inseriscono in un programma di monitoraggio della popolazione di rane verdi in un ambiente d’acqua dolce la cui idrologia e qualità dell’acqua sono state fortemente alterati dall’uomo nel corso degli ultimi cento anni, il delta del fiume Po. Si tratta di un’area deltizia, formata dal più grande fiume d’Italia, che include due parchi regionali con una superficie complessiva di 1170 Km2 e 8 siti Ramsar. Tutte queste aree sono riconosciute come Siti di Interesse Comunitario (SIC) e Zone a Protezione Speciale (ZPS) dall’Unione Europea.
La ricerca è stata condotta con la prospettiva di ottenere la maggior quantità di informazioni possibili sui fattori responsabili della presenza/assenza di rane verdi nel territorio del delta del Po in provincia di Ferrara, prestando particolare attenzione all’alterazioni ambientali e all’impatto delle attività antropiche.
In questo modo si è cercato di acquisire indicazioni utili ai fini di adottare azioni di tutela verso la rana verde indirizzate alla gestione della specie sia nelle aree maggiormente vocate e sottoposte a vincoli sia in tutto il territorio provinciale.


Area di studio
L’area di studio è inserita all’interno della provincia di Ferrara (2630 Km2) e nel Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia-Romagna (Figura 1). Il territorio provinciale, per la maggior parte sotto il livello del mare, è stato completamente bonificato con gli ultimi interventi realizzati nel dopoguerra ed è servito da una rete di canali con un’estensione lineare di circa 3600 km.
Il rapporto delle attività di monitoraggio (1999-2003) della qualità ambientale da parte dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e l’Ambiente (ARPA), classifica i principali corsi d’acqua della provincia ad un stato ecologico alterato o molto alterato. Le principali cause di questo disturbo e degrado dell’ecosistema sono da ricercarsi nell’elevata concentrazione di nutrienti presente nelle acque interne che provocano intense e ripetute fioriture di fitoplancton che mantengono costantemente elevato il carico di sostanza organica al sedimento dove condizioni di scarsità o assenza di ossigeno sono molto frequenti (Mantovani et al., 2004). Differentemente, le concentrazioni di metalli pesanti (Zn, Cu, Cd, Hg e Pb) e pesticidi sono segnalate sotto i limiti indicati dalla Legislazione Italiana (Leg. Dec. 152/99).
La scelta dei siti di sperimentazione è stata fatta sulla base di una dettagliata conoscenza della rete idrografica ferrarese. Le informazioni acquisiste in un quadriennio (2003-2006) di monitoraggi ad ampio spettro sulla fauna ittica e sulle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche di questi ecosistemi ha indirizzato il vaglio su una rosa di decine di siti, monitorati nell’autunno del 2005 ed all’inizio della primavera del 2006. La consistenza numerica di rana verde è risultata estremamente bassa, al punto di non garantire la prosecuzione dell’esperimento o l’acquisizione di dati significativi. Solamente tre siti campione presentavano una popolazione idonea di rana verde in concomitanza di quelle caratteristiche ambientali di cui si intendeva testare gli effetti:
Sito A (Jolanda di Savoia, 44°54’N, 12°00’E, 16ft): si tratta di un canale ad uso irriguo che divide una strada carreggiabile da un terreno agricolo, a risaia. Il fosso lungo 300-350 m e largo 2 m è caratterizzato da abbondante vegetazione sia sulle rive che in acqua quasi esclusivamente composta da canna palustre, Phragmites australis. Il livello idrico è regolamentato artificialmente in base alle esigenza agricole, in particolare quelle della adiacente risaia. Il terreno circostante è per la quasi totalità adibito a risaia, tranne che per una piccola porzione in cui sono presenti colture orticole (angurie e fragole) in serra. Tale sito è stato selezionato per verificare l’effetto di limitazione della predazione da parte di ardeidi in presenza di vegetazione emergente a canneto, il cui ciclo di crescita era nelle prime fasi all’inizio della sperimentazione. Nel canale non sono mai stati censiti esemplari di gambero rosso, considerato assente.
Sito B (Ostellato, 44°43’N, 11°53’E, 16ft): è rappresentato da un canale irriguo localizzato a pochi chilometri di distanza dall’abitato di Ostellato in loc. Martinella. Il canale, di lunghezza pari a 450-500 m e largo dai 3 ai 4 m., è inserito all’interno di un terreno a seminativo (girasoli e erbamedica).
Il tratto preso in esame è al limite tra campi coltivati a girasole e l’argine del canale Circondariale su cui è presente un percorso cicloturistico di recente realizzazione. Le rive del canale sono ricoperte in prevalenza da vegetazione erbacea e radi pioppi di recente impianto. Sulle sponde del canale usato come sito sperimentale, la vegetazione prevalente è erbacea e rada canna palustre (Phragmites australis). Il livello idrico è regolamentato artificialmente attraverso un chiusino, che lo mette in comunicazione con il canale Circondariale; nel periodo di sperimentazione il battente idrico è rimasto estremamente ridotto, mediamente di 25 cm. In questo canale erano presenti due tipologie di predatore: ardeidi e gambero rosso della Luisiana.
Sito C (Aguscello, Ferrara, 44°47’N, 11°39’E, 4ft): è rappresentato da un canale di proprietà privata ad uso irriguo, situato nella prima periferia di Ferrara, in località Aguscello, in un’area esclusivamente agricola.
Il fosso è costeggiato da una strada carreggiabile e da una capezzagna sull’altro lato confinante con colture cerealicole, frutteto (pere, pesche e albicocche) e fragole in pieno campo. Ha una larghezza di circa due metri e una lunghezza di 400 m, caratterizzato sulle rive da copertura erbacea frequentemente sfalciata e nella fascia adiacente all’acqua ed in acqua da numerose specie vegetali (tifa, giunco fiorito, miriofillo, lenticchia d’acqua e morso di rana). L’acqua e immessa artificialmente dal condotto Colombo che la deriva dal Po di Primaro.
Il battente idrico è rimasto pari a 40-50 cm per tutto il periodo primaverile ed estivo della sperimentazione; durante i mesi invernali il canale è solitamente svasato e in esso permane un battente di pochi centimetri. Anche in questo canale, come nel precedente, erano presenti sia ardeidi che gambero rosso.
Campionamenti
Tra le potenziali cause implicate nel declino delle popolazioni di rana verde, in particolare, è stato testato l’effetto vegetazione emergente e della vegetazione sommersa come fattori di limitazione della predazione sugli adulti da parte di uccelli ittiofagi (in particolare ardeidi) e su uova, girini, giovanili da parte di la presenza del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), recentemente introdotto in provincia di Ferrara. I siti di sperimentazione sono stati scelti anche in relazione alla assenza di fauna ittica, in modo da eliminare a priori questa possibile interferenza.
I canali che presentavano condizioni morfologiche e idrologiche simili e un livello confrontabile di impatto antropico, relazionabile alle pratiche agricole, più severo nel sito C, in relazione al trattamento fitosanitario dei confinanti frutteti convenzionali a pere, pesche e albicocche e del campo di fragole.
Nel sito A è stata valutata l’effetto di protezione da parte della vegetazione emergente (canna palustre) sulla predazione degli ardeidi, confrontando tre transetti coperti con rete anti ittiofagi (ER = macrofite emergenti e rete) in materiale sintetico (maglia di 15 cm, fissata al bordo del canale a circa 0,8 m dalla superficie dell’acqua), con tre transetti non coperti (EC = macrofite emergenti controllo, senza rete).
Nei siti B e C sono invece stati applicati quattro trattamenti per testare l’effetto predazione da parte sia di ardeidi che di gambero rosso in un sito privo di macrofite (B) ed in uno con abbondanti macrofite sommerse (C):
1) copertura con rete per limitare la predazione da parte degli ardeidi (R = rete, nel sito B; SR = macrofite sommerse e rete, nel sito C);
2) posizionamento di gabbie in plastica (40x25x25 cm, rete con maglia di 0,3 cm) con esche (Fjälling, 1995), disposte una ogni cinque metri in tutto il transetto (G = gabbie, nel sito B e SG = macrofite sommerse e gabbie, nel sito C);
3) presenza sia di rete che di trappole per escludere entrambi i predatori (RG e SRG rispettivamente per sito B e C);
4) controllo, in assenza di rete e trappole (C e SC, rispettivamente nel sito B e C).
Tutti i tratti considerati presentavano lunghezza di 15 m e larghezza pari a quella del corso d’acqua.
Nel sito B, al fine di incrementare la consistenza numerica della popolazione presente, relativamente scarsa, 10 giorni prima dell’inizio della sperimentazione è stato effettuato un ripopolamento con 37 esemplari selvatici di rana verde, catturate senza apportare lesioni, in altri canali simili dello stesso comprensorio.

Mappa della provincia di Ferrara con indicati i tre siti di campionamento A, B e C


Allestimento e preparazione dei transetti

Tecniche di monitoraggio
Il campionamento è stato effettuato a partire da maggio e sino alla fine di agosto, con cadenza settimanale, basato sulla presenza/assenza di individui adulti di rana verde, tramite censimento per osservazione diretta (Heyer et al., 1994). Il Visual Encounter Surveyes (VES) consiste nel seguire un percorso lineare, di lunghezza prestabilita contando tutti gli esemplari che si incontrano a sinistra e a destra della linea che si sta percorrendo. La tecnica risulta maggiormente efficace durante le ore notturne con l’utilizzo di fari e lampade alogene (Heyer et al., 1994; Ferri & Ludovici, 2002).
Il Metodo del Retino è stato applicato in supporto al primo, durante il periodo riproduttivo. Consiste nella cattura mediante l’uso di retini (Shaffer et al. ,1994; Heyer et al., 1994). Su questa sperimentazione è stato usato un retino di maglia 5 mm, applicando due modalità: la prima partendo dal centro del canale fino a raggiungere la riva, la seconda percorrendo un tratto del canale per una decina di metri mantenendo il retino prossimo alla riva; sono state effettuate tre ripetizioni per ogni modalità.
Durante ogni uscita di campionamento, sono stati riportati in una scheda i principali elementi di caratterizzazione ambientale, temperatura minima e massima dell’aria, dell’acqua, il regime idrico, le condizioni meteo e le caratteristiche del territorio circostante, prestando particolare attenzione al tipo e allo stadio delle colture confinanti, in relazione ai trattamenti fitosanitari applicati.
Nella parte conclusiva della scheda, per ogni sezione sperimentata è sempre stata riportata la copertura vegetale macrofitica emergente e sommersa, in 4 classi di abbondanza: assente, presente, abbondante, molto abbondante, l’ abbondanza numeriche degli individui di rana verde, di girini o di ovature. Inoltre, se presenti, è stata riportato il numero di individui di altre specie di anfibi, ardeidi e ittiche, di interesse in relazione alla rana verde.
Analisi statistica
Le differenze nelle abbondanze di rana verde nei diversi trattamenti è stata testata singolarmente per ogni mese utilizzando le date come repliche per i vari tratti sperimentali, applicando una ANOVA ad una via per dati sbilanciati; la normalità dei dati è stata assunta e l’omoschedasticità è stata testata utilizzando il test di Levene. I confronti a posteriori sono stati effettuati utilizzando il test di Tukey.
Tramite regressione multipla è stata valutata la relazione tra l’abbondanza di rana verde ed i principali parametri ambientali.
Risultati
Da maggio ad agosto sono stati censiti complessivamente 3500 individui di rane verde.
Come sopra riportato, i risultati sono stati valutati per mese (Figura 3). In maggio, l’analisi statistica ha rivelato l’esistenza di differenze significative tra i dieci trattamenti individuati nei tre canali (F9,96 = 28,99, P < 0,001). I confronti a posteriori hanno poi rivelato che tali differenze dipendevano dalla presenza di una maggiore abbondanza di rane (56 ± 16 individui) nel trattamento SG del sito C, rispetto tutti gli altri siti. Inoltre, i quattro trattamenti del sito B (R, G, GR e C), nonostante il ripopolamento effettuato presentavano densità numeriche molto basse, di 2 – 4 individui per transetto, significativamente minori rispetto ai quelli nei siti A e C.
A fine maggio nel sito A le rane hanno abbandonato i fossati perimetrali, spostandosi nella adiacente risaia, in relazione anche alla contemporanea crescita della canna palustre tale da determinare un eccessivo adombramento del canale; pertanto nei mesi successivi il numero di trattamenti si è ridotto ad otto. Nel sito A, il monitoraggio di controllo, comunque effettuato in occasione di sopraluoghi ad ampio spettro nelle risaie adiacenti, e protratto fino ad agosto e settembre, ha confermato l’assenza di rane nel canale. Inoltre, da maggio in poi, nelle risaia adiacente al sito A, è stato verificata una certa presenza che con il passare della stagione è diminuita al crescere della densità di gambero rosso, apparso per la prima volta in questo comprensorio (comunicazione personale del proprietario del fondo) e di ardeidi. L’ultimo sopralluogo è stato effettuato durante la prima settimana di settembre in cui è stata documentata le presenza di numerosi di individui giovani, nati nell’anno, mentre la presenza degli adulti è risultata molto scarsa. Unica altra specie d’anfibio censita durante i campionamenti è stata la raganella italiana Hyla intermedia (Boulenger, 1882), con una ventina di individui complessivamente monitorati solo durante le prime uscite effettuate nel mese di maggio.
In giugno (F7,68 = 32,66, P < 0,001), luglio (F7,30 = 46,98, P < 0,001) e agosto (F7,19 = 16,91, P < 0,001) sono sempre state evidenziate differenze significative tra i trattamenti; come nel mese di maggio, tali differenze (P < 0,001) dipendevano dalla minore densità numerica media (1 – 4 individui) nei trattamenti del sito B rispetto al sito C, dove la densità media è rimasta sempre molto più alta, mediamente pari a 29 ± 4 individui per transetto. Non sono risultate significative (P > 0,05) le differenze tra i singoli trattamenti applicati in ciascuno dei due siti.
Inoltre, nel sito B con le nasse utilizzate per la limitazione del gambero, sono stati catturati esemplari di pseudorasbora in tutte le date di campionamento, specie a cui può essere attribuita una predazione sulle uova di rana, in parte confermata dal mancato rinvenimento di girini o giovanili di rana verde nello stesso sito.

Abbondanza (numero di individui) di rana verde nei trattamenti (C = controllo, G = gabbie, R = rete, GR gabbie e rete, E = vegetazione emergente e S = vegetazione sommersa), nei quattro mesi di campionamento.

L’andamento mensile della densità di rana verde ha mostrato differenze significative tra i mesi sia nel sito B (F3,139 = 4,95, P < 0,01) che nel sito C (F3,76 = 3,09, P < 0,05). In particolare nel sito B è stato evidenziato un progressivo calo della densità con luglio (P < 0,01) ed agosto (P < 0,05) aventi densità significativamente inferiori rispetto i mesi precedenti. Nel sito C, invece, i confronti a posteriori hanno evidenziato un solo confronto significativo tra agosto, con densità maggiore (P < 0,05) e giugno. Inoltre, solo nel sito C sono stati catturati esemplari di rana verde in tutti gli stadi di sviluppo (Figura 6) e una femmina il tritone crestato (Triturus carnifex), in giugno.
Infine, la regressione multipla effettuata considerando i parametri ambientali ritenuti di interesse (temperatura di aria e acqua, abbondanza di aironi e gamberi, abbondanza di macrofite), ha evidenziato una relazione positiva soltanto tra abbondanza di rane e abbondanza di vegetazione emergente (R2 = 0,584, F6,253 = 21,850, P < 0,001).




Esemplari di rana verde censiti nei tre siti durante le fasi di campionamento,
primavera/estate 2006.


Esemplare di raganella italiana H. intermedia censito nel sito A durante i campionamenti del mese di maggio 2006.


Esemplari di rana verde, nelle fasi di sviluppo (sito C).


Esemplare di tritone crestato femmina T. carnifex catturato nel sito C.

Discussione
I corsi d’acqua del territorio del Delta del Po sino a pochi anni fa ospitavano una abbondante popolazione di rana verde (Mazzotti, 2003), ora quasi scomparsa. Numerosi studi riportano casi di drastico declino delle popolazioni di rana correlato ad inquinamento da composti di sintesi ed in particolare fitosanitari e fertilizzanti (Cantucci et al., 1995; Andreani et al., 1997, 1999, 2002; Misyura et al., 1996; Toktamysova & Kaidaulova, 1996; Hamer et al., 2004; Hecnar, 1995; Xu & Oldham, 1997). Tali composti sono molto utilizzati nel territorio ferrarese quasi del tutto occupato da attività agricole fortemente industrializzate e caratterizzato inoltre dall’impiego per l’irrigazione di acqua del Po, ricevente e a sua volta vettore del contributo, agricolo ed industriale di buona parte della pianura padana. Nel sistema sperimentale utilizzato, la possibilità di testare l’effetto di tali contributi era implicitamente considerata nella collocazione dei siti, sottoposti ad un livello crescente di inquinamento chimico:
- molto basso nel sito B, posizionato a ridosso di una ampia fascia di rispetto di una pista ciclabile e del canale Circondariale, dove non è effettuato nessun trattamento chimico. In aggiunta il sito si trovava circondato da ampi incolti e/o colture a bassa richiesta di trattamenti chimici e fertilizzanti, quali sorgo e girasoli e riceveva acqua dal c. Circondariale che secondo serie pluriennali di dati di monitoraggio della qualità delle acque è in classe 3 del SECA (Stato Ecologico del Corso d’Acqua; media 2000-2004, www.arpa.emr.it/acqua/baln_acque_superficiali.asp)
- livello di inquinamento medio nel sito A, sito in area di intensa coltivazione risicola e di seminativi, e dove l’acqua è derivata direttamente dal Po, per cui può essere preso come riferimento il SECA della Stazione di Berra, in classe 3-4, peggiore di quello del sito B;
- livello di inquinamento alto nel sito C, che per la quasi totale estensione era esposto a deriva di una ampia gamma di composti fitosanitari, utilizzati nei frutteti convenzionali adiacenti e in un appezzamento a fragole. L’acqua di tale sito è derivata dal Po di Primaro, in prossimità dell’incile con il Po di Volano; pertanto, come riferimento può essere presa la stazione sul Po di Volano, Ponte della Pace posta a monte della città di Ferrara, avente un SECA in classe 4, ancora più basso.
Secondo tale gradiente crescente del livello di inquinamento l’andamento atteso della densità di rane dovrebbe essere stata sito B>A>C, mentre in tutto il periodo di studio sono state evidenziate densità mediamente circa dieci volte maggiori nel sito C rispetto al sito B, quindi secondo un trend nettamente opposto all’atteso.
Altri fattori hanno quindi esercitato un ruolo molto più importante nel regolare le densità, potenzialmente gli stessi che hanno portato alla scomparsa della rana verde nella stragrande maggioranza dei canali della provincia ed alla sua riduzione numerica in pochi siti, tra cui quelli di sperimentazione.
Le ipotesi sperimentali riguardavano la predazione sugli adulti di rana verde da parte degli ardeidi, molto abbondanti rispetto ai primi anni novanta quando erano pressoché assenti in provincia di Ferrara, e su uova e girini da parte del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii) recentemente introdotto nel territorio provinciale (Castaldelli et al, 2006).
Inoltre si è testata la funzione di riparo della componente vegetazionale. Una prima indicazione in tal senso era ricavabile dall’osservazione che in concomitanza alla riduzione della densità di anfibi in tutto il territorio provinciale occorsa negli ultimi due decenni, si è assistito anche ad progressivo e parallelo declino della vegetazione sommersa ed emergente (Piccoli & Gerdol, 1983; Mantovani et al, 2004).
Inoltre, la presenza e la tipologia di vegetazione acquatica sommersa hanno un ruolo fondamentale nel ciclo riproduttivo della rana verde e potenzialmente (visto che studi in tal senso non sono stati ancora prodotti) sulla possibilità dei girini di sottrarsi alla predazione da parte del gambero rosso della Louisiana.
I risultati hanno evidenziato differenze significative in maggio tra il sito B, con scarsità o assenza di vegetazione, e i siti A e C, con abbondante vegetazione emergente e sommersa, rispettivamente, e in tutti gli altri mesi, tra i siti B e C, con il sito C che presentava sempre le densità di gran lunga maggiori. Ciò indica che la presenza della vegetazione emergente, ed in particolare canna palustre, ha un effetto positivo sopratutto all’inizio della primavera, tra metà aprile e metà maggio, quando i canali, in via di invaso non hanno ancora sviluppato vegetazione sommersa che diviene da fine maggio in poi l’elemento più importante in relazione al procedere del ciclo riproduttivo.
L’assenza di differenze significative tra trattamenti, protezione con reti anti uccelli ittiofagi nel sito A e nel sito C (con vegetazione emergente e sommersa, rispettivamente) e rimozione dei gamberi con gabbie (nel sito C con vegetazione sommersa, mentre nel sito A non è stata operata in quanto il gambero non era presente), indica che la presenza di vegetazione è essa stessa il principale fattore di protezione degli adulti e anche dei girini, catturati in abbondanza solamente nel sito C, con vegetazione sommersa.
Nel sito B, dove la vegetazione emergente era scarsa o essente, non sono state evidenziate differenze tra i trattamenti, sebbene in assenza di riparo dato dalla vegetazione ci si potesse aspettare una risposta positiva nei trattamenti protetti dalle reti. La nostra spiegazione è che la scarsità della vegetazione, oltre che ad una semplificazione della struttura architettonica del canale, abbia determinato una minore disponibilità di risorse trofiche, principalmente insetti e larve di insetti che vivono in associazione con macrofite emerse e sommerse (Scheffer et al, 1984; Kaenel et al. 1998; de Szalay & Resh, 2000). Ciò può aver inciso sulle rane adulte (in questo sito si era operato un intervento di ripopolamento, con poche decine di individui andando a rimpinguare la bassa densità) aumentandone la mobilità e inducendole ad abbandonare il transetto con rete, divenendo preda dei numerosi aironi sempre presenti, o addirittura ad abbandonare del tutto il canale. Va ricordato che nel sito B, oltre che ad ardeidi e gambero rosso, è stata evidenziata durante tutta la sperimentazione la presenza di pseudorasbora Pseudorasbora parva, potenzialmente in grado di predare le uova di rana, comunque mai evidenziate.
Conclusioni
In conclusione, tutte le evidenze fin qui riportate affermano che il fattore più importante nel determinare la presenza e l’abbondanza della rana verde nei canali della provincia di Ferrara è la vegetazione acquatica. In particolare, la presenza di macrofite emergenti è risultata essere significativa soprattutto in primavera quando la vegetazione è nelle prime fasi di accrescimento. Successivamente, quando si verifica un eccessivo adombramento, le rane tendono a migrare come evidenziato nel sito A, dal quale le rane si sono spostate nella adiacente risaia.
La presenza di macrofite sommerse (Sito C) ha evidenziato un effetto molto positivo in tutto il periodo considerato, in relazione alla protezione degli adulti dalla predazione di uccelli ittiofagi, dei girini dal gambero rosso e alla idoneità per la riproduzione e per il reperimento di risorse alimentari in tutte le fasi di sviluppo. Questi effetti positivi della vegetazione acquatica sono risultati di gran lunga più importanti rispetto all’atteso effetto negativo dell’inquinamento da prodotti fitosanitari che in questo sito era presente e di gran lunga maggiore rispetto agli altri considerati.
Alla luce di questi risultati è possibile affermare che il recupero delle popolazioni di rana verde nella provincia di Ferrara è ottenibile favorendo lo sviluppo della vegetazione acquatica ed in particolare di quella sommersa, ora assente, nei canali minori e negli ambienti marginali.

Ringraziamenti
Questo studio è stato realizzato grazie al finanziamenti della Amministrazione Provinciale di Ferrara, Assessorato all’Agricoltura. Si ringrazia il Dott. Renato Finco del Servizio di Protezione Flora e Fauna della Provincia di Ferrara ed il Dott. Alessandro Barbieri per il prezioso aiuto nelle fasi di individuazione dei siti e di reperimento degli individui da ripopolamento.

Bibliografia
Bianco, P. G. 1990. Vanishing freshwater fish in Italy. Journal of Fish Biology 37(Supplement A): 235-237.
Bianco, P. G. 1998. Freshwater fish transfers in Italy: history, local modification of fish composition, and a prediction on the future of native populations. In Cowx, J. (ed.), Stocking and Introductions of Fishes, pp. 165-197. Fishing News Books, Oxford.
Brown, R. M., A. C. Diesmos and A. C. Alcala. 2001. The state of Philippine herpetology and the challenges for the next decade. Silliman Journal 42(1): 18-87.
Bullini, L. 1985. Speciation by hybridization in animals. Bollettino Zoologico 52: 121-137.
Christin, M. S., L. Mènard, A. D. Gendron, S. Ruby, D. Cyr, D. J. Marcogliese, L. Rollins-Smith and M. Fournier. 2004. Effects of agricultural pesticides on the immune system of Xenopus laevis and Rana pipiens. Aquatic Toxicology 67: 33-43.
Collins, J. P. and A. Storfer. 2003. Global amphibian declines: sorting the hypotheses. Diversity and Distribution 9: 89-98.
Collins, J. P., J. Brunner, V. Miera, M. Parris, D. Schock and A. Storfer. 2003. Ecology and evolution of infectious desease. In Semlitsch R. (ed.), Amphibian conservation, pp. 1-28. Smithsonian Institution Press, Washington, D.C.
de Szalay, F. A. and V. H. Resh. 2000. Factors influencing macroinvertebrate colonization of seasonal wetlands: responses to emergent plant cover. Freshwater Biology 45: 295–308
Duellman, W. F., and L. Trueb. 1994. Biology of Amphibians. McGraw-Hill Inc., New York, 670 pp.
Ghetti, P. F. 1986. Macroinvertebrati nell’analisi di qualità dei corsi d’acqua. Indice Biotico: E.B.I., modif. Ghetti, 1986. Trento, Provincia Autonoma di Trento, pp.112.
Ghetti, P. F. 1997. I macroinvertebrati nel controllo della qualità di ambienti di acque correnti. Indice Biotico Esteso (I.B.E.). Manuale di applicazione. Trento, Provincia Autonoma di Trento, pp. 22.
Green, D. M. 2003. The ecology of extinction: population fluctuation and decline of amphibians. Biological Conservation 111: 331-343.
Hamer, A. J., J. A. Makings, S. J. Lane and M. J. Mahony. 2004. Amphibian decline and fertilizers used on agricultural land in south-eastern Australia. Agriculture, Ecosystems and Environment 102: 299-305.
Hecnar, S. J. 1995. Acute and chronic toxicity of ammonium nitrate fertilizer to amphibians from southern Ontario. Environmental Toxicology and Chemistry 14(12): 2131-2137.
Houlahan, J. E., C. S.Findlay, B. R. Schmidt, A. H. Meyer and S. L. Kuzmin. 2000. Quantitative evidence for global amphibian population declines. Nature 404: 754-755.
Kaenel, B. R.; C. D. Matthaei and U. Uehlinger, U. 1998. Disturbance by aquatic plant management in streams: effects on benthic invertebrates. Regulated Rivers: Research and Management 14: 341-356.
Kats, L. B., and R. P. Ferrer. 2003. Alien predators and amphibian declines: review of two decades of science and the transition to conservation. Diversity and Distributions 9: 99-110.
Kiseleva, E. I. 1997. Aspect of the chemical ecology and chemosensory guided behavioural reaction in anuran tadpole. In Pensoft Publishers (ed.), Advance in amphibian research in the former Soviet Union, pp. 95-101. Sofia.
Kupferberg, S. J. 1996. Hydrologic and geomorphic factors affecting conservation of a river-breeding frog (Rana boylii). Ecological Applications 6(4): 1332-1344.
Lane, S. J., and M. Fujioka. 1998. The impact of changes in irrigation practices on the distribution of foraging egrets and herons (Ardeidae) in the rice field of central Japan. Biological Conservation 83(2): 221-230.
Marco, A., C. Quilchano and A. R. Blaustein. 1999. Sensitivity to nitrate and nitrite in pond-breeding amphibians from the Pacific northwest. USA Environmental Toxicology and Chemistry 18: 2836-2839.
Mazzoni, D., L. Nobile, F. Quaglio and R. Restani. 1997. Diffusione dei gamberi d’acqua dolce in Emilia-Romagna: problemi ecopatologici legati all’introduzione di specie alloctone. Bollettino Società Italiana Patologia Ittica 9(21): 45-51.
Mazzotti, S. 1993. Anfibi e rettili: problemi ecologici dell’erpetofauna e dei relativi habitat nel bacino del fiume Po. Acqua Aria 7: 727–730.
Mazzotti, S. 2003. Biodiversità in Emilia-Romagna - Dalla biodiversità regionale a quella globale. Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara, Regione Emilia-Romagna. Siaca Arti Grafiche, Cento. pp.119.
Misyura, N., V. Y. Gasso and V. N. Sukhanova. 1996. Comparative ecology and biochemistry of amphibian and reptiles of polluted habitats. In Pensoft Publisher (ed.), Advance in amphibian research in the former Soviet Union, pp. 111-116. Sofia.
Muths, E., P. S. Corn, A. P. Pessier and D. E. Green. 2003. Evidence for desease-related amphibian decline in Colorado. Biological Conservation 110: 357-365.
Nobile, L. 1997. Presenza di gamberi alloctoni in Emilia-Romagna. Laguna 6 (Dicembre Speciale): www.regione.emilia-romagna.it/laguna/articolo.asp?id_articolo=48...
Piccoli, F. and R.Gerdol. 1983. Correlation between macrophyte vegetation and some water properties in the irrigation system of the Lower river Po Plane. Giornale Botanico Italiano 117: 261-270.
Real, R., J. V. Vargas and A. Antunez. 1993. Environmental influences on local amphibian diversity: the role of floods on river basins. Biodiversity and Conservation 2: 376-399.
Scheffer, M., A. A. Achterberg & B. Belman. 1984. Distribution of macroinvertebrates in a ditch in relation to the vegetation. Freshwater Biology 14: 367–370.
Spigonardi, M. P., G. La Porta, E. Goretti and M. Mearelli. 2003. Evidenze morfometriche del complesso della rana verde in tre siti umbri. Rivista di Idrobiologia XLII(1-3): 337–368.
Toktamysova, Z. S., and E. V. Kaidaulova. 1996. Growth, development, and respiration rate of Rana ridibunda Pall. Larvae exposed to chemicals. Russian Journal of Ecology 27(6): 450-451.
Wake, D. B. 1998. Action on amphibians. Trends in Ecology and Evolution 13: 379-380.
Woodford, J. E., and M. W. Meyer. 2003. Impact of lakeshore development on green frog abundance. Biological Conservation 110: 277-284.
Woodwiss, F. S. 1978. Comparative study of biological-ecological water quality assessment methods. Second practical demonstration. Summary report. Commission of the European Communities.
Xu, Q., and R. S. Oldham. 1997. Lethal and sublethal effects of nitrogen fertilizer ammonium nitrate on common toad (Bufo bufo) tadpoles. Archive of Environmental Contamination and Toxicology 32: 298-303.



3.3 Progetti Finalizzati
I Progetti Finalizzati nascono con lo scopo di approfondire particolari contesti, o problematiche, nei campi dell’ittiofauna, della pesca nelle acque interne e delle strutture che ne favoriscono la valorizzazione e la salvaguardia.
I progetti finalizzati rientrano tra attività previste dalla Regione Emilia-Romagna che devono essere svolte dalle province in materia di gestione e tutela della fauna ittica delle acque interne.
A seguire vengono riportati i principali progetti finalizzati messi in atto nelle acque interne della provincia di Ferrara dal 2004 al 2009

3.3.1.Progetto per lo studio e il monitoraggio di alcuni corsi d’acqua particolarmente pregiati e collegati a zone di tutela della fauna ittica
Nella Delibera n. 5463 del 9 novembre 1993 vengono indicati gli orientamenti per il ripristino e la tutela delle specie ittiche autoctone; in particolare gli indirizzi gestionali riguardano l’istituzione di zone specifiche per la tutela della fauna ittica, distinte in (Legge Regionale n° 11/93) zone di ripopolamento e frega (Zrf), zone di protezione integrale (Zpi), zone di protezione delle specie ittiche (Zpsi) e zone a regime speciale di pesca (Zrsp). Nella provincia di Ferrara, l’istituzione di Zrf è sicuramente l’intervento più attuato. Tuttavia, di fronte al rapido cambiamento ambientale e di composizione dei popolamenti ittici risulta fondamentale disporre di un continuo aggiornamento dello stato qualitativo delle Zrf in vigore e di una rosa di eventuali altre aventi i requisiti di idoneità. Una prima indagine compiuta in provincia di Ferrara nel triennio (1996-1998) aveva evidenziato un netto cambiamento strutturale della comunità ittica, in numerosi siti. Sulla scorta di tali risultati è stato attivato un progetto che prevedeva il monitoraggio e lo studio di alcuni corsi d’acqua della provincia di Ferrara particolarmente pregiati e collegati a zone di tutela della fauna ittica ed in particolare le Zrf, con particolare attenzione alle specie autoctone di particolare pregio come tinca e luccio, e a quelle di particolare interesse alieutico come pesce gatto e lucioperca.

Modalità di campionamento
Nell’utilizzo attuale di una Zrf si possono distinguere due funzioni principali, quella finalizzata al ripopolamento e quella di zona di riproduzione; a seconda della tipologia di canale e della ubicazione del tratto possono prevalere l’una o l’altra o essere importanti entrambe. Mentre non serve entrare nel merito della funzione di zona che favorisce la frega o riproduzione delle specie ittiche, può valer la pena di puntualizzare sulla funzione di zona di ripopolamento. Tale funzione di “ripopolamento” delle Zrf va infatti considerata nel particolare contesto del sistema idrico ferrarese, soggetto a prosciugamento completo di ampie porzioni dei bacini (svaso), solitamente effettuato all’inizio dell’autunno. Principalmente in relazione a ciò alcune Zrf sono state collocate in tratti dei canali maggiori dove, al momento degli svasi, il pesce può confluire trovando un battente idrico idoneo allo sverno. Un secondo aspetto, parimenti importante per la funzione di zona di ripopolamento è quello di servire da zone in cui effettuare il rilascio delle specie ittiche autoctone di particolare interesse e da dove, dopo un primo acclimatamento gli animali immessi possono spostarsi raggiungendo altri settori del canale o del bacino, idonei per la frega.
Detto questo, risulta immediato che nella valutazione della eleggibilità di un sito a Zrf è fondamentale considerare non solo la qualità ecologica generale e la presenza di aree idonee alla frega ed alla crescita degli avannotti ma anche una serie di caratteristiche ambientali legate al ripopolamento, tra cui le principali sono:
- la morfologia dell’alveo, la regolazione idraulica, la variazione annuale delle quote idriche ed il livello di compartimentazione del canale e del bacino per presenza di sostegni, chiusini, impianti di sollevamento, ecc.;


OFFLINE
Post: 243
Città: CODIGORO
Età: 37
Web Master FF
Presidente dell'FF
19/04/2011 13:42

- caratteristiche idrochimiche (temperatura, conducibilità, pH, conc. e % di saturazione O2 disciolto, torbidità, salii nutritivi di azoto e fosforo;
- caratteristiche biologiche tra cui lo stato della vegetazione sommersa, emergente e di riva, l’abbondanza fitoplanctonica come concentrazione di clorofilla a, produzione primaria lorda (PPL) fitoplanctonica, la composizione qualitativa e quantitativa della fauna macrozoobentonica e l’IBE (Indice Biotico Esteso);
- il tipo e la frequenza degli interventi di sfalcio della vegetazione acquatica e riparia;
- la composizione della comunità ittica.
Nei tratti presi in esame parte, o tutti, i citati aspetti sono stati analizzati per valutare l’idoneità del sito per le specie di particolare pregio, presenti o reintroducibili. Ad esempio, nel caso del luccio l’idoneità è stata valutata principalmente in relazione alla presenza di zone idonee per la frega o possibilità di movimentazione al fine di raggiungere tali zone, alle caratteristiche della colonna d’acqua, alla presenza di vegetazione sommersa, che garantisce nascondigli durante la caccia e rifugi dai potenziali predatori, es. siluro, e di riva, che protegge i giovanili dalla predazione degli ittiofagi, ed alla disponibilità di prede per tutte le classi di taglia. Per la tinca, le principali caratteristiche di idoneità considerate sono state la presenza di macrofite acquatiche o di altre strutture di rifugio dalla predazione, principalmente da parte del siluro, lo stato di ossidazione del sedimento superficiale che a sua volta è indice di abbondanza e diversificazione della macrofauna bentonica (lombrichi acquatici e piccoli crostacei) e quindi tale da rappresentare una buona disponibilità alimentare. Per il pesce gatto, è stata privilegiata la ramificazione del sistema idrico, la presenza di vegetazione ripariale lo stato di ossidazione del sedimento, possibilmente di colore chiaro e privo di chiazze di patina organica nerastra e traslucida; lo stato del sedimento è fondamentale per il pesce gatto ancora di più che per la tinca, sia in relazione alle necessità alimentari sia all’affossamento invernale di questa specie.

Risultati e proposte
I monitoraggi delle Zrf hanno in alcuni casi evidenziato un decremento della qualità ambientale e cambiamenti nella comunità ittica, rispetto al momento della istituzione del regime di protezione. Sinteticamente, sono state documentate:
- riduzione o assenza di zone rifugio (vegetazione acquatica sommersa ed emergente e vegetazione ripara, radici o tronchi sommersi, anfratti della sponda, ecc) e di habitat riproduttivi, originariamente presenti come zone poco profonde e vegetate del sottoriva;
- assenza o molto bassa densità di specie di pregio in particolare luccio;
- generalizzata assenza di avannotti e giovanili;
- presenza di esemplari di siluro di grossa taglia, favorita dal mantenimento di un battente idrico spesso superiore a metro ed dal divieto di pesca; infatti, in occasione di tutti i campionamenti nelle più importanti zone di ripopolamento e frega sono stati catturati siluri, spesso di taglia ragguardevole tali da determinare una elevata pressione predatoria anche sulle specie autoctone di pregio.
In base a questi risultati e osservazioni, e tramite il confronto con gli inventari ittici degli anni precedenti (1996-2000), è stata compilata una lista di siti per i quali è stata riscontrata la parziale perdita dei requisiti come Zrf, in relazione ai registrati mutamenti delle condizioni ambientali e biologiche:
 Collettore Acque Alte, dal Canale Malpiglio al sostegno Zaffo (Km. 3 circa), Comune Iolanda di Savoia;
 Canale Circondariale Sud Est, 1 Km. a valle ed 1 Km. a monte dell'Idrovoro Gramigna (Km.2), Comune di Argenta;
 Collettore Giralda, dall’idrovoro della Falce, a monte sino al ponte per 2,5 km, Comune di Codigoro;
 Canale Circondariale Nord Ovest, dalla sede COVATO al canale di confine dell'Oasi "Anse Vallive di Ostellato" (Km.6), Comune di Ostellato (solo destra idrografica; vedi proposte ZRF);
 Canale Convogliatore, dalla confluenza con il Canale Circondariale Nord Ovest a monte (km.2), Comune di Ostellato;
 Canale Circondariale Nord Ovest, dall'Impianto Idrovoro di Valle Lepri a monte per km.3 su entrambe le sponde, Comune di Ostellato;
 Canale Circondariale Sud Est, tratto di collegamento tra le due zone esistenti di Ripopolamento e Frega ( km. 8), Comuni Portomaggiore-Argenta;
 Condotto Contuga, dall’argine del Po alla confluenza con il Canal Bianco (km 3,2) Comune di Berra;
 Canale Pero, dall’impianto idrovoro a monte del ponte sulla strada Rangona (km.4), Comune di Portomaggiore;
 Canale delle Pilastresi, dalle acque vincolate a Campo di Gara alla confluenza con il Canale Burana (km.2,5), Comune di Bondeno;
 Po di Primaro, fatta eccezione per un tratto di 1,5 km in località Traghetto; eliminazione del tratto a monte per km. 3 dallo sbarramento di Traghetto all'incrocio delle SP 7 e 26, e del tratto a monte per km. 3,3 dal ponte Fascinata all'incrocio con lo Scolo Bolognese, Comuni di Ferrara e Argenta;
 Scolo Bolognese, tratto tabellato a monte di Portomaggiore, ma non incluso nell’elenco delle ZRF.

Contestualmente, parte dello sforzo di campionamento è stato dedicato ad evidenziare altri siti aventi le caratteristiche di idoneità per l’istituzione del vincolo di Zrf, riportati nella seguente tabella, con la specifica della/e funzioni prevalenti in base a cui sono stati proposti, ovvero di zona idonea per la frega (Zf) o di zona idonea per il ripopolamento (Zr).
Corso d’acqua Località Zrf
Zf Zr
Montata Vallona Bosco Mesola × ×
Collettore Valle Isola Lagosanto-Comacchio × ×
Canale Poazzo Lagosanto × ×
Canale Bosco Lagosanto × ×
Collettore Ponti Lagosanto ×
Collettore Trebba Lagosanto Marozzo ×
Collettore Maestro Massafiscaglia ×
Risvolta Massafiscaglia Massafiscaglia ×
Canal Bianco Monticelli-Mesola × ×
Collettore Pega Mezzano ×
Collettore Mezzano Mezzano ×
Collettore Fosse Mezzano ×
Canale Circondariale Bando ×
Canale Circondariale Ostellato × ×
Canale Dominante Gramigne Menate ×
Scolo Gramigne Bando ×
Fossa Martinella Idrov. Martinella ×
Fossa Gattola Campo Cieco × ×
Canale Brello Idrov. Martinella ×
Condotto Verginese Campo Cieco × ×
Condotto Pioppe Conf. Fossa Masi ×
Fossa Masi Viconovo × ×
Condotto Biagine Contrapò × ×
Scolo Bolognese Portomaggiore ×
Canale Torniano Idrov. Torniano × ×
Fossa Cembalina Spinazzino × ×
C. Derivatore dal Po Idrov. Pilastresi ×
Cavo Terre Vecchie II Idrov. Pilastresi ×
Canale di Bagnoli Idrov. Renana × ×
Fossa Reggiana Collett. Burana ×

Cavo Terre Vecchie II, località le Pilastresi Canale Brello, nei pressi dell’imp. idrovoro Martinella



3.3.2. Progetto sperimentale per la limitazione, lo stoccaggio e lo smaltimento del gambero rosso della Louisiana a scopo di riequilibrio ittico e di conservazione delle specie autoctone.

In Italia, la presenza del gambero rosso della Louisiana Procambarus clarkii (Girard) è stata evidenziata in molti corsi d’acqua nel Nord e nel Centro della penisola (GHERARDi et al., 1999), dove le popolazioni sembrano ancora in espansione. In particolare, la diffusione di tale specie nel basso corso del Po (NOBILE, 1997) e nel delta (MAZZONI et al., 1997) è stata confermata da numerose segnalazioni a partire dalla fine degli anni novanta. Una ampia porzione del delta del Po fa parte del territorio della Provincia di Ferrara dove P. clarkii è stato catturato da pescatori dilettanti e professionisti sin dal 1996, come documentato dal Servizio Provinciale di Protezione Flora e Fauna.
Questo studio ha interessato tale ambito territoriale ed in particolare sono state considerate la distribuzione di P. clarkii a meno di una decade dall’introduzione nonché le relazioni tra distribuzione e parametri abiotici e biotici e l’eutrofizzazione. I punti sopra descritti sono stati utilizzati per la compilazione di un quadro descrittivo e per la formulazione di ipotesi per il controllo della specie.



Mappa della Provincia di Ferrara; in neretto sono indicati i corsi d’acqua campionati nel corso di questa attività sperimentale.

Dati storici
Il gambero indigeno Austropotamobius italicus (Lereboullet), appartenente al complesso di A. pallipes, era distribuito in tutta la penisola (GHERARDI et al., 1999; GRANDJEAN et al., 2000; LARGIADÉR et al., 2000). Non sono però disponibili dati storici relativamente alla sua presenza nel delta del fiume Po, dove era scarsamente diffuso probabilmente in relazione alle elevate temperature e basse concentrazioni di ossigeno tipiche di questi ambienti durante il periodo estivo, che risultano restrittive per la specie, a prescindere dall’aumento della trofia che ha interessato l’area negli ultimi decenni (NOBILE, 1997).
Metodi di campionamento
Per descrivere un’ampia gamma di fattori biotici ed abiotici che possono influenzare la distribuzione di P. clarkii, in relazione a quanto riportato in studi precedenti (es. GUTIÉRREZ-YURRITA e MONTES, 1998; GIL-SÁNCHZ e ALBA-TERCEDOR, 2002; LIGHT, 2003), sono stati selezionati 46 siti localizzati su 38 corsi d’acqua (Fig. 1). I campionamenti sono stati effettuati nel periodo maggio-giugno del 2004 e del 2005. In questo periodo, compreso tra la tarda primavera e l’inizio dell’estate, negli ambienti studiati il gambero rosso è molto attivo e la rappresentatività del campionamento non è influenzata da eventi indesiderati quali piene, frequenti in marzo, aprile e ottobre, e ipossia nella colonna d’acqua, tipica della piena e tarda estate, come evidenziato in più occasioni in luglio ed agosto (dati non mostrati).
Dopo uno studio pilota condotto nel 2003 in cui sono state valutate attentamente alcune caratteristiche dell’ambiente oggetto di studio, si è deciso di utilizzare per il campionamento gabbie con esche, seguendo le procedure di campionamento di popolazioni di gamberi di acqua dolce (REYNOLDS e MATTHEWS, 1993; HOLDICH e DOMANIEWSKI, 1995; LAPPALAINEN e PURSIAINEN, 1995) che si rifanno alle tecniche di cattura messe a punto dai pescatori professionisti del sud degli Stati Uniti . Inizialmente, è stata verificata l’efficienza di due tipi di trappola, costruite in plastica (40x25x25 cm, rete con maglia di 0,3 cm) o in acciaio inox (cilindriche, 80x35 cm, rete con maglia di 1x2 cm), munite di due aperture opposte per permettere l’entrata dei gamberi (FJÄLLING, 1995) ed un’apertura centrale per estrarli. I campionamenti replicati sono stati effettuati con set di trappole (n = 5) di ciascuno dei due tipi, utilizzando come esca una scatoletta di cibo per gatti con piccoli fori (3-5 mm), tali da permettere l’azione attrattane impedendo ai gamberi di mangiarne il contenuto. Le trappole sono state posizionate durante il pomeriggio e raccolte il giorno seguente.
L’analisi statistica (ANOVA) ha evidenziato l’assenza di differenze significative nell’efficienza di cattura delle due tipologie di trappola (d.f. = 1, 32; F = 0,212; P>0,05). Di conseguenza, l’attività sperimentale è stata effettuata utilizzando il modello in plastica, più leggero, pieghevole e più facile da trasportare. Ogni stazione è stata campionata posizionando 5 trappole, posizionate nel sottoriva a 50 m l’una dall’altra e lasciate in pesca per 24 ore.
Per ciascun animale catturato, sono stati misurati la lunghezza del carapace (dall’apice del rostro alla parte posteriore del cefalotorace) e quella totale (dall’apice del rostro al telson), utilizzando un calibro (risoluzione 0,1 mm) ed il peso utilizzando una bilancia elettronica (risoluzione 0,1 g). Prima di effettuare la misura, l’eccesso di acqua è stato rimosso appoggiando gli individui su carta assorbente. Infine, è stato definito il sesso ispezionando il primo e secondo paio di pleopodi.
In ogni sito di campionamento sono stati misurati: velocità di corrente (cm sec-1, correntometro ad elica, modello Open Stream Current Meter 2100), larghezza ed estensione della fascia ripariale vegetata, principalmente a Phragmites australis (m; Leica 10 x 42 Geovid BRF Binocular Laser Rangefinder o asta metrica galleggiante), profondità (m), temperatura (°C), conduttività (µS), pH, O2 (mg l-1 e % di saturazione) con sonda multiparametrica (Ocean Seven, 316, Idronaut, Brugherio, MI, Italia).
La comunità ittica è stata campionata in ogni sito, da marzo a ottobre 2004 e 2005, utilizzando vari metodi, cogolli, bertovelli, tramagli, reti da posta ed altre tipologie di reti da pesca, in relazione alle caratteristiche del sito. In molte occasioni, alla fine del periodo irriguo (settembre – ottobre) è stato possibile recuperare l’intera comunità, svuotando il canale. In tali occasioni, i dati sono stati confrontati con quelli raccolti con le reti, negli stessi siti od in siti appartenenti allo stesso sottobacino, nello stesso mese, senza evidenziare differenze significative (P<0,05), per le specie che costituivano il 90 % della biomassa totale. Tutti gli individui catturati sono stati classificati in accordo con BERG (1932), STERBA (1962) e GANDOLFI et al. (1991). In particolare, per le finalità di questo studio sul gambero rosso, è stata considerata l’abbondanza del siluro, Silurus glanis (Linnaeus), come % della biomassa totale.


Esemplari di P. clarkii


Risultati principali
In totale sono stati catturati 1153 esemplari, in 36 date di campionamento. P. clarkii è risultato essere l’unica specie di gambero presente nel Delta del Po, sebbene alcuni anni fa fosse stata registrata la presenza di Orconectes limosus (Rafinesque) in uno stagno da pesca ed in un torrente in provincia di Bologna (NOBILE, 1997) nonché in alcuni fiumi della bassa pianura veronese, a circa quaranta km dal confine con la provincia di Ferrara (CONFORTINI e NATALI, 1995; CONFORTINI, 1996) dove è ancora presente ma con bassissime densità, dopo l’introduzione del gambero rosso (CASTALDELLI, dati non pubblicati).
P. clarkii è risultato presente in 37 siti sui 46 campionati, con densità massima di 12 ind. trap-1 (Fig. 2). La lunghezza media totale e del carapace erano rispettivamente 56,68 ± 38,19 mm e 26,43 ± 17,65 mm; il peso medio era di 12,17 ± 9,56 g.
Il rapporto sessi di circa 1 (53,7 % femmine e 46,3 % maschi, Fig 3), sebbene in disaccordo con i risultati riguardanti popolazioni di P. clarkii recentemente introdotte a latitudini simili, dove le femmine sono risultate più abbondanti dei maschi (ANASTACIO e MARQUEZ, 1995; FIDALGO et al., 2001), trova conferma nelle osservazioni di PENN (1943) riguardanti zone umide della Luisiana.
Durante il periodo di campionamento (maggio - giugno) non sono mai state ritrovate femmine con uova o forme giovanili, la cui presenza è stata invece evidenziata, in agosto in entrambi gli anni, in occasione dei campionamenti della fauna ittica, due mesi prima del massimo periodo di reclutamento, in ottobre, secondo quanto indicato da PENN (1943) e HUNER (1978) in Luisiana e da ANASTACIO e MARQUEZ (1995) e FIDALGO et al. (2001) in Portogallo dove le condizioni climatiche più miti consentono il prolungamento del ciclo riproduttivo fino ad autunno inoltrato.
La densità del gambero rosso è risultata negativamente correlata (Fig. 4) con la biomassa del siluro, Silurus glanis (r = - 0,261, g.l. = 82; P < 0,01).
S. glanis, sempre presente nei siti di campionamento con biomassa variabile tra il 2 e l’88 % del totale, è risultato essere l’unico predatore di P. clarkii mentre persico trota, Micropterus salmoides Lacépède, e luccio, Esox lucius Linnaeus, sono stati occasionalmente catturati, e nell’intero periodo hanno presentato biomassa al di sotto dello 0,01 % del totale. L’analisi dei contenuti stomacali degli esemplari di S. glanis catturati ha presentato il 71 % di positività per P. clarkii.

Discussione
La distribuzione omogenea, la densità relativamente alta in tutti i siti e la mancanza di differenze significative tra i due anni di campionamento, indicano un buon grado di acclimatazione del P. clarkii nel territorio di studio. Densità, lunghezza e peso medi sono risultati simili a quelli evidenziati in altri ambienti recentemente invasi e a simile latitudine (GIL-SÁNCHEZ e ALBA-TERCEDOR, 2002; HARPER et al., 2002; LIGHT, 2003).
L’impatto del gambero rosso sulle componenti biotiche dell’ambiente di studio è risultato molto peculiare; per esempio, l’atteso declino e/o scomparsa delle macrofite, per sovra-pascolo (HARPER et al., 2002; RODRÍGUEZ et al., 2005) o come conseguenza della risospensione del sedimento e risultante aumento di torbidità (RODRÍGUEZ et al., 2003) ed il generale calo di qualità dell’acqua, non si sono verificati. Infatti, nei canali studiati, le macrofite avevano iniziato un lento e inesorabile declino già negli anni ’80 probabilmente relazionabile a varie azioni fisiche di disturbo, dall’introduzione di carpa erbivora, Ctenopharingodon idellus Valenciennes, all’aumento di frequenza e di efficienza delle pratiche di taglio della vegetazione della riva e del fondale, in relazione all’introduzione di bracci decespugliatori e di benne falcianti.
In tale periodo, parallelamente alla scomparsa delle piante acquatiche sommerse si è verificato l’aumento delle microalghe sospese nella massa d’acqua (fitoplancton) ed il relativo incremento di torbidità. Ciò ha sostanzialmente cambiato la struttura architettonica, la qualità della sostanza vegetale prodotta e le modalità di assimilazione e trasferimento della stessa nella rete alimentare dei canali del delta ferrarese ed in generale della bassa padana. Inoltre, questa “sostituzione” delle piante acquatiche sommerse da parte delle microalghe fitoplanctoniche ha portato all’instaurarsi di condizioni di ipossia ed anossia a livello dello strato d’acqua prossimo al sedimento in tarda primavera ed estate, come evidenziato in più occasioni da profilazioni verticali della colonna d’acqua con sonda multiparametrica, effettuate poco prima dell’alba, coincidente con in momento di maggior rischio per mancanza di ossigeno (MANTOVANI et al., 2004; MANTOVANI, 2005).
In relazione alla notevole plasticità alimentare (NYSTRÖM et al., 1996; NYSTRÖM, 1999; PARKYN et al., 2001; CORREIRA, 2002; RODRÍGUEZ et al., 2005), più che agire come una forzante esterna, il gambero rosso della Louisiana ha saputo adattarsi ed utilizzare le abbondanti risorse alimentari di un sistema ipertrofico fortemente artificializzato, adattandosi anche ad un regime di disturbo che aveva precedentemente portato alla semplificazione e rarefazione della comunità ittica. In particolare, P. clarkii si è insediato occupando nicchie ecologiche parzialmente vuote, divenendo il principale legame tra la produzione primaria fitoplanctonica, che arricchisce continuamente in forma di detrito fine il sedimento superficiale e mantiene la semplificata comunità di invertebrati bentonici ad esso associata (Chironomidi e Oligocheti che rappresentano il 97 % dell’abbondanza totale; MANTOVANI, dati non pubblicati) ed i predatori finali, principalmente il siluro.
Negli ecosistemi studiati altri fattori, quali l’estrema compartimentalizzazione per presenza di sostegni ed impianti idrovori, il frequente escavo e risezionamento del fondale e la riduzione dei livelli idrici in inverno, se da un lato hanno contribuito alla semplificazione della comunità ittica (quattro specie rappresentano il 91 % della biomassa totale) ed alla riduzione e scomparsa degli anfibi (MAZZOTTI, 1993) e dei rettili, al contrario, non hanno limitato la diffusione di P. clarkii, capace di percorrere grandi distanze fuori dall’acqua per cercare nuovi ambienti da colonizzare (HAZLETT et al., 1974; HAZLETT et al., 1979), di riprodursi rapidamente (HUNER e LINDQVIST, 1995) e di resistere a condizioni ambientali estreme, quali le basse concentrazioni di ossigeno (HUNER e BARR, 1991) ed i periodi di prosciugamento (CLAIRE e WROITEN, 1978).
In altre parole, le condizioni ambientali estremamente limitative per la fauna ittica, che caratterizzano buona parte della rete consortile di canali, ed in particolare va menzionato lo svaso completo al termine della stagione irrigua, già prima dell’introduzione del gambero rosso della Louisiana, avevano ridotto al minimo l’elenco dei potenziali competitori e soprattutto quello dei potenziali predatori, offrendo a questa specie, comunque fortemente invasiva, un ambiente di facile colonizzazione perché ricco di risorse alimentari e privo di competitori.
A conferma, si consideri la relazione negativa tra la abbondanza del siluro e quella del gambero: dove c’è un predatore, il siluro in questo caso, il gambero è poco o per niente presente. Il dato è stato peraltro confermato dalla positività dell’analisi dei contenuti stomacali (71 % di stomaci controllati contenenti resti di gambero).

Conclusioni ed ipotesi di intervento
Di fronte alla rapida diffusione del gambero rosso nel Delta del Po risulta chiara la necessità di introdurre forme di controllo, peraltro di non facile applicazione considerando che le tecniche più comunemente impiegate (GHERARDI e ANGIOLINI, 2002), come la costruzione di barriere per prevenire la diffusione e l’alterazione di habitat limitrofi non sono efficaci nel caso di questa specie e soprattutto nel contesto ferrarese dove, la presenza in tutti i corsi d’acqua di numerosi sbarramenti, non ha limitato minimamente gli spostamenti di P. clarkii.
Inoltre, data la vasta distribuzione della specie non è possibile utilizzare biocidi, come gli insetticidi organoclorurati o organofosfati, che tendono a bioaccumulare e possono avere effetti tossici su tutti gli altri organismi presenti.
Anche la rimozione meccanica, utilizzando trappole selettive, che rappresenterebbe la tecnica meno pericolosa per l’ambiente, richiederebbe un enorme sforzo di cattura, sostenibile solo avendo la possibilità di sfruttare commercialmente il gambero rosso, come avviene in altri sistemi europei (es. KIRJAVAINEN e SIPPONEN, 2004). In ogni caso, questo intervento potrebbe solo limitare la specie ma non eradicarla.
Sul breve e medio termine, quindi, di fronte all’emergenza ambientale legata ai notevoli danni alle arginature di canali e risaie dovuto allo scavo delle tane, più efficace e a basso costo potrebbe essere il contenimento biologico, utilizzando specie ittiche che predano il gambero.
In quest’ottica risulta fondamentale valutare l’efficacia dei potenziali predatori sulle varie taglie del gambero. Tra le specie autocotone, al luccio spetta il ruolo di elezione, essendo in grado di predare, tutti gli stadi del gambero rosso. Tuttavia, fatta esclusione per pochi corsi d’acqua, non è pensabile di poter ottenere nel breve periodo il ripristino di condizioni ambientali tali da permettere al luccio di riprodursi e raggiungere le densità che presentava alcuni decenni or sono e ciò ipoteca l’impiego di questa specie.
L’anguilla è l’altra specie autoctona che potrebbe esercitare un efficace contenimento del gambero, soprattutto agendo su taglie piccole e medie. Come noto l’anguilla resiste bene anche in ambienti fortemente impattai, riuscendo a superare situazioni critiche quali repentine riduzioni delle quote idriche, ricolonizzando l’ambiente qualora l’acqua sia nuovamente rilasciata. Tuttavia, la riduzione di circa il 99 % della rimonta naturale del novellame, la ridotta consistenza dello stock di riproduttori, e la conseguente scarsità e difficoltà di reperimento di novellame da semina, rendono improbabile il ripopolamento di questa specie al fine di controllare l’espansione del gambero rosso.
Per quanto riguarda i predatori alloctoni, nel bacino ferrarese e padano sono presenti numerose specie “utili”, in ordine di abbondanza: il siluro, il lucioperca (potenzialmente, visto che al presente non disponiamo di dati sperimentali a riguardo), il pesce gatto ed il persico trota.
Mentre il siluro e il lucioperca prediligono i canali di sezione e profondità maggiori, dove infatti il gambero è stato riscontrato con le densità più basse, il persico trota ed il pesce gatto potrebbero servire da “alleati” nei canali di ridotta sezione. Per il primo, tuttavia, si riscontrano gli stessi problemi citati per il luccio, con difficoltà di intervento nel breve termine. Differentemente, il pesce gatto, così ampiamente apprezzato il Emilia Romagna da far pensare ad una sua naturalizzazione e protezione, ha mostrato interessanti segnali di ripresa negli ultimi anni. L’azione di questa specie sul gambero rosso della Louisiana si rivolge raramente agli adulti, predabili solo da esemplari di pesce gatto di 2-3 etti, mentre colpisce efficacemente gli stati giovanili, nel primo anno di vita. Particolarmente interessante risulta la recente osservazione, eseguita in campo, che gli stadi giovanili del gambero trovano condizioni elettive per la crescita nei canali di ridottissime sezione e profondità (< 1m, < 20-30 cm), dove difficilmente si insedia la fauna ittica, ad eccezione però dei giovanili di pesce gatto (0+, 1+) che come il gambero utilizzano questi canali come zone di crescita.
Al presente, la ricostituzione di abbondanti stock di pesce gatto appare ottenibile mantenendo nei canali consortili un battente idrico compatibile con lo sverno che, in relazione alla capacità di affossarsi, corrisponde al limite di soli 20-30 cm e, dove possibile, di 40-50 cm, sufficienti per limitare la predazione da parte degli uccelli ittiofagi.



Esemplari femmina e nuovi nati di P. clarkii.

Per concludere, alla luce dei risultati ottenuti si ritiene che il contenimento del gambero rosso della Louisiana in provincia di Ferrara, così come nell’area padana dove si riscontrano simili condizioni ambientali, al presente possa essere effettuato favorendo il mantenimento di una comunità ittica diversificata, dove luccio, anguilla e persico trota siano ben rappresentati. Nei casi in cui un intervento di questo tipo non risultasse attuabile nel breve periodo, il solo mantenimento di un battente idrico invernale di 20-50 cm faciliterebbe comunque la ripresa di popolazioni di pesce gatto tali da limitare il gambero rosso della Louisiana.

Bibliografia
ANASTACIO P.M. e MARQUES J.C. (1995) Population biology and production of the red swamp crayfish Procambarus clarkii (Girad) in the lower Mondego river valley, Portugal. Journal of Crustacean Biology, 15, 156-168.
ANGELER D.G., SÁNCHEZ-CARRILLO S., GARCÍA G. e ALVAREZ-COBELAS M. (2001) The influence of Procambarus clarkii (Cambaridae, Decapoda) on water quality and sediment characteristics in a Spanish floodplain wetland. Hydrobiologia, 464, 89-98.
AXELSSON E., NYSTRÖM P., SIDENMARK J. e BRÖNMARK C. (1997) Distribution, density, and production of the crayfish Pacifastacus leniusculus Dana in Lake Tahoe, California-Nevada. Oikos, 21, 83-91.
BALTZ D.M. e MOYLE P.B. (1993) Invasion resistance to introduced species by native assemblage of California stream fishes. Ecological Applications, 3, 246-255.
BARBARESi S. e GHERARDI F. (2000) The invasion of the alien crayfish Procambarus clarkii in Europe, with particular reference to Italy. Biological Invasions, 2, 259-264.
BERG L.S. (1932) Les poissons des eaux douces de l’U.R.S.S. et des pays limithrophes, 3e édition, revue et augmentée, partie I, Leningrad.
BROWN L.R. e MOYLE P.B. (1997) Invading species in the Eel River, California: success, failures, and relationships with resident species. Environmental Biology of Fishes, 49, 271-291.
BUBB D.H., THOM T.J. e LUCAS M.C. (2004) Movement and dispersal of the invasive signal crayfish Pacifastacus leniusculus in upland rivers. Freshwater Biology, 49, 357-368.
CANFIELD D.E., LANGELAND K.A., LINDA S.B. e HALLER W.T. (1985) Relations between water transparency and maximum depth of macrophyte colonisation in lakes. Journal of Aquatic Plant Management, 23, 25-28.
CHAMBERS P.A., HANSON J.M., BURKE J.M. e PREPAS E.E. (1990) The impact of the crayfish Orconectes virilis on acquatic macrophytes. Freshwater Biology, 24, 81-91.
CHAMBERS P.A. e KALFF J. (1985) Depth distribution and biomass of submersed aquatic macrophyte communities in relation to Secchi depth. Canadian Journal of Fisheries and Aquatic Sciences, 42, 701-709.
CLAIRE W.H. e WROITEN J.W. (1978) First record of the crayfish, Procambarus clarkii, from Idaho, USA (Decapoda, Cambaridae). Crustaceana, 35, 317-319.
CONFORTINI I. (1996) Il gambero turco e il gambero americano: due nuove specie di crostacei delle acque dolci italiane. Pesca in fiumi, laghi e torrenti, 11, 20-22.
CONFORTINI I. e NATALI M. (1995) Presenza del gambero americano Orconectes limosus (Rafinesque, 1817) in alcuni corsi d’acqua della pianura veronese. Annali Museo Civico di Rovereto, 10, 399-404.
CORREIA A. M. (2002) Niche breadth and trophic diversity: feeling behaviour of the red swamp crayfish (Procambarus clarkii) towards environmental availability of aquatic macroinvertebrates in a rice field (Portugal). Acta Oecologica, 23, 421-429.
ELVIRA B., NICOLa G.G. e ALMODOVAR A. (1996) Pike and red swamp crayfish: a new case on predator-prey relationship between aliens in central Spain. Journal of Fish Biology, 48, 437-446.
FIDALGO M. L., CARVALHO A. P. e SANTOS P. (2001) Population dynamics of the red swamp crayfish, Procambarus clarkii (Girard, 1852) from the Aveiro region, Portugal (Decapoda, Cambaridae). Crustaceana, 74(4): 369-375.
FJÄLLING A. (1995) Crayfish traps employed in Swedish fisheries. Freshwater Crayfish, 8, 204-214.
GAMRADT S.C. e KATS L.B. (1996) Effect of introduced crayfish and mosquitofish on Califotnia newts. Conservation Biology, 10, 1155-1162.
GANDOLFI G., ZERUNIAN S., TORRICELLI P. e MARCONATO A. (1991) I pesci delle acque interne italiane. Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Roma, pp. 617.
GHERARDI F., BALDACCINI G.N., BARBARESI S., ERCOLINI P., DE LUIS G., MAZZONI D. e MORI M. (1999) The situation in Italy. In: Gherardi F. e Holdich D.M. (Eds.) Crayfish in Europea as alien species. How to make the best of a bad situation? A.A. Balkema, Rotterdam, 107-128.
GHERARDI F. e ANGIOLINI C. (2002) Eradication and control of invasive species. In: Gherardi F., Corti C. e Gualtieri M. (Eds.) Biodiversity conservation and habitat management. Our Fragile World, Vol. 1.67, Paris: EOLSS-Unesco.
GHETTI P.F. (1986) Macroinvertebrati nell’analisi di qualità dei corsi d’acqua. Indice Biotico: E.B.I., modif. Ghetti, 1986. Provincia Autonoma di Trento: Stazione SperimentaleAgraria Forestale, Servizio Protezione Ambiente, Trento, Italy.
GHETTI P.F. (1997) I macroinvertebrati nel controllo della qualità di ambienti di acque correnti. Indice Biotico Esteso (I.B.E.). Manuale di applicazione. Provincia Autonoma di Trento, Trento, Italy.
GIL-SÁNCHEZ J.M. e ALBA-TERCEDOR J. (2002) Ecology of the native and introduced crayfishes Austropotamobius pallipes and Procambarus clarkii in southern Spain and implications for conservation of the native species. Biological Conservation, 105, 75-80.
GRANDJEAN F., HARRIS D.J., SOUTY-GROSSET C. e CRANDALL K.A. (2000) Systematic of the European endangered crayfish species Austropotamobius pallipes (Decapoda: Astacidae). Journal of Crustacean Biology, 20(3), 522-529.
GUAN R. e WILES P.R. (1997) Ecological impact of introduced crayfish on benthic fishes in a british lowland river. Conservation Biology, 11(3), 641-647.
GUTIÉRREZ-YURRITA P. J. e MONTES C. (1998) Environmental factors controlling crayfish Procambarus clarkii activity in the Doñana National Park freshwater marsh (SW-Spain). Comparative Biochemistry and Physiology Part A, 120, 713-721.
HARPER D. M., SMART A. C., COLEY S., SCHMITZ S., GOUDER DE BEAUREGARD A. C., NORTH R., ADAMS C., OBADE P. e KAMAU M. (2002) Distribution and abundance of the Louisiana red swamp crayfish Procambarus clarkii Girard at Lake Naivasha, Kenia between 1987 and 1999. Hydrobiologia, 488, 143-151.
HAZLETT B., RITTSCHOF D. e AMEYAW-AKUMFI C. (1979) Factors affecting the daily movements of the crayfish Orconectes virilis (Hagen 1870) (Decapoda, Cambaridae). Crustaceana, 5(Suppl.), 121-130.
HAZLETT B., RITTSCHOF D. e RUBENSTEIN D. (1974). Behavioral biology of the crayfish Orconectes viridis I. Home Range. The American Midland Naturalist, 92, 301-319.
HAZLETT B.A., BURBA A., GHERARDI F. e ACQUISTAPACE P. (2003) Invasive species of crayfish use a broade range of predation-risk cues than native species. Biological Invasions, 5, 223-228.
HOLDICH D.M. e DOMANIEWSKI J.C.J. (1995) Studies on a mixed population of the crayfish Austropotamobius pallipes and Pacifastacus reniusculus in England. Freshwater Crayfish, 10, 37-45.
HOLDICH D.M. (1987) The danger of introducing alien animals with particular reference to crayfish. Freshwater Crayfish, 7, 15-30.
HUNER J.V. e BARR J.E. (1991) Red swamp crawfish: biology and exploitation. The Louisiana Sea Grant College Program, Center for Wetland Resources. Louisiana State University, Baton Rouge.
HUNER J.V. e LINDQVIST O.V. (1995) Physiological adaptations of freshwater crayfishes that permit successful aquacultural enterprises. American Zoologist, 35, 12-19.
KIRJAVAINENE, J. e SIPPONEN, M. (2004) Environmental benefit of different crayfish management strategies in Finland. Fisheries Management and Ecology, 11, 213-218.
LAPPALAINEN R.L. e PURSIAINEN M. (1995) The estimation of a noble crayfish (Astacus astacus L.) population size. Freshawter Crayfish, 8, 228-234.
LARGIADÈR C.R., HERGER F., LÖRTSCHER M. e SCHOLL A. (2000) Assessment of natural and artificial propagation of the white-clawed crayfish (Austropotamobius pallipes species complex) in the Alpine region with nuclear and mitochondrial markers. Molecular Ecology, 9, 25-37.
LIGHT T. (2003) Success and failure in a lotic crayfish invasion: the roles of hydrologic variability and habitat alteration. Freshwater Biology, 48, 1886-1897.
MAGOULICK D.D. (2004) Effects of predation on habitat selection by water column fish, benthic fish and crayfish in stream pools. Hydrobiologia, 527, 209-221.
MALAKOFF D. (1999) Fighting fire with fire. Science, 285, 1841-1843.
MANTOVANI S., CASTALDELLI G., SPAGGIARI R., FRANCESCHINI S., ROSSI R. e FANO E.A. (2004) I canali di bonifica del Delta del Po: un sistema sperimentale per la validazione del Riverine Productivity Model. Available on line at: www.xivcongresso.societaitalianaecologia.org/articles/.
MAZZONI D., NOBILE L., QUAGLIO F. e RESTANI R. (1997) Diffusione dei gamberi d’acqua dolce in Emilia-Romagna: problemi ecopatologici legati all’introduzione di specie alloctone. Bollettino Società Italiana Patologia Ittica, 9(21), 45-51.
MAZZOTTI S. (1993) Anfibi e rettili: problemi ecologici dell’erpetofauna e dei relativi habitat nel bacino del fiume Po. Acqua Aria, 7, 727–730.
NOBILE L. (1997) Presenza di gamberi alloctoni in Emilia-Romagna. Laguna, 6 (Dicembre Speciale), www.regione.emilia-romagna.it/laguna/articolo.asp?id_articolo=48...
NYSTRÖM P. e PÉREZ J.R. (1998) Crayfish predation on the common pond snail (Lymnea stagnalis): the effect of habitat complexity and snail size on foraging efficiency. Hydrobiologia, 368, 201-208.
NYSTRÖM P. (1999) Ecological impact of introduced and native crayfish on freshwater communities: European perspectives. In: Gherardi F., Holdich D.M. (Eds.), Crayfish in Europe as Alien Species. Crustacean Issues, 11, A.A. Balkema, Rotterdam, 63-86.
NYSTRÖM P., BRÖNMARK C. e GRANÉLI W. (1996) Patterns in benthic food webs: a role for omnivorous crayfish? Freshwater Biology, 36, 631-646.
PARKYN S.M. e COLLIER K.J. (2004) Interaction of press and pulse disturbance on crayfish populations: flood impacts in pasture and forest streams. Hydrobiologia, 527, 113-124.
PARKYN S.M., COLLIER K.J. e HICKS B.J. (2001) New Zealand stream crayfish: functional omnivores but trophic predators? Freshwater Biology, 46, 641-652.
PICCOLI F. e GERDOL R. (1983) Correlation between macrophyte vegetation and some water properties in the irrigation system of the Lower river Po Plane. Giornale Botanico Italiano, 117, 261-270.
RENAI B. e GHERARDI F. (2004) Predatory efficiency of crayfish: comparison between indigenous and non-indigenous species. Biological Invasions, 6, 89-99.
REYNOLDS J.D. E MATTHEWS M.A. (1993) Experimental fishing of Austropotamobius pallipes (Lereboullet) stocks in an Irish midlands lake. Freshwater Crayfish, 9, 147-153.
ROBINSON C.A., THOM T.J. e LUCAS M.C. (2000) ranging behaviour of a large freshwater invertebrate, the white-clawed crayfish Austropotamobius pallipes. Freshwater Biology, 44, 509-521.
RODRÍGUEZ C. F., BÉCARES E. e FERNÁNDEZ-ALÁEZ M. (2003) Shift from clear to turbid phase in Lake Chozas (NW Spain) due to the introduction of American red swamp crayfish (Procambarus clarkii). Hydrobiologia, 506-509, 421-426.
RODRÍGUEZ C.F., BÉCARES E., FERNÁNDEZ-ALÁEZ M. e FERNÁNDEZ-ALÁEZ C. (2005) Loss of diversity and degradation of wetlands as a result of introducing exotic crayfish. Biological Invasions, 7, 74-85.
STERBA G. (1962) Freshwater fishes of the world. A studio book. The Viking Press. New York.
WOODWISS F.S. (1978) Comparative study of biological-ecological water quality assessment methods. Second practical demonstration. Summary report. Commission of the European Communities.


3.3.3. Lo storione italiano o cobice: dall’Action Plan del progetto LIFE Cobice alle ipotesi di realizzazione di un centro nazionale de internazionale a Ferrara per la tutela di questa specie e delle altre specie di storione del Po
Lo storione cobice Acipenser naccarii è uno dei pesci indigeni delle acque italiane a maggior rischio di estinzione, riportato nella Direttiva 92/43/CEE tra le “specie animali e vegetali d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione”. Insieme ad Acipenser sturio è il solo pesce d’acqua dolce italiano elencato nella stessa direttiva anche tra le “specie che richiedono una protezione rigorosa”. Tale specie è inoltre elencata fra le specie particolarmente protette nella Convenzione di Berna, ed è riportato nell’allegato B dei regolamenti comunitari sul commercio di fauna e flora selvatiche nel rispetto della Convenzione di Washington (CITES).
La specie è endemica delle nostre acque interne e dell'alto Adriatico ed il suo recupero, più che per qualsiasi altra specie ittica, è rappresentativo di un recupero di qualità ambientale del Po.
Per questo si presenta come un candidato eccellente per il monitoraggio ambientale, in linea con quanto richiesto dalla Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque e prevede strumenti di valutazione e verifica, tra cui la fauna ittica. Lo storione cobice ben si presta a questo scopo per le sue caratteritiche peculiari. E’ una specie molto longeva, in grado di riportare fenomeni anche con effetti a lungo termine sia sullo stato fisiologico dei soggetti sia sulla riproduzione; è bentofaga, con conseguente rivelazione degli effetti degli accumuli sui fondali. Specie migratrice, si presta alla verifica della continuità fluviale, anadroma, e quindi con periodi di vita in acque che costiere, da Trieste fino al medio Adriatico.
Cronistoria delle azioni per la conservazione dello storione cobice
A partire dall’inizio degli anni 90 sono state condotte numerose ricerche sulla fisiologia, sull'accrescimento e sul comportamento di questa specie, con un riconoscimento di valenza internazionale che ha portato all’affidamento della realizzazione del 3° Symposio Internazionale sugli Storioni, dopo Bordeaux nel 1989 e Mosca nel 1993, tenuto a Piacenza nel 1997 presso le strutture della scuola di addestramento dell’Enel di Piacenza. Il successo è stato molto rilevante, e sulla base di quel convegno sono state definite le modalità di organizzazione dei successivi Simposi Internazionali sugli Storioni, che si sono da allora tenuti ogni 4 anni (Oskosh negli Stati Uniti, nel 2004; Ramsar in Iran, nel 2005 e Wuhan, in Cina nel 2009). E’ stato a Piacenza in occasione del convegno che si sono gettate le basi per la costituzione dell’associazione internazionale WSCS (World Sturgeon Conservation Society) che ora opera come riferimento internazionale per tutte le attività che riguardano gli storioni. Fra le attività di ricerca che sono state portate a termine vi sono di tre progetti finanziati dal MIPAF, sull'adattamento alla salinità, sui metodi per la caratterizzazione genetica e sul comportamento in natura. Numerose ricerche sono state condotte anche da una equipe spagnola su popolazioni importate ed allevate in Spagna.
Sono stati approvati e completati anche due progetti UE-LIFE, uno nel Parco del Ticino, e uno sull'intero areale di distribuzione (LIFE Cobice).
Conoscenze tecniche e strutture disponibili a garanzia del progetto
Grazie alla lungimiranza di un troticoltore che ha mantenuto in cattività alcuni soggetti pescati in natura presso il suo impianto (VIP, Orzinuovi, BS) sin dall'inizio degli anni ‘70, è ora possibile disporre di soggetti selezionati per azioni di ripopolamento e di recupero faunistico. Infatti fino dal 1988 di questa specie è stata messa a punto la riproduzione controllata dei soggetti selvatici allevati in cattività. Nel corso degli anni, quindi, e grazie all'attività di diverse figure (VIP di Orzinuovi, Regione Lombardia, ENEL, Provincia di Piacenza, Regione Emilia Romagna) su questa specie sono state messe a punto e consolidate le competenze tecniche e scientifiche per:
- l'allevamento di soggetti tardo giovanili e adulti in cattività;
- l'induzione della maturazione spontanea e stimolata ormonalmente in cattività, anche della generazione F1 (dal 1997);
- la riproduzione controllata senza sacrificio dei riproduttori (dal 1988), l'incubazione delle uova e la schiusa e lo svezzamento larvale e l'allevamento di post larve e giovanili;
- la caratterizzazione genetica dei soggetti per un riconoscimento di paternità/maternità e per una corretta gestione della riproduzione per il rispetto e il mantenimento della biodiversità;
- azioni di ripopolamento con sistemi di marcatura e campagne di recupero dei soggetti seminati;
- tecniche di telemetria sia mediante sistemi radio che acustici in corpi idrici con diverse caratteristiche (Piave, Ticino, Po).
Sono state inoltre acquisite e dimostrate le capacità di collaborazione e di gestione organizzata nel corso dei due progetti LIFE fra diverse e differenti figure (Regioni, Province, enti, Istituti di ricerca, Università, privati), grazie anche alla Consulta delle Province del Po, di cui Piacenza ha la presidenza.
Motivazioni e sintesi delle linee operative proposte
Da quanto detto risulta un quadro di competenze, popolazioni ittiche e strutture che ci pongono nelle condizioni di poter continuare e potenziare le azioni di reintroduzione e di salvaguardia dello storione cobice con l'intendo di fissare a Ferrara un punto di riferimento nazionale ed internazionale.
Infatti, le azioni ad oggi condotte e sopra riportate non sono il risultato di un piano programmatico unitario, ma la sommatoria a posteriori di azioni condotte da singoli soggetti, talvolta ignorando ciò che altri stavano facendo nello stesso tempo. Il livello raggiunto, però, non consente più di procedere in questo modo casuale e fortuito, ma richiede un coordinamento unico che possa sovraintendere a tutte le operazioni in atto e future relative a questa specie e disponga di autorità per poter coordinare e dirigere i successivi piani di azione.
L'Emilia-Romagna, per la sua distribuzione lungo buona parte del corso del Po e Ferrara, per gli innumerevoli legami storici e culturali con il grande fiume, possono giocare questo ruolo strategico.
Per le immediate ricadute applicative, in adeguamento alla normativa comunitaria e comunicative, sull'opinione pubblica che è sempre più attenta ai segnali di ripristino ambientale, questa proposta presenta elementi di elezione che vanno oltre la comunque importante valenza conservazionistica.
L'azione apre inoltre la strada ad analoghi progetti di recupero di altre specie di storioni una volta presenti nelle nostre acque ed in particolare lo storione comune Acipenser sturio e lo storione ladano, Huso huso. Per lo storione comune, in particolare, è in corso di redazione un piano europeo di salvaguardia dei pochissimi esemplari ancora presenti, piano che vede partecipi anche competenze italiane.
In particolare si propone di istituire un osservatorio a Pontelagoscuro (Ferrara), condotto da personale afferente al Dipartimento di Biologia ed Evoluzione della Università di Ferrara e da altro personale di consolidata esperienza, con le seguenti funzioni di:
- stazione fissa di monitoraggio standard e telemetrico della popolazione di A. naccarii del Po;
- stazione di raccolta di dati e individui di A. naccarii, per finalità conservazionistiche e di ricerca ad ampio spettro (ad es. sul bioaccumulo e biomagnificazione di contaminati ambientali);
- divulgazione sia scientifica sia ad ampio spettro sullo stato delle popolazioni di A. naccarii e, per estensione, sullo stato ecologico del Po;
- coordinamento delle attività gestionali e di controllo e vigilanza nel corso de Po, dallo sbarramento di Isola Serafini alle foci;
- coordinamento di progetti nazionali ed internazionali.

3.3.4. Valorizzazione ecologica e della fruibilità per la pesca dilettantistica del tratto urbano di Fossa Lavezzola del Comune di Berra, da Ponte Farmacia al sostegno in Via Albersano.
Introduzione
Alcuni decenni or sono la Fossa Lavezzola presentava le caratteristiche ambientali idonee per le specie ittiche più apprezzate della provincia di Ferrara, di cui era estremamente ricca. Per il grande sviluppo lineare, da Berra e Pontelagoscuro, fondali bassi e ricchi di vegetazione e una sufficiente connettività longitudinale (assenza di sbarramenti costantemente insormontabili) tinca e luccio trovavano in questo canale le caratteristiche ideali per completare il ciclo riproduttivo. Le “abbondanti pescate” di tinche in risalita primaverile e la grandissima presenza di avannotti nei mesi successivi sono ricordi ancora vivi nella memoria dei berresi e degli altri rivieraschi. Tuttavia, già da qualche decennio alcune variazioni gestionali ed in qualche misura l’inquinamento hanno alterato sostanzialmente la produttività ittica della “fossa”. Per citare alcuni di questi fattori: il calo invernale dei livelli idrici, più marcato in alcuni tratti, la pressoché completa scomparsa della vegetazione acquatica, e l’interruzione del corso, alla sezione del sovrappasso del Condotto Contuga, che dalla sua realizzazione ha bloccato completamente le migrazioni stagionali delle specie ittiche.
In relazione ai citati fattori l’attuale assetto ecologico della F. Lavezzola ha selezionato una comunità ittica squilibrata, come evidenziato nella Carta Ittica Provinciale. In particolare, il tratto di Berra, così come la rimanente parte, è dominato da poche specie di ciprinidi alloctoni, tra cui predominano carpa, carassio, carpa erbivora e abramide e dal siluro che generalmente non è presente con elevate densità e taglie ma di cui non si esclude una presenza eccessiva in alcuni punti di maggio profondità e tale da necessitare interventi di bonifica. Tra le specie di pregio, apprezzate localmente, il pesce gatto, ha mostrato una ripresa, l’anguilla è presente con rari esemplari, mentre tinca e luccio sono considerabili assenti. Tra gli alloctoni di interesse alimentare è presente qualche esemplare di lucioperca e, ancora più raro, qualche persico trota.
Il tratto indagato inizia all’intersezione con il Condotto Contuga e si estende fino al sostegno a valle dell’abitato di Berra, lungo via Albersano; di detto tratto sono stati considerati alcuni aspetti idraulici che ne condizionano le caratteristiche ecologiche e la produttività ittica.
Misure preliminari per la valutazione della fattibilità dell’intervento
A seguito di vari sopraluoghi e misure effettuati il 10, 14 e 25 luglio e 17 ottobre, effettuati congiuntamente da tecnici della Università di Ferrara, del Comune di Berra e del Consorzio di Bonifica del Primo Circondario del Polesine di Ferrara, si trasferisce la seguente valutazione con la relativa ipotesi di valorizzazione per la pesca sportiva del tratto di Fossa Lavezzola a valle dell’abitato di Berra, comprensiva dell’elenco delle opere da realizzare e dei relativi costi di massima.
In relazione alle misure effettuate nel periodo estivo, quando la F. Lavezzola era alimentata dal C. Contuga (foto 1 e 2), la portata è risultata compresa tra un valore massimo di circa 170 l/s (10, 14 luglio 2008) ed uno minimo, pari a circa 20 l/s, (25 luglio 2008). Tale ampia variabilità è risultata dipendente dalla scarsa prevalenza della quota del C. Contuga, rispetto a quella variabile della F. Lavezzola; la variabilità della quota nella F. Lavezzola, è risultata a sua volta dipendente dall’entità delle derivazioni agricole, di cui 3 fisse, e dell’apertura della saracinesca all’intersezione con Via Bellaria.
Alla sezione di Via Bellaria, dove sono presenti una saracinesca e, immediatamente a valle, una griglia (foto 3 e 4), il giorno 14 non è stato rilavato alcun flusso, utilizzando un correntometro Open Stream Current Meter 2100, montante una elica adatta a misure di basso flusso, con limite di rilevabilità di 1 cm/s. In occasione del sopraluogo successivo, ulteriori misure effettuate in vari punti della sezione libera del tubo di 80 cm di diametro, su cui è montata la saracinesca in condizioni di parziale apertura, era presente un debole flusso, tale da determinare una portata compresa tra 5-10 l/s; ciò era in parte attribuibile alla parziale occlusione della griglia montata sulla bocca del tubo, dovuta ad accumulo di detrito e crescita di uno strato di microalghe e batteri. Sempre in tale data, dopo la pulitura della griglia e l’apertura della saracinesca, fino al massimo consentito dallo stato di manutenzione, il flusso è divenuto pari a circa 15 l/s; la saracinesca è stata poi lasciata in tale posizione.
Nella stessa data, in località Ponte Farmacia, più a valle, dove termina il tratto tombinato (foto 5) è stata misurata una portata di di 50 l/s (40 l/s nella data precedente del 14.07.08), difficilmente spiegabile in relazione al deflusso misurato alla sezione a monte di Via Bellaria, quasi dieci volte inferiore (circa 5 l/s, prima della pulizia della griglia).


Tratto della Fossa Lavezzola considerato dallo studio

Foto 1. Manufatto di derivazione dal C. Contuga. Foto 2. Fossa Lavezzola a valle della derivazione


.

Foto 3. Saracinesca di regolazione, Via Bellaria Foto 4. Vasca e griglia, a valle del manufatto, prima della intersezione con Via Bellaria

Foto 5. Manufatto del tratto tombinato, Ponte Farmacia. Foto 6. Sostegno a valle del tratto in oggetto, Via Albersano.

Ulteriori elementi di valutazione
Nel formulare una ipotesi di valorizzazione per la pesca sportiva del tratto cittadino di Fossa Lavezzola, dalla località Ponte Farmacia fino al sostegno lungo Via Albersano (foto 6), circa 1,5 km a valle, ci si è basati anche su osservazioni annotate nel corso degli anni e confermate nei colloqui tra i tecnici dei vari ambiti disciplinari.
Tali elementi sono di seguito riportati per punti:
1) il tratto in oggetto presenta, in primavera ed estate, un battente idrico compreso tra 60 e 110 cm, che si riduce in autunno ed inverno, rimanendo compreso tra 30-80 cm;
2) in entrambe le stagioni il battente è mantenuto dal sostegno lungo Via Albersano che evita lo svuotamento completo di questo tratto di fossa, nel periodo dalla fine di settembre ad aprile, in cui la alimentazione dal C. Contuga non è possibile ed il livello a valle, nel C. Derivatore che riceve il deflusso della F. Lavezzola, cala sensibilmente per la cessazione della derivazione dal Po. Nel periodo autunnale lo svuotamento può avvenire anche per riflusso verso monte, nel tratto tombinato e, per evitarlo, nel 2007 e 2008 è stato realizzato un cavedone in località ponte farmacia, da rimuovere alla ripresa delle derivazioni;
3) lo scarso deflusso estivo, sembra relazionabile a più fattori di seguito elencati su cui è tecnicamente possibile intervenire:
a) scarsa prevalenza del C. Contuga rispetto alla F. Lavezzola,
b) parziale apertura della saracinesca all’intersezione con Via Bellaria,
c) presenza di un interrimento della sezione di Ponte Farmacia, immediatamente a valle del manufatto con griglia: ciò è attribuibile ai residui del cavedone che è realizzato di inverno per evitare che il tratto a valle si svuoti,
d) la quota troppo alta del tubo in plastica nel cavedone lungo Via Albersano, immediatamente a monte del sostegno;
4) per la valorizzazione della produzione ittica non può prescindere da una gestione, in cui gli aspetti più importanti sono:
a) il controllo di alcune specie presenti con densità eccessive e non sostenibili dall’ambiente (siluro, carpa erbivora, carpa nostrana, ecc.), fondamentale per poter effettuare immissione di specie autoctone di pregio e di specie apprezzate localmente;
b) il controllo della ricolonizzazione da parte di specie invasive; al presente, la movimentazione naturale della fauna ittica non è possibile nel tratto in oggetto per la presenza del sostegno lungo Via Albersano, mentre è probabile che si verifichi alla sezione di Ponte Farmacia, se non è mantenuta una griglia sufficientemente alta.
Elementi prioritari del progetto
In base a quanto sopra riportato è formulata la seguente ipotesi di valorizzazione, espressa per punti e ambiti di competenza.
A cura del Consorzio di Bonifica del Primo Circondario del Polesine di Ferrara
1) Adeguamento del manufatto di derivazione dal C. Contuga con modifica della quota di stramazzo e sostituzione della griglia attualmente presente con una realizzata con tondino in acciaio inossidabile di 6 mm di diametro ed interspazio di 10 mm, in modo da favorire il deflusso; il costo indicativo è di 1.500 €;
2) manutenzione della saracinesca di Via Bellaria ed il suo mantenimento in posizione di massima apertura per tutto il periodo irriguo;
3) in località Ponte Farmacia, nel periodo autunno-invernale, la chiusura della saracinesca o la messa in opera del sostegno, sul manufatto immediatamente a valle di detta saracinesca, dove sono già presenti i gargami, per evitare il riflusso e lo svuotamento del tratto in oggetto;
4) la rimozione del cavedone posto a monte del sostegno lungo Via Albersano e l’adeguamento della travata, con impermeabilizzazione del tratto a valle; il costo indicativo è di 6.000 €;
5) adozione di un calendario particolareggiato degli sfalci per il rispetto della vegetazione in alveo (azione già attivata dal Consorzio di Bonifica).
Con l’adozione di tali migliorie è atteso il raddoppiamento della portata, durante il periodo delle derivazioni e sarà garantito il mantenimento di un invaso costante, compatibile per lo sverno della fauna ittica, sia nel tratto a monte dell’abitato, in concessione ai pescatori di mestiere, sia in quello a valle, oggetto dell’intervento.
A cura del Comune di Berra
1) Piantumazione del tratto arginale destro, da Ponte Farmacia fino all’appaiamento con Via Albersano, (come da allegata cartografia), secondo le specifiche indicate dal Consorzio di Bonifica per permettere le pratiche di manutenzione arginale (impianto in tratti di 8 metri, distanziati di 50 m l’uno dall’altro),
2) realizzazione di una piazzola attrezzata per l’accesso preferenziale a persone diversamente abili,
3) eventuale disposizione di panchine o altri arredi ritenuti utili.
A cura del Servizio Protezione Flora e Fauna della Provincia di Ferrara
1) Indicazione delle essenze da impiegare nella piantumazione,
2) indicazione dei parametri per l’area dedicata alla persone diversamente abili,
3) attuazione degli interventi annuali di ripopolamento ittico.
A cura del Comitato locale di gestione
L’attività del comitato di gestione è fondamentale per la riuscita dell’intervento. Si elencano alcuni aspetti:
1) verifica del livello di posizionamento dei sostegni e delle saracinesche e tempestiva comunicazione di eventuali problemi idraulici al tecnico del Consorzio di Bonifica individuato come responsabile, e di eventuali fenomeni riguardanti la fauna ittica ai tecnici dell’Università di Ferrara;
2) pulizia periodica delle griglie;
3) interazione con il Servizio Provinciale di Protezione della flora e della fauna e con i tecnici dell’Università di Ferrara, in relazione ad eventuali interventi di ripopolamento in occasione di gare e manifestazioni;
4) segnalazione di atti di bracconaggio o inquinamento alla Polizia Provinciale.
A cura della Università di Ferrara
1) Controllo della composizione della comunità ittica (ogni due anni);
2) bonifica delle specie invasive e contenimento di quelle divenute troppo abbondanti per il mantenimento dell’equilibrio ecologico;
3) coordinamento delle attività di immissione di novellame recuperato nei canali limitrofi, alla fine del periodo irriguo;
4) consulenza sugli interventi di ripopolamento e su eventuali attività divulgative e culturali.


3.3.5.Valorizzazione per la pesca dilettantistico-sportiva del canale Fossa di Porto (Portomaggiore, Ferrara)
Il tratto interessato costeggia l’abitato di Portomaggiore, compreso tra il ponte di via Ferrara e la biforcazione a valle dell’abitato. Il progetto di valorizzazione prevede opere di risanamento ambientale (bonifica della fauna alloctona invasiva) ed adeguamento delle rive all’esercizio della pesca sportiva e turistica attraverso la creazione di strutture idonee.
Si prevede:
- la predisposizione, in riva destra, nel tratto dal ponte di via Ferrara al ponte di via De Amicis di 10 postazioni fisse per la pesca sportiva dilettantistica, con materiale ligneo, due delle quali idonee per l’accesso preferenziale a persone diversamente abili,
- l’adeguamento del tratto in riva destra, dal ponte di via De Amicis alla fine dell’abitato, per la pratica di scuola di pesca ed attività ricreative correlate ad essa, da concordare con le associazioni, attraverso la realizzazione di piazzole, panchine ed altri arredi ritenuti utili,
- la piantumazione con essenze autoctone.




4. PUBBLICAZIONI
Il lavoro svolto ed i risultati ottenuti durante il l’arco di tempo cmpreso tra il 2004 e il 2009, hanno permesso la stesura e la pubblicazione di elaborati di carattere tecnico-scientifico-divulgativo, inerenti i corsi d’acqua ed popolamenti ittici delle acque interne della provincia di Ferra.
A seguire si riporta l’elenco delle pubblicazioni prodotte.

Castaldelli G., E. Rizzati, R. Barbirati, R. Rossi, 2004. Nuovi ospiti nei Canali di Bonifica della provincia di Ferrara. Il pesce, 4: 123-129.

Castaldelli G., Rizzati E., Barbirati R., Rossi R., 2005. Prima segnalazione di aspio, Aspius aspius (Linnaeus, 1758) e blicca, Abramis bjoerkna (Linnaeus, 1758), Osteichthyes, Cypriniformes, nelle acque interne della provincia di Ferrara. Ann. Mus. Civ. St. nat. Ferrara, 2003 (6), 65-72

Castaldelli G., Lanzoni M., Rizzati E., Rossi R., 2004. Prima segnalazione di rodeo, Rodeus sericeus (Pallas, 1776), Osteichthyes, Cypriniformes, nelle acque interne della provincia di Ferrara. Ann. Mus. Civ. St. nat. Ferrara, Vol.7, pp. 97-103.

Castaldelli G., Rizzati E., De Curtis O., Zucconelli I., Lanzoni M., Dolcetti C., Pampolini E., Barbicati R. e Rossi R. 2005. In: La comunità ittica del ferrarese, Assessorato all’Agricoltura, Protezione Flora e Fauna, Oasi e Zone Protette, Provincia di Ferrara, pp 15-59.

Castaldelli G., Mantovani S., Rizzati E., Lanzoni M. e Rossi R., 2006. Distribuzione del Gambero rosso della Luisiana nel Delta del Po. Il Pesce,1/2006, pp 93-105.

Lanzoni M., Castaldelli G., Rossi R.. Segnalata la presenza dell’Orconectes limosus. Pescasport, n.2 aprile/maggio 2007, Greentime, Bologna, pp. 10-12.

Castaldelli G., Lanzoni M., Rizzati E., Dolcetti C., Zucconelli I., Mantovani S., Finco R., Mantovani E., Rossi R.. 2008 Carta ittica della provincia di Ferrara, in “Carta Ittica dell’Emilia-Romagna Zone B ed A”, Assessorato Attività Produttive, Sviluppo, Economia e Piano Telematico, Regione Emilia Romagna, Ed., Greentime, Bologna, pp. 107-160.

Castaldelli G., Lanzoni M., Maio G., Rizzati E., , Zucconelli I., Dolcetti C., Finco R., Mantovani E., Rossi R.. Rilevazione dei dati e stesura dei rapporti nelle Zone A sul corso del Po e del Panaro. In “La Carta Ittica dell’Emilia-Romagna Zone B ed A”, Assessorato Attività Produttive, Sviluppo, Economia e Piano Telematico, Regione Emilia Romagna, 2008, Greentime, Bologna, pp. 225-232.

Castaldelli G., Lanzoni M. e Rossi R.. 2008. La fauna ittica del tratto terminale del fiume Po ieri e oggi. Il Pesce, 6/2008, pp. 99-109.

Lanzoni M., Castaldelli G., Caramori G., Turolla E., Fano E.A. e Rossi R. 2008. Popolamenti ittici del Delta del Po. Biologia Ambientale 2010.

Castaldelli G., Lanzoni M. 2009. Quale futuro per il Black Bass? Spunti di riflessione in un approccio ecosistemico per la gestione della fauna ittica. Hot Spot Magazine, n.2/2009.

Castaldelli G., Lanzoni M., Mantovani E. e Rossi R. 2009. La carpa erbivora nella provincia di Ferrara: alcune considerazioni a vent’anni dall’introduzione. Pescasport, Ed. Greentime, Bologna 2009, n.6 Dicembre 2009/Gennaio 2010, Greentime, Bologna, pp. 54-57.

Lanzoni M., Mantovani E., Rossi R. G. Stato dei popolamenti di siluro d’Europa, Silurus glanis (Limnaeus, 1758), nelle acque interne della provincia di Ferrara e nel basso corso del Po, a più di trent’anni dalla comparsa. Pescasport, Ed. Greentime, Bologna 2010, in stampa.



OFFLINE
Post: 243
Città: CODIGORO
Età: 37
Web Master FF
Presidente dell'FF
19/04/2011 13:44

Piano di Bacino Ittico Provinciale
2011-2015

Parte Terza: Programmazione


















La Provincia esercita la gestione della fauna ittica attraverso il Piano Ittico Provinciale secondo l’art.10 della Legge Regionale 22 febbraio 1993 n.11 e successive modifiche.
Detto Piano ripropone e specifica, a livello di bacino, i contenuti più generali del Piano Ittico Regionale (P.I.R.) redatto in riferimento all’art..7 della Legge Regionale 22 febbraio 1993 n.11: “Tutela e sviluppo della fauna ittica e regolazione della pesca in Emilia Romagna”, approvato con Deliberazione dell’Assemblea Legislativa Regionale del 3 aprile 2007, n. 107.

ZONE DI GESTIONE ITTICA

Ai fini della gestione ittica, il territorio provinciale viene suddiviso in 2 Zone omogenee, l’una corrispondente al “Parco Regionale del Delta del Po” e l’altra con la restante porzione ovvero il bacino “Burana-Po di Volano”.
1) Bacino ittico del “Parco Regionale del Delta del Po” è il territorio entro il quale vige il Regolamento Provinciale di cui alla Deliberazione del C.P. nn. 48/28274 del 24.05.2001 relativo alla pesca sportiva e ricreativa e alla disciplina dei capanni da pesca, modificata con Deliberazione C.P. nn. 69/51486 del 10/07/2002, approvato in conformità ai relativi Indirizzi emanati dal Consorzio del Parco.
La piena applicazione della suddetta regolamentazione potrà trovare attuazione esclusivamente a seguito dell’entrata in vigore dei Piani Particolareggiati Comunali previsti all’art.8 – punto 1 – del Regolamento Provinciale, fatta salva l’applicazione della vigente normativa in materia.

Per quanto riguarda l’attività di pesca professionale, si rimanda agli appositi Indirizzi e Regolamenti applicativi in materia, di competenza dell’Ente Parco stesso.

2) Bacino ittico “Burana-Po di Volano”, meglio descritto nel paragrafo dedicato alle caratteristiche idrauliche nella Parte Prima del presente Piano, con esclusione del territorio del Parco Regionale del Delta del Po di cui al precedente punto 1).

SPECIE DELLE QUALI E’ CONSENTITA LA PESCA

Le specie delle quali è consentita la pesca nelle acque interne della provincia di Ferrara sono quelle previste dalla vigente normativa regionale in materia, con particolare riferimento al Regolamento regionale 16 agosto 1993, n. 29 modificato dal Regolamento regionale 5 aprile 1995, n. 17 e dal Regolamento regionale 3 aprile 1998, n. 9 e succ. mod. e int.
Nella nuova Carta Ittica Provinciale, in applicazione della normativa Comunitaria Europea sarà espressamente vietato l’utilizzo dell’anguilla (viva o morta) come esca.

OBIETTIVI E LINEE GUIDA

Le particolari caratteristiche della rete idrica e delle zone umide ferraresi, la complessità degli aspetti di gestione idraulica, la necessità di tutela della flora e della fauna tipiche delle nostre acque, con particolare riferimento alle popolazioni ittiche, le problematiche connesse all’approvvigionamento idrico dei canali di bonifica e alla qualità delle acque stesse, l’opportunità di mantenere costantemente aggiornata la conoscenza del territorio nonché i rapporti di collaborazione con le Autorità Idrauliche competenti, con le Associazioni Piscatorie Provinciali, con il mondo del Volontariato e con i Pescatori locali sono tra i principali elementi che dovranno ispirare la politica della Provincia di Ferrara per la gestione delle acque interne ai fini della pesca nei prossimi anni, attraverso il documento programmatico di riferimento costituito dal presente Piano Ittico Provinciale, che continua ed integra il precedente.
Il Piano Ittico di Bacino della Provincia di Ferrara del prossimo quinquennio dovrà, quindi, perseguire i seguenti obiettivi generali:

• tutela della biodiversità negli ambienti acquatici
• tutela e incremento della fauna ittica autoctona
• attuazione di forme di pesca sportiva e ricreativa che valorizzino il patrimonio ambientale e culturale del territorio ferrarese
• contrasto della crisi economica in atto attraverso il monitoraggio della pesca professionale
• valorizzazione di tutte le forme di pesca ecocompatibili, ovvero la “Pesca per Tutti”.

Allo scopo di raggiungere tali obiettivi generali, verranno seguite le seguenti linee guida e relative azioni:

 Studio e monitoraggio della fauna ittica, attraverso la prosecuzione della collaborazione dell'Università degli Studi di Ferrara, al fine di basare la tutela della fauna ittica e la gestione della pesca nelle acque interne nella provincia di Ferrara su basi rigorosamente scientifiche.
 Monitoraggio della salute della fauna ittica, attraverso la prosecuzione della collaborazione del Servizio Veterinario dell'AUSL di FE.
 Tutela della fauna ittica autoctona, sia attraverso l'istituzione di idonee zone di protezione (previa bonifica dalle specie alloctone invasive), di zone di “cath & release”, sia attraverso appositi mirati ripopolamenti ittici, certificati dal punto di vista igienico-sanitario, con specie autoctone effettuati su basi scientifiche (puntando in particolare sull'anguilla, specie dichiarata in via di estinzione in ambito comunitario).
 Controllo e limitazione delle specie ittiche alloctone invasive, attraverso la prosecuzione degli appositi piani provinciali, la collaborazione dei pescatori di mestiere (previa organizzazione di appositi corsi di formazione gratuiti), l'individuazione di bacini di stoccaggio ittico in acque idonee, in cui favorire forme di pesca sportiva alle singole specie alloctone.
 Monitoraggio della pesca di mestiere, soprattutto nell'ambito del mondo giovanile, anche per far fronte alla crisi economica in atto e al conseguente aumento delle licenze di pesca nel settore.
 Collaborazione con il Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, attraverso la prosecuzione del “Protocollo d'Intesa” sottoscritto nel 2008, per assicurare nei canali un livello minimo vitale per la vita dei pesci.
 Collaborazione con l'Associazionismo Ittico, attraverso l'aggiornamento annuale delle convenzioni con le Associazioni Piscatorie Provinciali riconosciute, dando maggiore visibilità esterna e corretta informazione pubblica relativamente all'opera dei volontari, ed attivando tutte le forme di pesca sportiva e ricreativa sostenibili nei vari ecosistemi acquatici (carpfishing, catfishing, spinning, bilancella, ecc.)
 Collaborazione con il Consorzio del Parco del Delta del Po Regione Emilia-Romagna, per la piena applicazione del “Regolamento per la Pesca Sportiva e Ricreativa nel Parco Regionale del Delta del Po ed aree limitrofe”, con particolare riferimento alla tutela della risalita del novellame dal mare alle valli interne attraverso i canali adduttori, con la collaborazione dell'Università di FE e l'Associazione Italiana Pesca Sportiva e Ricreativa di RA.
 Realizzazione di iniziative didattiche di educazione ambientale sul campo, soprattutto rivolte agli studenti, ai bambini e loro famiglie, ai giovani e alle persone diversamente abili (realizzazione di Campi di Gara per ragazzi sul modello della Fossa Lavezzola di Berra, di tratti riservati alla pesca da parte di persone diversamente abili sul modello del Canale Nuovo di Baura, ecc.).
 Rilancio a livello nazionale ed internazionale del Campo di Gara permanente sul Canale Circondariale, al termine degli interventi di ripristino idraulico e della viabilità, in collaborazione con i Comuni di Ostellato e di Portomaggiore, anche in previsione dei Campionati Mondiali di Pesca nel Ferrarese previsti nell’agosto 2011.
 Informazione e comunicazione in forma permanente su tutte le attività nel settore della pesca nelle acque interne (studi, monitoraggi, recuperi e ripopolamenti ittici, iniziative, ecc.), utilizzando su larga scala gli strumenti informatici (Web, Sito Istituzionale della Provincia, ecc.), nonché sfruttando appositi spazi delle emittenti televisive locali e dell'Ente.
 Promozione del territorio ferrarese, del suo patrimonio ambientale, architettonico, eno-gastronomico, storico-culturale, attraverso lo sviluppo di adeguate forme di “pescaturismo” nelle antiche “vie d'acqua” (Fiume Po, Po di Volano, Primaro, Canale di Burana, Canale Boicelli, ecc.), da organizzare in collaborazione e sinergia con i Servizi Provinciali Agricoltura e Turismo nonché con i Comuni, e da candidare sui finanziamenti della Regione Emilia-Romagna nell'ambito dei “Progetti Finalizzati Pesca”.

Il nuovo Piano Ittico Provinciale sarà all'insegna dello slogan “Pesca per Tutti”, per la corretta regolamentazione e idonea valorizzazione di tutte le forme di pesca che appassionano e interessano i 18.000 pescatori che frequentano le acque ferraresi: Pesca al colpo e con la Bilancella, Spinning, Carp fishing, Cat fishing, Pesca di mestiere, Pesca per diversamente abili, Pesca da Bilancione fisso, Pesca per bambini, studenti e famiglie, Pescaturismo in senso lato e in tutte le sue forme.

AZIONI PROGRAMMATE

Favorire la presenza di idonei livelli di acqua nei canali

Il primo e, ovviamente, principale aspetto da affrontare per impostare correttamente una programmazione concretamente mirata alla tutela della fauna ittica e alla gestione della pesca nel Ferrarese è certamente rappresentato dall’esigenza irrinunciabile di avere presenza di acqua nei canali: ciò, nel nostro territorio, è tanto banale ad enunciarsi, quanto drammatico nella realtà!
La capillare rete idraulica è, infatti, costituita da canali di bonifica che assolvono le primarie funzioni pubbliche di scolo e di irrigazione dei terreni. Tali fondamentali finalità primarie hanno come effetto la “messa in asciutta”, a partire dal periodo tardo estivo- autunnale, della maggior parte dei canali da parte del Consorzio di Bonifica, con conseguente sofferenza (e purtroppo, talvolta, scomparsa) della fauna ittica che in essi vive e si riproduce.
Negli ultimi anni, ingenti sono stati gli sforzi della Provincia, con la collaborazione dei Volontari dell’ARCI Pesca di Ferrara attraverso apposita convenzione, per il recupero della fauna ittica in difficoltà ed il successivo rilascio in zone non interessate dal fenomeno. Contemporaneamente la Provincia ha intensificato i rapporti di collaborazione con tutti i Consorzi di Bonifica (ancora prima che essi venissero fusi nell’attuale unico Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara) che, sempre più sensibili al problema della tutela della fauna ittica (seppure non rientrante nelle proprie attività istituzionali), hanno dapprima migliorato le forme di informazione preventiva sui tratti interessati alle operazioni idrauliche necessarie, impegnandosi poi, attraverso la stipula di apposite convenzioni, trasformate successivamente in specifico “Protocollo d’Intesa”, anche a mantenere in alcuni canali idonei livelli idrici minimi, adatti a consentire la sopravvivenza della fauna ittica anche durante i periodi invernali.
Si è provveduto, sempre grazie alla collaborazione dei Consorzi di Bonifica, all’aggiornamento dell’elenco dei corsi d’acqua del territorio provinciale non soggetti ad operazioni di “messa in asciutta”, punto di riferimento irrinunciabile per la successiva individuazione dei vincoli di protezione, dei tratti da adibire ai ripopolamenti ittici (rigorosamente non vengono, infatti, effettuati ripopolamenti ittici se non in corsi d’acqua che non vanno mai in asciutta!) e alle varie forme di pesca sportiva, ricreativa e di mestiere. La “Carta dei corsi d’acqua non soggetti a messa in asciutta” è il principale punto di riferimento per la programmazione in materia, e dovrà costantemente essere monitorata ed aggiornata ai fini della definizione e successiva modifica di tutti i vincoli in materia di pesca nelle acque interne. Contestualmente si è avviata, sempre con la collaborazione dei Consorzi di Bonifica, l’individuazione di altri canali, interessati ad operazioni di messa in asciutta che, attraverso l’attuazione di appositi interventi, da finanziarsi anche su esercizi di bilancio pluriennali, potranno evitare in futuro tali manovre idrauliche.
E’ evidente che la questione è di vitale importanza, e che il principale obiettivo da perseguire per affrontare correttamente il problema attraverso il rinnovo del Protocollo d’Intesa con l’attuale Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, sarà quello di incrementare il numero dei corsi d’acqua nei quali le caratteristiche ambientali siano favorevoli alla vita della fauna ittica, come previsto dalla normativa regionale secondo la quale la conservazione, l’incremento e il riequilibrio biologico delle specie ittiche d’interesse ambientale e piscatorio deve avvenire in primo luogo tramite “la salvaguardia delle caratteristiche fisico-chimiche delle acque, anche in riferimento alle direttive CEE vigenti in materia”.
Il Piano di Tutela delle Acque attivato dalla Regione Emilia-Romagna è lo strumento di pianificazione volto al raggiungimento degli obiettivi di quantità e di qualità ambientale delle acque fissati dalle Direttive Europee (Dir. 2000/60/CE, integrate nella normativa italiana col Decreto Lgs. 152/99 e successive modifiche), secondo un approccio integrato che consideri non solo gli aspetti di carattere tipicamente qualitativo, ma anche quelli quantitativi come appunto il minimo deflusso vitale.

Mantenere costante l’attenzione sulla qualità dell’acqua

Un altro fattore di evidente, ovvia importanza per la vita della fauna ittica è la qualità delle acque.
Anche se il miglioramento e il controllo della qualità delle acque non è materia del presente Piano Ittico, è comunque incontrovertibile che l’attenzione costante su tale parametro sarà uno dei principali elementi su cui fondare gli sforzi di tutela della fauna ittica e le scelte per la gestione della pesca.
Negli anni passati sono state avviate campagne di monitoraggio con la collaborazione dell’ARPA-Sezione di Ferrara, al fine di mettere a punto idonei “test di ittiotossicità”, anche con l’utilizzo del metodo dei “Pesci sentinella” in alcuni corsi d’acqua particolarmente significativi, che hanno messo in evidenza le interrelazioni tra le popolazioni ittiche e la qualità delle acque.
Sarà, quindi, opportuno rapportarsi costantemente alle attività dei Servizi competenti della Provincia per quanto riguarda il Piano di Tutela delle Acque, soprattutto dal punto di vista della qualità delle acque e dei livelli minimi vitali per la vita dei pesci.
Va comunque sottolineato che lo stato di grave squilibrio che caratterizza la comunità ittica delle nostre acque, al contrario di quanto si potrebbe ipotizzare, non deriva tanto da un peggioramento della qualità chimica delle acque, che negli ultimi quindici anni si è mantenuta presumibilmente stabile nella maggior parte dei canali, se non addirittura migliorata (dati ARPA 2003), quanto piuttosto da interventi e dalla gestione idraulica dei canali in relazione all’aumento del rischio di piena, dall’eliminazione di ogni elemento naturale dagli stessi, dal diserbo e dal taglio sistematico della vegetazione che hanno favorito la colonizzazione delle specie alloctone in grado di adattarsi divenendo invasive e causato la quasi totale scomparsa di molte autoctone come la Tinca, la Scardola, il Luccio e l’Alborella.
Il miglioramento delle condizioni ambientali dei corsi d’acqua dipende quindi anche dalla presenza di vegetazione acquatica, che con le proprie capacità di depurazione, può contribuire in maniera significativa alla riduzione degli inquinanti, senza tralasciare il fatto che essa costituisce l’habitat di deposizione, di rifugio dai predatori e di alimentazione per molte specie di fauna ittica. Per tale motivo uno dei principali obiettivi sarà quello di adeguare il Protocollo d’Intesa con il Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara e gli altri Enti coinvolti nel governo idraulico, inserendo l’impegno di mantenere e favorire, in tratti di canali di particolare interesse ambientale e ittico e compatibilmente con le esigenze idrauliche, la naturale vegetazione spontanea palustre, arbustiva e arborea, nonché di favorire interventi di ingegneria naturalistica e di riforestazione, adatti a migliorare le caratteristiche ambientali della rete idrica a fini di tutela e incremento della fauna ittica pregiata autoctona. Un ulteriore elemento per favorire la crescita spontanea della vegetazione acquatica sarà un attento monitoraggio della Carpa erbivora, evitandone l’ulteriore diffusione nelle acque pubbliche.

Favorire la conoscenza della fauna ittica

Per tutelare e gestire correttamente un patrimonio è innanzitutto necessario conoscerlo a fondo e mantenere costante il monitoraggio della sua consistenza e della sua evoluzione. Tali princìpi dovranno ispirare anche in futuro qualsiasi forma di tutela e gestione del patrimonio ittico provinciale, proseguendo nella positiva esperienza intrapresa da decenni dalla Provincia, attraverso la stipula di apposita convenzione con l’Università degli Studi di Ferrara che, approfondendo gli studi e le ricerche condotti dagli Esperti del Dipartimento di Biologia Evolutiva, hanno permesso di mantenere costante l’aggiornamento dell’elenco delle specie ittiche presenti nelle acque interne del territorio ferrarese, nonché fornire un quadro relativo alla dinamica delle varie popolazioni.
Da tali basilari informazioni sono state, pertanto, ricavare le linee guida di tutela delle specie più rare (quali la Tinca, ormai scomparsa, e il Luccio, in timida ma documentata ripresa in alcuni siti particolarmente idonei) o in pericolo di estinzione (come lo Storione e l’Anguilla, nell’intero bacino europeo), gli interventi per la loro reintroduzione od incremento, la delimitazione dei tratti di protezione ittica e dei periodi di divieto temporaneo di pesca, l’attivazione di tecniche efficaci e mirate per i ripopolamenti ittici e quelle per contrastare l’invasione delle specie alloctone, nonché tutte le attività specifiche di progettazione finalizzata alla pesca. Anche negli anni futuri sarà, pertanto, mantenuta la convenzione con l’Università per lo studio, la ricerca e il monitoraggio continuo della fauna ittica in rapporto alla qualità delle acque.
Oltre alle classiche linee di ricerca e monitoraggio ormai consolidatesi nei decenni, si intende approfondire il tema della risalita del novellame dal mare alle zone umide dell’entroterra, per l’importanza che esso riveste nell’ambito della salvaguardia delle popolazioni di alcune specie, nonché nell’indirizzo delle scelte della Provincia che annualmente deve individuare i periodi e le modalità del “fermo pesca temporaneo” nel comprensorio del Parco del Delta del Po.
Nel campo della conoscenza della fauna ittica in rapporto alle acque del Ferrarese è sempre determinante la raccolta e l’elaborazione di informazioni e segnalazioni fornite dai pescatori stessi, attraverso le Associazioni Ittiche, che saranno realizzate, come già avvenuto in diverse occasioni, attraverso la predisposizione e la distribuzione capillare di apposite schede tecniche che, una volta riconsegnate al personale incaricato, permetteranno di fornire utili segnalazioni e riferimenti specifici.
Parimenti sarà favorito anche il monitoraggio della salute della fauna ittica, attraverso la prosecuzione della collaborazione del Servizio Veterinario Provinciale dell'AUSL di FE e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia di Cassana.

Il controllo e la limitazione delle specie ittiche alloctone

Il costante monitoraggio della fauna ittica condotto nel corso degli anni attraverso la collaborazione con l’Università degli Studi di Ferrara ha permesso di avere a disposizione un quadro dettagliato delle presenze e della consistenza delle varie specie di pesci in rapporto alle nostre acque interne, dal quale emerge chiaramente l’incremento costante di specie “non autoctone” o “alloctone”, le quali entrano in competizione con le specie autoctone e più “pregiate”, arrecando squilibri negli ecosistemi acquatici. Delle 36 specie di pesci che attualmente si registrano nelle nostre acque, solamente 13 sono autoctone, mentre le restanti 23 sono di origine alloctona. Nella rete idrica dei canali di bonifica il 96% della biomassa totale della comunità è costituito da specie alloctone introdotte in tempi più o meno recenti.
La Legge Regionale n. 11/’93, art. 13, comma 3 prevede, tra l’altro, la possibilità per le Province di organizzare interventi volti alla cattura di specie ittiche anche al fine di ridurre le presenze che determinano situazioni di squilibrio biologico; parimenti il Piano Ittico Regionale vigente attribuisce particolare rilevanza, ai fini della tutela e del ripristino delle specie ittiche tipiche delle acque regionali, al controllo delle specie alloctone con maggiore incidenza sull’ecosistema, ed in particolare del Siluro d’Europa; la Deliberazione della Giunta della Regione Emilia-Romagna n. 1574 del 3/7/1996 adotta specifici provvedimenti tesi a limitare e contenere la presenza del Siluro d’Europa nelle acque interne regionali.
Anche nel corso dell’ultima Assemblea Nazionale dell’A.N.M.I. (Associazione Nazionale Musei Scientifici Italiani), svoltasi a Ferrara dal 17 al 19 novembre 2010 tutti gli esperti del settore hanno concordato senza eccezioni e fermamente nel riconoscere nell’invasione delle specie alloctone la principale causa di perdita della biodivestità negli ambienti naturali di tutto il mondo, raccomandando con forza a chi ha a cuore la salvaguardia della biodiversità (nell’Anno Internazionale della Biodiversità proclamato per il 2010 a livello mondiale dall’ONU) di mettere in atto tutte le strategie possibili per arginare tale “disastro ecologico”, anche se la loro eradicazione definitiva dalle aree non di origine appare ormai impossibile da attuare.
L’obiettivo di limitare comunque le specie maggiormente invasive, come il Siluro europeo e il Gambero rosso della Louisiana, dovrà quindi essere perseguito mediante l’intensificazione delle azioni di cattura e controllo e il successivo allontanamento dalle nostre acque, favorendo anche la costituzione di apposite squadre di “pescatori volontari – coadiutori” che, sotto il coordinamento delle Associazioni Ittiche Provinciali e la vigilanza delle Guardie Provinciali e Volontarie, attuino la limitazione di queste specie.
Pertanto le attività di limitazione e contenimento suddette saranno quelle elencate dalla normativa regionale in vigore, che attualmente prevede per il Siluro d’Europa:
a) divieto assoluto di reimmissione del pescato nelle acque pubbliche (attualmente in provincia di Ferrara i Siluri pescati e/o recuperati possono essere recapitati esclusivamente negli appositi bacini di raccolta e stoccaggio di proprietà della Provincia e situati nei pressi delle Anse Vallive di Ostellato);
b) assenza di limitazioni di misure e di quantitativi giornalieri e stagionali;
c) le Province possono individuare e delimitare zone di corsi d’acqua ove sia accertata una particolare infestazione di siluro, nelle quali autorizzare, mediante appositi accordi con i pescatori professionali e con le Associazioni Piscatorie, l’uso della rete a strascico, ed altri attrezzi tecnicamente idonei per tale pesca, con esclusione dei periodi in cui si realizza la riproduzione naturale delle specie autoctone;
d) le Province indicano altresì, oltre ai campi di gara permanenti e temporanei istituiti, ulteriori corpi idrici nei quali favorire e consentire, con la collaborazione delle Associazioni Piscatorie, gare di pesca al Siluro (vengono individuati idonei a tal fine i suddetti bacini di raccolta e stoccaggio dei Siluri di proprietà della Provincia e situati nei pressi delle Anse Vallive di Ostellato, oltre ad altri che potranno essere individuati dalla Provincia purché non assimilabili ad “acque pubbliche” nelle quali vige il divieto di cui alla precedente lettera a);
e) i Siluri prelevati secondo le varie modalità sopra illustrate non possono essere reimmessi. A tal fine le Province acquisiscono bacini per la raccolta e lo stoccaggio del Siluro (oltrechè del Carassio e del Carassio dorato), in modo tale da consentirne la commercializzazione, in caso di richiesta del mercato, e in caso di mancata richiesta, provvedono allo smaltimento a norma di legge;
f) divieto di immissione del Siluro negli allevamenti e nei laghetti di pesca a pagamento.

Per quanto riguarda il Gambero rosso della Louisiana, nella nostra provincia questa specie (diffusasi in Europa a partire dalla Spagna e giunta nel Delta del Po intorno agli anni ’80 del secolo scorso) cresce e si riproduce con successo per tutto l’arco dell’anno, presentando popolazioni stabili e ben strutturate, praticamente diffuse nella maggior parte del territorio; le preferenze vanno proprio per i canali di bonifica sottoposti a secca stagionale, le cui condizioni idrologiche sono paragonabili a quelle delle piane alluvionali del fiume Mississipi, da cui proviene. Recenti studi (Aquaprogram s.r.l. Ecologia Applicata e Gestione dell’Ambiente, 2009), volti ad indagare gli effetti della pesca sulla densità di popolazione di questo crostaceo in un canale di bonifica (scelto a titolo sperimentale nella Fossa Masi), nonché finalizzati a individuare canali di mercato efficaci a smaltirne la biomassa (la sua raccolta è sostenibile come metodo di controllo solamente se si avvera la possibilità di sfruttare commercialmente gli esemplari catturati per rivenderli nei mercati ittici), hanno portato alle seguenti conclusioni:
- tra aprile e luglio si registra un aumento complessivo di densità e biomassa, un calo repentino in agosto e una ripresa molto intensa a settembre;
- a causa della notevole capacità di movimento della specie non si notano differenze significative relativamente agli effetti della pesca dovuti ai diversi sforzi: ciò porta a dedurre che se si vuole avere un impatto significativo sui popolamenti andranno esercitati sforzi prolungati e che interessino aree molto estese e contigue dei canali;
- la specie può essere controllata demograficamente se sottoposta a forte pressione di pesca;
- i mercati ittici della nostra zona deltizia non si occupano della commercializzazione del Gambero rosso della Louisiana;
- la specie è piuttosto richiesta nel Centro (lago di Massaciuccoli in Toscana, lago Trasimeno in Umbria) e Sud Italia;
- alcune richieste del mercato si registrano anche nella zona di Parma e Modena e in alcune località lungo il corso del fiume Po.

Facendo tesoro di queste considerazioni, e poiché nella zona d’origine le carni del Gambero rosso della Louisiana sono considerate di pregio e molto apprezzate per il caratteristico gusto delicato, sarà opportuno favorire la pesca della specie, anche da parte dei pescatori di professione, indirizzandoli sui mercati ove si registra un’apprezzabile richiesta, favorendo la sua diffusione anche nella nostra zona nelle pescherie, nei mercati settimanali e, perché no?, anche nelle sagre paesane, al fine di sfruttare appieno la buona qualità e gli ottimi valori nutrizionali delle carni (la “Sagra del Gambero rosso” ancora manca nel seppur vastissimo panorama ferrarese!).
Le indagini su questo crostaceo condotte anche dall’Università degli Studi di Ferrara hanno messo in evidenza come il Pesce gatto sia un predatore naturale molto efficace nel contenimento della diffusione del Gambero rosso, tanto dannoso ed infestante soprattutto nelle nostre risaie.

La tutela della fauna ittica tipica delle acque interne del Ferrarese

Ai fini della tutela e incremento della tipica fauna ittica del territorio ferrarese, oltre che la continuazione degli interventi di limitazione delle specie alloctone come prevede la normativa vigente, andranno favoriti anche quegli interventi volti alla conservazione, alla reintroduzione, al ripopolamento delle specie autoctone più interessanti delle nostre acque. La conservazione delle varie specie sarà attuata con l’istituzione di zone di tutela o di zone speciali di pesca nei corsi d’acqua rivelatisi più idonei a seguito di apposite indagini scientifiche, nonché con l’approvazione di misure, anche temporanee, di divieto di pesca, come nel caso del periodo di “risalita” del novellame nei canali adduttori dal mare alle valli o come nel caso del periodo di risalita della Cheppia, che verranno adottati di anno in anno in base agli andamenti climatici che determinano i flussi migratori e ai risultati delle apposite ricerche condotte dall’Università.
I ripopolamenti di fauna ittica, che dovranno seguire i criteri e i metodi scientifici rivelatisi più efficaci nel corso delle campagne di studio e monitoraggio dell’Università, avranno come obiettivo l’incremento delle popolazioni naturali o la reintroduzione di specie in forte pericolo di estinzione, come nel caso dell’Anguilla. Nell’ambito della tutela della fauna ittica, fondamentale è l’attività di Vigilanza, sia d’Istituto che Volontaria, da favorire attraverso l’organizzazione di appositi corsi ed esami di abilitazione, e da coordinare attraverso la stipula di apposite convenzioni, come già avviene negli ultimi anni sotto il coordinamento del Corpo di Polizia Provinciale.

Zone di Protezione della Fauna Ittica

La fondamentale questione della salvaguardia delle specie ittiche autoctone impone, tra le varie misure da adottarsi, l’istituzione di zone soggette a particolari restrizioni finalizzate a impedire o limitare la pressione di pesca sulle varie specie. Tali vincoli saranno individuati in dettaglio nella apposita “Carta Ittica Provinciale”, da approvarsi da parte della Giunta Provinciale successivamente al presente Piano.
Le Zone di Ripopolamento e Frega (Z.R.F.) sono da considerare aree di fondamentale importanza per le specie ittiche autoctone, in quanto sono istituite con lo scopo fondamentale di consentire l’acclimatazione, la crescita e la riproduzione degli individui immessi a sostegno delle popolazioni locali e fornire poi soggetti per il ripopolamento di altri tratti. La soluzione più auspicabile in questo senso consiste nell’utilizzo degli individui nati in loco per la costituzione di uno stock di riproduttori da utilizzare a fini di ripopolamento. Sono pertanto da salvaguardare in termini di qualità dell’ambiente per evitare il deterioramento e la scomparsa di quelle caratteristiche di naturalità che ne hanno determinato l’istituzione. Nelle Zone di Ripopolamento e Frega (Z.R.F.) sono vietate sia la pesca sia le attività che arrechino danno o disturbo alla fauna ittica.
Le Zone di Protezione Integrale (Z.P.I.), implicano invece la salvaguardia di ecosistemi di particolare interesse per la loro valenza ecologica e didattica.
Le Zone di Protezione delle Specie Ittiche di pregio (Z.P.S.I.), si propongono la tutela di specie di particolare interesse e in declino, per le quali è vietata la pesca. Tra queste ricordiamo in particolare il Luccio e l’Anguilla, tra le più significative della nostra ittiofauna; si ricorda che, comunque, in tali zone di protezione, la pesca alle altre specie è consentita nelle modalità e nei termini di legge.
Nelle suddette zone di protezione della fauna ittica andranno prioritariamente indirizzati gli sforzi e le azioni di controllo e limitazione delle specie alloctone.

Zone a Regime Speciale di Pesca

La diffusa sensibilità nei confronti dell’ambiente e della necessità di salvaguardia e benessere della fauna ittica autoctona, ha portato negli ultimi anni alla pratica del metodo del “catch & release” o “no kill” che prevede il rilascio immediato del pesce catturato. Tale forma di pesca, a basso impatto sia sull’animale che sull’ambiente, permette di mantenere pressoché inalterate le presenze numeriche delle specie autoctone presenti all’interno del corpo idrico.
Poiché l’integrità fisica dell’animale è comunque una prerogativa indispensabile alla sua sopravvivenza dopo la reimmissione nel corso d’acqua, la pratica suggerisce alcune misure preventive, quali:
. l’utilizzo di amo senza ardiglione ( no kill) od eventualmente con micro- ardiglione;
. l’utilizzo di accorgimenti atti a prevenire ferite o lesioni cutanee durante le operazioni di slamatura (materassini di slamatura);
. l’utilizzo di guadino per salpare il pesce di dimensioni adeguate;
. l’utilizzo di retini e sacche per la detenzione temporanea del pesce adeguati al quantitativo
pescato;
. una pasturazione ridotta al minimo con l’utilizzo di composti naturali facilmente biodegradabili e facilmente digeribili da parte dei pesci che se ne cibano.
L’istituzione di tali zone sarà attuata in tratti di pregio, sia per la fauna ittica presente che per le condizioni ambientali. Una delle specie che si presta a questo tipo di pesca è quella al Luccio; pertanto, nella nuova Carta Ittica Provinciale si darà ampio spazio alla pesca “no kill” al Luccio.
Il Piano Ittico Provinciale propone pertanto l’individuazione di Zone a Regime Speciale di Pesca (Z.R.S.P.) in funzione del “catch and release” e “no kill” per le specie autoctone (quali Carpa e Luccio) con l’obiettivo di salvaguardare la componente autoctona, soggetta a maggior prelievo alieutico, pur consentendo l’esercizio della pesca anche se non con tutti gli attrezzi. L’istituzione di tali zone, oltre a incoraggiare la reale protezione della fauna ittica autoctona, assume un preciso valore didattico in direzione della conservazione degli ambienti e della diffusione di una profonda coscienza ecologica: si ritiene infatti opportuno intervenire alla diffusione di una corretta conoscenza ecologica sia nei pescasportivi, per garantire l’effettiva gestione di tali zone, che nelle giovani generazioni, per avvicinarle ad una condotta consapevole della pesca.

Zone a Regime Speciale di Pesca e nuove tecniche di pesca

Una forma di regime speciale di pesca che nel precedente Piano Ittico Provinciale è stata ampiamente favorita, è il “Carp fishing”, da quando con Deliberazione n°1786 del 22.09.2003 la Giunta Regionale Emilia-Romagna lo ha di fatto consentito; tale provvedimento figura come integrazione alla Deliberazione della Giunta Regionale n°3544 del 27/07/93’, e demanda comunque alle Province la facoltà di individuare i tratti e le modalità di pesca con la tecnica in oggetto.
Nel reticolo idrografico del Ferrarese la Carpa è la specie predominante: l’elevata disponibilità di alimenti soddisfa abbondantemente le necessità trofiche della specie che ha modo di accrescersi in condizioni particolarmente favorevoli, consolidando la presenza con popolazioni demograficamente dominanti in quasi tutti i corsi d’acqua e qualitativamente ben strutturate, con una tendenza all’aumento delle taglie. Ciò rende le nostre acque particolarmente vocate alla pratica di questa tecnica e predilette dagli appassionati del settore.
Pure la tecnica dello “Spinning” viene considerata a basso impatto (“catch & releas” con massima cura del pescato); il pescatore di “Spinning” necessita dell’utilizzo di piccole imbarcazioni con motore elettrico o a remi; per tale motivo, su richiesta delle Associazioni, la Provincia ha autorizzato la “pesca sportiva da natante non ancorato” in tratti idonei con deliberazione di Giunta Provinciale n. 378 del 26/08/2003 ampliando così le possibilità di fruizione dei corsi interessati per la pesca a Spinning. Tali tecniche saranno quindi mantenute ed ulteriormente sviluppate nella nuova Carta Ittica Provinciale, grazie al loro basso impatto sulla fauna ittica.
Per favorire la tecnica del Cat fishing (divenuta negli ultimissimi anni una passione in continua diffusione in Italia) nel rispetto della già citata normativa regionale che vieta la reimmissione dei Siluri pescati nelle acque pubbliche, e della Deliberazione della Giunta della Regione Emilia-Romagna n. 1574 del 3/7/1996, la Provincia … omissis … con la collaborazione delle Associazioni Piscatorie … potrà individuare … oltre ai campi di gara permanenti e temporanei istituiti, ulteriori corpi idrici nei quali favorire e consentire gare di pesca al Siluro … purché si tratti di bacini isolati, ovvero non collegati con le acque pubbliche, da gestire anche tramite apposite convenzioni.

Ripopolamenti ittici su basi scientifiche

Il monitoraggio costante della fauna ittica in rapporto agli ambienti acquatici maturata nei decenni unitamente alla conoscenza dei corsi d’acqua che non vanno mai in asciutta sono gli elementi fondamentali sui quali si devono basare i ripopolamenti.
Le attività di ripopolamento ittico hanno il duplice scopo di favorire e incrementare le popolazioni nell’ambiente naturale da un lato, e di soddisfare le esigenze sportive e ricreative di cattura dei pescatori dall’altro. Preliminarmente alla predisposizione dei programmi di ripopolamento, andranno individuati, per le varie specie autoctone che si intende favorire, i tratti dei corsi d’acqua e i periodi più idonei per le operazioni di ripopolamento. I materiali ittici, corredati della prevista documentazione veterinaria, dovranno possedere tutte le garanzie di idoneità, soprattutto per quanto riguarda la provenienza, in modo da evitare l’immissione di esemplari stranieri, principale causa di inquinamento genetico delle popolazioni locali.
Per quanto riguarda le tecniche, i siti e la scelta delle specie oggetto di ripopolamento si rimanda integralmente al relativo paragrafo nella Parte Seconda del presente Piano.
Riassumendo i dati scientifici, si sottolinea che si proseguirà prevalentemente secondo le seguenti azioni:
Luccio – prosecuzione dei ripopolamenti esclusivamente in isolati corsi d’acqua caratterizzati dalla presenza della specie e della vegetazione acquatica sommersa, ove sarà possibile mantenere bassa/nulla la presenza del Siluro e della Carpa erbivora;
Anguilla – prosecuzione e intensificazione dei ripopolamenti nei siti idonei con questa specie che le Direttive Comunitarie indicano in pericolo di estinzione;
Pesce gatto – prosecuzione dei ripopolamenti esclusivamente presso i tratti classificati come Campi Gara permanenti o temporanei, come impone la normativa vigente; si auspica, tuttavia, che la Regione Emilia-Romagna estenda le possibilità di ripopolamento di questa specie ampiamente naturalizzata ed apprezzata, anche in considerazione del fatto che essa si è rivelata un predatore naturale eccellente antagonista del Gambero rosso della Louisiana.

La collaborazione dell’Associazionismo Ittico

L’ottenimento di risultati soddisfacenti nel campo della tutela della fauna ittica e della gestione della pesca nelle acque interne non può prescindere dalla collaborazione del mondo dell’Associazionismo Piscatorio, così come prevede la stessa Legge Regionale all’art. 3. In Provincia di Ferrara, da anni sono in atto numerose forme di collaborazione con le Associazioni Ittiche Provinciali, che attraverso apposite convenzioni hanno permesso di realizzare numerosi interventi gestionali, altrimenti irrealizzabili: recupero della fauna ittica in difficoltà durante i periodi di messa in asciutta dei canali, tabellamento dei corsi d’acqua, partecipazione alle ricerche, ai monitoraggi e alle Commissioni Ittiche, vigilanza volontaria, gestione dei campi di gara, informazione dei pescatori, ecc.
Solo per portare due esempi concreti a dimostrazione dell’importanza di tale collaborazione, basti citare l’encomiabile attività di recupero della fauna ittica dai canali posti in asciutta svolta dai Volontari dell’ARCI Pesca Provinciale: centinaia di interventi all’anno effettuati, per un totale di biomassa media annua recuperata di circa 350 quintali! Oppure la gestione dei Campi di gara svolta dalla FIPSAS Provinciale, che nel 2011 porterà nel Ferrarese i Campionati Mondiali di Pesca al colpo!
Alla luce della positiva e pluriennale esperienza maturata, tali forme di collaborazione tramite convenzioni saranno rinnovate e rinsaldate, nella ricerca delle più proficue forme di lavoro congiunto per lo scopo comune: la tutela dell’ambiente e della fauna ittica, la più corretta gestione congiunta delle varie forme di pesca, la partecipazione e la soddisfazione dei pescatori.

Valorizzazione della pesca sportiva e ricreativa, dell’associazionismo e del volontariato

L’attività alieutica è sicuramente una componente culturale radicata da secoli nella popolazione ferrarese, insediata su un territorio da sempre dominato dalle acque.
La media di licenze di pesca sportiva annue (2006/2010) rilasciate dai Comuni della provincia di Ferrara negli ultimi anni è di n. 3.064 ( per un totale di 18.891 Pescatori totali presenti in provincia), mostrando una flessione rispetto al precedente Piano. A queste presenze si aggiungono i Pescatori di altre province e regioni che si riversano nel territorio ferrarese, ricco di corsi d’acqua estesi e differenziati. Accanto alla pesca sportiva, che coinvolge cittadini di tutte le classi sociali, è inoltre tuttora in vigore la pesca di professione, a testimonianza dell’importanza rivestita da sempre da questa attività per il sostentamento delle popolazioni locali e successivamente come fonte di reddito. Proprio in direzione soprattutto della pesca sportiva si è sviluppato negli ultimi decenni l’Associazionismo.
Le due Associazioni presenti a livello provinciale, ARCI-PESCA-FISA e F.I.P.S.A.S., sono state in grado in questi anni di sviluppare attività integrate sul territorio consentendo una partecipazione diretta dei Pescatori nella gestione della fauna ittica. L’ARCI-PESCA-FISA si è posta come primari obiettivi la tutela dei diritti di libera pesca sportiva e la salvaguardia ambientale delle acque, prendendo parte alla gestione ittica complessiva delle zone omogenee, mentre la F.I.P.S.A.S. è intervenuta principalmente nella gestione diretta dei campi di gara di pesca sportiva e agonistica.
Tali attività sono state svolte in stretto contatto e sinergia con la Provincia di Ferrara, grazie alle convenzioni stipulate, come più sopra già sottolineato.
Le Associazioni svolgono dunque l’importante compito di fungere da collante tra i singoli appassionati e le pubbliche amministrazioni, per una migliore e corretta fruizione della risorsa pesca.
Si programma pertanto di continuare il fattivo rapporto con le associazioni volontarie e gruppi di volontariato locale, coinvolgendoli nelle attività di tutela della fauna ittica in generale e di quella in difficoltà in particolare, di gestione dei campi di gara, di ripopolamento e smaltimento degli alloctoni.
L’importante ruolo che i Pescatori sono chiamati a svolgere è dunque quello di presenza e controllo diretto del territorio, a garanzia di una frequenza d’intervento quotidiana. Le Associazioni possono giocare un ruolo decisivo anche nello stimolare i pescasportivi all’uso di prodotti per la pasturazione più sani e nel ridurre le quantità impiegate, ai fini di un maggiore rispetto delle condizioni chimico – fisico – biologiche delle acque.

Valorizzazione delle varie forme di pesca sportiva e di Pescaturismo

Negli ultimi anni si sono andate sviluppando nella nostra provincia nuove forme e tecniche di pesca, praticate soprattutto da giovani, che hanno come elementi comuni il benessere della fauna ittica con la liberazione del pescato e la tutela dell’ambiente naturale. La particolare vocazione delle acque interne del Ferrarese per gli appassionati di “Carp Fishing”, di “Spinning”, di pesca da natante non ancorato al Siluro d’Europa e al Persico trota, che hanno registrato un numero sempre crescente di pescatori sportivi sui nostri corsi d’acqua, ha indotto la Provincia di Ferrara ad intraprendere nei confronti della Regione Emilia-Romagna proposte di modifica della legislazione, al fine di opportunamente normare tali nuove attività di pesca, anziché proibirle e sanzionarle. L’obiettivo di regolamentare queste discipline sportive, compatibili con la tutela dell’ambiente e della fauna, è assolutamente in linea con gli obiettivi più generali di valorizzare il sistema idrico delle acque interne, intrapreso dalla Provincia di Ferrara in questi ultimi anni attraverso l’attivazione di numerose iniziative legate a forme alternative di turismo lento rurale e naturalistico, quali le piste ciclabili, gli agriturismi, il turismo nautico e fluviale. I principali obiettivi da realizzare nei prossimi anni, saranno quindi l’individuazione e la messa a regime di un sistema di canali idonei e vocati a tali forme di pesca, da valorizzare a livello nazionale, per promuovere soprattutto nel mondo dei giovani, insieme alla tutela della natura, nuove forme di fruizione dell’ambiente e la valorizzazione dei corsi d’acqua dolce interni del Ferrarese.
Il Pescaturismo è definito dell’art.1 del D.Lgs. n. 293/1999 e dall’art. 3 del D.Lgs. n. 226/2001 “l’insieme di tutte quelle attività che possono essere svolte dal pescatore di professione che imbarca, sulla propria unità di pesca, persone diverse dall’equipaggio e che accompagna per un’attività turistico – ricreativa”.
Trascorrere una giornata a bordo di una imbarcazione, accanto ai pescatori, conoscere l’ambiente costiero, o lagunare, o di valle o di fiume, osservare la flora e la fauna locale, partecipare alla pesca e alla cattura del pesce locale, preparare e gustare il pesce appena pescato, visitare posti inaccessibili ed inoltrarsi tra il silenzio dei canneti, tutto questo è “Pescaturismo”.
Il D.Lgs. n. 293 precisa le iniziative turistico – ricreative ammissibili, fissa il numero massimo di persone imbarcabili, definisce le caratteristiche e le dotazioni delle imbarcazioni destinate all’attività pescaturismo, chiarisce, inoltre, le modalità di navigazione.

Il Pescaturismo nelle acque interne del Ferrarese

La particolarità e la varietà degli ambienti che offre il nostro Po e il suo Delta si prestano enormemente a questa forma di turismo; gli scenari che si presentano ai visitatori offrono infiniti spunti naturalistici sia a quelli più esperti sia a chi semplicemente voglia immergersi nella natura conoscendo i suoi molteplici risvolti.
Già oggi molte agenzie di viaggio, non soltanto ferraresi, propongono ed offrono, al turista interessato, escursioni in barca nel Delta non riuscendo a soddisfare la domanda, una domanda che è molto più articolata e che oltre all’uscita in barca, si allarga all’esperienza di pesca, al soggiorno nelle valli e alla ristorazione tipica.
Vi sono già parecchie infrastrutture che danno supporto all’attività attuale e futura, come attracchi e posti barca, punti di sbarco, musei, percorsi naturalistico–sportivi, alberghi, ostelli della gioventù, aziende agrituristiche, bed & brekfast, casoni di valle, uffici del turismo, aziende di servizio per escursioni nautiche.
Il Pescaturismo può essere considerato anche come attività che diversifica l’offerta turistica di un territorio che si presta enormemente, vista la vocazione piscatoria, ad accogliere, con varie forme e soluzioni, quanti chiedano vita all’aperto, contatto con la natura praticando la pesca.
Nella definizione di “Pescaturismo”, per quanto riguarda le acque interne della provincia di Ferrara, si possono far rientrare le due discipline alieutiche della Carpa e del Siluro, Carpfishing e Catfishing. Questi due tipi di pesca, con la loro particolare filosofia, richiamano nelle nostre acque un numero elevato di appassionati, provenienti dalle province limitrofe e da altre regioni d’Italia. La loro permanenza lungo i corsi d’acqua spazia, naturalmente dove è consentito, da un giorno fino ad una settimana e più. Il pescatore tipo di tali tecniche staziona nella postazione di pesca facendo uso di tende e quindi praticando una sorta di campeggio.
Entrando nello specifico del Carp fishing e del Cat fishing si può dire che pur essendo due tecniche di pesca indirizzate a pesci totalmente diversi, Carpa e Siluro, si possono accomunare per quanto riguarda la similarità delle attrezzature e la filosofia seguita: entrambe mirano alla ricerca dei record; in ragione di questo, molti pescatori di Carpe praticano anche la pesca dei Siluri e viceversa.
Un appunto doveroso merita la disciplina del Carp fishing, la quale nei suoi principi di base impone il “catch & release” con il massimo rispetto del pescato onde favorirne la reimmissione nel corso in cui è stato pescato.
Un discorso a parte merita la tecnica di pesca denominata Spinning, che negli ultimi anni ha beneficiato di una crescita esponenziale dei praticanti nel territorio ferrarese; essa richiede l’utilizzo di esche artificiali, quindi senza l’uso di pasturazioni, si rivela così estremamente compatibile con l’ambiente, permettendo un rapporto diretto con la natura, tanto da renderla un’attività più simile al turismo fluviale che non alla pesca tradizionalmente intesa.
Nel nostro territorio questa tecnica è indirizzata essenzialmente alla cattura del Luccio e del Persico Trota nella filosofia del “catch & release”.
Le associazioni e i numerosi club, a livello nazionale organizzano frequentemente corsi, raduni e iniziative; anche il nostro territorio è interessato da alcune importanti competizioni.
Le manifestazioni suddette richiamano appassionati da svariate parti d’Italia sottoponendoli a lunghe trasferte per potere esercitare la loro attività; anche per tale motivo lo Spinning può essere considerato Pescaturismo.

Divulgazione delle informazioni in materia di fauna ittica e di gestione della pesca

Una corretta politica di tutela della fauna ittica e di gestione della pesca deve necessariamente programmare iniziative e produrre materiali volti alla capillare informazione e divulgazione dei pescatori. Tale obiettivo, che comunque compete principalmente alle Associazioni Ittiche, sarà perseguito compatibilmente alle risorse finanziarie disponibili attraverso la predisposizione, la pubblicazione e la diffusione capillare da parte della Provincia di appositi materiali divulgativi, didattico-scientifici e promozionali, da veicolare principalmente attraverso le vie informatiche e sfruttando il sito della Provincia di Ferrara.
Per la divulgazione dei regimi e dei divieti di pesca andrà applicato l’art 22 della L.R. n. 11/’93 che recita “La Provincia, qualora valuti tecnicamente inattuabile il tabellamento, rende pubblico l’elenco dei divieti vigenti nel bacino di bonifica mediante manifesti”. I motivi che rendono inattuabile il tabellamento sono rappresentati dagli elevatissimi costi di acquisto e messa a dimora delle tabelle, ma anche e soprattutto dai continui furti e distruzione delle tabelle stesse per vandalismo. La pubblicazione di appositi manifesti, anche sul sito della Provincia, si rende pertanto opportuna ed adeguata allo scopo informativo.

Monitoraggio della Pesca di Mestiere

Rispetto al precedente Piano Ittico Provinciale si assiste attualmente ad un aumentato interesse per la pesca in forma professionale: sono, infatti, cresciute a 452 unità le licenze di tipo A che si registrano attraverso i dati forniti dai Comuni che le rilasciano.
Tra i fattori che incidono sulla ripresa di questa attività a livello provinciale, va innanzitutto individuata la crisi in atto che investe altre attività lavorative, per cui molti, anche giovani, si riversano su questo tipo di lavoro che hanno riscoperto anche per il suo forte legame con l’ambiente. Inoltre, un altro motivo dell’accresciuto interesse per la pesca di mestiere nelle acque interne, va certamente assegnato al fatto che la pesca al Siluro d’Europa negli ultimi anni ha trovato un proprio mercato: la specie, che al momento della comparsa in qualità di alloctona era disprezzata, oggi al contrario trova collocazione nei mercati ittici, rendendo maggiormente remunerativa questa forma di professione.
Tale fenomeno rende opportuno un particolare riguardo alla categoria, nell’ambito delle politiche di contrasto della crisi occupazionale in atto e di aiuto soprattutto dei giovani nell’inserimento e nella difesa del posto di lavoro.
A ciò aggiungasi il fatto che i pescatori di mestiere, proprio in virtù di quanto sopra evidenziato, possono divenire preziosi collaboratori nel campo del contenimento degli alloctoni, mediante il loro coinvolgimento nelle attività di bonifica delle popolazioni alloctone e di monitoraggio delle comunità ittiche. A tale proposito si rammenta che la già menzionata normativa regionale prevede che “le Province possono individuare e delimitare zone di corsi d’acqua ove sia accertata una particolare infestazione di siluro, nelle quali autorizzare, mediante appositi accordi con i pescatori professionali e con le Associazioni Piscatorie, l’uso della rete a strascico, ed altri attrezzi tecnicamente idonei per tale pesca, con esclusione dei periodi in cui si realizza la riproduzione naturale delle specie autoctone”. Qualora tali “accordi” venissero formalizzati, la Provincia potrebbe rilasciare tali autorizzazioni.
I pescatori di mestiere possono, inoltre, fornire importanti informazioni sulla struttura ed evoluzione della comunità ittica, grazie alla loro frequente presenza sui corsi d’acqua e agli attrezzi impiegati, caratterizzati da una capacità di cattura superiore a quella dei pescasportivi.
Per tali motivi si intende mantenere monitorato questo settore in espansione, al quale andranno riservati ulteriori tratti nel panorama delle acque dolci interne.

PROGETTI FINALIZZATI IN MATERIA DI PESCA

Premesso che il Progetto Finalizzato in materia di pesca della Provincia di Ferrara relativo al 2011 sarà interamente dedicato ai lavori di valorizzazione dei Campi di Gara di Ostellato, sui quali si svolgeranno i Campionati Mondiali di Pesca al Colpo previsti dal 28 agosto al 4 settembre 2011, per le annate successive si intende concentrare queste risorse regionali per la valorizzazione del pescaturismo nelle acque interne.

Progetto pluriennale per la valorizzazione delle vie d'acqua del Ferrarese attraverso attività di pescaturismo

Il territorio ferrarese è caratterizzato dalla presenza di numerose zone umide che ne connotano la geografia, la storia, le tradizioni e la cultura.
Si tratta di valli e lagune salmastre costiere, di paludi di acqua dolce interne, di maceri disseminati nelle campagne, ma anche di corsi d'acqua quali fiumi e canali di bonifica che solcano tutto il territorio.
In particolare è a quest'ultima tipologia legata alle antiche “vie d'acqua” che si intende dedicare attenzione progettuale nei prossimi anni, nell'ambito dell'utilizzo dei finanziamenti della Regione Emilia-Romagna relativi ai “Progetti finalizzati in materia di pesca”.
Il fiume Po, che con le proprie alluvioni ha generato il territorio ferrarese, segna oggi il confine nord della provincia, e rappresenta la conseguenza di una disastrosa serie di “rotte” che nella seconda metà del 1100 ne deviarono il corso originario verso settentrione; di questi eventi rimane traccia nell'odierno placido Canale di Burana che discende da Bondeno verso Ferrara, senza mantenere nulla dell'antico splendore che prima dell'anno mille segnò l'origine della Città proprio sulle rive di quell'antico Po. E proprio nella località d'origine del centro urbano che sarebbe divenuto nei secoli successivi la celebre potenza dei Duchi d'Este, ovvero nei pressi della Cattedrale di San Giorgio, ancora oggi si può osservare la biforcazione del fiume che da un lato con il Po di Volano lo porta lentamente verso est al mare, e dall'altro con il Po di Primaro che lo incanala verso sud, per dirigersi verso il fiume Reno in località Traghetto.
Su queste acque e relative sponde è narrata la storia del Ferrarese e delle sue genti, dalle origini nel Quaternario fino ai giorni nostri: storia legata a queste “vie d'acqua”, nei cui pressi vennero costruite le fortificazioni di difesa dai nemici (come la Rocca Possente di Stellata), le celebri “Delizie Estensi” (come il Castello di Mesola), le residenze di villeggiatura del Clero (come Villa Mensa di Sabbioncello), venne dato impulso allo sviluppo industriale della Città (come il Canale Boicelli che collega Ferrara al Po), e venne realizzata all'inizio di questo secolo la nota pista ciclabile paneuropea “destra Po”, solo per fare alcuni significativi esempi.
Ancora oggi i rami antichi e recenti del Po sono luogo prediletto per l'organizzazione di eventi culturali (come la rievocazione storica del bacchelliano mulino nei pressi di Ro Ferrarese) o di iniziative sportive e di quelle legate al tempo libero (come la Società Canottieri di Pontelagoscuro e i numerosi agriturismi che sorgono lungo le rive), senza dimenticare lo sviluppo di attività legate alla pesca sportiva come il “cat-fishing” e il “carp-fishing” per rimanere al nostro tema.
Per non trascurare l'importanza paesaggistica e naturalistica di questi rami fluviali, si sottolinea che essi sono tutti compresi nei siti della Rete Natura 2000 della Regione Emilia-Romagna, e molti ambiti ad essi adiacenti sono stati istituiti in “Oasi di protezione della fauna” dalla Provincia di Ferrara, come il Bosco di Porporana, l'Isola Bianca, la Garzaia di Codigoro, per citarne soltanto alcune.
Negli ultimi anni molte iniziative sono state dedicate alla riscoperta di questi luoghi, che meritano tutela e valorizzazione attraverso sapienti forme di turismo culturale e naturalistico di nuova generazione.
Il progetto che si propone, pertanto, ha lo scopo di sviluppare forme di “pescaturismo”, inteso secondo le definizioni del vigente Piano Ittico Regionale, con funzioni didattiche soprattutto rivolte alle scuole, ma anche culturali in genere rivolte a tutti i cittadini, mediante l'apprestamento di particolari siti attrezzati sulle “vie d'acqua” fluviali dove i ragazzi e gli interessati potranno conoscere l'evoluzione del territorio, la fauna ittica e tutte le caratteristiche ambientali, storiche, architettoniche e (perché no?) anche eno-gastronomiche di questo comparto altrimenti non pienamente valorizzato e fruito.

RISORSE FINANZIARIE

Per l’attuazione del presente Piano si farà riferimento alle seguenti risorse finanziarie:

- Fondi propri dell’Ente nell’ambito dei Bilanci Annuali Provinciali;
- Fondi Regionali in materia di tutela della fauna ittica ed esercizio della pesca nelle acque interne, trasferiti annualmente alla Provincia di Ferrara;
- Altri eventuali finanziamenti Regionali, Nazionali e Comunitari in materia di tutela ambientale, valorizzazione dei corsi d’acqua e zone ad essi collegati, incremento della fauna ittica, valorizzazione delle forme di prelievo alieutico ecocompatibili.


Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:24. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com